mercoledì 29 novembre 2017

L'ATTESA IN UN MATTINO D'INVERNO



L'ATTESA IN UN MATTINO D'INVERNO

"Porta Romana bella... 
Porta Romana... 
E' già passato un anno 
da quella sera.
un bacio dato in fretta 
sotto al portone..."

Non so perché sto canticchiando questa canzone del grande Gaber, ma mi è frullata in testa questa mattina e non riesco a toglierla dalla mente.
Forse è anche perché sto aspettando lui, qui davanti a quell'arco illuminato dai lampioni in questa mattina ancora buia, mentre la poca neve rimasta dopo la pioggia fa da bagliore insieme alle luci di Natale nelle strade.
Lui, Maurizio, alto, occhi verdi dalle ciglia folte e sorriso limpido che splende incorniciato da una barba rossiccia e morbida.
Lui, incontrato in quel famoso magazzino in Piazza Del Duomo poche settimane prima e fu colpo di fulmine mentre le nostre mani finirono su quella cravatta di seta blu, appoggiata su un banco.
La frase fu detta all'unisono:

"Ops mi scusi ma non volevo..."

Stessa frase detta insieme ed eravamo scoppiati a ridere e subito ci eravamo intesi.
Inutile dire che avevamo acquistato due cravatte uguali e che dopo qualche chiacchiera sulla moda, eravamo finiti al bar sulla terrazza del grande magazzino per una cioccolata con panna.
Stessi gusti di cibo e abbigliamento.

"Piacere Maurizio."
"Piacere Roberto."
"Sei di Milano Roberto?"
"Si zona Brera e tu?"
"Crocetta... Praticamente tutti e due del centro."

Ci eravamo sorrisi, ero riuscito a diventare rosso, mentre lui mi aveva guardato fisso negli occhi. Poi mi aveva sfiorato la mano mentre stava arrivando il cameriere con le cioccolate calde e fette di torta. Non sapevo cosa dire mi sentivo in imbarazzo.

"Architetto? Desiner?"

"Perché mi chiedi questo Maurizio?"

"Per una semplice banalità, abiti in Brera."

"Ahahah... Non tutti quelli di Brera sono architetti o artisti..."

"No?"

"Sono violinista alla scala da un paio di anni."

"Ah però... Complimenti Roberto. Anni?"

"Mmm quante domande... (avevo riso). Ne ho 27."

"Tu non fai troppe domande vedo... 
Io sono architetto ho 34 anni."

"Sei un uomo pieno di sorprese... Non me lo aspettavo
avrei pensato tu fossi... Architetto?..."

Oltre alle risate, poi avevamo passato un bel pomeriggio insieme, da quel giorno era nata una storia. Una storia che con le settimane a venire aveva preso piede sempre di più. Avevo intuito che lui nascondesse qualcosa ma avendomi fatto conoscere un giorno sua madre, bella e simpatica donna di larghe vedute, mi ero tranquillizzato. Il suo lavoro prima di tutto, mi spiaceva che fossero poche le notti in cui dormivamo insieme ma andava bene così.
Era passato Novembre e le feste di Sant'Ambrogio con l'Immacolata, Natale era alle porte, tre giorni fa mi aveva detto:

"Roberto noi dobbiamo parlare... 
Del futuro, del nostro futuro e posizione."

"(Posizione? Avevo pensato) 
Oh si certo, sono quasi otto settimane che ci frequentiamo."

"Si davvero, sono già otto?"

"Beh quasi... Tra tre giorni."

"Già (la sua voce mi sembrava strana)... 
E che ne diresti di parlarne tra tre giorni? 
Ho il sabato mattina libero, però dalle nove in poi..."

"Perfetto, sono liberissimo anch'io Maurizio, 
ci vediamo magari al solito posto?"

"Preferirei in zona Porta Romana, poi ho un paio di commissioni da sbrigare e farei tardi... Ti dispiace?"

"No assolutamente... Vuoi che ci si veda alle nove 
davanti all'arco vicino alla fermata del tram?"

"Ottima scelta Roberto, un bacio. 
Scappo, ci sentiamo stasera e ci vediamo sabato mattina."

Click

Telefonata chiusa ed eccitazione da parte mia, avevo immaginato chissà che proposte, magari se non una convivenza, almeno un dichiarazione definita del tipo vorresti fidanzarti ufficialmente con me? Oppure proviamo una convivenza di almeno tre giorni nei fine settimana?... Chissà.

