Forse qualcuno non ci crederà ma, giurò che questa è stata la vera storia capitata un lontano giorno nevoso di gennaio. Ovviamente è descritta in modo simpatico e leggermente divertente, ma vi assicuro, che è andata proprio così, evitando di descrivere altri accadimenti altrimenti si rischia di non essere più salutati dalle persone protagoniste ancora in vita.
UNA STORIA COMICA DI UNA NASCITA DURANTE UNA BUFERA DI NEVE
“Mamma, le acque..” disse Angela
19enne a tutti i presenti che aspettavano finalmente la nascita del
primo pargolo della famiglia. Nonna Vittoria, nonna Maria, prozia
Cecchina, zia Mina e papà Mario Vittorio saltarono in piedi dai loro
posti... E l'altro nonno? Ah nonno “Negher” (soprannome di
ambigua origine, forse africana o chissà) a bere come al solito in
qualche osteria, lessero tutti questo pensiero negli occhi di sua
moglie, nonna Maria.
“Le... Le acque?” Oh mio dio urla
Vittoria “Mario vai a chiamare “Campanèn” che ha la macchina
grande e ci porta in ospedale tutti.” l'unico vicino con la patente
e l'auto, una giardinetta anni 50.
“Zia Mina pensò “Finalmente si è
deciso a nascere, doveva essere già qui il 18/19 dicembre e mia
sorella ha aspettato 10 mesi... Eppure i conti erano giusti mah...
Mario arrivò in licenza militare il 9 marzo... O forse era aprile?
Oddio questo mi fa pensare che devo chiedere a Gino di sposarmi senno
resto zitella a vita.”
Ovviamente papà Mario Vittorio andò a
chiamare il signore proprietario della gelateria più buona del paese
che, dieci minuti dopo era già nel cortile con l'auto mentre la neve
incominciava a cadere copiosa.
“Non ci stiamo tutti ed Angela sta
urlando dai dolori...” Urlò nonna Maria e cosi, le nonne, la
figlia incinta, la sorella della figlia incinta salirono sull'auto
che partì verso l'ospedale, mentre la prozia si accinse a
incappucciarsi per andarci a piedi. Intanto la neve diventò bufera.
Il papà del nascituro pensò bene di
andare dai suoi amici Vittorino, Enrico e Franco, dove avrebbero
dovuto portarlo all'ospedale non prima di aver passato a rassegna
tutti i bar per annunciare l'evento.
La macchina si fermò a metà strada,
quella sera alle 20.30 del 10 gennaio, mezzo metro di neve quasi
improvviso bloccò tutto e le 4 donne con “Campanèn” in mezzo
alla neve, vento e schizzi di fango percorsero i 600 metri che
dividevano la strada dall'ospedale.
Mezzanotte, il bimbo non usciva manco
venisse giù il mondo e nemmeno all'una, neanche alle due, un parto
lunghissimo e sofferto... Così sparito il padre, dove gli amici
l'aspettavano fuori nonostante il freddo e l'ora notturna, sparito
Campanèn l'uomo dell'auto, ed arrivata precedentemente la prozia che
assomigliava ad un albero innevato più che ad una donna con la
permanente appena fatta nel pomeriggio, si presentarono davanti a loro il dottore e la
caposala che dissero alle donne preoccupate che il parto purtroppo
era podalico, però il bimbo ha il sederino e la gambetta dove
dovrebbe esserci la testa.
La giovanissima mamma intanto sveniva
continuamente in sala parto.
“Oddio un parto podalico!” urlò
nonna Maria, le altre la guardarono pensando “Ma perché urla
sempre?”
Ore tre e trenta finalmente nasce il
bambino con un testone enorme, però uscendo con le gambe scivolò
dalle mani dell'ostetrica, il dottore lo fermò con la pancia al
lettino prima che cadesse ed il piccolo rimase col testone in giù e
la gamba sinistra tra la pancia del dottore e la stanga del letto. Salvo per
fortuna (ovviamente il piccolo ora a distanza di anni ha una leggera
conseguenza al gesto), ma con quel testone (duro ancora ora) forse
non si sarebbe fatto nulla cadendo, magari si scheggiava solo il pavimento.
