giovedì 18 gennaio 2018

NON PUO' FINIRE COSI'


NON PUO' FINIRE COSI'

(Chi sono io? Forse un uomo come tanti? Oh può anche essere ma quando spendi settantasei anni della tua vita, lucidamente su una sedia a rotelle, in un istituto dove, nonostante ti vogliano bene e sei curato in modo quasi sublime, messo a letto e a volte imboccato, davvero come tanti non lo sei veramente se non con la mente ed il cuore.
Mi chiamo Jaan vivo in un paese del nord Europa, in un posto verde e bellissimo, dove la natura è ancora viva.
Abbandonato alla nascita perché non avevo tutti gli arti nel modo giusto, la mia famiglia non ha sentito il dovere di farmi crescere come milioni di bambini e quindi meglio di un istituto di lusso che cosa poteva esserci?
Ricchi si ma non in grado di sacrificarsi fino in fondo e che colpa ne hanno? Nessuna solo quella di non capire, forse di vergognarsi ed inoltre ho avuto anche la "sfortuna" di essere omosessuale, di amare con il cuore e mente ma non con il corpo che non sente gli stimoli giusti.
Sinceramente mi vien da ridere.
Eppure in questi lunghi decenni, ho studiato, fatto cose utili, aiutavo gli altri ad accettare tutte le problematiche che la nostra condizione offre. 
Poi avevo conosciuto persone simpatiche tramite un gioco in internet e dai personaggi che avevo creato e con cui avevo vissuto le avventure inimmaginabili con loro, queste persone dopo esserci conosciuti in quei lunghi mesi di divertimento, sono venute a farmi visita nella vita reale e si era creato un gruppo di amici molto affiatati che si son voluti e si vogliono bene ancora oggi.
Amici di tutte le età che sono come me e altri che sono come tutti quelli che lavorano, corrono, ballano e tante altre cose... Fino a che avevo incontrato lui.
Lui che era come me, in tutto e per tutto, arrivato nell'istituto in cui io vivevo, molti anni fa e con lui ho vissuto tutto l'amore possibile tranne quello fisico ma pur sempre appassionato. 
Non ero più solo.
Nigel, il mio coetaneo, il mio compagno di giochi, di vita, di complicità, di lunghe chiacchierate, di avventure in porti virtuali, magnifici e noi sognavamo di essere davvero lì, di vivere tutte queste magie.
Un giorno adulti, un giorno bambini, un'altra volta pirati, poi guerrieri, antichi romani, indiani metropolitani di Parigi...
Ci credevo fino a ieri che potevo vivere una vita magnifica fingendo che fosse quella reale. Ma ieri era accaduta una cosa...)

- Jaan?.... - l'infermiere che si occupa di me era entrato con un viso scuro, subito avevo pensato che fosse successo qualcosa di serio. Pochi giorni prima tutti qui avevamo fatto la solita procedura delle analisi semestrali e visite varie dai dottori specialisti. Forse qualcosa di brutto riguardava me, avevo pensato con il terrore che stava salento dallo stomaco fino alla mente - Jaan ti devo dire una cosa ma cerca di stare tranquillo ti prego. -
-Tranquillo? Mi entri con quella faccia, dici queste parole, pochi giorni fa abbiamo fatto un check-up e non mi devo preoccupare?... -
- Senti caro, non si tratta di te... -
Avevo avuto paura di quello che mi avrebbe detto tra poco.
- Nigel lo hanno ricoverato d'urgenza al St. Albaart Hospital e... - 
- No no no no no... Non lui. - ero scoppiato in un pianto mentre Karl si era avvicinato abbracciandomi. - Che cos'ha? -
- E'... una cosa molto seria Jaan... Un carcinoma avanzato e forse... ha ancora qualche mese di vita, e... -
- Dio mio come faremo ora? - erano state le mie parole prima del pianto.

(Ed ora eccomi qui, davanti a lui che mi sorride seduto su quel  letto bianco in una anonima sala asettica di quell'odioso ospedale. 
Sorride ma gli occhi sono tristi e credo stia pensando ciò che penso io: "Che faremo ora?"
Di sicuro starò vicino a lui finché posso ma senza di lui non so se sopravviverò anche io dopo che...
Gli amici ci hanno scritto, quelli virtuali e non, ci stanno molto vicino con vero e sincero affetto, lo so in quanto siamo subissati di messaggi e telefonate per primo Johnny quello più caro, come un fratello per me.
Tra poco saremo con loro nel nostro gioco e vivremo, finché ce la farà il mio caro amico, fantastiche avventure.
Ecco Nigel ed io con i nostri portatili, stiamo entrando in quel bellissimo mondo virtuale, ce lo hanno permesso qui...
E subito il posto tutto verde dove abbiano la casa e il lago, qualche amico è già li che ci aspetta.)

