sabato 26 dicembre 2020

NON E' UNA STORIA COME LE ALTRE


 

NON E' UNA STORIA COME LE ALTRE

(photo Pinterest)
Ero indeciso se scrivere o no questo post, ci ho pensato per tre giorni per vari motivi: per via delle feste che dovrebbero essere divertenti anche se c'è questa terribile crisi, per via che molti di noi stanno passando brutti momenti, per quelli che mi hanno rimproverato di essere pessimista e che ognuno ha le sue beghe da risolvere e quindi di farmi i cavoli miei.
Ecco questo invece mi ha fatto riflettere molto e così ho deciso di scrivere anche se potrebbe essere molto triste ma non si nasconde la verità come fanno tanti con foto shop di fisici statuari, di sorrisi finti perché si deve farlo, e tutte gli ipocriti auguri che alcuni si fanno odiandosi di nascosto. Basta se uno ha qualcosa da dire o da tirar fuori lo faccia, chi poi se ne frega di questo che sto per pubblicare non importa, io lo farò indipendentemente da tutto. Dopo tutto è il mio profilo e chi vorrà lo leggerà e chi contesterà proprio non me ne frega nulla.
Non è un bel Natale, non sono belle quest feste, ho dei dolori dentro che mi stanno dilaniando l'anima e di cui solo la persona che sta con me mi è di supporto e pochissime persone vicine che lo sanno.
Convivere con dei dolori di cui sei impotente e non puoi far nulla è la peggior cosa che uno deve affrontare e di brutte cose ne ho affrontate tantissime, da solo con nessuno vicino o con quei due o tre amici e la persona che amo, ma infine ero solo.
Ho compreso che l'età rende più deboli i nostri animi e non si chiede più aiuto facilmente, specialmente se molti sono spariti appena "campanata" la cosa oppure fingono di non sapere nulla.
Si è più vulnerabili e meno forti anche se ci metti tutta la grinta e il desiderio di risolvere, si dovrebbe nascere con un cuore duro e una mente fredda ma come si fa se sei al contrario?
Non starò a spiegare per chi o per cosa, il mio cuore è a pezzi, pensavo che qualcosa dopo anni di dolori e di perdite almeno un periodo di serenità potesse arrivare con quest'età matura, invece si vede che il mio destino ( anche di molti altri) non è benevolo e mi costringe a continuare a lottare con una ferita dentro che non si rimargina mai.
Quando qualcuno ha avuto bisogno non ha avuto bisogno di chiamarmi, ero presente subito, come potevo farlo: fisicamente o con telefonate, ma comunque loro non hanno avuto bisogno di chiedere, così ora io non chiedo per non sentirmi dire come poco tempo fa: "Senti ho tanti problemi anche io che non ho tempo di ascoltare i tuoi, fai come fanno tutti, risolvono da soli e si tengono dentro senza rompere agli altri". Bello vero?
Mi conosco sono una tigre nell'affrontare il tutto ma sento la crepa nel cuore diventare sempre più profonda e la solitudine dentro che si affaccia sempre di più ed ora cercherò di aiutare chi ora sta soffrendo con la mia vicinanza. Per questo ho lasciato lungo la strada parenti ed amici, ricordando un passato dove, giovane ho dovuto affrontare tutto da solo e fortunatamente vista la cosa, non devo dire grazie a nessuno di loro. Parole dure? No pura verità, non mi è stato regalato niente e se ho avuto qualcosa per risolvere i problemi, è stato per merito mio... Ma ora sono davvero disperato dentro, spero solo che io possa risolvere qualcosa ma sono troppe le cose, forse dovrei lasciare andare alcune di loro ma con la coscienza che mi fa i conti dopo?
Non so e non voglio sapere come sarà il prossimo futuro viste le premesse attuali, mi lascerò vivere la vita personale e mi occuperò di ciò che ora mi sta a cuore.
No non sono ipocrita di dire che belle feste ed auguri a tutti, li ho fatti a chi mi ha scritto sul cellulare e alle sole tre persone che mi hanno telefonato, è stato un piacere per alcuni di cui ovviamente non farò nomi, ma anche un dovere ed un obbligo verso qualcuno in quel momento e ne avrei fatto a meno, so di essere duro ma è la verità che non nasconderò mai più, ne a me stesso ne agli altri.
Mi spiace di non aver scritto qualcosa di piacevole ma sono stanco davvero di fingere, ma ora andiamo avanti.

Giampaolo D.

sabato 5 dicembre 2020

NEL TUO CUORE NON ERA AMORE


 

NEL TUO CUORE NON ERA AMORE

La neve cade leggera sulla strada del centro della grande metropoli, mentre poche persone camminavano veloci sui marciapiedi bagnati.

La musica nella piccola ed elegante pasticceria, inondava i tre locali in stile liberty dando un'atmosfera quasi sognante.

Poche persone erano in quel locale elegante con i camerieri in livrea bianca dai bottoni dorati, le voci gentili delle commesse che portavano dolci e caffè o cappuccini ai clienti stridevano un poco con il rumore della macchina da caffè usata dai baristi vestiti di blu scuro e dai capelli perfettamente tagliati corti.

La signora e proprietaria del locale è alla cassa e per un piccolo istante guarda la bella donna seduta al tavolino, sola con davanti una fetta di torta ed un latte caldo, la pelliccia appoggiata su una sedia a fianco. I suoi capelli lunghi e biondi incorniciano un volto da ragazzina nonostante avesse trent'anni.

Sentendo lo sguardo su di se, la donna si volta per un attimo verso la signora, che sorridendosi a vicenda, lei accenna con un leggero movimento di approvazione con la testa, come se tutto fosse perfetto.

Apparentemente.

Lei, la bellissima donna bionda è lì, davanti a lei vetrine eleganti di quella strada alla moda, sorseggiando il caldo latte ed ogni tanto si gusta un pezzo di quella torta glassata, ma i suoi occhi sono sempre rivolti verso il paesaggio fuori: ombrelli colorati, uomini e donne in giacca a vento di varie tinte, qualche taxi che passano lentamente e voci indistinte nel locale, il natale è ormai vicino. I suoi pensieri vagano in un non lontano passato quando con lui erano seduti allo stesso tavolo in una giornata come questa, fredda e bianca.

"Sei vicino a me, ma ti sento lontano". Lui stava zitto, ma gli occhi chiari di lei posati sui suoi, così scuri ed intensi pungevano il suo cuore, non sapeva che dirle. "Sono sola con te da tanto tempo, lo sento... Non ho più capito se nel tuo cuore c'è ancora amore per me".

