domenica 6 giugno 2021

EMMANUEL & GIAMPAOLO


 

                             EMMANUEL & GIAMPAOLO

עמנואל וג'יאמפאולו

- State fermi... Ecco ora la foto.. No no Emy, sorridi, Paolino stai più vicino a Emy... Pronti? Ecco fatto. -

-Mamma io non mi chiamo Emy ma Emmanuel e Paolino si chiama Giampaolo... - aveva risposto il mio amichetto di giochi dei week end milanesi, quando nonna Maria mi portava a Milano dalla sua casa in campagna, per incontrare il suo fidanzato che io chiamavo zio, un uomo gentile dagli occhi verdi, conosciuto dopo la morte di nonno.

Myriam era la mamma di Emmauel, lo stesso nome di nonna Maria in ebraico ed avevano più o meno la stessa età, Myriam aveva sei figli tutti maschi, Emmanuel era l'ultimo avuto a quasi quarant'anni). Per me avere una nonna di poco più di quarantacinque anni era un vanto, e le origini orientali del suo cognome la facevano apparire molto vicino a Miryam come sua sorella oltre che collega di lavoro.

Emmanuel nel corso dei fine settimana era diventato uno dei miei amici più cari, sembravamo, come diceva lui, i biscotti "Ringo" anche se poi la sua carnagione e capelli ricci e neri non erano proprio scurissimi. La sua convinzione era che nonna Maria fosse ebrea come lui.

- Vedi il suo cognome, mentre il tuo è francese, il suo è orientale! - e pronunciava quel cognome con una erre strana tipica della sua lingua, ne ero affascinato anche se lui mi prendeva in giro per la mia di erre "moscia" ora meno accentuata ma allora era quasi uno strazio per me, soprattutto a scuola.

In estate passavamo i pomeriggi al Parco di Porta Venezia allo zoo (ora fortunatamente solo parco Indro Montaneli), oppure si andava all'idroscalo. Nelle altre stagioni anche con i miei genitori si andava con la famiglia dal cognome impronunciabile, in giro per i laghi e posti che lo zio P. conosceva bene, noi, in cinque, sulla 1100 Bordeaux, mentre Emmanuel e famiglia su un furgoncino famigliare.

Io ed Emmanuel eravamo diventati quasi gemelli, eravamo uniti da tante cose: pittura, guardare le stelle, pattinare, ginnastica, odiavamo il calcio e giocavamo a nascondino. Ricordo le corse a perdifiato quando con la sua famiglia venivano in campagna da noi, scappavamo nei prati vicino al fiume Lambro, tra fiori, grano e piante di ciliege.

A otto/nove anni il mondo era più colorato ai nostri occhi e spesso giravamo per mano tra stradine fuori paese altrimenti la mentalità bigotta poteva additarci (alla nostra età poi dove non sapevi cos'era il sesso) come diversi mentre in città tutto era così normale che avrei voluto che papà e mamma si fossero trasferiti subito ma c'era l'altra nonna da curare.

Non c'era malizia nei nostri cuori, speso in camera sua o mia ci ritrovavamo abbracciati a leggere fumetti o vedere la televisione e poi scoppiavamo a ridere per niente e rotolavamo sui tappeti facendo la lotta. Poi i panini al burro e zucchero o burro e marmellata con il tè a mezzo pomeriggio.

Myriam come nonna Maria erano belle, gli occhi neri misteriosi, la carnagione olivastra, i capelli corvini e il corpo prosperoso e armonioso e tutt'e due avevano una bella voce.

Adam il terzo dei fratelli di Emmanuel, spesso ci portava dai suoi amici dove suonavano con una band in una cantina, canzoni beat e rock, un sogno ed Emmanuel dai capelli ricci si muoveva come Jimy Hendrix vicino a Adam imitandolo con una inesistente chitarra, mentre io fingevo di suonare la batteria e guardandoci strizzavamo i nostri occhi in segno di intesa. Altro che lo Zecchino d'Oro e che era quello strazio di bimbi vestiti uguali con canzoncine idiote...

Se non era amore fraterno tra noi due non so come avrei potuto definirlo, una sera mentre gli altri erano a cena, noi due eravamo in camera sua ed all'improvviso era scoppiato un temporale forte, Emmanuel aveva gridato spaventandosi dal primo botto del tuono.

Era arrivata subito sua madre a rincuorarlo, non capivo perché aveva così paura mentre per me era normale il temporale, mai avuto terrore, forse solo dei fulmini ma... Allora Miryam che mi aveva guardato negli occhi e capendo la mia incredulità, raccontò a noi la loro storia, di quando nel 1967 due anni prima ci fu la guerra dei sei giorni tra Israele la loro patria e l'Egitto, la Siria e la Giordania.

Ero rimasto a bocca aperta, sapevo dai telegiornali ma non direttamente da chi l'aveva vissuta. Erano scappati da Ascalon, vicino alla zona rossa raggiungendo prima Roma da alcuni zii e poi a Milano dalla sorella del padre. Ancora allora stavano aspettando di poter ritornare nel loro Paese tanto amato.