- Ehi Nigel, Jaan siete arrivati finalmente, c'è anche nostro nipote Elois e mio fratello Lee con me. Vi va di andare sul monte Everest con una seggiovia tutta fatta di cristallo? - ci chiede Johnny appena gli siamo davanti, mentre con i suoi "parenti" ci aspettava in riva al lago.
- Come no... - risponde Nigel - Io non vedo l'ora di essere in cima, ma... Qualche caprone non ci darà mica una cornata  sul sedere vero? -
Tutti ci mettiamo a ridere, una nuova avventura è iniziata, e la voglio vivere con Nigel... Finché durerà.

 (Ho voluto cambiare nomi e situazioni per non far riconoscere le persone ma, la storia che ho scritto è vera, e spero che Nigel stia ancora tra di noi per molto tempo soprattutto per Jaan.
L'ho scritto perché lo meritano, è giusto far sapere che esistono altre realtà e grandi amicizie ed amori "diversi" anche se normali. Che si possono vivere fantastiche avventure pur virtuali mantenendo i piedi e la testa nella realtà.
Il mio abbraccio è tutto per loro, perché sono persone speciali. 
Con tanto affetto a Jaan e Nigel.
Il loro nipote A.)

Giampaolo Daccò (A.)



mercoledì 10 gennaio 2018

GIULIA


GIULIA

1974
Nessun tempo, nessuna stagione… Quel giorno.
Lei era bella, anzi bellissima.
Giulia, bionda dai capelli lunghi e morbidi, occhi verdi e per i suoi tredici anni, un corpo già formato grazie ad anni di ginnastica artistica, la stessa che frequentavo io.
Spesso facevamo la strada insieme e parlavamo di tante cose, non sapevo che lei era passionale già da allora ma, non ero a conoscenza del fatto che già usciva con uno più grande di lei, di almeno 10 anni.
Finiti i saggi estivi, un giorno facendo un giro in bicicletta insieme alla sua più cara amica, ci eravamo fermati in uno spazio verde vicino alle colline.
Vedevo lei molto strana, la sua amica mi guardava silenziosa con gli occhi carichi di pianto e sembrava sofferente come lei, Giulia.
Sono incinta… A tredici anni sono incinta!”
La sua voce era stata come una bomba lanciata in uno spazio vuoto e subito mentre la guardavamo ammutoliti, lei si era messa piangere.
Ora che faccio?”
Ma... ma lui chi...” avevo chiesto fermandomi allo sguardo dell’altra ragazzina.
E’...” mi aveva detto il nome, ero rimasto quasi scioccato, lo conoscevo anche io ed aveva una fidanzata bellissima piena di denaro che le traboccava dalle orecchie.
Ci sono stare parole di conforto, parole banali… Eravamo troppo piccoli per dire cose sagge come gli adulti.
Stefania che fino a quel momento era rimasta quasi zitta era esplosa anche lei con parole sussurrate ma come fossero spari nel silenzio della bruma.
Devi dirlo ai tuoi, io e Giampaolo saremo con te se lo vorrai...”
Ci aveva guardato con affetto e terrore ma si poteva fare altro?

Erano passati alcuni mesi, Giulia era andata via dalla cittadina con i suoi, il padre aveva avuto finalmente la sospirata promozione sul lavoro e si erano trasferiti a Milano, avevo saputo che l’altro quello che Giulia amava, si era tirato indietro alle responsabilità e la sua fortuna era stata che il padre di Giulia dopo un pugno sferrato bene al mento di quell’essere, non lo aveva denunciato e fatto sapere in giro, così aveva potuto poi sposare la ragazza ricca che “amava” tanto…
E Giulia?
Giampaolo!” la voce chiara di Stefania mi aveva fatto girare la testa in quel mattino domenicale al mercato.
Ciao, non ti avevo visto più, volevo dirti...” l’avevo abbracciata con un bacio sulla guancia mentre lei ansimava dopo una breve corsa mentre il fiato era uscito dalla sua bocca al freddo invernale.
Volevo dirti che Giulia ti saluta, ora abita a Milano in zona Crocetta e sta bene. Il bambino non c’è più lo aveva perso quasi subito senza bisogno di un aborto… Meglio così ha evitato un trauma...”
Povera Giulia, sapessi quanto mi dispiace per lei.” le avevo risposto mentre Stefania mi aveva preso sotto braccio avviandoci in un bar sotto i portici della piazza principale.
Ecco, il suo indirizzo e numero telefonico, lei aveva saputo che l’anno prossimo incomincerai il liceo artistico e probabilmente vi vedrete nella stessa scuola. Sentitevi dai, lo sai che lei ti vuole bene quanto te ne vuole Silvia.”
Le avevo sorriso e mettendomi in tasca il biglietto avevo ordinato due cioccolate calde con panna.