"Porta Romana bella...
Porta Romana...
Un anno è lungo da passare
d'amore non si muore
sarà anche vero
ma quando ci sei dentro
non sai che fare"

Accidenti a me ed alla fretta, sono venuto qui all'alba quasi, sono le sette e cinquanta ed ho più di un'ora di attesa, Maurizio mi ha fatto proprio perdere la testa. Ma si, andiamoci a bere qualcosa di caldo in quel bar carino di viale Monte Nero, ho i piedi intirizziti...
Svolto l'angolo, attraverso i binari del tram e vedo un auto... La sua auto: colore, targa, porta sci, l'atlante stradale sul retro dei sedili e dentro qualcuno.
Non so perché mi fermo a due passi fingendo di guardare le vetrine addobbate di un negozio.
Scende una bella donna bionda incinta e due bambini con una signora anziana.

"Mamma ti prego, facciamo in fretta! Devo lasciare l'auto
a Maurizio, ha quegli impegni stamattina... 
Tieni  il piccolo Luca..."

"Cara faccio quello che posso, 
Giada stai attenda sei al settimo mese...
Non camminare così in fretta, potresti..."

"Mamma, non ti preoccupare, Marco mi aiuta con la borsa
(Lei bellissima guarda il figlio maggiore con amore
toccandosi la pancia) e faremo in fretta."

"Maurizio è un santo con voi... 
Ahahah, meglio di lui non potevi trovare, 
un marito così premuroso e amorevole tesoro..."

Sono fermo davanti a loro non riesco più a sentire le loro voci mentre si stanno allontanando da me, sono entrate in un portone poco più avanti e mi assale una nausea tremenda.
Sento freddo ed il viso in fiamme, molte le parole che si affacciano alla mia mente, troppe tante per darne un significato:
Maurizio
Mamma ti prego
Marco e Luca e nonna
Giada bella e bionda
Giada incinta
Giada moglie e madre
La compagna di Maurizio

Ore otto e trenta, è da mezz'ora che vago tra le vie attorno a quell'arco ormai illuminato dal sole mattutino, le luci dei lampioni e addobbi sono spenti, automobili che passando schizzando neve sporca sui marciapiedi incuranti delle persone. Ed io? Mi sono fermato davanti a Porta Romana a mezz'ora dall'appuntamento, mi volto verso il posto ora vuoto, dove aveva parcheggiato Giada e non so che fare.
Un clacson mi fa sobbalzare ed attraverso la strada dove ci sono le fermate dei tram, molte persone sono in attesa da entrambe le pensiline ma non vedo le loro facce, non riesco a vederle, solo quella di Maurizio è nella mia mente, guardo l'orologio, ore otto e quaranta, uno sferragliare sui binari mi sveglia dal torpore dei pensieri cattivi, mentre un leggero vento gelido passa sul mio volto.

"Porta Romana Bella...
Porta Romana...
Seduti in fondo là
senza guardare
quel giorno che mi hai detto
adesso basta,
io zitto preferivo non sentire
ma tu hai insistito,
no sul serio basta,
come fosse facile capire...
Porta Romana Bella...
Porta Romana..."

Il tram numero 9 mi sta portando lontano da quell'arco antico ormai scomparso tra i palazzi, mi sta portando lontano dall'appuntamento, lontano da Maurizio, lontano dalle sue cose nascoste, lontano da Giada bambini e nonna... Lontano da ciò che avrei voluto.
Alzo gli occhi verso i finestrini, come sono assurdi gli addobbi, le luci, i colori del Natale imminente, com'è assurdo e logico festeggiare otto settimane di amore scappando via da quello che non avrò mai.
Cielo azzurro, freddo pungente e tanti sorrisi in giro, alberi a festa, vetrine piene di regali...

Addio per sempre Porta Romana Bella

Giampaolo Daccò





mercoledì 8 novembre 2017

L'UOMO DEI MIEI SOGNI




"L'UOMO DEI MIEI SOGNI"

Il mio nome? Potrei dire di chiamarmi Laura o Silvia... Oppure Nicole o magari anche Marta, che importanza ha?
A volte un nome non vuol dire niente, spesso confuso con qualche altro. 
Per quanto mi riguarda ciò che contano sono i sentimenti dell'anima, del cuore che spesso per alcune persone non valgono niente, conta solo il proprio egoismo.
Dio che freddo in questo tardo pomeriggio così buio, qui la nebbia sta scendendo troppo velocemente, quasi non vedo le insegne nei negozi di fronte.
Chi sto aspettando?
Potrebbe trattarsi di Luca o di Marco, magari di un tipo di nome Stefano ma che importanza ha? 
No ha importanza, questo si, aspetto Alberto, un uomo dal viso simpatico, bello con quel fare un po' da canaglia, un uomo che ho conosciuto qualche tempo fa in un locale presentatomi da alcuni colleghi d'ufficio.
Alto, moro con occhi verdi, l'ideale per una sognatrice come me anche se cerco di tenere i piedi per terra... 
Dopo varie telefonate, scambi di messaggi, qualche caffè e chiacchiera avvenuta in alcuni bar del centro, finalmente mi aveva chiesto un appuntamento più serio: aperitivo e cena.
Quanta gente e quanti tram stanno passando... Che sciocca è l'ora di punta visto il passaggio di auto nel viale alberato, meglio guardare l'ora.
Diciotto e trenta ed io accidenti, sempre in anticipo di mezz'ora ed il freddo intanto sta salendo sempre di più.
Stupida, stupida e stupida, è una donna che si fa aspettare non l'uomo ma la fretta di uscire dal lavoro e precipitarmi nel posto dell'appuntamento ora mi fa sentire come un'ingenua liceale al primo incontro.
Ma si guardiamo quelle vetrine di abiti e scarpe, magari anche quella di cosmetici tanto belli quanto carissimi.

