Questa
sera sono stato all'evento della presentazione di Livio Gambarini che
fa parte della mia casa Editrice, un grandissimo successo letterario e
sono felicissimo per lui, e faccio ancor ai miei compimenti e stima.
Finito l'interventoe preso il suo libro, ho voluto usare i mezzi di
superficie per tornare a casa, 40 minuti di tram ancora con il sole e
poi il tramonto alle spalle. Era molto che non
lo facevo e mi sono ritrovato su quel tram silenzioso ad osservare le
persone sedute ed in piedi accanto a me. Quante realtà, quanti volti
diversi, modi di vestire ed ognuno con la sua storia alle spalle, alcuni
ragazzi gay pettinati alla moda che probabilmente andavano a qualche
festa, due ragazze alte e bellissime sedute davanti, abbronzate, quasi
svestite e di fianco sulla sinistra due signori stranieri con le sporte
della spesa di una nota catena. Più in là tre ragazzini ridevano
leggendo messaggi sui loro cellulari. Una donna sola dallo sguardo
triste e dai capelli rossi stava due sedili più in là, pensosa ma
triste. In piedi un signore ben vestito con valigetta e soprabito sulle
braccia e due altre donne in pantaloni e camicia parlavano fittamente
tra loro e come due veline un po' avanti negli anni: una bionda ed una
mora. Improvvisamente mi sono sentito solo, guardavo il libro in mano, i
miei pantaloni nuovi e la camicia bianca, le scarpe belle corredate con
cintura e portafoglio e mi sono chiesto per la prima volta "Che ci
faccio in questa città?"... La mia città, mi sono quasi spaventato è
come se non mi appartenesse più eppure poco dopo in strada, quelle poche
centinaia di metri che mi divideva dalla fermata del tram a casa mia,
altre persone passeggiavano vicino a me, il calore della sera mi ha
risvegliato i sensi e solo in quel momento ho capito quanto mi piace
Milano... Eppure per un attimo....
venerdì 20 giugno 2014
mercoledì 11 giugno 2014
Aspettandoti sulla spiaggia
Lavagna 1968
La giovane mamma stava passeggiando con i suoi due figli sulla strada che costeggiava la ferrovia, oltre i binari ed un muretto basso, il mare blu e la spiaggia ghiaiosa. Da lontano il sole splendeva alto, nessuna nuvola era nel cielo, si vedevano solo pedalò e barche lontane dalla riva e qualche bagnante col costume colorato, già disteso sulle sdraio a quell'ora del mattino mentre il profumo di salmastro invadeva l'aria di quella splendida giornata estiva.
La giovane mamma, portava il passeggino con la sua bambina vestita di rosa ed il cappellino di pizzo sulla testa mentre suo figlio di sette anni aveva la mano appoggiata sul braccio di lei. Gli occhi azzurri del piccolo guardavano ogni tanto i capelli lunghi e biondi di sua madre svolazzare alla brezza calda dell'aria di quel mattino e quel suo vestito corto che la faceva sembrare ancor più giovane dei suoi ventisei anni.
Lei si accorse del suo sguardo e gli rivolse un sorriso aperto "Ti è piaciuta la colazione questa mattina? Ho visto che hai mangiato due panini col burro e marmellata e bevuto una tazza grande di caffè latte!".
"Si si, era molto buona... A Milano non lo facciamo mai così mamma!" le sorrise di rimando il piccolo a cui mancava un dentino davanti "Domani ancora vero?..." a lui sembrava che la mamma fosse molto contenta della vacanza fatta da loro tre. Suo padre li avrebbe raggiunti solo nel fine settimana a causa del suo lavoro, sapeva che lui suo padre, preferiva sua sorella e aveva poco piacere di stargli vicino e quando non c'era si sentiva più tranquillo anche se non ne conosceva il motivo per cui quell'uomo si comportava così nei suoi confronti.
Sua madre dietro a quel sorriso invece nascondeva un dolore forte, solo poche settimane prima aveva trovato una lettera nei pantaloni del marito, una lettera di una donna che parlava d'amore, la lettera di una delle sue più care amiche, ne aveva riconosciuto la calligrafia e la firma era più che eloquente... Ma non voleva farlo vedere a nessuno il suo dolore nemmeno a sua madre e a sua sorella, dopo una discussione col marito decise di andare in vacanza coi figli per pensare e cercare di vedere le cose nel migliore dei modi e poi magari decidere che fare. Quando lei gli fece vedere la lettera, lui negò la storia, negò di stare con quella donna e che fosse l'altra innamorata ma mai ricambiata... Invece le parole di quel foglio dicevano tutt'altro.