Milano, Giugno 1981.
Una calda primavera inoltrata, un sabato mattino pieno di sole. Ricordo che avevo fatto degli acquisti prima di partire per le vacanze.

Pochi giorni prima avevo accompagnato la mia amica Lori al treno in quanto era stata ospite da noi per un paio di settimane, me ero fermato con mia sorella Francesca al "nostro" bar poco prima di Piazza del Duomo pensando che avrei dovuto tornarci più spesso qui, per via dell'ottimo cappuccio che facevano, senza contare i croissant pieni di ogni ben di dio.
Infatti in quel mattino caldo avevamo fatto un'abbondante colazione godendoci la vista di Corso Vittorio Emanuele in pieno relax,.Vasi di fiori dividevano il bar dalla folla che aveva invaso quella strada quando dal tavolo vicino, due ragazzi avevano iniziato una discussione piuttosto accesa.
Poco dopo avevo visto lei alzarsi e correre via.

"Giulia! Accidenti…." aveva urlato il ragazzo mentre la gente seduta si era girata in direzione dei due a quel grido... Lui aveva lasciato delle banconote sul tavolino e correndo aveva preso la direzione dell’altra, l’angolo che dava verso piazza Liberty.
D'improvviso lei si era fermata per un attimo voltandosi verso quel giovane che la stava rincorrendo…

In un'istante l’avevo riconosciuta, stessi occhi, stessi capelli e modo di correre.
Giulia.
I ricordi erano riaffiorati prepotentemente, ma ancor prima del suo addio alla cittadina ed al bambino che aveva avuto in grembo per poco tempo, mi era tornato alla mente, un episodio dell’anno precedente.
Di quel luminoso maggio 1973.

Tanti ragazzi delle scuole medie di viale Partigiani che uscivano di corsa dal cortile e dal portone principale, io e con altri tre amici ci eravamo fermati poco più in la per prenderci un gelato, quando una voce allegra aveva detto:
"E a me non lo offrite?".
Giulia, era arrivata con i suoi lunghi capelli biondi sorridendo, lei era la passione di Marco che arrossiva ogni volta che Giulia era tra noi, un ragazzino troppo piccolo per lei nonostante avevano, anzi avevamo la stessa età.
Le avevo offerto il gelato e più tardi l’avevo accompagnata a casa mentre gli altri ridevano prendendomi in giro, un poco gelosi soprattutto Marco.
Sulla porta di casa mi aveva detto che l’anno prossimo forse dopo luglio o a settembre, coi suoi si trasferivano a Milano e non sarebbe più tornata qui, avevo pensato guardandola negli occhi: “beata te”.

Mi aveva fissato seria dicendomi "Mi mancherai tanto..", le avevo risposto che mi sarebbe mancata anche lei, che c’era ancora tanto tempo prima che andasse via, più di un anno…
Forse voleva sentirsi dire qualche parola in più. Ma io ero troppo piccolo e pensavo allo sport e allo studio o forse pensandoci con il senno di poi, lei voleva confidarmi qualcosa che avrei saputo l’anno seguente...


Che strano, spesso si ritrovano persone che hanno fatto parte della tua vita, dopo tanti anni in occasioni strane e solo per pochi minuti, senza avere il tempo di fermarsi o dire qualcosa.
Avevo finito la mia colazione e mi ero avviato verso il parcheggio dove c’era la mia aiuto e nella mia mente ancora Giulia…

In quel breve istante in cui l’avevo riconosciuta, la sua bellezza era diventata ancora di più notevole ma sempre dolce.
Tornando ad oggi, in questo istante sto pensando chissà che fine avrà fatto Giulia e se la rivedrò di nuovo un domani…



Giampaolo Daccò

mercoledì 3 gennaio 2018

SORELLE



SORELLE


FRANCESCA          VITTORIA







FRANCESCA (1904) E VITTORIA (1902)

La mia prozia e la mia nonna materna.

