mercoledì 27 gennaio 2016

CULTURA/ARTE - RELIGIONE/POLITICA: ESTREMISMO E NON ESTREMISMO




Estremismo e Non estremismo:


La CULTURA intesa come conoscenza, poesia, letteratura, arte, pittura, scultura, turismo archeologico, storia SONO il pane dell'uomo, la linfa vitale e la capacità di comprendere, crescere, conoscere ed evolversi. La cultura è anche pericolosa perché fa pensare ed agire nel modo migliore, scevra da pregiudizi e condizionamenti, condannata da sempre da parte dei "eccelsi" che vorrebbero sottomettere le popolazioni al proprio volere, all'ignoranza potendo così esercitare su di loro ogni tipo di angheria e potenza e qui entriamo nella fase religioso-politica che sembrano due cose diverse ma sono inscindibili, quasi la stessa cosa (ovviamente parlando di religione/politica gestita dall'uomo).

La RELIGIONE e parlo di tutte in generale (per non farmi attaccare come sempre dai soliti) è sempre stata usata per sottomettere con sensi di colpa, frustrazioni e dogmi le persone. Dogmi spesso inventati verso la metà del medio-evo come il Limbo, il Purgatorio, il non matrimonio tra ecclesiastici e tanto altro che unita alla politica gestita si da imperatori, regnanti ed altro, ma uniti e "consigliati" dai grandi capi religiosi come succede tutt'ora.

Una mente aperta che vuol credere in qualcosa di superiore non cede a questi sensi di colpa e di odio verso chi la pensa diversamente e quindi prosegue la sua strada senza ipocrisie e bigottismo. Eppure ora nel 2016 ci troviamo a che fare con elementi umani che, usando il nome di Dio, di libertà e di amore seminano odio, intolleranza e incomprensione. La cosa più brutta è che come nei secoli bui, almeno il 70/75% della popolazione segue ancora queste cose. Probabilmente influenze ancestrali di cellule rigenerante da generazione in generazione (scusate il gioco di parole). Ed ora ci ritroviamo nel peggior periodo dell'umanità, a fare conti con uomini e donne che parlano e si comportano come quelli del medio evo, dove chi ha idee diverse, innovative o cerca di far progredire il mondo verso un vero cambiamento verso l'uguaglianza viene letteralmente "distrutto". E a iosa si vedono nascere parole e concezioni contro questo e quest'altro perché non sono scritti nei libri religiosi, non sono stati detti dal profeta di turno dimenticandosi che davvero su questa terra siamo tutti nati dalla stessa molecola e quindi fratelli (che seguono libri ecclesiastici scritti da varie mani decenni o secoli dopo la presunta nascita di tali profeti e figli di dei).
Quindi cultura/ e religione/politica sono i poli opposti, il secondo quasi sempre vincente costringe un mondo popolato da esseri ormai robotizzati a finire in un calderone dove nessuno ne uscirà indenne. E non sarà neanche troppo lontano.

mercoledì 13 gennaio 2016

ASPETTO



ASPETTO

Aspetto

Me lo dissero tanto tempo fa
Aspetta per lungo tempo
Poi verrà il giorno
Ed il mare sarà davanti ai tuoi occhi
Dovranno passare tante cose
Cose che lasceranno il segno nella tua vita
Cose che ti cambieranno profondamente
Ma tu sarai lì come uno scoglio
Sarai lì come una roccia
Nulla ti potrà distruggere
E quando vedrai il mare
Capirai
Capirai che la tua meta
Che una parte della tua lunga vita
Apparterrà al mare
A quella casa bianca
In cui vivrai con la persona che ami
Fino a che stanco
Tornerai da dove sei arrivato
All'inizio

Ed io ora
Aspetto


Giampaolo Daccò
(Photo "Il vecchio ed il mare" movie)






martedì 12 gennaio 2016

UNA STORIA COMICA DI UNA NASCITA DURANTE UNA BUFERA DI NEVE




Forse qualcuno non ci crederà ma, giurò che questa è stata la vera storia capitata un lontano giorno nevoso di gennaio. Ovviamente è descritta in modo simpatico e leggermente divertente, ma vi assicuro, che è andata proprio così, evitando di descrivere altri accadimenti altrimenti si rischia di non essere più salutati dalle persone protagoniste ancora in vita.


