UN UOMO SOLO
Il mio treno era in ritardo di 20 minuti, avevo evitato parolacce ed imprecazioni, nell'attesa un caffè e brioche nel bar pieno di persone, urla e rumori di tazze e bicchieri.
Ero scappato quasi subito da quel posto così brutto e mi ritrovai a camminare sulla banchina del mio binario.
Era mattino presto e c'erano pochi viaggiatori mentre una nebbiolina leggera copriva lo sfondo dei palazzi visti da una delle stazioni di Milano, mi stavo innervosendo quando avevo visto una panchina ed un uomo seduto.
In genere preferisco stare in piedi, ma quel mattino ero talmente sfiduciato dai continui problemi che accadono durante nei miei viaggi, che la stanchezza aveva preso il sopravvento.
Mi ero seduto un po' distante da quell'uomo, non sapendo se fosse un normale viaggiatore o un barbone come se ne vedono tanti ormai, nelle stazioni ferroviarie.
Non sbagliavo, sembrava un senzatetto, avevo preso dalla borsa da viaggio un libro e incominciai a leggere mentre ogni tanto sbirciavo di sottecchi la persona a fianco.
Dopo due minuti sento una voce accanto a me.
- Che legge di bello? - mi volto verso di lui, un sorriso ed un volto abbastanza giovane pieno di segni e due occhi verdi profondi a cui non riuscivo dare un'età, sicuramente più o meno coetaneo nonostante era vestito male ed un cappello di lana nascondeva a malapena i suoi capelli lunghi e sporchi.
Avevo sorriso mio malgrado pensando che mi avrebbe chiesto denaro per andare a farsi di eroina, dicendomi che aveva fame.
- Sto leggendo "Il ponte sulla Drina" di...
- Ah si di Andrìc... L'ho letto come alcuni altri suoi libri. Ottima autore fa rivivere le sensazioni che descrive nei suoi libri, sempre un po' tristi come chi vive nell'est Europa...
- Come? - avevo chiesto io, con l'espressione ebete di chi si trova di fronte un fantasma.
- Si ... Intendo come gli scrittori e musicisti dell'est che dalle loro opere scritte o musicate, traspare sempre una velata malinconia e tristezza tipica delle loro zone, io ci sono stato mille volte e lei?
Avevo posto il libro sulla panchina annuendo, incuriosito da quell'uomo che al momento sembrava un barbone, un migrante (come li chiamano oggi), invece era un italiano, senza fissa dimora, che mi stava parlando di musica e cultura che conoscevo. Ma questo chi è? Mi domandavo col pensiero.
- Si come "La Moldava" di Smetana, musica sublime... La conosce?
- E' una delle mie preferite. - avevo risposto fissandolo negli occhi, mentre l'alto parlante annunciava il mio treno ed un ulteriore ritardo di 5 minuti.
Il suo sguardo ora era rivolto verso la nebbia che filtrava tra i treni fermi e i binari, sembravano guardassero lontani chissà dove.
- Il suo treno ora ha 15 minuti di ritardo invece che 10... Brutto aspettare vero? - aveva continuato rivolgendomi due occhi che mi avevo fatto rabbrividire di tristezza. - So cosa sta pensando... -
- Veramente... - avevo cercato di dire qualcosa ma lui aveva continuato senza fermarsi.
- Sicuramente avrà pensato sedendosi vicino, che io fossi un barbone, un extracomunitario, uno che tra poco le avrebbe chiesto denaro per drogarsi o chissà che altro. Magari non voleva neanche sedersi vicino ad un tipo... A dei tipi come me. -
- Le assicuro che... -
- Sono italiano, della bassa padana. Sto aspettando padre Sergio dei frati che abitano vicino a Porta Vittoria... - il mio stupore nel sentire quel nome aveva fatto sorridere quell'uomo. Conoscevo padre Sergio, un bell'uomo, alto con capelli mossi e rossicci, con una leggera barba incolta, una voce chiara e sicura, un frate fantastico e pieno di vita che aiutava tante persone.
- Il mondo è piccolo allora se conosce padre Sergio vero? - annuii sorridendogli
- Ah non ci fosse stato lui... Ora dormo e mangio da loro e lei sicuramente, visto che lo conosce, abiterà in zona oppure ha fatto volontariato da loro... - avevo annuito nuovamente.