Finalmente nacque il primo maschio di
quell'anno (anno che non si dice visto che appartiene al millennio e secolo scorso) a Sant'Angelo Lodigiano dopo varie
femmine (dalla Rossella, alla Giuditta, alla Rita fino alla Bruna).
Naturalmente, si fa per dire, il padre
del piccolo ubriachissimo con i suoi amici si presentarono alle nove
del mattino in reparto, sbagliando due stanze, sgridati dalla suora
che aveva i baffi ed era severissima... Finché trovarono la culla, la
mamma e le nonne incavolate davanti a quella visione ed intanto il paese era bloccato dalla
neve.
Due giorni dopo il piccolo sparì dalla
camera dell'ostetricia... Panico delle nonne e mamma e parentado...
Le infermiere allarmate cercarono per i reparti il bimbo come se lui
potesse essersi incamminato da solo, poi l'arcano venne scoperto,
Fedora l'ostetrica portò in giro per l'ospedale lo splendido bambino
dagli occhi blu (ehm modestamente), giustificando il fatto che era
nata la più bella creatura che abbia mai visto (non so se è vero
che fosse la più bella ma decisamente era notevole ahahah).
I battesimi si facevano quasi subito e
la mamma era ancora in ospedale quando si decise di farlo, la mamma
raccomandò alla sorella ed allo zio Tonino, cioè il padrino e la
madrina del bimbo, di mettere il nome del padre morto anni prima e
cioè Paolo e solo Paolo (questo perché Angela sognò il padre che
non aveva mai conosciuto in quanto era troppo piccola quando se ne
andò, che le regalava un fagottino bianco ed azzurro, come fosse un
segno).
“Non ti preoccupare Angela, ci penso io.” le
disse la sorella.
Una volta in chiesa zia Gina con altri
parenti non appena sentì zia Mina dire: lo chiamiamo Paolo al prete
officiante, interruppe la cerimonia:
“Ma... ma come Paolo? Solo Paolo? Ma
mettete un altro nome più chic, più adatto ad un bimbo bello
così... Magari Giampaolo... Giovanni Paolo o...”.
Il papà essendo ateo non c'era in
chiesa per protestare, le nonne erano allibite, ma le prozie e zie
varie con cugini appresso approvarono e così il povero piccolo dopo
le peripezie della nascita fu chiamato Giampaolo Daccò (che per
esteso alla fine fu Giampaolo Daccò Marchese di … e Duca di...
evitiamo di fare gli snob dicendo le casate, sarà meglio).
La reazione della mamma finito il
battesimo non è purtroppo possibile scriverla per contenuti
altamente proibitivi, diciamo che era piuttosto inc... incavolata e
inviperita...
Comunque quando il piccolo tornò a
casa dove faceva un freddo becco ed era tutto ghiacciato, alla festa
in famiglia fatta la domenica successiva a mezzogiorno, con almeno
3000 persone, no non esageriamo erano 30 circa di cui una decina di
ubriachi (gli uomini di famiglia n.d.s.), il bimbo incominciò
(credo) a rendersi conto di avere a che fare con una gabbia di matti.
Si sentì chiamare Giampaolo, Paolo,
Paolino, Paoletto, in dialetto Paulén, poi Giampy ed ORRORE Gipa
(come la chiamavano una mezza pazza Sant'Angelo anni addietro)... Da
lì l'urlo della giovane mamma.
“Basta! Si chiama PAOLO PAOLO PAOLO
e basta.”
E da allora il bimbo in base alle
visite ai e dei parenti fu chiamato: Giampaolo, Paolo, Paolino per la
pace di tutti (tranne della mamma).
Ahahahah non ci credo 😂😂
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RispondiEliminaGiuro Maria, è vera, l'ho solo "simpaticizzata" un po' :-)
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