Lui la guardava con dolore ma l'espressione del viso pareva lontana da lei anche se riusciva ad ascoltarla, dentro capiva di non amarla più, semmai l'avesse amata davvero in questi due anni, facendole perdere a lei, mesi e giorni fatti di illusioni e sogni eppure... Aveva sempre pensato di amarla davvero ma negli ultimi tempi il suo cuore non batteva più, anzi non aveva mai avuto per lei quel tuffo che si prova quando si ama la persona che si ha accanto.

"Io... Vittoria, non so più cosa dire, non so più cosa provo... Mi sei vicina ed io non so spiegare al mio cuore cosa mi lega... Mi legava a te. Scusami ma..."

Due lacrime invisibili a lui le scendevano sulle guance, aveva sentito mormorare qualcosa ancora, poi il silenzio. Aveva aspettato qualche secondo e poi si era girata dove era seduto il suo amore ma la sedia era vuota, volse lo sguardo verso l’uscita e aveva visto la signora della cassa sorriderle come dicesse “E’ tutto a posto signora, ha pagato suo marito.”

Di lui nessuna traccia, era tornata fissare il tavolino e le loro consumazioni e vicino alla tazza un biglietto, un foglietto scritto da Pietro. Lo aveva aperto e letto, poi aveva pianto silenziosamente evitando di farsi notare.

In strada poco più tardi, tra folate di vento gelido e gli soliti ombrelli colorati di persone che camminavano veloci per la strada aveva pensato a Pietro, ai suoi occhi, ai suoi abbracci nella loro casa che da oggi rimarrà vuota di lui.

Si era fermata davanti ad una vetrina di un negozio di cristalleria, guardava la sua immagine riflessa ed il pensiero era andato al foglietto trovato accanto a lei in quella bella pasticceria.

Perdonami per non averti e saputo amare come avresti meritato. Andrò via per non farti soffrire più. Pietro - ed un fiore disegnato vicino alla firma -”

Velocemente si era avviata verso la casa di sua madre aspettando che lui avesse portato via le sue cose dal loro appartamento, intanto la neve cadeva ancora e lei durante il tragitto si era chiesta: “Perché non sei riuscito ad amarmi? Mi giravo verso di te quando eri accanto ed il mio cuore insisteva a dirmi che non mi amavi. Avevo si i dubbi se mi amavi oppure no… Ma la risposta c’era già nei tuoi occhi e perché io ho accettato tutto questo? Ma vorrei credere ad una cosa nonostante la verità che mi avevi rivelato poco fa: non saprò se mi avrai amata un attimo oppure no in questi due anni.”

Ora Vittoria ha finito la sua colazione, la neve fuori ha smesso di scendere, si alza, si avvicina all’uscita fermandosi  per pagare il conto ed alla cassa la stessa signora di allora le sorride dolcemente mostrandole il conto. Prima di uscire, un uomo la stava guardando, i loro occhi si incontrano per un attimo e lui le sorride, Vittoria lo osserva per cercando di mostrare anche lei un sorriso ma subito esce da quel locale senza voltarsi.

Nessuno potrà mai sostituire quei momenti con Pietro, quell’intimità dolce che avevano trovato in quel locale, apre l’ombrello e imbocca la strada per casa.

Ancora insiste il mio cuore che il suo non era amore, non saprò se mi hai amato oppure no”.

Giampaolo Daccò


sabato 21 novembre 2020

LA PIETRA FILOSOFALE


 


LA PIETRA FILOSOFALE



La Pietra filosofale è il Sacro Graal degli alchimisti, non solo per via del suo presunto valore, ma anche perché certe qualità della stessa sono affini a quelle della sacra reliquia. In molti, nel corso della storia, sono partiti alla ricerca di questa misteriosa "pietra", ma nessuno a quanto pare è mai riuscito nell'impresa. La ricerca della Verità è stato ed è ancora oggi lo scopo di molti centri iniziatici. Fulcanelli, personaggio enigmatico che potremmo identificare con Jean-Hulien Champagne (1877-1932), scrive:

Tra i più celebri centri d'iniziazione di questo tipo citeremo gli ordini degli Illuminati, dei Cavalieri dell'Aquila nera, delle Due Aquile, dell'Apocalisse; i Fratelli Iniziati dell'Asia, della Palestina, dello Zodiaco; le Società dei Fratelli neri, degli Eletti Coëns, dei Mopsi, delle Sette-Spade, degli Invisibili, dei Principi della Morte; e poi i Cavalieri del Cigno, istituiti da Elia, i Cavalieri del Cane e del Gallo, i Cavalieri della Tavola rotonda, della Genetta, del Cardo, del Bagno, della Bestia morta, dell'Amaranto, ecc.

Non sappiamo se qualcuno di questi centri ebbe mai successo. Alcuni grandi iniziati, come Nicolas Flamel e il Conte di Saint-Germain, probabilmente giunsero molto vicini alla verità, ma anche il loro nome, alla fine della loro esistenza, venne scolpito su delle lapidi. Infatti, si dice che la Pietra filosofale doni la vita eterna a chi la possiede, proprio come il Graal. Tale potere era strettamente connesso a quello di poter trasformare il semplice metallo in oro. Per fare ciò occorreva però avere una Conoscenza assoluta delle leggi naturali.

A tale livello si poteva giungere scoprendo la Pietra filosofale, perché solo questa era (ed è) in grado di donare l'onniscienza, almeno secondo gli alchimisti e i filosofi del passato. Si tratta in pratica di un circolo vizioso, un ostacolo che nessuno, a quanto pare, è mai riuscito a superare. Un enigma apparentemente senza soluzione. Solo la Conoscenza assoluta avrebbe infatti permesso la trasmutazione del vile metallo in oro, che si credeva fosse un materiale perenne.

Così, in maniera analoga, la Pietra filosofale avrebbe donato la vita eterna all'essere mortale che ne sarebbe entrato in possesso, avrebbe trasformato la materia in spirito. Ma questa Conoscenza assoluta continuava (e continua ancora oggi) a essere preclusa all'umanità. Ciò che possiamo fare è solamente cercare di avvicinarci a essa, passo dopo passo, grado dopo grado, nei limiti delle nostre possibilità. Non tanto per il venale intento di trasformare il piombo o il mercurio in oro, piuttosto perché "fatti non fummo per vivere come bruti, ma per seguire Virtù e Conoscenza", come scrisse Dante Alighieri nel XXVI canto dell'Inferno.

