venerdì 22 gennaio 2021

L'ETERNITA' DEGLI AMORI DI UNA VITA


 

L’ETERNITA’ DEGLI AMORI DI UNA VITA

(testo Giampaolo Daccò)

(canzone "La Plage")

(lyrics Marie Laforet)


La bella donna ormai non più giovane, dagli occhi del cielo mattutino, dal dolce viso leggermente solcato da piccoli segni dell’età e con i lunghi capelli bianchi spazzati da quel vento tiepido di prima estate, passeggia sulla spiaggia dorata di quel mare francese del sud, con il vestito leggero e con in mano un cappello di canapa con una fascia di seta lilla che circonda la rotonda tesa.

Le impronte dei piedi scalzi lasciano una scia sulla sabbia mentre le onde leggere scivolano via vicino a lei, bagnando quella rena illuminata dal sole appena sorto.

E’ sola, sorride immersa nei suoi pensieri, è serena, è felice anche se i ricordi ogni tanto le lasciano cadere qualche lacrima di nostalgia, di un passato vissuto pienamente, di immagini e persone a cui ha e vuole bene ancora.

Non vuole avere rimpianti, vuole solo vedere negli occhi dei suoi cinque nipoti, dei suoi tre figli Julian, Margot e Vincent la serenità e consapevolezza di aver avuto un madre ed un padre che li hanno resi felici nonostante abbiano passato, come tante famiglie, molti travagli ma anche momenti indimenticabili come indimenticabile era stata sua suocera Yvette, che viveva qui, in questo posto stupendo dove tutta la famiglia passava l’estate e lei, come fosse destinata a portare avanti una tradizione, ha ricevuto da Yvette come eredità questa villa bianca dalle tante stanze, dalle finestre con le tende di lino che svolazzano al vento dell’estate a pochi metri dal mare.

La sua domestica che da trentacinque anni, una vita, l’aiuta in tutto diventandone più un’amica cara che una governante, la dolce Malinda, una donna delle Comore, arrivata nella sua famiglia dopo aver dato alla luce Margot per diventare oltre che donna di servizio, la tata di tutti, fino a che rimasta lei ed il marito Philip, malinda aveva ricoperto il ruolo di gestire le lor due case e tanto altro.

Malinda che si preoccupa per lei, Malinda che cucina bene, che fa tutto senza mai lamentarsi e sempre con il sorriso bianchissimo sule labbra, la signora dai capelli lunghi e bianchi è felice che abbia aiutato anche questa ragazzina tanti anni fa e che la ragazzina diventata donna, ora è come lei nonna e felice di vivere in questo posto meraviglioso, Malinda dalla pelle scura e dagli occhi che ti leggono dentro.

La donna si siede su una piccola roccia davanti al mare, poco lontano dall’incantevole paesino dalle case con i muri colorati, il “loro posto”, suo e di Philip.

Philip che se n’era andato via per sempre due anni fa, dopo averle dato un abbraccio d’addio, oh quando lo aveva amato quell’uomo biondo dagli occhi blu, conosciuto per caso quando era una giovane e bellissima stagista di architettura e lui era un giovane professore che per caso aveva sostituito il dottor Dernier, in una importante lezione all’università Sorbonne di Parigi.

Dopo poche settimane era sbocciato il loro amore, la loro passione, il desiderio di creare qualcosa insieme, un futuro insieme e con tutte le difficoltà, le gioie, i problemi e l’aiuto degli agiati genitori, nel giro di poco tempo, subito dopo la sua laurea a ventitrè anni, lei e Philip, si erano sposati e trasferiti a Lione.

Yvette la suocera viveva già nel sud della Francia e quando nacquero i tre figli, spesso lei sognava di trasferirsi dalla suocera, dove quel posto le donava tutta la serenità e la tranquillità che desiderava.