"Presto tesoro cambiamo strada..." disse la donna al bimbo mentre accelerò il passo attraversando il lungo mare sulle strisce pedonali.
"Ma perchè mamma? Dobbiamo andare in spiaggia, volevo fare il bagno..." la delusione del piccolo era grande, mentre la bimba nel passeggino dormiva beata ignara di tutto ciò.
"Andiamo prima a prendere una cosa... Poi tra poco torneremo al mare..." mentre il figlio stava per protestare una voce chiamò sua madre.
"Ma dove scappi? Non mi hai visto prima?..." la voce calda dell'uomo fece fermare la donna che si volse verso di lui con un sorriso quasi tirato... "Ciao piccolo, la mamma è di fretta vedo."
Lei guardò suo figlio sorridere a quell'uomo dall'accento romano e dagli occhi di un blu intenso, il pensiero che le venne alla mente fu "Ma perchè non è lui suo padre?" poi si diede della sciocca.
"Non ti avevo visto R., mi ero dimenticata di comprare una cosa per mia figlia e stavo attraversando di corsa e non ti ho sentito chiamare."
L'uomo la guardò intensamente e capì che mentiva... Fecero due passi insieme coi bambini e poi si sedettero su una panchina, lei osservò suo figlio seduto vicino all'uomo che conobbe solo venti giorni prima in albergo, complice la proprietaria dell'Hotel che li conosceva entrambi da anni e sapeva quasi tutto di loro.
"Tesoro guarda, li, ai giardinetti quelle bambine, sono le tue amichette dell'albergo perchè non vai a giocare con loro che poi, non appena ho finito di parlare con R. andiamo al mare?"
Il bimbo sorrise e corse verso le sue nuove amiche.
"Perchè scappavi?" disse lui serio guardandola negli occhi.
"Che dovevo fare secondo te?" lei fissava il mare poco lontano "Sei entrato nella nostra vita improvvisamente quella sera quando ci presentò la signora V. e da quel momento mi hai cercata anche con la presenza dei miei figli... Io non sono qui per avere avventure con il marito lontano... Lo sai che qualcuno ha telefonato a mia suocera quando ci hanno visto ballare alla festa mentre i due piccoli erano in camera con la figlia della proprietaria che li accudiva?"
Lui annuii, sapeva che loro venivano da anni in quell'Hotel, sapeva che qualcuno telefonò a Milano solo perchè lui l'aveva invitata al ballo e aveva tentato di baciarla sotto la luna quando poi lei lo fermò dolcemente. Seppe che la suocera venne per tre giorni a controllare la situazione e che tra le due donne ci fù una discussione, ripartita lei, arrivò il figlio per il week end. Li aveva osservati da lontano mentre era con la signora V. che fingendo innocenza gli raccontò un po' della vita di quella famiglia.
R. sapeva dell'infelicità di lei, ma a differenza delle altre avventure con quella donna bionda dagli occhi verdi avrebbe rivoluzionato la sua vita. Giorni prima erano in auto, lei aveva accettato quella passeggiata fino a Monterosso, portandosi dietro i figli... Era terrorizzata che lui potesse dire qualcosa che avrebbe sconvolto il piccolo seduto nei sedili posteriori, R. non ebbe nessun timore quando le disse:
"So che sei infelice e so che tuo marito ti..."
"R. ti prego ci sono i bambini dietro..."
"Non importa... Ti porto a Roma, vieni via con me, là i tuoi figli avranno di più di ciò che hanno adesso a Milano." a lei si gelò il sangue e non riuscì a voltarsi per guardare negli occhi suo figlio.
"Ma che dici... Io sono... sposata, ho la mia famiglia... Tu non dire nulla a..." disse rivolgendosi al bimbo dietro di lei...
"Mamma andiamo a Roma... Non voglio tornare a casa... da papà."
Calò un silenzio irreale, rotto dal brontolio della bambina nel passeggino legato ai sedili di fianco al fratello.