L'uomo nasce per conoscere, spinto da una naturale curiosità che è tutta umana. Da questo punto di vista, la Pietra filosofale, così come il Sacro Graal, smette di essere un oggetto reale, fisico e materiale, per divenire un simbolo.
Ognuno di noi nella sua vita compie un cammino iniziatico, chi più, chi meno; inconsciamente o con coscienza. L'oggetto della nostra ricerca ci è pressoché oscuro, eppure lo bramiamo ardentemente. Ciò ci rende vivi perché, come diceva Giacomo Leopardi, ciò che è veramente piacevole è il desiderio e non la realizzazione dello stesso.
Una delle leggi fondamentali dell'alchimista è credere che tutto ciò che sta in basso sia specchio di quel che si trova in alto. Troviamo scritto questo nella Tavola di smeraldo, attribuita al leggendario Ermete Trismegisto. In parole povere, vengono messi in rapporto tra loro il microcosmo, cioè l'uomo, con il macrocosmo, ossia Dio. Ma, attenzione: la divinità degli alchimisti esula dalla religione.

Si tratta del Grande Architetto, che dirige il tutto come un direttore d'orchestra; del creatore delle leggi naturali della vita. In sostanza, chi conosce se stesso, conosce le regole che muovono l'Universo. "Nosce te ipsum" (Conosci te stesso) affermavano infatti grandi iniziati del passato come Lao-Tzu (VI secolo a.C.) e Socrate (469-399 a.C.).
Molte persone credono di conoscere il mondo magari senza mai essersi guardati allo specchio. Nei nostri occhi c'è l'universo. Solo quando riusciremo a cogliere la magia che c'è in noi, potremo iniziare il nostro cammino iniziatico, con il fine di avvicinarc
i alla VERITA’ SUPREMA.


Il processo iniziatico, da che mondo è mondo, segue sempre le stesse regole di base:


Il neofita non conosce se stesso, non si apprezza, è un diverso, è incompleto, ma è suo desiderio elevarsi. Il rituale lo porta a morire simbolicamente, a scendere al centro della Terra, nei sotterranei del suo "io", a scoprire se stesso interiormente. In seguito torna alla luce, resuscita simbolicamente dotato di una nuova consapevolezza. In passato, tali cerimonie si svolgevano realmente, in luoghi sotterranei e suggestivi. Spesso ritroviamo tracce di questo rito ancora al giorno d'oggi.

Basti pensare alla Divina Commedia dantesca, che per l'autore (e per il lettore) è un viaggio alla scoperta del proprio "io" passando dall'Oltretomba, come già era successo a Enea, a Mitra, a Gesù Cristo, a Hiram Abif, il primo maestro della Massoneria.

La discesa negli inferi è simbolo di introspezione. Nell'oscurità della propria coscienza veniamo uccisi dalla consapevolezza per rinascere a nuova vita. Quando apprendiamo una grande verità, diciamo addio a chi eravamo per divenire un'altra persona. Questo fa parte del nostro cammino iniziatico. Ancora oggi, nei rituali massonici, il neofita viene ucciso simbolicamente in cerimonie spesso molto macabre, per poi resuscitare all'interno della loggia, pronto a iniziare la sua scalata graduale fino al 33° livello della "piramide".

Un'immagine abbastanza chiara di questo tipo di rituali ci viene fornita dalla pellicola statunitense The Skulls, di Rob Cohen, nella quale il protagonista è chiamato a far parte della misteriosa società segreta dei Teschi, che ha "sfornato" e continua a "sfornare" molti politici e presidenti statunitensi.


La caverna è il luogo dell'apprendimento. Dante durante il suo viaggio iniziatico nell'Oltretomba apprende numerose verità. Spesso, le società segrete utilizzano locali sotterranei per le loro cerimonie. Già Aristotele (384-322 a.C.) impartiva ai suoi studenti una conoscenza esoterica (segreta), al contrario di quella che avrebbe rivolto al pubblico (che era essoterica, cioè libera). Éliphas Lévi, in Storia della magia, scrive:

Le grandi prove di Menfi e di Eleusi avevano lo scopo di formare re e sacerdoti, affidando la scienza a uomini coraggiosi e forti. Allora si scendeva in oscuri sotterranei dove di volta in volta bisognava attraversare ceppi accesi, corsi d'acqua rapidi e profondi, ponti mobili gettati sugli abissi, tutto senza lasciare spegnere o lasciarsi sfuggire una lampada di mano. Chi tremava o aveva paura non avrebbe mai rivisto la luce; chi passava coraggiosamente attraverso tutti gli ostacoli veniva ricevuto tra gli iniziati e iniziato ai piccoli misteri. Ma rimaneva da provare la sua fedeltà e il suo silenzio e solo dopo qualche anno diventava epopto, titolo che corrispondeva a quello di adepto.


La morte iniziatica simboleggia la trasformazione alchemica, il passaggio dal piombo (mortale) all'oro (immortale), perché "La Conoscenza ci rende liberi". Al contrario del massone, l'alchimista è solo, e ciò che impara lo impara da sé, passo dopo passo, sperimentando. Entrambi tuttavia hanno un unico obiettivo: la Conoscenza.

Un luogo iniziatico in Italia ad esempio è Damanhur, per alcuni una comunità, per altri una setta, fondata nel 1975 da Oberto Airaudi a 15 chilometri da Ivrea e 50 da Torino. Il luogo principale del centro è il Tempio dell'Uomo: un luogo sotterraneo che si estende per 70 metri in profondità. Un luogo iniziatico, strutturato in sette ambienti diversi, di concezione egizia, celtica e pagana in genere. "Nelle sale si eseguono riti segreti, danze, concerti, meditazioni. Il cuore del mistero è costituito dalla sala dell'alchimia, nella quale si mette in atto una speciale concentrazione che permette di programmare le reincarnazioni."

Almeno, secondo i cittadini della comunità, ormai numerosissimi, che tra le altre cose hanno anche una loro moneta e uno stile di vita esemplarmente ecologico. "A Damanhur si crede realmente che gli elementi della natura siano animati da folletti, gnomi, ondine, salamandre, silfidi e fate da evocare con rituali adeguati." Una delle sette sale del tempio sotterraneo, la Sala dell'Uomo, è stata concepita per custodire, mantenere e proteggere il Graal, che secondo la concezione damanhuriana sarebbe un ricettacolo di tutte le energie, capace di mutare forma a seconda del momento, delle esigenze.
Nell'eco-società di Damanhur, chi "conosce" il Graal, conosce le leggi della magia, che avrebbero avuto origine ancor prima degli Egizi, al tempo di Atlantide. Il Graal sarebbe la Pietra filosofale, perché in grado di trasformare qualunque cosa in oro, ovvero, di purificarla. Uno degli scopi del tempio sotterraneo di Damanhur sarebbe proprio quello di permettere agli iniziati una maggiore e migliore conoscenza del Graal, che è già in noi e attende solo di essere svelato.