Ecco la sua vita è stata questa, non vuole piangere pensando a Philip, non vuole commuoversi all’idea della dolcezza dei nipoti Lucien, Etienne, Jean Claude, Yvette e Marie, non vuole immaginare il giorno in cui lei se ne andrà come ha fatto suo marito e lasciare Malinda nonostante Julian, il figlio maggiore con gli altri avevano deciso di tenerla per sempre in famiglia qui nella bianca casa sul mare.

Ecco ora sorride, sa di aver raggiunto l’equilibrio giusto, sa che può essere sicura che un giorno andrà da Philip ed intanto si aggiusta un poco i lunghi capelli bianchi mettendosi in testa il cappello di canapa mentre il sole si sta facendo più alto e caldo.

Bonjour Alix.” la voce del professor Mulas, che passeggia dietro di lei con Borbon, il suo simpaticissimo Golden Retriever al guinzaglio, la fa voltare verso di lui.

Oh bonjour professor Didier, come va oggi?”.

A parte Borbon che mi fa correre come un pazzo, tutto bene anche la mia artrite ahah.”

Lei è troppo simpatico Didier, vado bene anche io, la mia solita passeggiata mattutina.”

La vedrò poi al circolo per un caffè o un aperitivo?” le chiede gentilmente quel signore di altri tempi vestito di lino grezzo, dai modi raffinati che vive in un attico poco lontano insieme al suo compagno François.

Sicuramente, verrò con Malinda ed un’amica arrivata ieri da Lione”

Allora a più tardi Alix.”

Alix sorride e fa un saluto con un gesto della mano verso lo stravagante professore.

La spiaggia si sta popolando lentamente, ragazzini, giovani, mamme con figli, qualche coetaneo... La bella signora dai capelli lunghi e bianchi pensa ora di tornare a casa e con Malinda e l’amica Georgette, uscire per andare a godersi un buon caffè da Martin, nel centro della cittadina.

I suoi passi la riportano indietro verso casa, ma nella testa oltre al volto di Philip le ritorna in mente una canzone che amava tanto quando si era fidanzata con l’uomo che ha sempre amato, “La Plage” e sorridendo, si avvia cantandola sottovoce felice di essere serena e sentirsi amata ancora.


Quand sur la plage


Tous les plaisirs de l'été


Avec leurs joies


Venaient à moi


De tous côtés


L'amour offrait l'éternité


À cette image


De la plage ensoleillée

C'est bien dommage


Mais les amours de l'été


Bien trop souvent


Craignent les vents


En liberté


Mon cœur cherchant sa vérité


Vient faire naufrage


Sur la plage désertée


Le sable et l'océan


Tout est en place


De tous nos jeux pourtant


Je perds la trace


Un peu comme le temps


La vague efface


L'empreinte des beaux jours


De notre amour



Mais sur la plage


Le soleil revient déjà


Passe le temps


Le cœur conten
t

Reprends ses droits


À l'horizon s'offre pour moi


Mieux qu'un mirage


Une plage retrouvée


Mieux qu'un mirage


C'est la plage ensoleillée



venerdì 15 gennaio 2021

CITTA' VUOTA... CITTA' SENZA AMORE






 CITTA' VUOTA... CITTA' SENZA AMORE...

(di Giampaolo Daccò)
(photo  Giampaolo Daccò)
(song Città Vuota - It's a lonely town)
(lyrics and music G. Cassia - D. Pomus - M. Schuman)

Alba, giorno, tramonto, notte.
Città piena di luci nel buio,
Città silenziosa nel mattino,
Città piena di persone e di suoni,
Città dove il tempo corre veloce,
Città dagli alti grattacieli,
Città di palazzi antichi e vecchi,
Città dove la pioggia lucida le vie,
Città con negozi, vetrine, botteghe,
Città dalle metropolitane colorate,
Città con pub, ristoranti, ritrovi,
Città con navigli, canali e parchi.
Città piena di tutto,
Città con dentro il nulla.

"Le strade piene, la folla intorno a me, 
che passa e ride e nulla sa si te.
Io vedo intorno a me chi passa e va,
ma so che la città.
Vuota mi sembrerà se non torni tu."