"Ma che dici tesoro?"
"Vedi anche tuo figlio vorrebbe venire via con me, vero?" gli occhi blu di lui lo guardavano dallo specchietto retrovisore e il sorriso del piccolo gli scaldò il cuore, ma non scaldò quello della madre."
Ora il bambino vicino alla fontana con le due amichette osservava da lontano la madre con quel signore così bello e gentile, dentro di se sentiva che non l'avrebbe più rivisto tra pochi giorni, sapeva che non sarebbe andato a Roma con la mamma e la sorella. Ricordò benissimo quando lui le chiese il numero di telefono, la madre scrisse una serie di numeri falsi, capì che R. se ne accorse, viaggiava spesso e conosceva i primi numeri di Milano e Roma, lui sapeva che in quella città del nord nessun numero iniziava con quelli dati dalla mamma. Vide gli occhi blu dell'uomo intristirsi.
Tre giorni dopo, le valigie erano nella hall dell'Hotel, il compagno della nonna dei due fratellini e suocera della loro mamma stavano parlando con la proprietaria, la mamma aveva pagato il conto e stava vicino alla figlia mentre sistemava qualcosa nella borsetta azzurra.
"Mamma possiamo andare a vedere ancora una volta il mare? Ti prego mamma..." disse suo figlio.
"Ma caro tra poco partiamo, lo vedrai dall'auto che costeggerà il lungo mare.."
"Non è la stessa cosa mamma... vorrei rivederlo da vicino..."
Intervenne il compagno della nonna "Ma si dai partiremo mezz'ora dopo, ci prendiamo un aperitivo intanto, tu vai, alla bambina ci penseremo noi qui..."
Lei prese per mano il figlio ed insieme si avviarono verso il mare, attraversarono la strada finendo davanti alle stanghe chiuse della ferrovia, dopo pochi secondi passò un treno che veloce andava verso Genova... Poco dopo tutte le persone ferme a quel passaggio a livello poterono oltrepassare i binari ed andare sulla spiaggia. Loro due camminavano sul bordo per non sporcare di sabbia le scarpe, sembravano due anime che stavano lasciando un paradiso pieno di azzurro e di sole, la testa bassa ed a lei sembrò strano che suo figlio la guidasse sicuro verso una parte della rena, dove c'erano dei moli. Alzò lo sguardo e vide R. di spalle da lontano che li aspettava. Dentro di se sentì l'impulso di correre via, di dare uno schiaffo al figlio, aveva capito che ne era compilice, ne era certa: i due si erano incontrati ed avrebbero messo in scena la commediola dei saluti, saluti che lei aveva evitato di fare dando un taglio netto a tutto, a quel sogno che forse poteva diventare realtà.
Si girò di scatto "E' tardi dobbiamo tornare..." ed allungò il passo verso la strada.
"Ma mamma, siamo appena arrivati, il mare..." il piccolo aveva le lacrime agli occhi, si era girato indietro e vide R. di spalle sul molo, avrebbe voluto chiamarlo gridando, ma si ritrovò presto oltre la strada con sua madre che sembrava correre per la paura.
Arrivati in albergo partirono quasi subito, il piccolo dai finestrini dell'auto guardava il mare allontanarsi mentre sentiva le voci dei suoi cari parlare di cose banali, sentiva sua madre ridere con la nonna ma osservò i suoi occhi verdi tristi, allora sprofondò nel sedile chiudendo gli occhi e nella sua mente rivide quella figura sul molo ad aspettarli, rivide quegli occhi blu simpatici che volevano portarlo per sempre a Roma, rivide il sorriso di R. così diverso da quello di suo padre e sentì le lacrime pungergli gli occhi. Lo sapeva non avrebbe rivisto mai più quella città e soprattutto non avrebbe più rivisto R.
L'estate era ancora in pieno vigore, l'auto attraversò una galleria e velocemente prese la direzione di Milano, il sogno ormai era finito per sempre.
domenica 1 giugno 2014
2 Giugno 1967, FRANCESCA
Sant'Angelo Lodigiano, 2 giungo 1967. Festa della Repubblica.
Ore 09,20, una luce forte proveniente dalle fessure delle persiane, mi abbagliò gli occhi in quel mattino di festa, dal mio lettino di bimbo, aprii lo sguardo verso la finestra socchiusa, e chiamai la mamma.