Come si possono paragonare due donne molto vicine fino alla fine della loro vita, quando le proprie sembianze, i propri caratteri erano diametralmente opposti?
Si definiscono banalmente:
il bianco/il nero?
il sole/la luna?
la luce/il buio?
l'alfa/l'omega?
Il cane/il gatto?

Erano così, una completamente diversa dall'altra, il canto ed il contro-canto: 

Francesca occhi scuri e Vittoria occhi azzurri 
Francesca capelli corti e ricci e Vittoria lunghi e lisci
Francesca piccola, magra e Vittoria di media altezza, formosa
Francesca dalla voce lieve e Vittoria dalla voce imperiosa. 

Eppure la cosa che hanno sempre avuto in comune era stato l'amore per la famiglia, per il lavoro e i doveri.
Donne oneste ed irreprensibili, donne fortunate e sfortunate allo stesso tempo.

Nonna Vittoria ad una settimana dal matrimonio perse il fidanzato per una malattia improvvisa, poi non si era data per vinta e si era sposata qualche anno dopo, con mio nonno Paolo.
Avevano avuto quattro figli, ma un destino terribile era in agguato, nel giro di cinque anni perse il marito, la figlia di sedici anni e il figlio di pochi mesi.
Ancora la morte nel cuore non si era fatta prendere dalla paura di non farcela. Era tornata a vivere dalla madre con le due figlie rimaste: mia madre di tre anni e mia zia di dieci. Ed aveva incominciato il lavoro duro della commerciante girando da sola, per tutte le strade di Milano vendendo stoffe, diventando amica della sorella maggiore del cantante che viveva in via Gluck dietro la stazione centrale.
Con sua madre c'era Francesca, la sorella rimasta accanto alla vecchia mamma per dovere ed amore, non appena l'ultimo dei fratelli si era sposato un anno prima.

Zia Francesca, prima bimba, poi ragazza, poi donna timorata di Dio, la sua vita era fatta preghiere, di chiesa e casa,  di obblighi famigliari in confronto dei genitori e dei fratelli, penultima di una nidiata di figli si era presa cura di tutto nonostante lavorasse in un cotonificio facendo turni massacranti.
Era stata una ragazza che aveva rifiutato due giovani (mio nonno Paolo ed un altro che aveva fatto fortuna nel New Jersey qualche anno dopo), aveva forse paura dell'amore, forse non le importava, forse un padre severo l'aveva spaventata un giorno mentre parlava con il ragazzo che fece fortuna.
Dopo la morte della vecchia madre, Francesca si era occupata di quasi tutti i nipoti finché erano cresciuti:
Mamma, zia Mina, le loro cugine figlie di un fratello bellissimo anche lui, purtroppo andatosene via giovane.
Poi aveva accudito i figli e le figlie delle nipoti, occupando la propria vita pensando agli altri.

Francesca e Vittoria, calma una e passionale l'altra, religiosa una e libera da dogmi l'altra. Francesca devota alla madre fino all'ultimo e Vittoria devota per tutta la vita al marito scomparso ed ironia del destino,  nonna era morta trent'anni esatti, lo stesso mese di nonno Paolo.
In vecchiaia, erano venute a vivere nell'appartamento sotto quello dei miei genitori e si erano fatte compagnia fino all'ultimo giorno di nonna Vittoria, circondate da tutti i nipoti.

Due donne forti e diverse che hanno avuto il coraggio di affrontare decenni di durezze, amarezze, di affetto dei famigliari che sempre andavano a far loro visita.
Donne che hanno insegnato molto a tutti noi e che meritano un pensiero, una dedica, una storia da ricordare perché ogni persona che ha sacrificato parte della propria vita per gli altri, devono rimanere nella memoria anche di chi non le aveva conosciute.

Non ho voluto entrare in altri particolari più intimi e famigliari, perché trovo giusto che devono restare nel cuore e nella mente di chi li ha vissuti, ma noi tutti nipoti e pronipoti rimasti, loro, saranno sempre le nostre stelle che quando eravamo piccoli e non solo, ci guidavano su una strada irta di trappole ed errori, aiutando a non caderne, ma guidati sempre con onestà, affetto e devozione.

Francesca e Vittoria, sorelle indimenticabili.

Questo piccolo rracconto lo dedico per chi ancora tra noi le ricordano sempre, i loro amati nipoti:
Piera, Cesarina, Nadia, Giusy, Francesca, Gaetana, Antonietta, Battista, Emilio, Giampaolo.

Giampaolo D.