Dai finestrini del taxi che dall'aeroporto torna in città, osservo le strade lucide bagnate dalla pioggia del grande viale verso il centro città.
Non piove più da un po' ma il cielo è plumbeo, il tramonto è nascosto tra queste nuvole grigiastre, mentre il sole - penso - chissà dov'è.
Le ruote delle auto davanti a noi, fanno schizzare sui vetri del lunotto anteriore, gocce di acqua sporca e sento imprecare l'autista, rispondo a lui qualcosa ma i palazzi e le case ormai ci circondano.
Quante vetrine con luci accese e quanto vuoto attorno, il viale alberato nasconde con le fronde ed il buio le luci di lampioni e ombre quasi sinistre.
Rotonde, semafori, deviazioni, auto ferme, suoni di clacson arrabbiati, lo stridio di frenate dei tram, qualche ciclista che sfiora gli specchietti delle macchine.
Quattro donne che scendono la scalinata di una chiesa, un fioraio sta chiudendo il suo piccolo chiosco colorato. Due uomini parlottano con i loro cani al guinzaglio ed ancora, sento borbottare il taxista.
Rispondo qualcosa gentilmente ma i miei occhi guardano il paesaggio intorno a me.
Quanto amo la mia città, quanto adoro la sua immensità, tutto quello che offre, cultura, sport, lavoro, degustazioni, divertimenti, concerti ma...
La la sento tanto vuota, vedo attorno a me tante solitudini, nella mente rivedo immagini di senza tetto a decine, sdraiati sui gradini di portoni o distesi sui marciapiedi di marmo del centro, delle zone piene di uomini e donne che camminano indifferenti come se fossero, quelle persone, ormai parte integrante di un arredamento urbano crudele.
Intanto ricomincia a piovere, le gocce bagnano i finestrini, la strada davanti a noi è quasi vuota, come la sensazione che la mia Milano mi regala ormai da tempo.
Guardo alcuni luci rosse degli stop di auto, dei semafori, dell'insegna delle metropolitana ed intanto ci avviciniamo sempre di più verso casa.
Davanti a me, l'uomo alla guida ascolta notizie da una radio graffiante e parla con qualcuno al cellulare, un clacson ci fa sobbalzare, qualcuno sta attraversando a piedi la strada, rischiando di essere travolto.
Parolaccia del taxista.
Ecco vedo il giardino della piazza a pochi metri da casa mia, vuota la piazza e vuote le vie.
 
"Eccoci arrivati signore, sono diciotto euro e sessanta."
"Ecco a lei, tenga pure il resto non si preoccupi.."
"Molto gentile signore, grazie e buona permanenza..."
"Buona serata e buon lavoro anche a lei."

Trenta metri sotto una pioggerellina fitta, neanche fastidiosa, un paio di cani al guinzaglio tenuti da una cameriera straniera mi passano accanto, annusando la valigia che mi porto appresso, mentre la ragazza al cellulare da un piccolo strattone ai guinzagli ed affretta il passo verso la piazza.
La via è vuota, illuminata da luci bianche appese a dei fili, solo due insegne di negozi chiusi si riflettono sul marciapiede bagnato.
Che solitudine, che vuoto.
Che città vuota... Che città senza amore...
Ma è quello che traspare, forse non è così, forse per questo non la lascerei mai, mi ha dato e mi da tanto ma mi ha tolto e mi toglie molto
Eppure in questa città con poco cuore e con poco calore, nasconde un segreto che pochi riescono a comprendere: ci sono amori nascosti che vanno scoperti, ci sono persone dall'animo generoso, ci sono luoghi dove regna tranquillità e pace, ci sono...

"Le strade vuote, deserte senza te,
leggo il tuo nome ovunque intorno a me.
Torna da me amor e non sarà più vuota la città
ed io vivrò con te tutti i miei giorni."

