sabato 26 giugno 2021

VORREI ESSERE STATO...


 


Avrei voluto essere un bambino come gli altri,
avrei voluto giocare e stare con altri ragazzini,
avrei voluto un'infanzia e giovinezza felice,
avrei voluto che qualcuno s'occupasse di me.
Avevo passato giorni ad osservare alla finestra,
avevo passato giorni a curare la nonna malata,
avevo passato sere da solo in camera fantasticando,
avevo passato quegli anni senza "luce".
Avevo cercato amicizia ho trovato rifiuti,
avevo cercato affetto da lui ed ho trovato il gelo,
avevo cercato qualcuno ma ho trovato nulla,
avevo cercato di essere diverso per piacere.
Non sono mai stato un bambino facile,
non sono mai stato coraggioso ma timido,
non sono mai stato ciò che tutti si aspettavano,
Non sono mai stato quello che sono adesso.
I bambini difficili, i bambini indaci, i bambini "strani",
hanno più bisogno di amore e di attenzione,
i primi cinque anni della vita di un fanciullo,
sono la base di ciò che sarà un domani, anche
se quel bambino avrà la fortuna di cambiare se stesso.
Se non li si amano o non si è in grado di farlo,
date questo compito a chi o sa fare e sa donare
tutto ciò che un bambino ha bisogno per crescere.
Le ferite rimangono profonde dentro anche invisibili,
per tutta la vita anche se rilegate in un angolo,
loro stanno lì a ricordarti chi eri e cosa hai passato.
Gli altri, quelli che ti hanno fatto del male,
fingono di non ricordarsi o pensano di non averlo fatto,
ma l'uomo di adesso lo sa benissimo e ciò che gli altri
rammentano, non è mai quello che ricordi tu.
Ora ai loro occhi sei una grande persona,
un uomo dal cuore d'oro e piacevole da frequentare
ma solo tu sai che non è questa la verità.
Allora si recita un ruolo o ci si allontana
da quelle bugie perché quella è la loro vita,
la tua è tagliata a pezzi da quei ricordi e
mai sarà diverso e solo con una nuova vita,
potrai essere ciò che sei davvero e per sempre.
I bambini vanno amati e compresi e guidati,
sia dalla famiglia sia da chi non ne appartiene,
ma è tanto difficile tutto questo, davvero
è un compito che ogni essere umano deve svolgere
verso quell'innocenza che si perderà nel tempo.
L'abbandono è fatto di tante maniere ed ognuna
è terribile quanto l'altra.

GIAMPAOLO DACCO'

venerdì 11 giugno 2021

ERA QUEL TEMPO LONTANO


 

"Era quel tempo lontano"

Estate e profumo di fieno
Correvo tra campi e raccolti
Inebriato di odori e colori
Sognavo
Tra sterrate e erba
di correre verso la libertà.
Con occhi innocenti

Giampaolo Daccò
(photo Giampaolo Daccò
zona Bettàle campagna)

domenica 6 giugno 2021

EMMANUEL & GIAMPAOLO


 

                             EMMANUEL & GIAMPAOLO

עמנואל וג'יאמפאולו

- State fermi... Ecco ora la foto.. No no Emy, sorridi, Paolino stai più vicino a Emy... Pronti? Ecco fatto. -

-Mamma io non mi chiamo Emy ma Emmanuel e Paolino si chiama Giampaolo... - aveva risposto il mio amichetto di giochi dei week end milanesi, quando nonna Maria mi portava a Milano dalla sua casa in campagna, per incontrare il suo fidanzato che io chiamavo zio, un uomo gentile dagli occhi verdi, conosciuto dopo la morte di nonno.

Myriam era la mamma di Emmauel, lo stesso nome di nonna Maria in ebraico ed avevano più o meno la stessa età, Myriam aveva sei figli tutti maschi, Emmanuel era l'ultimo avuto a quasi quarant'anni). Per me avere una nonna di poco più di quarantacinque anni era un vanto, e le origini orientali del suo cognome la facevano apparire molto vicino a Miryam come sua sorella oltre che collega di lavoro.