GIAMPAOLO DACCO’

lunedì 2 novembre 2020

SOLITUDINI


SOLITUDINI

Pesaro, gennaio 1980

Era un sabato pomeriggio, il sole bianco di novembre illuminava dal cielo livido, le strade e le case della bella città dove stavo vivendo per un breve periodo della mia vita.
Dopo pranzo avevo deciso di affittare in un negozio, una bicicletta per visitare la città velocemente, non era particolarmente freddo quel giorno anzi, sembrava quasi primavera, così pedalando avevo attraversato il centro e qualche via periferica.
Sarà stato l'istinto o la voglia di fermarmi in un posto tranquillo, tant'è che imboccai il Viale della Vittoria, la strada che portava al mare verso la statale in direzione di Fano, ero arrivato pedalando, alla spiaggia della zone Muraglia, facendo il sottopassaggio della ferrovia.
La lunga distesa di sabbia era quasi deserta, avevo appoggiato la bicicletta sulla rena cercando di farla stare in piedi appoggiandoci lo zaino che avevo sulle spalle, un pezzo di giornale per terra così mi ero seduto a guardare le piccole onde bianche del mare grigiastro, infrangersi dolcemente sulla dorata sabbia.
Non ero solo, ogni tanto qualcuno passava vicino a me proseguendo o verso la città o verso la periferia, qualche coppia giovane, un paio di anziani, un gruppetto di bambini che si rincorrevano e delle persone - uomini e donne - solitarie immerse nei loro pensieri, un po' com'ero io in quell'istante.
Mi era sempre piaciuto ed anche tutt'ora, sedermi in un posto con larghe vedute ed osservare sia il paesaggio, il cielo e le persone che passeggiano attorno cercando in ognuna di immaginare il tipo di vita che potrebbero vivere durante le loro giornate.
Quella donna col cappotto verde che tiene per mano la bambina con le trecce scure, tentava di far osservare alla piccolina con la giacca a vento rosa, una barca in mezzo al mare e neanche tanto lontana, ma lei come tutti i bambini fantasiosi cercava qualcosa nella sabbia, sassolini colorati o conchiglie. Immaginavo la vita di quella donna, sicuramente nonna della bambina che la portava con se per una passeggiata o un giro in bicicletta mentre i suoi genitori (figlio o figlia di lei) lavoravano e fino a sera non andavano a riprendere "treccine scure" per riportarla a casa lasciando la nonna sola. Sola forse, felice o triste ma sola oppure chissà poteva avere un marito ma da come camminava mi sembrava piena di malinconia.
Ah la mia fantasia... Ed ecco:
Due ragazzi, pantaloni di velluto scuro sbiaditi e giubbotti di jeans imbottiti di finta lana, gesticolavano parlando piano, i loro capelli unti e lunghi sulle spalle, uno con la barba e l'altro con segni scuri sul volto, come si dice da noi un po' "sbarellati" e quasi di corsa si stavano avviando verso la strada sulla mia destra in cerca forse di qualche spacciatore, li osservavo di sbieco per non farmi notare, sembrava quasi litigassero dal gesticolare, poi si erano messi a correre verso un'auto che si era appena fermata sul ciglio della strana, anche oggi avrebbero avuto la loro dose quotidiana, pensavo.
Che tristezza e che solitudine dentro avevano questi ragazzi.
"Scusa" ed un rivolo di sabbia mi aveva colpito dietro la schiena "Scusami non volevo" e la voce si era persa dietro di me, mettendo una mano sulla fronte per ripararmi dal sole avevo visto un ragazzo atletico in pantaloncini e felpa correre sulla sabbia, lo avevo riconosciuto era un giocatore della famosa squadra di basket di Pesaro che nel 1980 era tra le migliori del campionato, c'era anche (non ricordo il nome) il marito della direttrice di ballo "Fame" il musical, li avevo incontrati in centro una sera in un locale, lei gentilmente mi aveva fatto l'autografo ma questa è un'altra storia.
Il ragazzo atletico ansimando per la cosa sulla sabbia dopo aver raggiunto un punto lontano, stava per tornare indietro, in qualche minuto mi stava passando davanti, mi aveva sorriso "Scusa di nuovo per prima" aveva detto correndo velocemente verso la città. 
Quasi urlai "Non ti preoccupare..." ma credo non avesse sentito la mia voce, chissà magari oltre la squadra viveva da solo, non aveva la ragazza. Lo immaginavo a leggere sul divano un libro dopo gli allenamenti duri, in quel caso la solitudine degli atleti di quegli anni era vera, non erano vip o presunti come lo sono ora, osannati e onnipresenti su tabloid o in tv.
Avevo guardato l'orologio, poi bevuto da una bottiglia del succo di limone, faceva caldo seduto sulla spiaggia sotto il sole di novembre, volevo andare via così mi rimisi in piedi e avevo poi messo lo zaino ed il giornale nella sacca appoggiata sulla canna della bicicletta.
A piedi faticando un poco cercando ti tenere diritto il mezzo sulla rena, ero riuscito ad arrivare alla stradina che passava sotto la via Strada delle Marche quando incontrai un signore anziano proprio nello stesso istante mentre uscivo dalla sabbia.
"Bella giornata vero?" mi aveva detto gentilmente.
"Oh si molto." gli avevo sorriso, era un signore distinto, anziano, con un cappotto di gabardine marrone, pantaloni scuri e scarpe di camoscio.
"Avrà passato un po' di tempo a guardare il mare oggi, lo deduco dal suo viso arrossato... Lei è di queste parti? Dal suo accento non mi sembra."
"No sono di Milano, sono qui per... lavoro, circa due mesi poi probabilmente verrò trasferito, chiamiamolo una specie di tirocinio..." si era messo a ridere.
"Se va verso via Luigi Albertini possiamo parlare un po' e fare la strada insieme, sempre se non la disturba."
Altra solitudine e voglia di fare due chiacchiere con uno sconosciuto, allora si poteva, in questi tempi le persone sono a volte diffidenti e scostanti, ma quarant'anni fa non era così, certo alcuni erano riservati o scostanti anche allora ma era più facile incontrare qualcuno durante un viaggio, oppure in un bar o seduti sulle panchine e scambiare quattro chiacchiere, a me faceva bene al cuore ed alla mente.
"No non mi disturba mi fa molto piacere, almeno posso fare due chiacchiere intanto che torno verso la mia abitazione."
"Ma lei è molto giovane, dice di lavorare non le avrei dato più di sedici anni."
"No ne ho venti compiuti pochi giorni fa."
"A quindi quarantacinque più di me..." aveva riso "E in che zona abita di Pesaro?"
"In una traversa di via Solferino, almeno fino ai primi di febbraio, poi verrò trasferito, spero a Milano, così sarò vicino a casa dei miei."
"Io sono di Cattolica ma dopo il mio matrimonio con Carla, mi sono trasferito qui, nella sua città, i nostri tre figli ormai vivono lontano: Roma, Bruxelles e Venezia, li sento sempre ma li vedo poco, sono nonno e ho molti hobbies, niente di che intendiamoci." l'eleganza dei modi e la compostezza della voce tradivano tutt'altro che un uomo semplice, avevo notato poi sul bavero del cappotto un'onorificenza dello stato, segno che quel signore era stato una persona importante nel suo campo.
"Vedo che per essere giovane non parla interrompendo, ascolta. E' una dote molto importante."
"Grazie signore, mi piace .. No anzi le confesso una cosa, vado spesso in luoghi spaziosi per osservare il panorama e sognarci un po' ma... amo osservare le persone immaginando la loro vita o per lo meno cerco di vederla secondo la mia fantasia."
Si era messo a ridere "Lei... tu, se mi permetti, sei un alieno, istintivamente e di solito non lo faccio, ti avevo fermato perché mi ricordi Glauco, mio figlio minore che vive a Bruxelles ed è psicologo, da ragazzino lo trovavo spesso in posti come quelli che scegli tu ad osservare le persone... Troppo divertente. Ma è anche una maniera intelligente di imparare  la vita e conoscere gli altri."
Avevo annuito con un sorriso, lui mi aveva messo la mano sulla spalla, due occhi verdi mi stavano scrutando dentro.
"Non cambiare mai te stesso, anzi cerca di migliorare sempre anche nei difetti. Hai due occhi vispi e curiosi."
"Grazie signore."
"Bene ora sono arrivato a casa ci dovremmo salutare, io abito qui in via Cesare Battisti in questa villa, se ti dovesse capitare di tornare da queste parti mi farebbe piacere tornare a parlare un po' con te." 
Mi aveva stretto forte la mano, il sorriso era paterno ma gli occhi tristi.
"Bene spero proprio di poterlo fare signore e... Mi saluti sua moglie anche se non la conosco e spero di..."
"Lei è andata via tempo fa purtroppo..."
"Mi dispiace io... " non sapevo che dire.
"Non ti preoccupare, non essere imbarazzato e non potevi saperlo. Allora speriamo di rivederci un giorno."
Più tardi ero già in viale Solferino vicino a casa, molti pensieri erano nella mia mente, in quel giorno avevo visto e conosciuto molte solitudini, vere o di mia fantasia, ma quel signore distinto mi aveva colpito molto "Lei è andata via tempo fa purtroppo." che frase triste e chissà dentro di lui cosa provava, quella solitudine che mai sparirà nonostante i figli e i nipoti. Era di lei che aveva bisogno.
Non l'ho più rivisto, mi avevano trasferito prima del previsto a Treviso e non ho potuto più salutarlo o parlargli, peccato.
Poi col tempo ho conosciuto altre solitudini, diverse tra loro, alcune serene ma molte sofferte, è così che la vita scorre in ognuno di noi ma nel corso degli anni ho scoperto una cosa: alcune solitudini le scegliamo noi come punizione, come scusa per sfuggire, come vivere perennemente nel proprio egoistico dolore oppure come scelta di vita.