Giampaolo Daccò

martedì 5 gennaio 2021

DOVE VOLANO GLI AIRONI




DOVE VOLANO GLI AIRONI

(photo tratta dal film "Guardando le 
Cicogne" di Mikhail Kalatoza - 1957)

(photo Wallhere)

Il vento freddo dell'autunno scompiglia i miei capelli lunghi e seduta sulla spiaggia, riparata tra le rocce in riva al mare, guardo uno stormo di aironi volare verso sud, verso i mari caldi...
Verso dove si andato tu.
Ricordo quando venivamo qui a guardare il mare, le navi, le barche dei pescatori, i gabbiani volare in cielo e contavamo le nuvole.
Era bello allora, lo capisco solo adesso che non ci sei più, che non sono più tra le tue braccia mentre mi accarezzavi i capelli neri e mi baciavi dolcemente.
Chissà dove stanno volando quegli aironi lassù.
Eri dolce, buono, premuroso e in paese ti volevano bene tutti... anche io, Ma forse allora non capivo quanto ti amavo, quanto potevo darti di più di quello che donavo nei momenti tra di noi.
Eri tu il passionale, l'amante, il saggio, quello che mi guidava. Paziente con i miei silenzi, con i miei sbalzi di umore, i miei capricci...
Facevi di tutto per me, per accontentarmi ed io? Penso di averti dato molto meno di quanto meritassi eppure dentro sapevo di amarti.
Come sono in alto quegli aironi, stanno andando vero le terre calde dove quel giorno te n'eri andato via.
Me lo diceva mia madre: "Quel ragazzo ti ama troppo e tu sei come una bambolina da accudire, un giorno si stancherà"
Mio padre lo voleva come genero ma io tergiversavo sul decidere cosa fare del nostro futuro anche se tu, amore mio, insistevi ogni tanto per sposarci.
Le mie amiche e gli amici? 
"Sei pazza Eleonora, sei matta a fare così, ti sta mettendo ai tuoi piedi la sua vita... Sei fredda, non lo ami, l'avessi io uno così..."
E tante altre frasi che ora rimbombano nella testa facendomi piangere davanti a questo mare grigio mentre questo vento freddo penetra nella mia pelle.
Amore mio dove sei? 
Sono qui che ti aspetto, non mi stancherò mai di stare qui nel nostro posto, dentro di me sono sicura che tornerai.
Tornerai? 
Gli aironi ritornano quando arriva la bella stagione, le rondini rientrano nei loro nidi al nord dopo i mesi invernali ma tu?
Che belli quei tramonti osservati giocando con la sabbia, sorrido al pensiero delle corse tra le barche colorate piene di reti che sapevano di salsedine, "Ti prendo..." - "Non ci riuscirai."
Ma ogni volta ero sotto di te sporca di sabbia e i tuoi baci salati sulla mia bocca.
Ecco un altro storno che vola via, che eleganza nei movimenti, chissà dove andranno (sicuramente dove sei tu ora, forse).
Ed arrivò quel giorno dopo una delle nostre litigate, per te fu uno schiaffo quando ti dissi di aspettare un poco ancora che dovevo essere sicura, un matrimonio non si prende alla leggera.
Non riesco a dimenticare il tuo sguardo pieno di dolore: "Non mi ami, non mi ami come dovresti... Guardati dentro Eleonora, io sto soffrendo da troppo tempo e se tu non sei sicura, forse è meglio che io me ne vada per un po'".
In quell'attimo mi ero sentita raggelare, avevo il cuore che scoppiava ma non ero riuscita a dire qualcosa, tu l'avevi scambiato come un assenso alle tue parole.
Ed eri uscito di casa.
Tre giorni dopo eri alla stazione su quel treno, avevo fatto una corsa pazza per raggiungerti, avevo capito di amarti follemente anche io come te, in quel momento davanti al treno in partenza avrei dovuto salire ma...
Stanno sparendo all'orizzonte quegli aironi chissà quando li rivedrò tornare.
Chissà quando tu ritornerai.
Dal finestrino mentre io ti urlavo scendi ti prego, ho sbagliato devo spiegarti, tu mi avevi gridato: "Lascia fare al tempo, lascia che io possa capire, lasciami andare come gli aironi che vediamo nei cieli sul mare... Aspettami se vuoi, forse... Se qualcuno da lassù lo vorrà, ritornerò."
Poi non avevo sentito più nulla, inebetita guardavo quel treno allontanarsi sempre di più sparendo in una galleria ed in quel momento avevo pianto tutte le mie lacrime fino a casa.
Amore mio dove sei, sono qui ad aspettarti.
Sai? 
Ti ricordano ancora qui dopo questi mesi, ma negli sguardi dei miei, dei miei fratelli e degli amici c'è sempre un'ombra di rimprovero nei miei confronti, questo per dirti quanto ti volevano bene e quanto mi accusano ancora.
Ed ora di me cos'è rimasto? 
Una donna sola che aspetta ogni giorno, che spera, che sogna di vederti qui accanto.
Ho imparato a capire il mio cuore e non so se la mia lettera che ho spedito a tuo padre ti sia arrivata, ti sia arrivata soprattutto al cuore quando l'avrai letta, ormai tanto tempo fa, ma...
Io sono qui e so che un giorno tornerai come ritornano gli aironi con il vento caldo del sud.