- Lei sicuramente non è di poche parole, i suoi occhi sono vivaci e scommetto che è incuriosito dalla mia storia che le racconterò in pochi minuti prima dell'arrivo del suo treno. - arrossii - La vita ti porta sempre su strade impreviste, a volte sbagli un bivio e ti ritrovi in una tortuosa strada piena di fango e buche, anziché in un bel viale pieno di alberi e palazzi luminosi. -
Due treni avevano sfrecciato veloci poco distanti da noi, impedendo a quell'uomo di parlare. Il vento freddo che si portavano dietro aveva fatto svolazzare le pagine del libro sulla panchina, automaticamente lo rimisi nella borsa.
- Ho perso tutto, moglie, figli, lavoro, amici per errori stupidi dettati dalle ambizioni, dall'egoismo. Errori che sto pagando e a cui non intendo rinunciare, perché se qualcuno ha delle responsabilità deve prenderne atto e subire la cosiddetta punizione... - si era messo a ridere. Mi guardava serio ora e negli occhi una domanda a cui non sapevo dare il significato.
- Ora aiuto i frati, mi hanno dato un lavoro in un'officina... Mi vede qui perché sono riuscito ad avere un incontro con due dei miei figli, i due maschi che abitano a Genova, bei figli ormai grandi, hanno capito e sono gli unici che accettano di vedermi ogni tanto, mia mogl... Volevo dire la mia ex moglie e mia figlia maggiore mi hanno rifiutato... Non posso farci nulla, un domani forse... - Aveva scrutato in lontananza un uomo vestito di scuro arrivare dal bar della stazione.
- Oh credo sia padre Sergio quello... - l'avevo riconosciuto anche io mentre si stava avvicinando, ma padre Sergio era stato fermato da una anziana signora con cane e valigia, noi due ci eravamo alzati in piedi, e stava arrivando anche il mio treno.
- Bene mi ha fatto piacere riv... Volevo dire di conoscerla e scambiare due parole con lei anche se ho detto tutto io. - avevamo sorriso entrambi e per un attimo avevo allungato la mano per un saluto... Aveva tentennato per un attimo fissandomi negli occhi e di nuovo vedevo una specie di domanda, non aveva stretto la mia mano ma solo dato una leggera pacca sulla spalle.
- Le mie mani non sono molto pulite... Ma ora le conviene salire sul treno, le porte sono aperte e non credo che rimarranno a lungo per aspettare lei. - sorrisi e quasi corsi quei pochi metri, ero entrato nel vagone ma ero rimasto fermo sulla porta, padre Sergio si stava avvicinando sempre di più a quell'uomo, il quale mi fece un saluto con la mano e disse generando dentro di me un colpo allo stomaco.
- Ciao Paolino... Chissà se ti rivedrò ancora... -
Le porte si erano chiuse prima che io potessi dire qualcosa ed il treno era partito velocemente allontanandomi da quell'uomo e da padre Sergio che intanto l'aveva raggiunto.
Per più di mezz'ora la mia mente era rivolta a quell'uomo, come faceva sapere il mio nome, il mio diminutivo... Lo conoscevo, mi conosceva sicuramente, ma io non ricordavo chi fosse pur cercando nei meandri della mente nel mio passato.
Il treno si era fermato a Pavia, avevo guardato la stazione e le persone che erano sulla banchina e subito un volto, giovane, più giovane di almeno trent'anni anni era piombato nel cuore.
- Stefano... - quasi gridai con la mente riconoscendo nel volto dell'uomo in stazione quello di uno dei ragazzi di una mia vecchia compagnia della zona di Pavia....
Stefano, bello, ricco, pieno di vizi e poche virtù umane. Pieno di tutte le cose che altri ragazzi del gruppo invidiavano, prossimo ingegnere come suo padre, ed ovviamente per noi era destinato ad un futuro grande che personalmente, non potevano neanche sognarlo. Stefano che per lui il sesso era la sola droga che conosceva, mentre per gli altri erano eroina e cocaina... Sesso con tutte e con tutti, vivace, simpatico e...
Ed ora?
Il treno aveva incominciato la sua corsa verso Alessandria, ma dentro avevo già deciso di parlare con padre Sergio, appena avrei potuto per sapere di più su di lui. La nebbia si era diradata ed un tenue sole illuminava la campagna, mentre la mia mente era tornata nei ricordi di un passato neanche tanto lontano.
Stefano.