UNA STORIA COMICA DI UNA NASCITA DURANTE UNA BUFERA DI NEVE

“Mamma, le acque..” disse Angela 19enne a tutti i presenti che aspettavano finalmente la nascita del primo pargolo della famiglia. Nonna Vittoria, nonna Maria, prozia Cecchina, zia Mina e papà Mario Vittorio saltarono in piedi dai loro posti... E l'altro nonno? Ah nonno “Negher” (soprannome di ambigua origine, forse africana o chissà) a bere come al solito in qualche osteria, lessero tutti questo pensiero negli occhi di sua moglie, nonna Maria.
“Le... Le acque?” Oh mio dio urla Vittoria “Mario vai a chiamare “Campanèn” che ha la macchina grande e ci porta in ospedale tutti.” l'unico vicino con la patente e l'auto, una giardinetta anni 50.
“Zia Mina pensò “Finalmente si è deciso a nascere, doveva essere già qui il 18/19 dicembre e mia sorella ha aspettato 10 mesi... Eppure i conti erano giusti mah... Mario arrivò in licenza militare il 9 marzo... O forse era aprile? Oddio questo mi fa pensare che devo chiedere a Gino di sposarmi senno resto zitella a vita.”
Ovviamente papà Mario Vittorio andò a chiamare il signore proprietario della gelateria più buona del paese che, dieci minuti dopo era già nel cortile con l'auto mentre la neve incominciava a cadere copiosa.
“Non ci stiamo tutti ed Angela sta urlando dai dolori...” Urlò nonna Maria e cosi, le nonne, la figlia incinta, la sorella della figlia incinta salirono sull'auto che partì verso l'ospedale, mentre la prozia si accinse a incappucciarsi per andarci a piedi. Intanto la neve diventò bufera.
Il papà del nascituro pensò bene di andare dai suoi amici Vittorino, Enrico e Franco, dove avrebbero dovuto portarlo all'ospedale non prima di aver passato a rassegna tutti i bar per annunciare l'evento.
La macchina si fermò a metà strada, quella sera alle 20.30 del 10 gennaio, mezzo metro di neve quasi improvviso bloccò tutto e le 4 donne con “Campanèn” in mezzo alla neve, vento e schizzi di fango percorsero i 600 metri che dividevano la strada dall'ospedale.
Mezzanotte, il bimbo non usciva manco venisse giù il mondo e nemmeno all'una, neanche alle due, un parto lunghissimo e sofferto... Così sparito il padre, dove gli amici l'aspettavano fuori nonostante il freddo e l'ora notturna, sparito Campanèn l'uomo dell'auto, ed arrivata precedentemente la prozia che assomigliava ad un albero innevato più che ad una donna con la permanente appena fatta nel pomeriggio, si presentarono davanti a loro il dottore e la caposala che dissero alle donne preoccupate che il parto purtroppo era podalico, però il bimbo ha il sederino e la gambetta dove dovrebbe esserci la testa.
La giovanissima mamma intanto sveniva continuamente in sala parto.
“Oddio un parto podalico!” urlò nonna Maria, le altre la guardarono pensando “Ma perché urla sempre?”
Ore tre e trenta finalmente nasce il bambino con un testone enorme, però uscendo con le gambe scivolò dalle mani dell'ostetrica, il dottore lo fermò con la pancia al lettino prima che cadesse ed il piccolo rimase col testone in giù e la gamba sinistra tra la pancia del dottore e la stanga del letto. Salvo per fortuna (ovviamente il piccolo ora a distanza di anni ha una leggera conseguenza al gesto), ma con quel testone (duro ancora ora) forse non si sarebbe fatto nulla cadendo, magari si scheggiava solo il pavimento.