Giampaolo Daccò.




venerdì 1 gennaio 2021

CRISTALLO DI GHIACCIO


 

CRISTALLO DI GHIACCIO

- Ora che farai? - aveva detto preoccupato Gianni a Luca davanti alla fermata dell'autobus, mentre la neve stava scendendo copiosa e vedeva negli occhi dell'amico un dolore indicibile, di chi ormai si era rassegnato all'inevitabile.

- Torno a casa. Cosa posso fare ancora? tutto finisce così in questo modo squallido e con la mia stupida ingenuità. -

Già cosa poteva fare ancora Luca, pensava Gianni guardando l'amico asciugarsi le lacrime e salire su quel pullman, in quell'ultima giornata dell'anno dove tutti si stavano preparando a festeggiare il Capodanno con cene e feste. 

Luca era dal mattino alle nove che aspettava Morgan, lo avrebbe dovuto portare in montagna a passare la settimana bianca da questo giorno fino all'Epifania.

Era tanto che glielo aveva promesso e così, fatta la valigia dall'hinterland di Milano, aveva preso presto il primo autobus e non vedeva l'ora di partire con quell'uomo di cui si era innamorato qualche mese prima e dal quale aveva avuto tante promesse e gioie.

Alle nove era in piazzale Lodi, lui sarebbe dovuto arrivare verso le dieci, così aveva avuto tempo di aspettarlo nel bar all'angolo della piazza, dove facevano dei cappuccini buonissimi. Era così che le dieci erano arrivate quasi in un baleno.

Luca si era messo in strada nel posto dell'appuntamento, intanto aveva chiamato qualche amico per i soliti saluti, poi sarebbe stato felice ed occupato in montagna a divertirsi con chi lo avrebbe amato, forse per tutta la vita

Il tempo aveva incominciato a passare, il cellulare di Morgan a non rispondere alle chiamate o messaggi e stava iniziando la paura dentro a Luca che quell'uomo fosse successo qualcosa. Così aveva chiamato il suo amico Gianni, il quale gli aveva promesso di raggiungerlo appena poteva se nel caso Morgan non si fosse presentato.

Lavorando in un ospedale famoso, Gianni da casa sua, aveva preso informazioni se qualcuno con quel nome si era presentato in qualche clinica ma nulla. La notte di capodanno sarebbe stato di turno dopo cena e non poteva far compagnia od ospitare Luca a casa sua in quanto aveva parenti alla cena.