Giampaolo Daccò


venerdì 23 ottobre 2020

PRELUDIO DI UN ADDIO


 23 Ottobre 1991

Preludio di un addio.


C'era un sole splendido quando avevo visto quella figura con l'abito bianco e azzurro.
Ricordavo di aver visto la stessa Signora tempo prima, in un altro luogo ed allora sembrava mi stesse aspettando: era il 17 febbraio 1989 di venerdì.
Lei era in attesa ma sembrava sorridermi quando cercavo il suo sguardo azzurro. La rividi nuovamente in un altro posto tre giorni dopo, il 20 febbraio e dal quel momento avevo passato con Lei almeno mezz'ora. a volte in silenzio, spesso parlandoLe.
Sono stato con la Signora ogni mattina per quaranta giorni, guardandoLa sempre nei suoi occhi color del cielo.
il 23 ottobre 1991, un mercoledì come oggi, in un pomeriggio d'autunno infuocato dal tramonto, a Pavia, Le avevo chiesto una cosa molto importante, guardandola negli occhi, mi era sembrato che le scendesse dal volto una luminosa lacrima nonostante il suo sorriso.
Aveva ascoltato le mie parole in silenzio, Lei aveva capito cosa stavo chiedendo ma prese una Sua decisione,magari non quella che avrei voluto io: cinque giorni aveva liberato la Luce.
Giampaolo.

mercoledì 7 ottobre 2020

LONTANI RICORDI, NESSUN RITORNO


 


LONTANI RICORDI,

NESSUN RITORNO

Ospite dalla mia cara amica L. per un tè in un pomeriggio tiepido di ottobre, osservo il paesaggio fuori dalla finestra. Dalla sua villa si vede il panorama della cittadina in cui ho vissuto da ragazzo, tra le fronde di alberi spuntano il castello visconteo, l'alto campanile e la cupola della basilica, l'edificio delle suore e qualche palazzetto o villa dai toni accesi dell'ocra.

Quanto tempo è passato da quando sono andato via di qui? Venticinque, trent'anni? In un attimo mi rivedo piccolissimo al quartiere La Costa dalla nonna materna, dove con altri bambini correvamo tra i cortili collegati tra loro senza rischi di auto, biciclette, motorini, felici come non mai.

L'asilo infantile di San Rocco, con il giardino della Madonna pieno di archi di rose fiorite; poi poco più grande ecco i campi di grano attorno alla casa dello zio Peppino il quale, specie al mattino e per lavoro viaggiava nelle campagne circostanti con il suo asinello e carretto al seguito. 

Poi la mia vita di ragazzino più grande era trascorsa nel quartiere del centro storico, dietro al castello dove c'erano altri bambini e cortili, soprattutto la casa della nonna paterna vicino a quella dei miei la quale per me era come il castello delle favole, e la strada che costeggiava il fiume, ci regalavano estati indimenticabili. Eravamo bambini contenti e sereni di ciò che avevamo con semplicità.

Poi di colpo arrivano altri ricordi ed è come se una nebbia tetra sta calando davanti a quel paesaggio, fortunatamente L. ritorna nel salone con tè, biscotti e marmellate. Un'ancora di salvezza da ciò che stava per arrivare prepotentemente nei miei ricordi.

L. è una donna che come me, ha dovuto affrontare un percorso difficile nella vita, dopo le nostre varie confidenze, racconti di questi anni in cui siamo stati lontani, un sorso della bevanda ambrata, qualche biscotto e foto mostratemi con volti sorridenti e paesaggi africani, ho capito che stavano arrivando delle domande difficili.