Finalmente nacque il primo maschio di quell'anno (anno che non si dice visto che appartiene al millennio e secolo scorso) a Sant'Angelo Lodigiano dopo varie femmine (dalla Rossella, alla Giuditta, alla Rita fino alla Bruna).
Naturalmente, si fa per dire, il padre del piccolo ubriachissimo con i suoi amici si presentarono alle nove del mattino in reparto, sbagliando due stanze, sgridati dalla suora che aveva i baffi ed era severissima... Finché trovarono la culla, la mamma e le nonne incavolate davanti a quella visione ed intanto il paese era bloccato dalla neve.
Due giorni dopo il piccolo sparì dalla camera dell'ostetricia... Panico delle nonne e mamma e parentado... Le infermiere allarmate cercarono per i reparti il bimbo come se lui potesse essersi incamminato da solo, poi l'arcano venne scoperto, Fedora l'ostetrica portò in giro per l'ospedale lo splendido bambino dagli occhi blu (ehm modestamente), giustificando il fatto che era nata la più bella creatura che abbia mai visto (non so se è vero che fosse la più bella ma decisamente era notevole ahahah).
I battesimi si facevano quasi subito e la mamma era ancora in ospedale quando si decise di farlo, la mamma raccomandò alla sorella ed allo zio Tonino, cioè il padrino e la madrina del bimbo, di mettere il nome del padre morto anni prima e cioè Paolo e solo Paolo (questo perché Angela sognò il padre che non aveva mai conosciuto in quanto era troppo piccola quando se ne andò, che le regalava un fagottino bianco ed azzurro, come fosse un segno).
“Non ti preoccupare Angela, ci penso io.” le disse la sorella.
Una volta in chiesa zia Gina con altri parenti non appena sentì zia Mina dire: lo chiamiamo Paolo al prete officiante, interruppe la cerimonia:
“Ma... ma come Paolo? Solo Paolo? Ma mettete un altro nome più chic, più adatto ad un bimbo bello così... Magari Giampaolo... Giovanni Paolo o...”.
Il papà essendo ateo non c'era in chiesa per protestare, le nonne erano allibite, ma le prozie e zie varie con cugini appresso approvarono e così il povero piccolo dopo le peripezie della nascita fu chiamato Giampaolo Daccò (che per esteso alla fine fu Giampaolo Daccò Marchese di … e Duca di... evitiamo di fare gli snob dicendo le casate, sarà meglio).
La reazione della mamma finito il battesimo non è purtroppo possibile scriverla per contenuti altamente proibitivi, diciamo che era piuttosto inc... incavolata e inviperita...
Comunque quando il piccolo tornò a casa dove faceva un freddo becco ed era tutto ghiacciato, alla festa in famiglia fatta la domenica successiva a mezzogiorno, con almeno 3000 persone, no non esageriamo erano 30 circa di cui una decina di ubriachi (gli uomini di famiglia n.d.s.), il bimbo incominciò (credo) a rendersi conto di avere a che fare con una gabbia di matti.
Si sentì chiamare Giampaolo, Paolo, Paolino, Paoletto, in dialetto Paulén, poi Giampy ed ORRORE Gipa (come la chiamavano una mezza pazza Sant'Angelo anni addietro)... Da lì l'urlo della giovane mamma.
“Basta! Si chiama PAOLO PAOLO PAOLO e basta.”
E da allora il bimbo in base alle visite ai e dei parenti fu chiamato: Giampaolo, Paolo, Paolino per la pace di tutti (tranne della mamma).

