SALENTO, LUGLIO 1984
Non potevo immaginare quanta bellezza ci fosse in una parte dell?Italia che fino ad allora non avevo mai visto, non riuscivo ad ascoltare i commenti dei miei amici sui vari argomenti di cui si parlava, ero troppo intento a godermi il paesaggio, a nutrirmi di quella stupefacente bellezza a volte selvaggia a volte naturale e poco, soprattutto non ancora, deturpata dall'uomo.
Quello che si sprigionava davanti a me erano un immenso blu, un'ocra calda, un bianco abbagliante e qualche spruzzo di verde qua e là tra una piccola altura e l'altra. Una luce abbacinante ed immensa ci circondava, e sembrava diversa ad ogni ora del giorno e la sera prima di cena, mi soffermavo incantato ad osservare quei tramonti indimenticabili, di un rosso violaceo infinito, quasi da sembrare un dipinto ottocentesco.
Poi quasi immediatamente si piombava letteralmente in un cielo stellato così grande da far quasi paura, in notti profumate che quasi illuminavano il mare nero sottostante dalla casa dove eravamo situati.
Un giorno avevamo deciso di partire per un'avventura, una lunga gita per il "tacco" italiano
Da Metaponto eravamo partiti il mattino presto mentre un'alba rosa dorata ci aveva svegliato, in cinque su un'auto piena di musica e borsoni siamo andati all'avventura con l'incoscienza dei vent'anni. La costa di Ginosa, la pineta di Castellana scorrevano sotto i nostri occhi, la luce abbagliante rifletteva su un mare verde-azzurro da sembrare una distesa fatta di una grande pietra preziosa: l'acquamarina.
Più tardi Taranto coi suoi tentacoli era davanti a noi, impressionante il porto con le ciminiere fumanti, fortunatamente (avevo pensato poi) ci eravamo allontanati presto da lì, ci eravamo fermati a mangiarci dei panini in riva al mare e goderci un poco di sole.
Nel tardo pomeriggio arrivammo a Manduria. tutte le cittadine che avevamo incontrato durante il percorso erano bellissime macchie bianche e ocra, sembravano grandi fortezze nel tavoliere pugliese.
La sera stessa dopo una frugale e tarda merenda e lasciata Nardò ci fermammo a Gallipoli. Cittadina fantastica con un mare da sogno e qui avevamo passato tre giorni,e tre notti indimenticabili.
quell'anno, in due mesi di vacanze, scoprii una terra dalle mille suggestioni, dalle mille tinte e dai mille paesaggi. Eppure in tutta quella bellezza c'era una struggente malinconia forse proveniente dal passato, quando ancora era una terra dura ed il pane quotidiano era sudato con fatica e la popolazione per la maggior parte viveva in povertà oppure con dignitosa difficoltà, ma sempre fiera negli occhi.
Ritornammo a Metaponto giorni dopo, dalle colline nei pressi di Matera vidi il più bel tramonto della mia vita, neanche nei paesi tropicali ne ricordo uno così.
Il sole era quasi sceso e le sfumature della volta spaziavano dall'oro, al rosa, al rosso finendo in un viola e blu notte. Quando il sole era sceso completamente, poco sopra Venere e Mercurio all'orizzonte sembravano due gemme incastonate e su una collina più in là bruciavano i resti di covoni di grano, le fiamme gialle e rosse si stagliavano nel tramonto e le prime luci di paesi lontani apparivano come lucciole.
Eravamo pronti per altri giorni di viaggi e divertimenti, la nostra curiosa sete era in fermento, e il programma era stato stabilito: ripartire verso il nord passando sull'Adriatico, ma non so so il perché, non ero riuscito a ritrovare quella magia di colori così intensi di quell'atmosfera di sogno, che il Salento ci aveva donato a larghe braccia.
Giampaolo Daccò
Sono stata quest'anno....sono rimasta incantata....posti meravigliosi
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