- E così se riuscito a tornare al "paesello", almeno per farmi una visita... So che quando arrivi fai la tangenziale e come un fulmine vai al camposanto, compi il tuo giro tra i tuoi cari e ritorni senza passare da nessuno. Mi dai la sensazione di essere un fantasma o qualcuno che scappa da cose che non vorrebbe ricordare... Un po' come me, ma resto ancora qui, sono troppo legata alla mia vita vissuta in questa cittadina. -

Silenzio, guardo per un attimo fuori, poi mi volto verso di lei che sorride anche se si suoi occhi tradiscono un dolore passato ed una esistenza serena, oggi. Appoggio la tazza sul piattino e le rimando il mio di sorriso anche se ho la sensazione che sia più una smorfia, L. si appoggia alla poltrona come aspettasse una confessione e porta alle labbra il tuo tè caldo.

- Non sto scappando... -  mi sfugge - No L. hai ragione sto scappando da tante cose, la peggiore il vuoto che ho lasciato qui ed anche il dolore. - lei mi guarda con comprensione, sappiamo tutto delle nostre vite reciproche - Preferisco non farmi vedere, almeno per il momento, non si tratta di una vera fuga da tutto questo ma non riesco a sopportare il mio passato qui. - 

- Capisco, ti capisco benissimo, ma a volte bisogna affrontare il passato e far in modo che diventi qualcosa che non faccia male. -  la fisso negli occhi - E lo sto dicendo comunque anche a me stessa ,pure... - ride lei, ovvio che la frase è stata pronunciata per entrambi.

- L'ho affrontato e non so se l'ho risolto ma dentro... Dentro nel mio cuore non sento più nulla, mi dispiace; prima quando eri in cucina guardavo il panorama fuori ed ho rivisto la mia infanzia fino a sette o nove anni poi come un sogno cattivo stava scendendo la nebbia su quei ricordi e fortunatamente sei rientrata tu. Ho avuto paura di sprofondare in un altro passato terribile e tu sai... - L. annuisce ed appoggia la sua tazza vicino alla mia.

Guardo le foto delle figlie sorridenti insieme a lei ed a sua madre a cui sono molto affezionato, mi alzo in piedi e mi avvicino alla finestra, di nuovo il sole aranciato illumina la cittadina davanti ai miei occhi. Mi rigiro verso di lei guardandola negli occhi.

- Non tornerò mai più qui... Verrò solo per la solita visita ai miei dove riposano ora, ma dentro si è rotto qualcosa. Non riesco a liberarmi di un passato così lacerante, così doloroso che ai ricordi di alcuni bei momenti, arriva subito quell'ombra cattiva che li fa scomparire dietro ad un sipario, riaprendosi su altre cose, e ti giuro L. non è piacevole. -

- Lo so, ti capisco. Ho provato tutto ciò anche se in maniera diversa, a volte pure io non vorrei essere qui ma è diverso sento le radici, ho le mie figlie che amo anche se sono spesso lontana per lavoro e mi riprendo da questo posto a volte soffocante, ma non lascerei per ora tutto quello che ho. Magari un giorno potrei trasferirmi a Roma per sempre... Come tu hai fatto a Milano. -

Mi risiedo davanti a lei, assaggio ancora i deliziosi biscotti con le marmellate, mi rilasso appoggiandomi allo schienale e riprendo in mano il mio tè.

- Fin da piccolo, dalle scuole diciamo dove ho subito molte angherie e soprusi mai dimenticati, dove la mia famiglia ha subito dolori ed altro di cui non vorrei parlarne, dove in questa città ho subito anche violenze fisiche e psicologiche da bulli, dove non ho avuto occasioni di poter emergere, se non quel giorno della presentazione del mio libro e rivedere tanti volti amici ed il piacere di aver passato quel pomeriggio tra chiacchiere e saluti. Ma anche qualche giorno dopo, avevo ricevuto uno sgarbo da qualcuno qui, sempre per via della mia pubblicazione, di cui non ti posso dire nulla anche lo potrai immaginare,  quando ho avuto la certezza del fatto, ho detto basta. Per me questo posto resta e resterà un capitolo chiuso, per sempre. -

- Mi dispiace che le tue cose siano andate in questo modo ma ti comprendo e trovo che siano giuste le tue decisioni... Quindi ci vedremo ogni morte di papa... - scoppiamo a ridere.

- No questo no, ne sono sicuro, confesso che con un paio di persone che reputo amiche ci siamo rivisti ma come con te è stata una cosa rara almeno fisicamente, ma non perderò mai i contatti con chi mi è stato amico ed accanto. - sorrido mentre L. mette tutto in un vassoio e torna in cucina, il mio sguardo di nuovo si apre davanti alla finestra su quel paesaggio.

Dentro non sento nulla, non sento radici, non sento legami, non vedo l'ora di fuggire, si di fuggire da qui. Credo che nonostante una persona maturi, vinca battaglie terribili, affronta e risolve problematiche tremende uscendone vincitore o magari perdente, è il passato, il proprio vissuto che non smetterà mai di rincorrerti ogni volta che si affaccia nella tua mente.

Non smetterà mai, nonostante ci siano momenti belli che riaffiorano ogni tanto, sono poi le peggiori cose quelle che si ricordano più facilmente e ti cambiano per sempre. Scopri che quello che è stato fantastico, bello, simpatico magari vissuto con amici, per te ora non lo è più e a volte non lo è mai stato ed hai finto di crederci in quei momenti per non sentire la solitudine ed il dolore dentro.

Sto lasciando la cittadina che sta scomparendo piano da lontano, sorrido pensando all'abbraccio datomi della mia amica L. ed alla promessa fatta di tornare presto per rivederci, non appena avevo lasciato la sua casa. Come per incanto l'autostrada mi porta su un rettilineo infinito sotto un cielo amaranto del tramonto, in quell'istante non vedo l'ora di tornare a casa, nella grande metropoli, dove le vie e strade sembrano tele di ragno che ti avvolgono immergendoti tra folle di persone ed auto, ma sono felice così.

Presto sarò a casa, vicino a chi amo, accanto alle mie cose, alla mia vita. Forse un giorno lontano o magari vicino, riuscirò a tornare più spesso in quella cittadina ma ora no, voglio vivere il mio presente dove non ci sono quei ricordi ed esperienze amare. dove molte opportunità mi coinvolgono e mi coinvolgeranno in futuro verso altre direzioni, dove non ci sarà quello da cui sto fuggendo.


