martedì 19 novembre 2013

LUCA

LUCA
Luca era un bambino dolce, bello dai grandi occhi azzurri, gli piaceva correre nei prati e nei boschi, giocare con gli amichetti e le bambine del suo vicinato. Era intelligente, vivace e si sentiva solo, vivere con la nonna gli pesava e poteva vedere i genitori solo nei week end, in quanto erano in giro per lavoro in tutta Italia.
Luca amava disegnare e stare seduto in giardino a guardare le stelle e sognare, poi a sei anni la sua vita cambiò, i genitori decisero di fermarsi in quella grande città.
Papà lavorava in uno studio importante, la mamma collaborava ma spesso riusciva a rimanere a casa e lui iniziò ad andare a scuola.
Che bello, quanti bambini, quanti amici e che belle le materie che si studiavano, disegno, storia, geografia però non capiva perché ogni volta che incrociava gli occhi di suo padre una volta a casa, sentiva astio e non capiva perché solo la mamma ogni tanto gli faceva le coccole, mentre con le due sorelle, papà era dolcissimo.
Poi il tempo passava, suo padre era sempre più freddo, soprattutto quella volta quando Luca disse che voleva praticare dello sport, atletica mentre il genitore insisteva per il calcio: "Atletica! Roba da femminucce." si era sentito dire.
Il giorno prima del suo decimo compleanno finalmente capì perché già da un po' di tempo veniva isolato dagli amici e si ritrovava a parlare o giocare con due o tre amichette Sandra, Marina e Giulia, in classe nell'intervallo aveva rinnovato a tutti l'invito per una piccola festa a casa sua il giorno dopo. Antonio gli rise in faccia e le sue parole furono un colpo nello stomaco: "A casa di una donnetta? Ahahah crescerai culattone caro Luca se non lo sei già."
Giulia disse "Cretino, solo un idiota come te può dire questo." Luca uscì dall'aula inseguito dall'amica, mentre lei cercava di consolarlo lui si chiedeva il perché di quelle parole. Più tardi a casa volle raccontare alla mamma quello che era accaduto a scuola, lei senza abbracciarlo rispose: "Son cose da bambini, passerà. E' tutta invidia perché sei bello ed intelligente."
Da quel giorno la sua vita si fece un inferno "Non crescermi frocio." gli fu detto da suo padre quando lo vide a 12 anni pettinarsi i capelli lunghi "E se se lo sei cerca di uscire presto di casa, non voglio finocchi qui."
Molti erano i cattivi scherzi che gli venivano fatti, il peggiore sono state le botte di un gruppo di teppisti fuori dal palazzo dove abitava Sandra.
Luca visse una vita d'inferno, dovette cambiare scuola, evitare le vie o luoghi dove chi lo conosceva, crudelmente lo prendeva in giro davanti alla folla. Luca voleva morire, voleva uccidere chi gli stava facendo del male, solo Giulia e Sandra gli furono vicine amiche di sempre. Il padre non gli parlava quasi più, si vergognava di lui, lo sentì dire a sua madre "Meglio un ladro in casa che quello."
Arrivarono i 18 anni, poi i 20 e Luca lavorava in una città vicina dove nessuno lo conosceva, dove si era fatto un piccolo giro di amici e spesso la sera poteva andare a divertirsi nei locali dove non avrebbe avuto mai più nessun problema.
Poi stranamente nella sua città conobbe una persona con cui riuscì a instaurare prima un bellissimo rapporto di amicizia poi qualcosa di più, un bacio, un abbraccio, a Luca sembrava di toccare il cielo, finalmente qualcosa in cui credere, qualcosa che poteva cambiare la sua vita e con quel qualcuno avrebbe costruito il suo futuro.
Quel qualcuno una sera gli sorrise caldamente e lo invitò nella sua casa fuori città, loro due soli, per un week end dove finalmente avrebbero chiarito tutto, Luca nel pomeriggio del venerdì preparò la sua borsa cantando felice, non vedeva l'ora di stare con quel qualcuno. Solo Giulia non ne era molto convinta, un posto isolato anche se l'altro, Luca lo conosceva già da settimane, ma poi nonostante i dubbi fu felice per lui e l'abbracciò.
Quel sabato mattina pieno di sole, un sole d'autunno tiepido inondava di luce dorata le colline, illuminava la strada dove tra poco sarebbero arrivati a destinazione.
Quel qualcuno prese la sua borsa e condusse Luca fino in casa, era una costruzione molto bella, in pietra e legno e dal retro si poteva passare lo sguardo su tutta la pianura, si abbracciarono.
Dopo pranzo, Luca fu condotto da quel qualcuno nel salotto vicino al camino, un tepore scaldava i loro corpi finché quel qualcuno incominciò a spogliare Luca e quando il ragazzo fu completamente nudo davanti all'altro, da una porta che accedeva alla cantina apparvero tre altri ragazzi col sorriso cattivo. Quel qualcuno si rimise la camicia, si alzò e si mise di fianco a quelli. Luca si sentì perduto, aveva capito che quella era solo una trappola e sentì il cuore spezzarsi.
Frocio. Culattone (subito uno schiaffo sulla testa). Finocchio. Feccia Umana (e un calcio violento arrivò alla gamba sinistra). Luca cercò di non piangere, cercò di alzarsi prendere i pantaloni e fuggire ma dopo non vide più nulla. Sentiva pugni e sputi sul corpo, forse era arrivata finalmente la sua fine.
Davanti al pronto soccorso la madre piangeva nel vedere il volto tumefatto del figlio, Luca non disse a loro che successe nella villa, non fu per paura e per le minacce. Buttò via portafogli e borsa raccontando di essere stato picchiato e derubato, il padre fece partire la denuncia contro ignoti. Giulia due giorni dopo voleva sapere la verità e lui guardandola negli occhi disse con voce incolore "La verità è solo questa, non ce n'è nessun altra." lei tremò nel vedere il gelo in quello sguardo limpido e capì che Luca non fu mai più lo stesso.
Quando due mesi dopo prese il treno per partire definitivamente alla volta della metropoli dove aveva trovato lavoro e alloggio, Luca sulla banchina si ritrovò solo con sua madre, una delle sorelle e Giulia, due ore prima sua padre gli mise in tasca delle banconote "Potrebbero servirti, si sa mai" gli disse freddo, Luca voltò le spalle dicendo grazie e una volta in auto le fece cadere sul sedile di nascosto.
Giulia pianse ma lo abbracciò forte "Scrivimi appena arrivi, appena potrò verrò a trovarti." poi il treno partì e scomparve nella campagna fuori città.
Incontrai Giulia qualche tempo fa e dopo qualche chiacchiere su di noi, chiesi di Luca "Sta bene, ora vive a Berlino, ha un compagno già da 8 anni e pensano di sposarsi, collabora con lui in uno studio di architettura ed è felice, spesso vado a trovarli, sono contentissima per lui.".
 "Salutamelo tanto se lo senti, non lo vedo da quella volta..." lei mi guardò con un sorriso amaro, poi mi fissò negli occhi.
"Tu sai chi sono stati vero?" non dissi nulla feci solo una smorfia con la bocca "Capisco..." rispose lei rassegnata, l'abbracciai promettendoci di vederci qualche volta e mi girai a guardarla mentre saliva sul tram.
Ho voluto dedicare questo racconto a Luca, un amico perso tantissimi anni fa per colpa di pregiudizi e cattiveria umana che ancora non si è spenta e forse mai si spegnerà. Se si parla tanto di rispetto ed uguaglianza perché esistono ancora queste cose?