Emmanuel nel corso dei fine settimana era diventato uno dei miei amici più cari, sembravamo, come diceva lui, i biscotti "Ringo" anche se poi la sua carnagione e capelli ricci e neri non erano proprio scurissimi. La sua convinzione era che nonna Maria fosse ebrea come lui.

- Vedi il suo cognome, mentre il tuo è francese, il suo è orientale! - e pronunciava quel cognome con una erre strana tipica della sua lingua, ne ero affascinato anche se lui mi prendeva in giro per la mia di erre "moscia" ora meno accentuata ma allora era quasi uno strazio per me, soprattutto a scuola.

In estate passavamo i pomeriggi al Parco di Porta Venezia allo zoo (ora fortunatamente solo parco Indro Montaneli), oppure si andava all'idroscalo. Nelle altre stagioni anche con i miei genitori si andava con la famiglia dal cognome impronunciabile, in giro per i laghi e posti che lo zio P. conosceva bene, noi, in cinque, sulla 1100 Bordeaux, mentre Emmanuel e famiglia su un furgoncino famigliare.

Io ed Emmanuel eravamo diventati quasi gemelli, eravamo uniti da tante cose: pittura, guardare le stelle, pattinare, ginnastica, odiavamo il calcio e giocavamo a nascondino. Ricordo le corse a perdifiato quando con la sua famiglia venivano in campagna da noi, scappavamo nei prati vicino al fiume Lambro, tra fiori, grano e piante di ciliege.

A otto/nove anni il mondo era più colorato ai nostri occhi e spesso giravamo per mano tra stradine fuori paese altrimenti la mentalità bigotta poteva additarci (alla nostra età poi dove non sapevi cos'era il sesso) come diversi mentre in città tutto era così normale che avrei voluto che papà e mamma si fossero trasferiti subito ma c'era l'altra nonna da curare.

Non c'era malizia nei nostri cuori, speso in camera sua o mia ci ritrovavamo abbracciati a leggere fumetti o vedere la televisione e poi scoppiavamo a ridere per niente e rotolavamo sui tappeti facendo la lotta. Poi i panini al burro e zucchero o burro e marmellata con il tè a mezzo pomeriggio.

Myriam come nonna Maria erano belle, gli occhi neri misteriosi, la carnagione olivastra, i capelli corvini e il corpo prosperoso e armonioso e tutt'e due avevano una bella voce.

Adam il terzo dei fratelli di Emmanuel, spesso ci portava dai suoi amici dove suonavano con una band in una cantina, canzoni beat e rock, un sogno ed Emmanuel dai capelli ricci si muoveva come Jimy Hendrix vicino a Adam imitandolo con una inesistente chitarra, mentre io fingevo di suonare la batteria e guardandoci strizzavamo i nostri occhi in segno di intesa. Altro che lo Zecchino d'Oro e che era quello strazio di bimbi vestiti uguali con canzoncine idiote...

Se non era amore fraterno tra noi due non so come avrei potuto definirlo, una sera mentre gli altri erano a cena, noi due eravamo in camera sua ed all'improvviso era scoppiato un temporale forte, Emmanuel aveva gridato spaventandosi dal primo botto del tuono.

Era arrivata subito sua madre a rincuorarlo, non capivo perché aveva così paura mentre per me era normale il temporale, mai avuto terrore, forse solo dei fulmini ma... Allora Miryam che mi aveva guardato negli occhi e capendo la mia incredulità, raccontò a noi la loro storia, di quando nel 1967 due anni prima ci fu la guerra dei sei giorni tra Israele la loro patria e l'Egitto, la Siria e la Giordania.

Ero rimasto a bocca aperta, sapevo dai telegiornali ma non direttamente da chi l'aveva vissuta. Erano scappati da Ascalon, vicino alla zona rossa raggiungendo prima Roma da alcuni zii e poi a Milano dalla sorella del padre. Ancora allora stavano aspettando di poter ritornare nel loro Paese tanto amato.