(Tram, automobili, biciclette, motocicli passano veloci sfrecciando sul viale alberato. Persone che camminano sui marciapiedi umidi dalla bruma, mentre i negozi sono pieni di persone alla ricerca di qualcosa di buono o di bello o di utile... Intanto il tempo passa veloce, un suono di clacson fa sobbalzare la donna davanti all'ennesima vetrina).
Quanto tempo è passato? Accidenti mi sono persa dietro a tutti questi negozi e... Dio mio le diciannove, lui sarà arrivato alla fermata del tram...
Eccomi qui sotto la pensilina tra volti sconosciuti nella nebbia ma lui non c'è, aspetterò ancora, probabile qualche ritardo dei mezzi specialmente quando c'è molto traffico.

- Diciannove e dieci.
- Diciannove e venti.
- Diciannove e trenta.
- Diciannove e trentacinque.

(Lei ora è seduta, sola sulla panchina della fermata sotto la pensilina mentre l'umidità della nebbia si fa sentire più pungente. I lunghi capelli biondi scendono fin sotto le spalle nascondendo quasi il volto chino a guardare il cellulare in mano, in attesa di un messaggio dopo averne mandati lei, almeno tre...
Luci, macchine ed alberi offuscati dal grigiore che li circonda, il tram sferragliando svolta a sinistra verso l'altra parte del centro, lei in piedi davanti al finestrino in fondo al mezzo, guarda il paesaggio cittadino sfilare sotto i suoi occhi verdi. Non vuole piangere ora no, lo farà più avanti... Forse. Riprende in mano il cellulare e guarda il messaggio arrivatole quando ormai stava per andarsene dal luogo dell'appuntamento.)

"Mi dispiace Cecilia, non posso venire... Anzi preferisco che non ci si veda più, io non te l'ho mai detto ma... Sono sposato e.."
(Si è fermata nuovamente alla congiunzione della frase e come prima quando lo aveva letto, non è più riuscita andare oltre. Le era bastato solo quello, salendo sul tram preso quasi al volo dopo l'arrivo del messaggio e nonostante i molti posti vuoti a sedere, era rimasta in piedi come una bambola, senza pensieri, mentre il tram la stava portando verso casa)
Stupida, stupida stupida... 
Avevo creduto ancora in qualcosa, in qualcuno che potesse darmi almeno affetto, amore, passione ed ora... 
Eccomi di nuovo qui come quella sciocca liceale, la quale ero tempo fa, emozionata e fremente come al primo appuntamento...
Appuntamento con un vigliacco sposato incapace di essere se stesso, fingendo bene un personaggio interessante e simpatico.

(Stringe il labbro piena di rabbia e dolore mentre il tram si blocca alla sua fermata, Cecilia scende ed in fretta prende la via deve abita lasciandosi alle spalle Alberto, il tram e quella nebbia che cela i colori e le luci di una città che offre molto e ti toglie tanto. 
Prima di aprire il portone guarda nuovamente il messaggio di lui sul cellulare e con un gesto lento del dito, preme il tasto cancellandolo senza averlo letto completamente fermatasi ancora a quella congiunzione. 
Il portone si chiude alle sue spalle, domani sarà un altro mattino.)


