sabato 21 novembre 2020

LA PIETRA FILOSOFALE


 


LA PIETRA FILOSOFALE



La Pietra filosofale è il Sacro Graal degli alchimisti, non solo per via del suo presunto valore, ma anche perché certe qualità della stessa sono affini a quelle della sacra reliquia. In molti, nel corso della storia, sono partiti alla ricerca di questa misteriosa "pietra", ma nessuno a quanto pare è mai riuscito nell'impresa. La ricerca della Verità è stato ed è ancora oggi lo scopo di molti centri iniziatici. Fulcanelli, personaggio enigmatico che potremmo identificare con Jean-Hulien Champagne (1877-1932), scrive:

Tra i più celebri centri d'iniziazione di questo tipo citeremo gli ordini degli Illuminati, dei Cavalieri dell'Aquila nera, delle Due Aquile, dell'Apocalisse; i Fratelli Iniziati dell'Asia, della Palestina, dello Zodiaco; le Società dei Fratelli neri, degli Eletti Coëns, dei Mopsi, delle Sette-Spade, degli Invisibili, dei Principi della Morte; e poi i Cavalieri del Cigno, istituiti da Elia, i Cavalieri del Cane e del Gallo, i Cavalieri della Tavola rotonda, della Genetta, del Cardo, del Bagno, della Bestia morta, dell'Amaranto, ecc.

Non sappiamo se qualcuno di questi centri ebbe mai successo. Alcuni grandi iniziati, come Nicolas Flamel e il Conte di Saint-Germain, probabilmente giunsero molto vicini alla verità, ma anche il loro nome, alla fine della loro esistenza, venne scolpito su delle lapidi. Infatti, si dice che la Pietra filosofale doni la vita eterna a chi la possiede, proprio come il Graal. Tale potere era strettamente connesso a quello di poter trasformare il semplice metallo in oro. Per fare ciò occorreva però avere una Conoscenza assoluta delle leggi naturali.

A tale livello si poteva giungere scoprendo la Pietra filosofale, perché solo questa era (ed è) in grado di donare l'onniscienza, almeno secondo gli alchimisti e i filosofi del passato. Si tratta in pratica di un circolo vizioso, un ostacolo che nessuno, a quanto pare, è mai riuscito a superare. Un enigma apparentemente senza soluzione. Solo la Conoscenza assoluta avrebbe infatti permesso la trasmutazione del vile metallo in oro, che si credeva fosse un materiale perenne.

Così, in maniera analoga, la Pietra filosofale avrebbe donato la vita eterna all'essere mortale che ne sarebbe entrato in possesso, avrebbe trasformato la materia in spirito. Ma questa Conoscenza assoluta continuava (e continua ancora oggi) a essere preclusa all'umanità. Ciò che possiamo fare è solamente cercare di avvicinarci a essa, passo dopo passo, grado dopo grado, nei limiti delle nostre possibilità. Non tanto per il venale intento di trasformare il piombo o il mercurio in oro, piuttosto perché "fatti non fummo per vivere come bruti, ma per seguire Virtù e Conoscenza", come scrisse Dante Alighieri nel XXVI canto dell'Inferno.

L'uomo nasce per conoscere, spinto da una naturale curiosità che è tutta umana. Da questo punto di vista, la Pietra filosofale, così come il Sacro Graal, smette di essere un oggetto reale, fisico e materiale, per divenire un simbolo.
Ognuno di noi nella sua vita compie un cammino iniziatico, chi più, chi meno; inconsciamente o con coscienza. L'oggetto della nostra ricerca ci è pressoché oscuro, eppure lo bramiamo ardentemente. Ciò ci rende vivi perché, come diceva Giacomo Leopardi, ciò che è veramente piacevole è il desiderio e non la realizzazione dello stesso.
Una delle leggi fondamentali dell'alchimista è credere che tutto ciò che sta in basso sia specchio di quel che si trova in alto. Troviamo scritto questo nella Tavola di smeraldo, attribuita al leggendario Ermete Trismegisto. In parole povere, vengono messi in rapporto tra loro il microcosmo, cioè l'uomo, con il macrocosmo, ossia Dio. Ma, attenzione: la divinità degli alchimisti esula dalla religione.