Quando lei era uscita dalla stanza, mi ero avvicinato a Emmanuel che si sera calmato, era appoggiato al cuscino messo in piedi alla spalliera e gli misi il braccio intorno al collo. Emmanuel si era girato verso di me, gli occhi neri contrastavano i miei cosi chiari, ma erano pieni di lacrime e paura, mi aveva abbracciato forte.

Non so cos'era successo in quell'istante ma le nostre labbra si unirono in un bacio casto lasciandomi di stucco, lui era sembrato sorpreso e mi disse che era il modo di salutarsi o di incontrarsi tra loro. Mi tirò vicino e mi baciò di nuovo... Questa volta il bacio era stato lungo e le sue braccia mi stringevano al suo viso.

Non sapevo che dire o fare, quando si era staccato e come nulla fosse aveva acceso la televisione, l'avevo guardato con meraviglia, come se per lui fosse stato normale, anzi era normale... Per me ancora adesso non saprei descrivere, troppo piccolo per darne un significato di saluto ma di certo avevo capito che quel bacio era un modo di esprimere l'affetto per una vera amicizia.

Avevo baciato tante ragazzine perché me ne ronzavano attorno molte nella via dove abitava nonna: Bruna, Loredana, Cinzia, Antonella... Ma era una cosa diversa direi che era sentimentale per me, averne poi tre all'insaputa una dell'altra (so che fa ridere a otto/nove anni) ed oltretutto una mora, una bionda e una rossa, mi davano l'aria del baby latin lover.

Eppure quel bacio tra me ed Emmanuel mi aveva impresso nella mente quanto potesse essere bello e liberatorio ma soprattutto innocente quel gesto che gli ebrei fanno in maniera normale per saluto e per esprimere amicizia. Una forma strana di amore che solo chi non ha malizia potrebbe capire.

Emmanuel e la sua famiglia ritornarono a Jaffa (prima città indipendente, ora quartiere di Tel-Aviv) dai nonni nel 1971, nonna Maria e zio P. li avevano accompagnati portandomi con loro all'aeroporto di Linate.

Avevo pianto durante il viaggio verso l'aeroporto e così anche Emmanuel mi aveva confidato nella sala d'aspetto delle partenze. Intanto che lui stava vicino a me e trafficava nel suo borsone colorato, avevo passato in rassegna i volti della sua famiglia per imprimerli bene nella mente, sentivo che non li avrei più rivisti.

Abraham il padre, Myriam la mamma che mi aveva abbracciato forte e baciato sulla fronte come una mamma, poi i fratelli Jared, Shimon, Adam, Yosef e Noam. Emmanuel mi aveva tirato la manica della camicia, mi aveva messo nella mano un pupazzetto colorato con i capelli neri e ricci. Era come fosse lui.

- Ci scriveremo sempre? -

- Si sempre Emmanuel. -

- Me lo prometti che verrai a Jaffa? -

- Non lo so ma partirei subito con voi. -

- Pensi che ci rivedremo ancora? -

- Si ne sono sicuro e te lo giuro che succederà. -

Aveva sorriso mentre una voce femminile attraverso l'autoparlante annunciava il volo per Tel Aviv, il loro. Ricordo che ci erano stati abbracci, baci, pianti tra nonna e Myriam. I suoi fratelli mi fecero girare vorticosamente tra le loro braccia mentre Emmanuel dopo aver salutato nonna e zio, mi si era avvicinato.

Senza una parola mi aveva abbracciato e baciato sulla bocca.

- Ricordati di me, per sempre Giampaolo. -

- Si per sempre. -

- Ti scrivo appena arrivo a casa. -

Avevo annuito mentre tutta la famiglia si era spostata al check point, dopo pochi minuti erano spariti nell'area delle partenze e fu allora che mi ero messo a piangere forte, avevo provato un dolore che non sapevo gestire a dieci anni. Nonna mi aveva rincuorato prima in aeroporto poi sul tragitto di strada, nella mia mente c'era solo il mio amico Emmanuel.

