mercoledì 21 aprile 2021

UN FIORE BIANCO


 

UN FIORE BIANCO

Sono passati molti anni quando nacquero a distanza di qualche tempo due fiori: uno bianco ed uno rosa. Quello rosa era dolce, tenero e amorevole. Quello bianco cresceva in bellezza, luminosità e vivacità.

Il bianco spesso si specchiava nelle acque limpide del fiume, poggiato sulla riva erbosa accanto agli altri ed al suo timido fiore rosa, fratellino di sempre e così ogni primavera.

E come tutte le primavere, spesso lo sbocciare dei fiori fa si che alcuni di loro diventino grandi, forti e luminosi e così fu stato per il fiore bianco.

Questo fiore, più passava il tempo più desiderava di essere colto, amato, coccolato, mentre sperava questo, un giorno nuvoloso e oscuro due mani forti e dure lo strapparono dal suo posto lasciando il fiore rosa triste e solitario.

Il fiore bianco credeva che quelle mani lo portassero in una bella capanna dove ci sarebbe stata la felicità ed invece si ritrovò in mezzo alla tempesta, posato in un luogo freddo e secco, dove erbe cattive lo avevano imprigionato senza capire la sua fragilità.

Da quelle mani e dai semi del fiore bianco nacquero due germogli, germogli il cui colore non aveva la luce come il fiore bianco. Ma lui amava quei germogli che col tempo si stavano trasformando in fiorellini selvatici di campo, ma la paura che le facevano quelle mani era troppo forte.

Vedeva che i suoi fiorellini non capivano il suo stato d'animo e le sue paure e per proteggerli in un giorno di tempesta, si fece trasportare via dal vento anche se avrebbe voluto portarli con se, ma non poteva, sapeva che il vento era talmente vorticoso ed avrebbe potuto distruggerli durante quel viaggio, così rimasero in quella capanna con le erbe e quelle mani dure.

Il fiore bianco purtroppo si perse nelle folate e nel corso del tempo era rimbalzato da un luogo all'altro senza mai più tornare indietro, aveva cambiato molti prati e campi ma il suo cuore era rimasto fermo ai suoi germogli in quel luogo freddo e secco, senza sapere più nulla di loro.

Così si nascose per sempre a tutti in un campo selvatico, nonostante sapesse che il suo fratellino rosa lo cercava, se lo sentiva ma non trovava la strada giusta per ritornare su quel rivo verde vicino al fiume dove lo avrebbe ritrovato.

Il fiore rosa che nel frattempo era diventato grande, forte, aveva creato con altri fiori, una famiglia amorevole piena di calore ma gli mancava quello bianco che sempre cercava ed amava.

Intanto in quel campo selvatico il fiore bianco incominciò a perdere i sui petali lucenti, petali che divennero opachi, scuri, secchi e nel giro di poco caddero sulla terra arida e il suo stelo, la sua vita finì, solitario, ripiegato su se stesso e nessuno lo trovò più.

Il lungo cercare del fiore rosa era disperato fino a che un mattino, una colomba bianca arrivò fino a lui e nel suo becco c'era uno stelo scuro e glielo posò a terra. Disperato il fiore rosa riconobbe quello bianco in quel povero stelo poggiato davanti a se.

La rugiada cadeva dai suoi petali ma erano lacrime di cristallo, le lacrime dei fiori quando provano dolore, ma era felice di averlo ritrovato per sempre e da quel giorno il suo fratello bianco rimase con loro anche se la sua anima lucente era volata tempo prima nel vento delle stelle.

Ora il cuore del fiore rosa sa che un giorno lontano nel tempo si ritroveranno nel posto dell'amore, nel luogo dove tutti i fiori belli e colorati vivranno per sempre vicini in un prato meraviglioso sotto una luce dorata, dove non ci saranno mani dure a strapparli, perché lì, in quel luogo ci sarà solo amore.

E' una favola ma nella realtà è accaduta davvero. Ti ricorderò sempre fiore bianco, nella tua fragilità, bellezza e paure, così ti ricorda ancora adesso il tuo fiore rosa. Questa fiaba, la tua storia te la dovevamo per affetto e per ricordi indelebili.

Dedicata a Gabriella e Patrizia.

Giampaolo Daccò.


mercoledì 14 aprile 2021

OCCHI BLU OCCHI DI MARE


OCCHI BLU OCCHI DI MARE

(autor Giampaolo Daccò)

(photo E.M.S.)

Spagna

Barcelona-Sitges-Tarragona

Se3ttembre 2010.

Che vacanza fantastica, ventisei giorni incredibili, con amici ed i nostri amori e questo viaggio lungo nella Catalunya, dove il mare e le montagne donano al paesaggio qualcosa di speciale come speciali sono Barcelona e Sitges, città di mondo, città dove la libertà è una parola naturale e dove la gente, a dispetto di chi parla dei catalani come persone chiuse (i miei avi erano della zona), avevamo trovato persone davvero stupende e sono nate nuove amicizie.

Era  stato un anno di lavoro intenso e stancante e non vedevamo l'ora di partire, di vedere il mare, di fare questo viaggio in auto fermandoci per mangiare panini preparati a casa in varie tappe tra Italia, Francia e Spagna e tutto ciò ha dato una soddisfazione incredibile, specie la Camargue ed il Perpignano, che hanno rivelato vedute incredibili.