Si tratta del Grande Architetto, che dirige il tutto come un direttore d'orchestra; del creatore delle leggi naturali della vita. In sostanza, chi conosce se stesso, conosce le regole che muovono l'Universo. "Nosce te ipsum" (Conosci te stesso) affermavano infatti grandi iniziati del passato come Lao-Tzu (VI secolo a.C.) e Socrate (469-399 a.C.).
Molte persone credono di conoscere il mondo magari senza mai essersi guardati allo specchio. Nei nostri occhi c'è l'universo. Solo quando riusciremo a cogliere la magia che c'è in noi, potremo iniziare il nostro cammino iniziatico, con il fine di avvicinarc
i alla VERITA’ SUPREMA.


Il processo iniziatico, da che mondo è mondo, segue sempre le stesse regole di base:


Il neofita non conosce se stesso, non si apprezza, è un diverso, è incompleto, ma è suo desiderio elevarsi. Il rituale lo porta a morire simbolicamente, a scendere al centro della Terra, nei sotterranei del suo "io", a scoprire se stesso interiormente. In seguito torna alla luce, resuscita simbolicamente dotato di una nuova consapevolezza. In passato, tali cerimonie si svolgevano realmente, in luoghi sotterranei e suggestivi. Spesso ritroviamo tracce di questo rito ancora al giorno d'oggi.

Basti pensare alla Divina Commedia dantesca, che per l'autore (e per il lettore) è un viaggio alla scoperta del proprio "io" passando dall'Oltretomba, come già era successo a Enea, a Mitra, a Gesù Cristo, a Hiram Abif, il primo maestro della Massoneria.

La discesa negli inferi è simbolo di introspezione. Nell'oscurità della propria coscienza veniamo uccisi dalla consapevolezza per rinascere a nuova vita. Quando apprendiamo una grande verità, diciamo addio a chi eravamo per divenire un'altra persona. Questo fa parte del nostro cammino iniziatico. Ancora oggi, nei rituali massonici, il neofita viene ucciso simbolicamente in cerimonie spesso molto macabre, per poi resuscitare all'interno della loggia, pronto a iniziare la sua scalata graduale fino al 33° livello della "piramide".

Un'immagine abbastanza chiara di questo tipo di rituali ci viene fornita dalla pellicola statunitense The Skulls, di Rob Cohen, nella quale il protagonista è chiamato a far parte della misteriosa società segreta dei Teschi, che ha "sfornato" e continua a "sfornare" molti politici e presidenti statunitensi.


La caverna è il luogo dell'apprendimento. Dante durante il suo viaggio iniziatico nell'Oltretomba apprende numerose verità. Spesso, le società segrete utilizzano locali sotterranei per le loro cerimonie. Già Aristotele (384-322 a.C.) impartiva ai suoi studenti una conoscenza esoterica (segreta), al contrario di quella che avrebbe rivolto al pubblico (che era essoterica, cioè libera). Éliphas Lévi, in Storia della magia, scrive:

Le grandi prove di Menfi e di Eleusi avevano lo scopo di formare re e sacerdoti, affidando la scienza a uomini coraggiosi e forti. Allora si scendeva in oscuri sotterranei dove di volta in volta bisognava attraversare ceppi accesi, corsi d'acqua rapidi e profondi, ponti mobili gettati sugli abissi, tutto senza lasciare spegnere o lasciarsi sfuggire una lampada di mano. Chi tremava o aveva paura non avrebbe mai rivisto la luce; chi passava coraggiosamente attraverso tutti gli ostacoli veniva ricevuto tra gli iniziati e iniziato ai piccoli misteri. Ma rimaneva da provare la sua fedeltà e il suo silenzio e solo dopo qualche anno diventava epopto, titolo che corrispondeva a quello di adepto.