domenica 10 gennaio 2016

UNA STORIA DOLCE COME UNA TAZZA DI TE'



UNA STORIA DOLCE COME UNA TAZZA DI TE'


Moneglia (Ge), agosto 1969.
Un'estate calda, piena di colori, di profumi, una cittadina piccola piena di turisti, di musica, di serate di festa.
Una delle tante meravigliose vacanze degli anni sessanta del boom economico, della gente a cui bastava un motivetto allegro per iniziare una giornata speciale.
Una bella vacanza, in albergo tranquillo in mezzo al verde, vicino ad una stradina che portava in una località montana ed il fiumiciattolo verde a poca distanza, faceva sentire il suo gorgoglio nel silenzio dei pomeriggi assolati.

Noi, due bambini spensierati e vivaci, Elida e Giampaolo, alle ore 17 di quel pomeriggio di primo agosto, non eravamo andati in spiaggia, il caldo era davvero torrido, i nostri papà e mamme, vollero fare un'escursione solo per adulti fino a Lemeglio, il borgo poco lontano in cima alla montagna sopra Moneglia. 
Noi bimbi rimanemmo con la mia nonna in albergo quasi felici di stare senza i rimproveri ed i doveri dettati dai nostri cari. 
Eleganti come si usava negli anni sessanta con l'abito del pomeriggio, lei con un vestitino azzurro a fiorellini rosa, con la fascia in testa sui suoi capelli neri e le ballerine col fiocchetto ai piedi. Io vestivo una camicia di lino bianca con profili azzurri ed i pantaloncini celesti con la cintura uguale alla camicia e con indossati sandali bianchi di pelle leggera, ovviamente con i calzettoni bianchi rigorosamente ricamati.
Ci sedemmo come due fidanzatini sotto gli ombrelloni in giardino. La figlia del proprietario ci portò due tazze di tè caldo e dei biscottini alla crema insieme a due bicchieri d'acqua per raffreddare quel tè speziato e buono. 
Noi seduti sulle sedie in stile Liberty sotto le palme iniziamo le nostre conversazioni di piccoli fidanzatini delle vacanze estive. Conversazioni importanti altro che giocattoli e roba da bimbi: l'esistenza su altri pianeti e stelle, sotto gli occhi attenti e divertiti della mia nonna che sorseggiava il suo tè all'aroma di ginepro.
Quanto era bella ed abbronzata la nonna, con quegli occhi scuri ed i capelli nerissimi raccolti dietro la nuca.
Aveva un bianco sorriso che spiccava su quel vestito verde brillante, ci sorrideva ma gli occhi tradivano malizia, amore e dolcezza.
Rideva sentendoci parlare di vaghe stelle e forme strane di vita, con alieni dal corpo giallo o blu, Elida diceva che avevano i capelli biondo rossi come i miei ma gli occhi verdi come il suo bellissimo papà.
Io ero sicuro che le loro femmine erano alte, more con la bocca rosa come lei, Elida...
Nonna fu raggiunta dal suo fidanzato ed insieme si divertivano ai nostri discorsi, il loro abbraccio fece partire il mio verso la bambina di fronte a me, rovesciando un bicchiere d'acqua, Elida fu più svelta mi diede un bacio sulla guancia: "Non ti dimenticherò mai" mi disse mentre sentivo avvampare il mio viso... Un venticello tiepido ci portò un leggero profumo d'oleandro tra di noi.
Era stata una bellissima e dolce vacanza dall'aroma di tè speziato con un leggero profumo di Oleandro... Indimenticabile.
Elida non la rividi più, so che abitava a Milano, la mia città; in via Padova o Palmanova... 
Ogni tanto mi domando dove sia finita. Chissà che fine avrà fatto?
Ma forse è più bello ricordare quel momento come un quadro dipinto nella memoria, per sempre.


Giampaolo Daccò Dos Lerèn

venerdì 8 gennaio 2016

UNA STORIA BANALE


   Come mi chiamo e chi sono non importa... Aiuteranno le iniziali a raccontare questa storia, un'avventura che avventura non lo è stata e che come molte persone hanno vissuto nella loro vita credendola unica o importante, un rapporto che a distanza di anni, l'unica cosa che si possa dire è solamente:

UNA STORIA BANALE

Quando con due amiche entrai vestita elegantemente di rosso scuro, con i capelli biondi sciolti sulle spalle in quel locale molto bello, lui mi guardò incantato. Neppure i suoi amici seduti a fianco riuscirono a farlo distaccare dalla mia figura, quando poi, noi amiche finimmo il nostro aperitivo, ecco che lui venne dalla nostra parte sorridendo.
Mi colpirono i suoi occhi caldi e scuri, i capelli ricci e quel fare scanzonato che mi fece subito capire di quanto fosse più giovane di me.
"Mi chiamo S." disse porgendo la mano e banalmente risposi "Ciao io sono P. e le mie amiche stranamente pure..." ridemmo per e tre iniziali uguali.
Da quel giorno, lui mi fece una corte serrata, fino al giorno del suo compleanno, mi invitò alla sua festa. Scoprii dopo aver ceduto ad un suo bacio davanti ad una luna incredibile di metà ottobre che aveva solo 22 anni ed io undici in più.
Per me fu un problema, certo non si notava tutta quella differenza, anzi i suoi capelli ricci e la barba incolta lo facevano sembrare più grande della sua età e così, tra le mie paure e riluttanze iniziò la nostra storia.
I primi mesi furono incredibili, fatti di avventure, di corse in macchina, di amore puro, di notti passate a casa mia o in alberghi per i week end fuori porta. Non mi sembrava vero, avevamo tutto in comune: musica, cinema,  cibi, gusti per le vacanze, per le letture...
Eppure dopo un po' di tempo lui mi sembrò strano, ma credetti fossero problemi famigliari suoi, visto che il padre era stato poco bene, poi i nostri incontri si fecero meno frequenti.
"Mi hanno cambiato i turni di lavoro." disse accendendosi una sigaretta quella sera nebbiosa, accarezzandomi il viso e i capelli raccolti "Sembri una bimba P." mi disse e mi baciò...
Da quel giorno il nostro amore fu preso da una frenesia incontrollabile, ci vedevamo in ore impensabili, io come una furia lo incontravo a mezzanotte, nella pausa del mio lavoro oppure quando combaciavano orari più comodi,eppure c'era qualcosa che non andava, non ascoltavo le mie amiche o i suoi amici che ogni tanto  accennavano a cose strane.
E me lo dicevano pure le amiche più care: P. A. L. che secondo loro S. nascondeva qualcosa e la sensazione che sapessero di più di quello che mi stavano raccontando era forte ogni giorno di più.
E fu un pomeriggio triste di novembre che lo scoprii banalmente.
Il suo segreto era una bellissima ragazza di diciotto anni con due occhi incredibili color del mare, figlia del proprietario di una gelateria-pub del centro. Ci entrai un giorno per caso con L. e lui era là. Mentre la baciava.
Fuggii di corsa.
Dio che storia banale, che storia idiota, stupida... Una trentenne che ha fatto fino ad oggi la cretina con un ragazzino credendosi baciata dalla fortuna e dall'amore, mi sentivo talmente sciocca che non mi accorsi che stavo quasi correndo come una bimba che fugge davanti ad un ragnetto.
"Fermati!" dopo una frenata quasi rabbiosa la sua voce alle spalle mi fece sobbalzare.. Continuai a camminare sempre più veloce verso casa.
"Sali ti prego devo parlarti..." ormai era di fianco con i finestrini abbassati e la voce implorante.
Dentro di me, mi imponevo di non salire, di non ascoltarlo, ti sta prendendo in giro punzecchiava la mia coscienza.
Dieci minuti dopo eravamo fermi in campagna, sotto un cielo grigio il nostro silenzio era più forte di un temporale... La sua voce poi incominciò a raccontare cose che non riuscivo a capire:
"Si era innamorata di me... Ho ceduto... Era bellisisma ed avevo bevuto un po'... Era minorenne... Ora suo padre vuole che la sposi... Sai hanno una mentalità... Ma io voglio bene a te..." e via dicendo mentre la mia mente urlava "Non ti ama cretina, ti sta raccontando un mucchio di palle."
Mi baciò, cercai di rifiutare, ma non fu facile. Era notte quando mi riportò a casa, mia madre alla finestra, il suo sguardo era di rimprovero e di preoccupazione.
Quando entrai in casa non disse nulla, m chiusi in camera a piangere.
Giorni dopo la voce si sparse, lui aveva lasciato lei e le disse pure il motivo, per cui una sera dopo due settimane, mi trovai sotto casa il padre e lo zio di lei.
Furono gentilissimi nonostante gli occhi gelidi. Alle loro domande negai, dissi solo che S. si era preso una cotta per me, come succede a molti ragazzi per una più grande ma che da donna consapevole non avrei mai avuto una relazione con lui, troppo giovane (che stupida sono, pensai in quel momento), le chiacchiere di paese lasciano il tempo che trovano. Il padre mi sorrise malizioso, mi venne la nausea.
"Una bella ragazza come lei dovrebbe trovarsi un uomo forte e grande..." sottintendendo che lui quarantenne bello, elegante era disponibile.
"C'è già." risposi con un altro sorriso guardandolo negli occhi vellutati e scuri.
"Bene..." continuò "Sono contento che siano tutte chiacchiere, anche perché i due ragazzi sono tornati insieme e con la famiglia di S. stiamo già parlando di matrimonio."
Che tuffo al cuore ma rimasi sorridente ed impassibile mormorando qualcosa come auguri o felicitazioni.
Non uscii di casa per giorni se non per lavoro, non volevo incontrarlo o trovarmelo all'improvviso davanti in qualche via isolata, finché una sera mentre ero già a letto e stavo leggendo un libro, sentii la sua auto fermarsi sotto casa. Spensi l'abat-jour vicino a me. Una musica, la nostra canzone, saliva leggera fino a me dalla sua auto, piangevo stringendomi alle coperte, che freddo sentivo dentro.
Improvvisamente si aprì la porta ed entrò mia madre.
"E' sotto da più di mezz'ora... Che intenzione hai?" disse con voce dolce.
"L'intenzione di dormire mamma, domani sarà una giornata di lavoro pesante e vorrei essere in forma..."
"Capisco." mormorò dandomi un bacio sulla fronte, sentendo il mio dolore "E lui?"
"E' stata solo una storia banale." dissi guardando nell'ombra la sua figura che accennava ad un sorriso "Una donna sensibile come me non dovrebbe mai mettersi con un ragazzino... E' passata mamma, te l'ho detto è stata una storia banale."
Chiuse alle spalle la porta e piansi tuta la notte... 
Alle quattro sentii un rombo ed uno stridìo, corsi alla finestra, era lui che se ne stava andando via con rabbia. Era rimasto fino a quell'ora ad aspettare inutilmente una donna che forse amava, ma che forse per lui era stata solo una storia banale.