Con lui ci eravamo scritti fino al 1973, poi era arrivata la guerra del Kippur e da quel momento più nulla. Io speravo che a loro non fosse successo nulla in quella terribile guerra, speravo col tempo di ritrovarli ma non ricordavo il loro cognome, era troppo difficile. Nonna era morta quasi improvvisamente l'anno rima e zio P. nel frattempo si era ammalato e non l'avevamo più visto, non era rimasto nesun filo o legame con loro.

Siamo arrivati al 2021, ai ricordi di una bella amicizia... Avevo cercato su Facebook ed altri canali dei social ma niente... Vuoto assoluto ed ora non mi rimane che ricordare Myriam ed i suoi com'erano allora ed Emmanuel, il mio amico di scorribande e del suo bacio fraterno e quegli occhi profondi e neri che spero ora siano negli occhi di qualche donna o nei suoi figli. Lo spero con il cuore.

E chissà che un giorno come un miracolo ci si potrà rivedersi.

Giampaolo Daccò









venerdì 4 giugno 2021

CONFESSIONI


(photo E.M.S.)
(model Giampaolo)
(text Giampaolo)

CONFESSIONI

Eccomi qui davanti ad uno specchio che è mio, riflette un volto che è cambiato nel corso degli anni, ma ciò che è cambiato di più è lo sguardo degli occhi.

Le esperienze della vita hanno donato una luce più matura, più realistica, più spietatamente vera. Eccomi sono io con le mie confessioni, quello che sono stato e che forse, sarò.

Un punto fermo c'è, la persona con cui condivido quasi venticinque anni di vita e che non cambierei per nessuna ragione, neanche per un altro amore... Alla mia età è troppo rischioso.

Ma chi sono io davvero, come posso essere crudelmente sincero verso me stesso in un mondo dove tutti non prendono coscienza di se e vivono personaggi per non vedere cosa hanno dentro e chi sono realmente?

"Non ho mai avuto un luogo che sento casa mia e ne mai ho avuto l'occasione di aver potuto acquistarla, non ne ho mai capito il vero motivo.

Un vagabondo che si è fermato per lunghi o periodi brevi in tante città diverse, mai legandosi veramente ad un posto e viverlo intensamente con nostalgia.

Solo in amore resto fedele, anche se in passato nel mio letto sono passate decine di figure, ognuna diversa ma poco hanno lasciato dentro nell'anima, mentre chi ho amato sono state solo tre vite.

Ho avuto il cuore spezzato ma ce l'ho sempre fatta a superare e non è che mi dispiaccia anche perché non ho mai venduto la mia vita a nessun prezzo ma non ho mai comprato nessuno.

A volte penso di non meritare niente di più di quello che ottengo ma anche se non lo penso veramente è per il fatto che niente di quello che ho è veramente mio.

Ho sempre pensato che mi piacerebbe vivere in riva al mare,  girare il mondo da solo o con la persona che amo, vivendo in modo semplice ma non ho idea cosa sia successo a questo sogno.

Spero di non fermarmi qui ancora per molto, vorrei cambiare città, lavoro, conoscere nuove anime eppure ho la sensazione che la mia vita sia in affitto per qualcuno o qualcosa. Strano.

Ma il mio cuore è come uno scudo forte anche se i sentimenti sono vulnerabili ed intensi, non lo deluderò, lo so. Ho sempre messo l'anima ed amore nelle cose fatte.

La paura di fallire potrebbe farmi tremare nell'animo ma continuerò sempre ad ogni costo lottando anche se non sarò mai capace di comprare o di vendermi... Sono vivo anche per questo.

Confessioni, ritagli de me stesso.

Una ricerca continua inesauribile.

Perché la vita, la mia vita

è tutto questo.