In Luca aveva incominciato ad insinuarsi il pensiero che Morgan si era volatilizzato senza un motivo, ma visto la telefonata passionale della sera precedente e del loro appuntamento all'indomani gli sembrava incredibile ed impossibile. Intanto era arrivato mezzogiorno, poi l'una del pomeriggio ed aveva incominciato a nevicare.

Gianni era arrivato da lui in dieci minuti, così dopo aver lasciato un messaggio al cellulare di Morgan, i due ragazzi si erano rifugiati ancora nel bar dove aveva fatto colazione ore prima Luca. Due panini, una bibita, un caffè ed intanto si erano fatte le tre, il bar chiudeva dopo poco, la sera di San Silvestro era per tutti.

Si erano ritrovati un po'infreddoliti nonostante le giacche a vento imbottite, sciarpe, scarponi ed i cappelli addosso, a camminare nella zona, mentre Luca ogni tanto inviava messaggi o telefonava a Morgan e tutto senza risposta.

- E' evidente - pensava Gianni - che quel bastardo pieno di balle, sta prendendo in giro il mio più caro amico. - non gli era mai piaciuto Morgan, quel giovane sempre vestito di tutto punto, troppo curato, troppo gentile ma sfuggente a certe domande.

- Mi dispiace averti rovinato la giornata Gianni, ma non ho avuto il coraggio di tornare a casa nonostante sto pensando che lui mi stia tirando un bidone. Avevo bisogno di averti vicino. -

- Non lascio mai una persona in panne in panne, soprattutto il mio migliore amico, tanto Marco è a casa tranquillo e sa che sono con te. Luca sai che sono sempre stato sincero con te, Morgan ha qualcosa di ambiguo, qualcosa che sfugge... - di sottecchi guardava Luca che ogni tanto controllava l'orologio e il cellulare con un viso pallido e triste. - Stasera ti avrei ospitato ma come sai ho i parenti dal sud e inizio il lavoro alle dieci... -

- Non ti preoccupare, hai fatto fin troppo per quest'idiota che hai di fronte ed ancora penso che abbia avuto un contrattempo o qualcosa di serio nella sua famiglia. -

Quale famiglia? Lui gli aveva parlato di una madre isterica, di due fratelli quasi assenti e del lavoro che lo occupava troppo, sapeva solo la zona dove abitava... Ora aveva anche dei dubbi, che stupido credeva ad ogni cosa che Morgan diceva ed ora?

- Senti  Luca, dammi retta sono quasi le cinque, c'è buio e non smette di nevicare, torna a casa, ti accompagno alla fermata degli autobus e te ne ritorni al caldo, domani sera vengo da te con Marco e parliamone un po' ovviamente sempre se Morgan non si presenta, anche se ho i miei dubbi. - Luca aveva annuito ormai come sconfitto e pieno di una delusione che in quel momento gli stava strappando il cuore, intanto avevano raggiunto la piazza degli autobus.

- L'ultimo in partenza è alle diciotto e trenta Gianni, penso che... - non finisce la frase mentre vedono un ragazzo in moto avvicinarsi lentamente, non avevano avuto paura perché c'erano parecchie persone cariche di pacchi sotto la pensilina vicino a loro ad aspettare i loro mezzi. Il giovane coperto da un casco e passamontagna si ferma davanti a Luca e Gianni, se li toglie e mostra un volto giovane.

- Chi di voi due è Luca? - chiede con voce normale senza toni aggressivi o timorosi.

- Sono io e tu chi sei? - risponde prontamente Luca.

- Questo è da parte di Morgan, mi aveva detto che probabilmente ti avrei trovato qui alla fermata nel primo pomeriggio, ma sono ore che aspetto e lui mi aveva detto comunque di aspettare. Ti aveva descritto ma con quel cappello e sciarpa non ti avrei riconosciuto. Comunque questa è una busta per te da parte sua... Ciao. - e lo sconosciuto era ripartito velocemente sparendo presto alla vista.