La morte iniziatica simboleggia la trasformazione alchemica, il passaggio dal piombo (mortale) all'oro (immortale), perché "La Conoscenza ci rende liberi". Al contrario del massone, l'alchimista è solo, e ciò che impara lo impara da sé, passo dopo passo, sperimentando. Entrambi tuttavia hanno un unico obiettivo: la Conoscenza.

Un luogo iniziatico in Italia ad esempio è Damanhur, per alcuni una comunità, per altri una setta, fondata nel 1975 da Oberto Airaudi a 15 chilometri da Ivrea e 50 da Torino. Il luogo principale del centro è il Tempio dell'Uomo: un luogo sotterraneo che si estende per 70 metri in profondità. Un luogo iniziatico, strutturato in sette ambienti diversi, di concezione egizia, celtica e pagana in genere. "Nelle sale si eseguono riti segreti, danze, concerti, meditazioni. Il cuore del mistero è costituito dalla sala dell'alchimia, nella quale si mette in atto una speciale concentrazione che permette di programmare le reincarnazioni."

Almeno, secondo i cittadini della comunità, ormai numerosissimi, che tra le altre cose hanno anche una loro moneta e uno stile di vita esemplarmente ecologico. "A Damanhur si crede realmente che gli elementi della natura siano animati da folletti, gnomi, ondine, salamandre, silfidi e fate da evocare con rituali adeguati." Una delle sette sale del tempio sotterraneo, la Sala dell'Uomo, è stata concepita per custodire, mantenere e proteggere il Graal, che secondo la concezione damanhuriana sarebbe un ricettacolo di tutte le energie, capace di mutare forma a seconda del momento, delle esigenze.
Nell'eco-società di Damanhur, chi "conosce" il Graal, conosce le leggi della magia, che avrebbero avuto origine ancor prima degli Egizi, al tempo di Atlantide. Il Graal sarebbe la Pietra filosofale, perché in grado di trasformare qualunque cosa in oro, ovvero, di purificarla. Uno degli scopi del tempio sotterraneo di Damanhur sarebbe proprio quello di permettere agli iniziati una maggiore e migliore conoscenza del Graal, che è già in noi e attende solo di essere svelato.


GIAMPAOLO DACCO’