GpDS.

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giovedì 14 novembre 2013

L'alba del primo mattino


Milano, 13 Novembre 2013

La luce dell'aurora ha lasciato spazio a quella più intensa dell'alba, sfumature rosa-dorate si infiltrano fra i grattacieli e palazzi che dominano la città. alcune luci si accendono ed altre si spengono, piccoli segni di vita di chi si alza, di chi appresta già a d uscire di casa per andare al lavoro, a scuola o solo per una passeggiata accompagnati dagli amici a quattro zampe. Aprendo le finestre sento l'aria frizzante entrare nelle stanze per togliere quella sensazione di chiuso della notte passata a dormire, alcuni podisti in tuta o pantaloncini corrono sul marciapiede verso il grande parco al di là del grande viale centrale. Li osservo pensando che dovrei anche io ogni tanto farmi qualche bella corsa per sentirmi in forma ma il freddo del mattino ben presto mi fa cambiare idea. Più tardi in bagno dopo la doccia finisco di farmi la barba e sento i portoni dei palazzi vicini aprirsi e richiudersi in modo frequente, la vita nella grande città sta iniziando velocemente come tutti i giorni. Mentre sto bevendo il mio caffè prima di uscire, guardo ancora dai vetri, molte finestre sono ancora illuminate, le persiane alzate e mi immagino la vita delle persone che vivono all'interno di quei grandi palazzi. Una tata che serve la colazione all'intera famiglia, in un altra ragazzini sistemano i libri negli zaini per affrontare una nuova giornata di scuola. In quell'altra casa due anziani davanti alla loro colazione commentano  i fatti del telegiornale del mattino trasmesso su qualche rete nazionale, mentre al piano superiore un giovane uomo si sta mettendo la cravatta e la giacca pronto ad uscire per prendere un taxi che lo condurrà all'aeroporto.
Fantasie che si perdono con l'ultimo sorso della mia bevanda, mi guardo attorno ed è tutto in ordine, chiudo le finestre e prendo le chiavi di casa, pronto ad uscire. Dall'atrio il vociare delle persone in strada danno un tocco di brio a questo nuovo giorno di lavoro e mentre mi chiudo il portone alle spalle mi appresto ad attraversare la strada per tuffarmi nel bar di fronte già pieno di gente. Alcuni colleghi mi stanno aspettando per la solita colazione: cappuccino, brioche ed una mezz'ora di chiacchierate e poi ognuno alle proprie mansioni.
La luce rosata ormai ha lasciato il posto all'azzurro tenue del mattino, Milano è pronta a ripartire freneticamente come tutti i giorni.