Quando lei era uscita dalla stanza, mi ero avvicinato a Emmanuel che si sera calmato, era appoggiato al cuscino messo in piedi alla spalliera e gli misi il braccio intorno al collo. Emmanuel si era girato verso di me, gli occhi neri contrastavano i miei cosi chiari, ma erano pieni di lacrime e paura, mi aveva abbracciato forte.

Non so cos'era successo in quell'istante ma le nostre labbra si unirono in un bacio casto lasciandomi di stucco, lui era sembrato sorpreso e mi disse che era il modo di salutarsi o di incontrarsi tra loro. Mi tirò vicino e mi baciò di nuovo... Questa volta il bacio era stato lungo e le sue braccia mi stringevano al suo viso.

Non sapevo che dire o fare, quando si era staccato e come nulla fosse aveva acceso la televisione, l'avevo guardato con meraviglia, come se per lui fosse stato normale, anzi era normale... Per me ancora adesso non saprei descrivere, troppo piccolo per darne un significato di saluto ma di certo avevo capito che quel bacio era un modo di esprimere l'affetto per una vera amicizia.

Avevo baciato tante ragazzine perché me ne ronzavano attorno molte nella via dove abitava nonna: Bruna, Loredana, Cinzia, Antonella... Ma era una cosa diversa direi che era sentimentale per me, averne poi tre all'insaputa una dell'altra (so che fa ridere a otto/nove anni) ed oltretutto una mora, una bionda e una rossa, mi davano l'aria del baby latin lover.

Eppure quel bacio tra me ed Emmanuel mi aveva impresso nella mente quanto potesse essere bello e liberatorio ma soprattutto innocente quel gesto che gli ebrei fanno in maniera normale per saluto e per esprimere amicizia. Una forma strana di amore che solo chi non ha malizia potrebbe capire.

Emmanuel e la sua famiglia ritornarono a Jaffa (prima città indipendente, ora quartiere di Tel-Aviv) dai nonni nel 1971, nonna Maria e zio P. li avevano accompagnati portandomi con loro all'aeroporto di Linate.

Avevo pianto durante il viaggio verso l'aeroporto e così anche Emmanuel mi aveva confidato nella sala d'aspetto delle partenze. Intanto che lui stava vicino a me e trafficava nel suo borsone colorato, avevo passato in rassegna i volti della sua famiglia per imprimerli bene nella mente, sentivo che non li avrei più rivisti.

Abraham il padre, Myriam la mamma che mi aveva abbracciato forte e baciato sulla fronte come una mamma, poi i fratelli Jared, Shimon, Adam, Yosef e Noam. Emmanuel mi aveva tirato la manica della camicia, mi aveva messo nella mano un pupazzetto colorato con i capelli neri e ricci. Era come fosse lui.

- Ci scriveremo sempre? -

- Si sempre Emmanuel. -

- Me lo prometti che verrai a Jaffa? -

- Non lo so ma partirei subito con voi. -

- Pensi che ci rivedremo ancora? -

- Si ne sono sicuro e te lo giuro che succederà. -

Aveva sorriso mentre una voce femminile attraverso l'autoparlante annunciava il volo per Tel Aviv, il loro. Ricordo che ci erano stati abbracci, baci, pianti tra nonna e Myriam. I suoi fratelli mi fecero girare vorticosamente tra le loro braccia mentre Emmanuel dopo aver salutato nonna e zio, mi si era avvicinato.

Senza una parola mi aveva abbracciato e baciato sulla bocca.

- Ricordati di me, per sempre Giampaolo. -

- Si per sempre. -

- Ti scrivo appena arrivo a casa. -

Avevo annuito mentre tutta la famiglia si era spostata al check point, dopo pochi minuti erano spariti nell'area delle partenze e fu allora che mi ero messo a piangere forte, avevo provato un dolore che non sapevo gestire a dieci anni. Nonna mi aveva rincuorato prima in aeroporto poi sul tragitto di strada, nella mia mente c'era solo il mio amico Emmanuel.

Con lui ci eravamo scritti fino al 1973, poi era arrivata la guerra del Kippur e da quel momento più nulla. Io speravo che a loro non fosse successo nulla in quella terribile guerra, speravo col tempo di ritrovarli ma non ricordavo il loro cognome, era troppo difficile. Nonna era morta quasi improvvisamente l'anno rima e zio P. nel frattempo si era ammalato e non l'avevamo più visto, non era rimasto nesun filo o legame con loro.

Siamo arrivati al 2021, ai ricordi di una bella amicizia... Avevo cercato su Facebook ed altri canali dei social ma niente... Vuoto assoluto ed ora non mi rimane che ricordare Myriam ed i suoi com'erano allora ed Emmanuel, il mio amico di scorribande e del suo bacio fraterno e quegli occhi profondi e neri che spero ora siano negli occhi di qualche donna o nei suoi figli. Lo spero con il cuore.

E chissà che un giorno come un miracolo ci si potrà rivedersi.

Giampaolo Daccò









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