Giampaolo Daccò

venerdì 3 novembre 2017

SOTTO LA PIOGGIA... FINE DI UN AMORE



SOTTO LA PIOGGIA... FINE DI UN AMORE

Milano, Dicembre 1978

La pioggia battente, scendeva come cascate attorno a noi fermi in auto, in un parcheggio di fianco a dei giardini, passanti velocemente allungavano il passo verso una fermata della metropolitana poco più avanti.
Osservavo le luci abbaglianti delle auto che sfrecciavano accanto a noi, le ruote spruzzavano acqua sporca dalla strada sui marciapiedi a fianco.
Ascoltavo una canzone alla radio "Prendila così" di Lucio Battisti, sembrava che le parole della canzone stessero raccontando quello che stavamo vivendo in quel momento. 
Davanti a noi un'altra vettura e dentro una coppia.
Eravamo fermi dietro a questa ed aspettavamo Luigi che si trovava su quell'auto insieme ad una figura dai capelli lunghi e biondi, la macchina della donna con cui usciva già da un paio di anni. 
Quella sera, dopo travagliati giorni di discussioni, avevano deciso di lasciarsi mentre, ironia della sorte, nella nostra macchina attendavamo che lui ci raggiungesse, dalla radio irruppe questa canzone: stessa storia, stesse parole: il loro amore.
Gli altri due amici seduti dietro, stavano parlando di sport mentre io guardavo quelle teste nell'auto davanti che si muovevano e gesticolavano, probabilmente. discutevano sulla decisione di porre fine fine della loro storia. 
Un colpo di clacson di un autobus che passava a fianco, mi aveva quasi fatto spaventare ed in quell'attimo Luigi era sceso dall'altra macchina quasi sbattendo la portiera e velocemente era entrato nella sua mettendosi al posto di guida.
Fradicio ed arrabbiato, le gocce d'acqua scendevano sul volto ma forse erano lacrime. 
Noi tre ci eravamo subito zittiti, aspettavamo una sua parola, ne i due dietro ne io volevamo iniziare qualcosa che forse poteva dargli fastidio.
L'altra macchina in pochi secondi era scomparsa con una sgommata rabbiosa, dietro ad una via laterale, guardavo il viso di Luigi era viso pallido e tirato, il silenzio caduto tra di noi era quasi imbarazzante.
"E' finita davvero questa volta." aveva detto guardando la pioggia battente che cadeva sul vetro... 
Lo avevo osservato con la coda degli occhi, i suoi erano lucidi di pianto, la sua voce era roca, spezzata dal dolore e non convinta di ciò che stava dicendo a noi.
"Penso proprio che non poteva andare avanti così ancora per molto...Troppe differenze...". 
"Già..." gli risposi poco convinto anche io.
Ventitré anni lui e trentotto lei con due figli adolescenti... 
Ovvio che non poteva durare. 
Aveva messo in moto la sua auto, mi aspettavo un gesto rabbioso ed invece con attenzione era uscito dal parcheggio e piano aveva guidato l'auto fino alle vie periferiche della città.
Mentre eravamo quasi vicino all'autostrada, immersi nelle luci arancioni e fioche dall'umidità che saliva dall'asfalto, la pioggia aveva quasi smesso di cadere dal cielo solo Luigi ed io eravamo rimasti in silenzio.
Marco e Massimo dietro di noi, avevano iniziato a parlare fittamente e sottovoce nuovamente di sport non appena avevamo lasciato alle spalle Piazzale Corvetto. 
Luigi pur attento alla strada sembrava assorto e pallido, col viso teso ed immerso nel suo dolore, nei suoi pensieri. 
Guardavo i rigagnoli umidi scendere dal finestrino di lato, intanto una nebbiolina stava salendo sempre di più attorno a noi nel buio dell'autostrada mentre la mia mente ripensava alla sua storia che, in un certo senso, l'avevo vissuta fin dall'inizio, quando con Luigi eravamo entrati in quella galleria d'arte del centro di Milano ed avevamo conosciuto lei e una sua amica pittrice, mentre commentavano un'opera di un artista famoso.
Era iniziata poi una storia, una storia così uguale a tante altre destinate a finire non per mancanza d'amore ma, quasi sempre, per non rischiare di rompere quell'equilibrio ipocrita che gli altri pretendono da noi oppure per vigliaccheria e paura di dare una svolta alla propria vita cercando un'altra felicità.
Ma anche per un senso del dovere inutile e dannoso e peggio ancora, perché i troppi anni di diversità avrebbero causato malelingue e dita puntate contro e questo non era una cosa bella vista dagli altri.
Ma che importa il giudizio degli altri? Prendersi una responsabilità così grande ci vuole coraggio a costo di perdere i propri figli, il rispetto dei genitori e parenti, a costo di trovarsi soli ed affrontare ogni conseguenza, ma per amore si dovrebbe fare...
Ma quanti ne hanno il coraggio?
Non importa quanto si potrà soffrire ma non si deve "farlo", soprattutto per gli altri... Che tristezza infinita.
La nostra auto uscendo dal casello dell'autostrada si era immersa nella campagna nebbiosa tra le luci bianche delle auto che ci venivano incontro e dei lampioni quasi trasformati come alti e grigiastri fantasmi dalla bruma e dal buio. 
Luigi con i suoi pensieri  pieni di dolore ed amore, era deciso a cambiare pagina.

Giampaolo Daccò.