lunedì 2 novembre 2020

SOLITUDINI


SOLITUDINI

Pesaro, gennaio 1980

Era un sabato pomeriggio, il sole bianco di novembre illuminava dal cielo livido, le strade e le case della bella città dove stavo vivendo per un breve periodo della mia vita.
Dopo pranzo avevo deciso di affittare in un negozio, una bicicletta per visitare la città velocemente, non era particolarmente freddo quel giorno anzi, sembrava quasi primavera, così pedalando avevo attraversato il centro e qualche via periferica.
Sarà stato l'istinto o la voglia di fermarmi in un posto tranquillo, tant'è che imboccai il Viale della Vittoria, la strada che portava al mare verso la statale in direzione di Fano, ero arrivato pedalando, alla spiaggia della zone Muraglia, facendo il sottopassaggio della ferrovia.
La lunga distesa di sabbia era quasi deserta, avevo appoggiato la bicicletta sulla rena cercando di farla stare in piedi appoggiandoci lo zaino che avevo sulle spalle, un pezzo di giornale per terra così mi ero seduto a guardare le piccole onde bianche del mare grigiastro, infrangersi dolcemente sulla dorata sabbia.
Non ero solo, ogni tanto qualcuno passava vicino a me proseguendo o verso la città o verso la periferia, qualche coppia giovane, un paio di anziani, un gruppetto di bambini che si rincorrevano e delle persone - uomini e donne - solitarie immerse nei loro pensieri, un po' com'ero io in quell'istante.
Mi era sempre piaciuto ed anche tutt'ora, sedermi in un posto con larghe vedute ed osservare sia il paesaggio, il cielo e le persone che passeggiano attorno cercando in ognuna di immaginare il tipo di vita che potrebbero vivere durante le loro giornate.
Quella donna col cappotto verde che tiene per mano la bambina con le trecce scure, tentava di far osservare alla piccolina con la giacca a vento rosa, una barca in mezzo al mare e neanche tanto lontana, ma lei come tutti i bambini fantasiosi cercava qualcosa nella sabbia, sassolini colorati o conchiglie. Immaginavo la vita di quella donna, sicuramente nonna della bambina che la portava con se per una passeggiata o un giro in bicicletta mentre i suoi genitori (figlio o figlia di lei) lavoravano e fino a sera non andavano a riprendere "treccine scure" per riportarla a casa lasciando la nonna sola. Sola forse, felice o triste ma sola oppure chissà poteva avere un marito ma da come camminava mi sembrava piena di malinconia.
Ah la mia fantasia... Ed ecco:
Due ragazzi, pantaloni di velluto scuro sbiaditi e giubbotti di jeans imbottiti di finta lana, gesticolavano parlando piano, i loro capelli unti e lunghi sulle spalle, uno con la barba e l'altro con segni scuri sul volto, come si dice da noi un po' "sbarellati" e quasi di corsa si stavano avviando verso la strada sulla mia destra in cerca forse di qualche spacciatore, li osservavo di sbieco per non farmi notare, sembrava quasi litigassero dal gesticolare, poi si erano messi a correre verso un'auto che si era appena fermata sul ciglio della strana, anche oggi avrebbero avuto la loro dose quotidiana, pensavo.
Che tristezza e che solitudine dentro avevano questi ragazzi.
"Scusa" ed un rivolo di sabbia mi aveva colpito dietro la schiena "Scusami non volevo" e la voce si era persa dietro di me, mettendo una mano sulla fronte per ripararmi dal sole avevo visto un ragazzo atletico in pantaloncini e felpa correre sulla sabbia, lo avevo riconosciuto era un giocatore della famosa squadra di basket di Pesaro che nel 1980 era tra le migliori del campionato, c'era anche (non ricordo il nome) il marito della direttrice di ballo "Fame" il musical, li avevo incontrati in centro una sera in un locale, lei gentilmente mi aveva fatto l'autografo ma questa è un'altra storia.
Il ragazzo atletico ansimando per la cosa sulla sabbia dopo aver raggiunto un punto lontano, stava per tornare indietro, in qualche minuto mi stava passando davanti, mi aveva sorriso "Scusa di nuovo per prima" aveva detto correndo velocemente verso la città. 
Quasi urlai "Non ti preoccupare..." ma credo non avesse sentito la mia voce, chissà magari oltre la squadra viveva da solo, non aveva la ragazza. Lo immaginavo a leggere sul divano un libro dopo gli allenamenti duri, in quel caso la solitudine degli atleti di quegli anni era vera, non erano vip o presunti come lo sono ora, osannati e onnipresenti su tabloid o in tv.
Avevo guardato l'orologio, poi bevuto da una bottiglia del succo di limone, faceva caldo seduto sulla spiaggia sotto il sole di novembre, volevo andare via così mi rimisi in piedi e avevo poi messo lo zaino ed il giornale nella sacca appoggiata sulla canna della bicicletta.