A metà vacanza, avevamo deciso di passare due giorni a Sitges (anche se ci andavamo spesso per la spiaggia ed il mare ma anche per la splendida cittadina bianca appoggiata tra un piccolo colle e la rena), il primo giorno al mattino spiaggia e pranzo nel piccolo albergo dove avevamo alloggiato, poi tutti a riposare in camera, poi nel tardo pomeriggio di nuovo in spiaggia a prendere il sole, fare i bagni e conoscere nuove persone.

Ero rimasto solo sulla sdraio sotto le tende che ombreggiavano la spiaggia cocente, era una giornata davvero calda, tutti erano in giro o in mare, non mi stavo annoiando anzi, una specie di tranquillità mi aveva preso così avevo deciso di leggere qualcosa ma all'improvviso non so il vero motivo, avevo deciso di  andare in paese per un gelato, da solo e godermi un poco di serenità. Nel frattempo E. mi aveva raggiunto e vistomi alzare e mettere un pareo attorno ai fianchi, mi aveva chiesto cosa stessi facendo, con calma gli avevo detto dell'idea di una passeggiata solitaria e magari gustarmi un gelato. Aveva annuito e socchiuse gli occhi,

Avevo salito i gradini che accedevano al lungo mare, le palme ombreggiavano il mio camminare sul terrapieno, molte persone passeggiavano parlando, bevendo bibite, chi sfrecciava in pattini e chi seduto sulle panchine discutevano di chissà cosa. Ecco che all'improvviso avevo visto la gelateria che cercavo, colorata di giallo e rosa, qualche pianta sul terrazzo per far ombra ed eccomi là, seduto con in fronte il mare azzurro ed un vento caldo ma piacevole che mi sfiorava, così mi ero rilassato appoggiandomi allo schienale della sedia. al cameriere avevo ordinato una coppa di gelato alla crema, pistacchio e cioccolato, il quale era arrivato sul tavolino nel giro di cinque minuti, allettante, fresco e gustoso, ovviamente pagato subito con tanto di scontrino. Cosa potevo volere di più in quel momento?

Al terzo cucchiaio una sfera dispettosa di luce mi aveva colpito gli occhi, mi voltai verso quella luce e avevo visto due ragazze ed un ragazzo sui venti, venticinque anni poco distanti , con uno specchietto in mano e ridevano simpaticamente verso di me. Avevo sorriso loro facendo capire che il gioco non mi aveva disturbato ed il ragazzo con lo stesso specchietto nuovamente cercava di colpirmi il viso con la luce riflessa del sole. Avevo fatto un cenno come dire perché questo gioco proprio a me?

Una delle ragazze, quella dai capelli corvini lunghissimi e dagli occhi neri e penetranti aveva guardato il giovane accanto anche lui dai capelli neri e ricci, mentre l'altra giovane con una treccia rossa mi sorrise ed aveva incominciato a parlare:

- A todos nos gusta mucho tu ojos azules! -

"Che sfacciataù" avevo pensato "Ho quarant'anni non venti come loro..." lei imperterrita aveva continuato senza aspettare una mia risposta.

-Y usted ¿cuál de nuestros tres ojos oscuro favorito? - Mi ero sentito leggermente in imbarazzo e non sapevo se far finta di arrabbiarmi e stare a quel gioco sciocco di ragazzini, ovvio che mi provocavano ma era ovvio che il mio aspetto non era rettamente mediterraneo, si era capito benissimo che avrei potuto essere straniero e magari non conoscevo la lingua, certo non perfettamente ma me la cavavo benino con il castigliano.

Era una provocazione ovviamente, l'incoscienza dei loro anni, la loro simpatia e sorrisi ma provavo simpatia così istintivamente avevo preso la mia coppa di gelato, mi ero alzato e seduto con loro sulla sedia vuota vicino alla ragazza dalla treccia rossa, subito davanti ai loro occhi sorpresi avevo esordito:

- Mi abuela solìa decir: para una buena comida tiene mucho cursos, pero en caso Yo prefiero mi helado con crema batica ... Adios muchachos. - avevo finto con un sorriso largo alzandomi dal loro tavolo, ormai avevo finito il mio gelato e dicendo loro queste parole e mi vennero in mente quelle della mia nonna maria, donna molto aperta mentalmente ma spiritosa e gioviale, praticamente avevo detto loro:

- Mia nonna diceva che ad un buon pranzo ci vogliono molte portate, ma in questo caso preferisco il mio gelato alla crema.- poi ero girato di nuovo verso di loro mi voltai con un gesto della mano avevo fatto un saluto e mentre stavo per andarmene dalla gelateria.
Avevo sentito loro scoppiare a ridere forte, la ragazza dai capelli corvini e lunghissimi aveva detto  qualcosa in italiano del tipo - Hei occhi blu - mi ero voltato verso di loro aggrottando le sopracciglia.
- Peccato sai? Qualcuno di noi tre si è perso nei tuoi occhi blu... - ridendo aveva fatto segno verso il ragazzo accanto che diventò rosso, forse non si aspettava che la sua amica lo dicesse così apertamente.
"Doppiamente sfacciati." avevo pensato ridendoci su anch'io, però era stato divertente, un innocente gioco di un tardo pomeriggio spagnolo.

Ero in un certo senso contento di poter piacere ancora alla mia età, così vanitosamente mi ero avvicinato ad una vetrina guardandomi di riflesso, sorridendo al fatto che dimostravo molti anni di meno poi all'improvviso mi ero ricordato che gli altri mi stavano aspettando in spiaggia ed era passata più di un'ora da quando me n'ero andato via.
Affrettai il passo, in un certo senso la cosa mi aveva lusingato, però nella mi mente era venuta a galla una domanda: sarà stato merito solo degli occhi?
Chissà.

Giampaolo Daccò