Giampaolo Daccò


martedì 15 settembre 2020

UN MATTINO SBAGLIATO


UN MATTINO SBAGLIATO

"Questa mattina calda e soleggiata, dopo aver fatto colazione, non so cosa mi è accaduto nella mente ma ho voluto passeggiare nelle vie dei miei 18/20 anni alla ricerca di non so cosa. Un messaggio di un'amica che mi annunciava di essere felicemente diventata nonna per l'ennesima volta mi ha colpito diretto nel cuore e mi sono sentito solo, perduto in un presente dove la mia vita a parte la persona che amo mi è sembrata vuota, no meglio definirla solitaria dentro e fuori, cos'ho creato e dove sono finito. Mi chiedevo mentre camminavo per le strade dove mi avevano visto ragazzino dai capelli lunghi, dalle all-star, jeans, giubbotto Rockabilly, il periodo della musica impegnata, dei vestiti colorati di Fiorucci (di cui ero anche amico) Moschino e tanto altro...
Tutto mi passava davanti nella mente com'era allora mentre guardavo la realtà delle cose e della gente soprattutto i giovani così diversi. La ruota della vita aveva girato tanto e velocemente forse.
Non so cosa mi è entrato dentro quando sono passato davanti alla Scala e al bar dove ci si ritrovava dopo le lezioni di danza, e poi davanti al negozio ormai che non c'è più, dove si compravamo calzamaglie e scaldamuscoli, mi era venuto un groppo in gola. Ho rivisto tutta la mia vita dalla fine delle lezioni, degli studi e il ritorno a casa dei miei e di tutto ciò che ho cercato di creare nel corso dei quarant'anni che stavano passando: Teatro, Danza, TV, Insegnante in palestra, commesso, barista, le stagioni estive, i sacrifici curando nonna, mamma, sorella, la perdita di una famiglia ed il ritorno a Milano ed ancora barista, TV, impiegato, scrittore, pittore, creatore di stemmi araldici, ma mai il salto di qualità o qualcuno che ti abbia dato una spinta nel fondo schiena (raccomandazione) o un comodo letto di qualcuno noto (e ce ne sono state tre di occasioni evitate per onesta - onesta? che idiozia) per arrivare... Arrivare dove?
Dove sono arrivato ora? Seduto su una panchina a risolvere un problema di un amico facendogli l'oroscopo per capire la situazione in cui si è cacciato. Avrei voluto buttare via tutto, urlare o piangere, poco dopo un amico mi aveva fermato per due chiacchiere, almeno per quei 10 minuti ho pensato ad altro.
Poi avvicinandomi verso casa dove sto passando le mie "ferie del cavolo" dove il covid e la morte di una persona mi ha solo creato grane infinite di cui cerco di uscirne, mentre sono spariti amici che credevo amici e di cui avevo bisogno di sentire la vicinanza ma di cui le risposte sono state: ognuno deve risolvere i propri problemi come li hai tu li abbiamo noi poi ci si vedrà comunque la colpa è tua che non ti fai sentire, dove poi sono apparse persone che sono diventate amiche senza volerlo. Ma io ora a che punto sono?
Ho lavorato molto, ho aiutato molto e sono stato anche aiutato, ma questo è un bilancio il mio o una constatazione o un grido di aiuto oppure solo una giornata andata storta, forse, magari un momento di nostalgia di un passato che non c'è più.... O l'insieme di tutto questo?
Quale sarà il mio futuro non più lungo come poteva esserlo un tempo? Aprendo la porta di casa, riposto abiti e mettendomi in pantaloncini e maglietta per comodità, mi sono messo al computer e incomincio a scrivere sul mio blog per chi? Per me più che altro, buttare inchiostro in storie che pochi leggeranno e penso al mio libro perso chissà dove e i tre che sto scrivendo fermi lì tutti a poco più della metà che aspettano di andare avanti e io non ne ho voglia per motivi attendibili.
Ora ho messo la musica in sottofondo per accompagnare la giornata ma mi accorgo che non sono canzoni leggere ma che fanno riflettere, sono seduto, presente, con il mio io attuale ma la mente è tornata ai 18/20 dove tutto forse, era più romantico e facile e "sognante".
Mi devo scusare per aver annoiato? Non so più neanche questo.
J.P.

domenica 6 settembre 2020

IL FIORE DAI PETALI D'ORO - LA STORIA DI MISTRAL


 IL FIORE DAI PETALI DORO

LA STORIA DI MISTRAL WIND ARTIC


Quella notte oscura quando la Luna si era nascosta dietro il sole ed aveva lasciato posto alle nuvole ed alla pioggia che avevano celato le luci delle stelle... Avevo capito che presto quel fiore magico avuto accanto per millenni, si sarebbe librato nel mondo delle Faeries ed io avrei perso una parte del mio cuore.
Avevo lottato per tenerlo in vita, quel fiore aveva combattuto per far si che i suoi petali dorati restassero lucenti in questo mondo dove nulla è lasciato al caso, dove niente , apparentemente ha pietà per gli esseri della natura.
Me ne ero andato sconfitto, ineluttabilmente, a testa bassa guardando la mia ombra proiettata sulle pietre di marmo di quel palazzo, versando lacrime che cadendo per terra avevano lasciato una scia di cristalli.
Fuori anche il cielo faceva scendere le sue lacrime in quella buia notte e mi ero rifugiato nel bosco dei miei fratelli, avevo aspettato la signora della neve, la mia madrina ma non era arrivata.
Guardando tra le nuvole di pioggia avevo visto solo la Signora delle Faerie col suo vestito nero tempestato di rubini rossi, portar via il fiore dai petali d'oro.
Sedutomi sotto una quercia, arrivarono i miei fratelli Elfi ma ormai, tutto era finito, domani forse sarebbe nato il sole ma non nel mio cuore.
MISTRAL

giovedì 27 agosto 2020

LA VIA DELLE FARFALLE - PETALOUDES

 