Non ebbi risposta ed attorno a me solo silenzio, la mia parte di cameretta era divisa da quella dei miei genitori da un muro con la tappezzeria azzurra con vari disegni, una privacy la loro, che non mi permetteva di vederli ma di percepirli vicini, in quella grande stanza luminosa la cui veduta dava sul castello visconteo.
Mi spaventai perché chiamai più volte mia madre e non ottenendo risposta feci per alzarmi, quando dalla porta entrò la mia nonna paterna sorridente.
"Paolo la mamma è all'ospedale, stamattina presto è nata la tua sorellina... Dai su alzati che ci prepariamo per andare a trovarla."
Una sorellina era arrivata e nessuno mi aveva svegliato??? Ero contentissimo ed agitatissimo, corsi in cucina da dove proveniva un buon profumo ci caffè latte, feci colazione con la nonna, poi andai in bagno mi lavai persino i denti di mia iniziativa senza che come al solito, qualcuno me lo dicesse, nonna mi preparò il vestitino di fresco lana verde scuro con pantaloni al ginocchio, camicia bianca con fiorellini giallo tenui e la giacca. Le calze bianche ricamate come si usava allora e le scarpe marroni, poi mi pettinò dandomi un bacio sulla fronte e mi disse "Scendi ed aspettami lì che arrivo subito."
Corsi già dalle scale, mi sedetti sul gradino di casa ed a ogni persona che passava di là, conosciuta e non, ripetevo "E' nata mia sorellina!", c'era chi sorrideva e chi mi faceva i complimenti mentre io non stavo più nella pelle. Poco dopo scese la nonna con la zia Cecchina e mi accompagnarono all'ospedale. Ricordo che il reparto ostetricia era al piano terra al centro della struttura, il corridoio mi sembrava lunghissimo non vedevo l'ora di arrivare nella sua camera. Quando entrammo, c'era papà, un paio di zii e l'altra nonna vicino a mamma, che appena mi vide mi fece un cenno e corsi subito ad abbracciarla ma mi sentii strano sentendo l'odore di medicinali addosso a lei e pareva stanca, poi volli vedere mia sorella. Non era mica un evento di ogni giorno trovarsene una a casa... Zia Mina mi accompagnò dove c'era la stanza, praticamente la nursey dove mettevano tutti i bambini appena nati, c'erano sei o sette culle piene, alcuni dormivano, altri piangevano e poi c'era in quella di destra un "topolino" addormentato con la copertina rosa chela copriva lasciandole fuori le braccine con le manine a pugno, "Eccola!" disse la zia. "Mamma che piccola e rossa e brutta" pensai io. Quella fu la prima volta che la vidi.
Nei giorni seguenti, quando andai da mamma sempre in ospedale, (allora le puerpere venivano trattenute qualche giorno in più al confronto dei giorni d'oggi e spesso capitava che facessero quasi subito il battesimo com'era capitato con me), lei la piccola, era tra le sue braccia, la stava allattando e per me era una cosa normale vedere quello, ero cresciuto in una famiglia piena di donne ed ero abituato, ma l'unica cosa che mi dava fastidio in tutta quella vicenda della nascita, era il fatto che non ero mai riuscito a vedere gli occhi della sorellina, li teneva sempre chiusi quando c'ero io e ricordo che mi arrabbiavo, tutti vedevano i suoi occhi chiari e io no. Finché quella mattina in cui mia madre veniva dimessa li aprì e finalmente li vidi, ed erano sul verde, seppi poi che decisero di chiamarla Francesca e non Maria Giovanna come volevano i parenti di papà in onore della bisnonna paterna, mia madre si oppose in tutti i modi e fu così misero il nome del padre di mio padre. Sinceramente lo preferii anche io, ma non lo dissi a nessuno, ero un bimbo, chi poteva dare ascolto?.
Il 2 giugno, il giorno della sua nascita, la cittadina si preparava a commemorare la Festa della Repubblica, noi invece quel giorno festeggiammo l'arrivo di una bellissima bambina dagli occhi verdi, che solo per pochi anni allietò il cuore di noi tutti. Auguri Francesca, ti vogliamo sempre un mucchio di bene. Mamma e Giampaolo.
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