Prima che i due potessero riprendersi dalla sorpresa per questo strano incontro, Luca rigirava la busta nelle mani e Gianni era rimasto in silenzio con un brutto presentimento.

- Non la apri? -

- Oh si scusa... E' che sono così sorpreso e anche allibito, uno che ti aspetta per ore come un messaggero e ti consegna una busta da parte di chi avrebbe dovuto stare con te, felice in un posto tra le montagne, non è un bel segno. - la voce gli tremava dal pianto in gola.

- Dai Luca per favore aprila hai ancora mezz'ora prima che arrivi l'autobus, intanto vado a fare il biglietto alla macchinetta, tu leggilo sto cavolo di messaggio poi mi dirai. -

Le mani tremanti dal freddo e dall'emozione avevano aperto la lettera, faceva fatica a leggerla mentre le lacrime avevano incominciato a scendere dal volto. Appena finito di leggere, la richiude con calma tenendola tra le dita, Gianni si stava avvicinando con in mano il biglietto di ritorno.

- Vedo che hai letto e dal viso che hai penso siano notizie sgradevoli come... - Luca stava zitto - Dimmi cosa ha scritto quel... - l'altro gli aveva dato in mano la lettera. Gianni si era messo a leggere sbiancando, al momento nella sua mente appaiono parolacce, poi rabbia e tristezza verso Luca che intanto vicino a lui teneva la valigia in mano, il suo autobus era arrivato e in dieci minuti sarebbe partito.

Lo stava accompagnando silenzioso accanto a quel suo amico disfatto dal dispiacere, mentre sta per salire sull'autobus, Gianni prende per un braccio Luca.

- Ora che farai? -

Poco dopo Gianni vede l'autobus partire tra la neve che scende ancora fin dal pomeriggio, Luca era, per lui, in salvo su quel mezzo che lo avrebbe portato a casa in mezz'ora, ma gli avrebbe telefonato non appena tornava a casa dai suoi.

In metropolitana, Gianni aveva ancora in mano quel foglio e si domandava come può essere carogna e cattiva la gente, il suo amico Luca non meritava tutto questo, seduto aveva ripreso a leggerla, ma sicuramente non avrebbe lasciato perdere questa faccenda, avrebbe ritrovato Morgan a tutti i costi, lo avrebbe fatto per l'affetto che prova per Luca:

"Luca, mi dispiace di deluderti ma non posso mantenere la promessa che ti ho fatto ieri e neanche le altre dei mesi scorsi. Vorrei dirti tante cose ma sarei bugiardo come lo sono stato fino ad ora. Non sono un tipo da relazione seria con un ragazzo come te, diciamo che sono come una farfalla che vola di fiore in fiore, e attorno a me ce ne sono tanti di bei fiori. Tu sei stato uno dei tanti anche se non sei seccato subito come tutti. Abbi cura di te non ti chiedo di perdonarmi ma di capirmi. M."

- Bastardo - aveva detto tra se Gianni mentre si era incamminato per la via di casa, le luci dei lampioni illuminavano gli alberi accanto a lui mentre all'improvviso un frammento di ghiaccio proveniente dall'alto di qualche cornicione, gli era caduto davanti ai suoi piedi. Lo aveva preso in mano, era un cristallo di ghiaccio che si stava sciogliendo piano tra le sue dita. Il pensiero era andato subito all'amico che a quest'ora era probabilmente arrivato a casa, e non appena sarebbe arrivato nella sua, gli avrebbe telefonato per sapere come stava.

Luca guardava fuori dalla finestra della sua camera, fuori il buio e la neve, cristalli di ghiaccio erano sul davanzale coprendo i ferma vasi di rame, in quel momento aveva capito che la sua storia con Morgan era come quei cristalli, si era sciolta non appena qualcosa si stava facendo di più profondo, di concreto e lui si era sciolto via scappando come un ladro.

Chiudendo le tende su quel paesaggio aveva sentito suonare il telefono e sedutosi sul letto risponde a quella chiamata.

Giampaolo Daccò