A piedi faticando un poco cercando ti tenere diritto il mezzo sulla rena, ero riuscito ad arrivare alla stradina che passava sotto la via Strada delle Marche quando incontrai un signore anziano proprio nello stesso istante mentre uscivo dalla sabbia.
"Bella giornata vero?" mi aveva detto gentilmente.
"Oh si molto." gli avevo sorriso, era un signore distinto, anziano, con un cappotto di gabardine marrone, pantaloni scuri e scarpe di camoscio.
"Avrà passato un po' di tempo a guardare il mare oggi, lo deduco dal suo viso arrossato... Lei è di queste parti? Dal suo accento non mi sembra."
"No sono di Milano, sono qui per... lavoro, circa due mesi poi probabilmente verrò trasferito, chiamiamolo una specie di tirocinio..." si era messo a ridere.
"Se va verso via Luigi Albertini possiamo parlare un po' e fare la strada insieme, sempre se non la disturba."
Altra solitudine e voglia di fare due chiacchiere con uno sconosciuto, allora si poteva, in questi tempi le persone sono a volte diffidenti e scostanti, ma quarant'anni fa non era così, certo alcuni erano riservati o scostanti anche allora ma era più facile incontrare qualcuno durante un viaggio, oppure in un bar o seduti sulle panchine e scambiare quattro chiacchiere, a me faceva bene al cuore ed alla mente.
"No non mi disturba mi fa molto piacere, almeno posso fare due chiacchiere intanto che torno verso la mia abitazione."
"Ma lei è molto giovane, dice di lavorare non le avrei dato più di sedici anni."
"No ne ho venti compiuti pochi giorni fa."
"A quindi quarantacinque più di me..." aveva riso "E in che zona abita di Pesaro?"
"In una traversa di via Solferino, almeno fino ai primi di febbraio, poi verrò trasferito, spero a Milano, così sarò vicino a casa dei miei."
"Io sono di Cattolica ma dopo il mio matrimonio con Carla, mi sono trasferito qui, nella sua città, i nostri tre figli ormai vivono lontano: Roma, Bruxelles e Venezia, li sento sempre ma li vedo poco, sono nonno e ho molti hobbies, niente di che intendiamoci." l'eleganza dei modi e la compostezza della voce tradivano tutt'altro che un uomo semplice, avevo notato poi sul bavero del cappotto un'onorificenza dello stato, segno che quel signore era stato una persona importante nel suo campo.
"Vedo che per essere giovane non parla interrompendo, ascolta. E' una dote molto importante."
"Grazie signore, mi piace .. No anzi le confesso una cosa, vado spesso in luoghi spaziosi per osservare il panorama e sognarci un po' ma... amo osservare le persone immaginando la loro vita o per lo meno cerco di vederla secondo la mia fantasia."
Si era messo a ridere "Lei... tu, se mi permetti, sei un alieno, istintivamente e di solito non lo faccio, ti avevo fermato perché mi ricordi Glauco, mio figlio minore che vive a Bruxelles ed è psicologo, da ragazzino lo trovavo spesso in posti come quelli che scegli tu ad osservare le persone... Troppo divertente. Ma è anche una maniera intelligente di imparare  la vita e conoscere gli altri."
Avevo annuito con un sorriso, lui mi aveva messo la mano sulla spalla, due occhi verdi mi stavano scrutando dentro.
"Non cambiare mai te stesso, anzi cerca di migliorare sempre anche nei difetti. Hai due occhi vispi e curiosi."
"Grazie signore."
"Bene ora sono arrivato a casa ci dovremmo salutare, io abito qui in via Cesare Battisti in questa villa, se ti dovesse capitare di tornare da queste parti mi farebbe piacere tornare a parlare un po' con te." 
Mi aveva stretto forte la mano, il sorriso era paterno ma gli occhi tristi.
"Bene spero proprio di poterlo fare signore e... Mi saluti sua moglie anche se non la conosco e spero di..."
"Lei è andata via tempo fa purtroppo..."
"Mi dispiace io... " non sapevo che dire.
"Non ti preoccupare, non essere imbarazzato e non potevi saperlo. Allora speriamo di rivederci un giorno."
Più tardi ero già in viale Solferino vicino a casa, molti pensieri erano nella mia mente, in quel giorno avevo visto e conosciuto molte solitudini, vere o di mia fantasia, ma quel signore distinto mi aveva colpito molto "Lei è andata via tempo fa purtroppo." che frase triste e chissà dentro di lui cosa provava, quella solitudine che mai sparirà nonostante i figli e i nipoti. Era di lei che aveva bisogno.
Non l'ho più rivisto, mi avevano trasferito prima del previsto a Treviso e non ho potuto più salutarlo o parlargli, peccato.
Poi col tempo ho conosciuto altre solitudini, diverse tra loro, alcune serene ma molte sofferte, è così che la vita scorre in ognuno di noi ma nel corso degli anni ho scoperto una cosa: alcune solitudini le scegliamo noi come punizione, come scusa per sfuggire, come vivere perennemente nel proprio egoistico dolore oppure come scelta di vita.

Giampaolo Daccò