Petaloudes

Descrizione

miLADescrizione

Via Meravigli, Milano, 15 Maggio 2005.
Una giornata di sole caldo, pieno di persone nelle vie, fiori vivaci sui balconi e attici in centro della città.
Agenzia di viaggio, la bella ragazza bruna dagli occhi verdi e rossetto rosso, ci guardava sorridendoci, gentile, professionale ma con occhi dallo sguardo sensuale e felice della nostra scelta, sia per l'Agenzia per cui lavorava e per l'itinerario abbastanza costoso scelto e per la lunga vacanza di venti giorni, decisa per le prime settimane di settembre.
Amando la geografia in modo viscerale cercavo di fare una faccia stupida e contenta per le sue informazioni che sapevo già fin dai tempi della scuola: sei, a volte sette in matematica e nove o dieci in geografia, lettere, storia ecc ecc, compensando la media dell'otto.
Mi veniva da sorridere vedere il mio compagno di viaggio, intendo ad ascoltarla guardando le foto meravigliose del luogo scelto per le nostre vacanze: Rodi, la meravigliosa Rodi egea ad un tiro di schioppo dalla Turchia.
La dolce voce della ragazza per me era lontana, mi limitavo a sorriderle mentre con gli occhi guardavo gli opuscoli poco distant ed in mostra su uno scaffale,della Polinesia, Maldive, Comore, Mauritius, Antille trattenendo un sospiro di malinconia, potessimo andare là.
Telefono e la ragazza scusandosi si era messa rispondere e subito, il direttore dell'agenzia ci aveva raggiunto finendo il lavoro di lei.
Non aveva nulla da fare ed era evidente lo sguardo suo fisso sul mio compagno di viaggio, i suoi occhi sembravano lampeggiare, mi ero trattenuto per non mettermi a ridere della situazione buffa, come sempre l'altro manco se ne era accorto.
Il direttore, un bell'uomo sui quaranta, occhi verdi, capelli biondo scuro ondulati, bel fisico e vestito di blu, senza mai guardarmi continuava a sciorinare le qualità, le bellezze, i favolosi incanti della meta prescelta.
Ovviamente avevamo avuto l'occasione di avere un albergo stupendo, molti sconti per escursioni e quella proposta della Valle delle farfalle, che davvero volevo visitare fin dai tempi della scuola.
Il mio amico aveva alzato gli occhi.
- La valle delle farfalle? - aveva domandato al direttore diventato paonazzo all'improvviso guardando gli occhi neri dell'altro.
- Ma si te lo avevo detto, non ricordi? - avevo risposto sorridendo e il direttore si era accorto di me, che sono un uomo e non una donna probabilmente, no scherzo.
- Oh si avete ragione, è una valle stupenda che tutti chiedono di visitare quando partono per Rodi, vedrà signore come sarà entusiasta di quello che vedrà - la voce leggermente calda del direttore aveva dimenticato che i signori sono in due: io ed il mio amico.
- Beh Giam, sarà divertente non credi? -
- Oh si te ne parlai molto tempo fa di quella valle ricordi? -
- Ah si è vero che sbadato... -
Il direttore mi era parso che avesse preso un colorito più pallido, sicuramente avrà pensato che...
- Ah partite voi due, cioè volevo dire solo voi o in comitiva? -
- Noi due - avevo risposto in maniera gentile fissandolo negli occhi, mi veniva voglia di ridere dalla situazione comica.
- Capisco, un po' di riposo dal lavoro immagino, parenti? - ecco la domanda per capire.
- Si cugini - aveva risposto il mio amico che in un attimo aveva afferrato la situazione in un certo senso - però letti separati, lui vive di notte io no. - aveva concluso il mio amico in maniera spiritosa.
L'altro era apparso sollevato.
- Si infatti tra di voi c'è una certa somiglianza (io biondo l'altro moro, io occhi azzurri e l'altro neri, io pelle bianca e lentiggini e l'altro olivastra, praticamente uguali), bene camera doppia, magari affacciata sul mare ok? -
- Wow fantastico. - avevo risposto
- Ottimo, ora vi devo dare qualche notizia dettagliata sul posto, che la mia dipendente non ha potuto dare prima, oltre aver descritto le bellezze di Rodi ovviamente, ecco: 
La Valle delle Farfalle viene chiamata Petaloudes, è un comune della Grecia nella periferia dell'Egeo Meridionale con 12.133 abitanti al censimento 2001. 
Area89,2 km²

Una cornice da fiaba, per turisti e locali, con fiori e alberi a dominare la scenaIl loro arrivo, parlo delle farfalle, è accolto come un piccolo miracolo. Chiunque si trovi lì, nel periodo ideale, avrà la possibilità di vivere l’emozionante scena di un film.
Praticamente un sogno ad occhi aperti, un parco dall’ecosistema alquanto, anzi molto particolare, ricco di ruscelli, alimentati dal fiume Pelecano, che attraversa la zona.

Bla, bla, bla, bla, bla. I miei occhi avevano incontrato quelli della ragazza che ci aveva preceduto e con un sorriso divertito, entrambi avevamo osservato la scena. le mie labbra si misero a parlare senza emettere un suono:

"Il mio amico non è paziente si annoia e se quello non la  smette è probabile che il viaggio salti."

Immediatamente e capito al volo il messaggio, la bella ragazza si era alzata chiudendo la telefonata e con la malavoglia del suo direttore, aveva preso in mano la situazione divertente. In poco tempo avevamo firmato il contratto del viaggio, con la presenza del direttore che sicuramente si era tenuto a memoria i nostri indirizzi, consegnato i documenti ci aveva salutato cordialmente e soprattutto pagato.
Finalmente era fatta si partiva. Ovviamente il direttore ci aveva accompagnato alla porta con il bla bla bla, diretto più al mio amico che a entrambi e poi appena usciti ci aveva dato una stretta di mano, la mia brevissima, quella fatta all'altro lunga con tanti ringraziamenti (ehi ma metà della vacanza l'avevo pagata anche io).
- Vi aspetto per il prossimo viaggio. - aveva detto il direttore mentre ci allontanavamo dalla sua agenzia

Arrivati in un bar in Corso Vittorio Emanuele, ci eravamo presi un aperitivo.

- Secondo te, il direttore ce l'aveva con me? -
- Perché mi dici questo? -
- Mamma mia sembrava che facesse apposta a rompermi le scatole con il suo gne gne e descrizioni noiose, la ragazza era stata più simpatica. -
- Ma no, pensava che viaggiassi solo tu e poi hai sempre un'aria così distinta avrà pensato chissà cosa, che tu fossi un ingegnere o architetto o professore che sta andando in vacanza con un parente. Visto poi quanto anche ci è costata. -
- Tu dici? -
- Si certo. - avevo risposto mentendo senza scoppiare a ridere per la conquista ignara che aveva fatto.
- Sarà, l'importante è che abbiamo fatto una bella scelta e quel direttore ci ha dato delle vantaggiose opportunità di visitare quei posti. -
Avevo sorriso, mentre stavo bevendo l'aperitivo, lui ne esce con una frase che quasi mi aveva fatto sbuffare quello che stavo bevendo.
- Da come si comportava sembrava volesse venire con noi, mica ce lo troveremo nei nostri letti? Ahahah - 
- Ma noi sai che dici? -
- Va là furbacchiotto, mi credi ingenuo, ho visto benissimo tu e la bella ragazza quasi sghignazzare, ma mica son scemo, ho sfruttato l'occasione e così' senza dare nulla in cambio abbiamo avuto i vantaggi... -
Davvero ero rimasto stupito, di solito mi dava la sensazione che non si accorgesse di alcune cose ma evidentemente non era così.
- In gamba il professore - avevo detto mentre eravamo scoppiati a ridere.

"Petaloudes aspettaci, arriviamo nel tuo mondo fantastico." avevo pensato mentre uscivano dal bar avviandoci verso casa.

La vacanza era stata stupenda degna della descrizione e fortunatamente il direttore non lo avevamo trovato nei nostri letti.

Giampaolo Daccò