IL BOSCO DEI SAMBUCHI
"Ho passato tanto tempo nel bosco dei sambuchi a ovest dove il sole tramontava sulle montagne di Barazar, da quando ero stato abbandonato dalla mia famiglia, ero troppo umano nel viso e parte di loro non mi avevano mai accettato. Mamma Saevar aveva amato un piccolo essere della terra (come tutte le femmine del gelido nord Kasdivan potevano avere due uomini della stessa razza) e nacqui io e papà Ulfir mi cacciò in quel mattino d'inverno poco dopo aver compiuto cinque anni e le mie orecchie divennero a punta. Non ero nato da un elfo come lo era lui.
La fata della neve mi aveva accolto e portato qui nel bosco dei sambuchi il cui profumo ha invaso i miei abiti, pelle e tutto ciò che Lei, la Signora del gelo mi aveva regalato e che amavo tanto.
I miei anni non li so contare, non sono come i vostri, forse uno dei vostri terrestri sono cinquanta o forse cento dei nostri e molti di più ancora, da piccolo folletto ho visto tante cose, tanto odio, amore, felicità e infelicità che mi hanno insegnato molte cose.
Ora sto aspettando, di poter andare ad esplorare ciò che è fuori da questo bellissimo e grande bosco di sambuchi, sto aspettando che torni da un viaggio il mio amico gnomo Varrelj e con lui, mi aveva promesso, andremo nella terra dei camini rossi."
Non so come sia ma mi aveva sempre raccontato che la terra dei camini rossi era fredda d'inverno e calda in estate con giorni lunghi, c'era acqua fresca e calda, molto verde e tanta gentilezza. Gli abitanti di quel posto: gnomi, nani, vulpelis amavano tanto gli elfi che con loro erano sempre stati protettivi fin dall'antichità. Avremo un a casa, potrò usare le mie arti magiche del gelo e chissà una nuova vita. Tra poco sarà qui ed intanto che lo aspetto mangio le bacche di ginepro insieme ai miei amici del bosco e spero un giorno di incontrare di nuovo la Regina del gelo, la fata del mio cuore.
Mistral.