martedì 12 gennaio 2016

UNA STORIA COMICA DI UNA NASCITA DURANTE UNA BUFERA DI NEVE




Forse qualcuno non ci crederà ma, giurò che questa è stata la vera storia capitata un lontano giorno nevoso di gennaio. Ovviamente è descritta in modo simpatico e leggermente divertente, ma vi assicuro, che è andata proprio così, evitando di descrivere altri accadimenti altrimenti si rischia di non essere più salutati dalle persone protagoniste ancora in vita.


UNA STORIA COMICA DI UNA NASCITA DURANTE UNA BUFERA DI NEVE

“Mamma, le acque..” disse Angela 19enne a tutti i presenti che aspettavano finalmente la nascita del primo pargolo della famiglia. Nonna Vittoria, nonna Maria, prozia Cecchina, zia Mina e papà Mario Vittorio saltarono in piedi dai loro posti... E l'altro nonno? Ah nonno “Negher” (soprannome di ambigua origine, forse africana o chissà) a bere come al solito in qualche osteria, lessero tutti questo pensiero negli occhi di sua moglie, nonna Maria.
“Le... Le acque?” Oh mio dio urla Vittoria “Mario vai a chiamare “Campanèn” che ha la macchina grande e ci porta in ospedale tutti.” l'unico vicino con la patente e l'auto, una giardinetta anni 50.
“Zia Mina pensò “Finalmente si è deciso a nascere, doveva essere già qui il 18/19 dicembre e mia sorella ha aspettato 10 mesi... Eppure i conti erano giusti mah... Mario arrivò in licenza militare il 9 marzo... O forse era aprile? Oddio questo mi fa pensare che devo chiedere a Gino di sposarmi senno resto zitella a vita.”
Ovviamente papà Mario Vittorio andò a chiamare il signore proprietario della gelateria più buona del paese che, dieci minuti dopo era già nel cortile con l'auto mentre la neve incominciava a cadere copiosa.
“Non ci stiamo tutti ed Angela sta urlando dai dolori...” Urlò nonna Maria e cosi, le nonne, la figlia incinta, la sorella della figlia incinta salirono sull'auto che partì verso l'ospedale, mentre la prozia si accinse a incappucciarsi per andarci a piedi. Intanto la neve diventò bufera.
Il papà del nascituro pensò bene di andare dai suoi amici Vittorino, Enrico e Franco, dove avrebbero dovuto portarlo all'ospedale non prima di aver passato a rassegna tutti i bar per annunciare l'evento.
La macchina si fermò a metà strada, quella sera alle 20.30 del 10 gennaio, mezzo metro di neve quasi improvviso bloccò tutto e le 4 donne con “Campanèn” in mezzo alla neve, vento e schizzi di fango percorsero i 600 metri che dividevano la strada dall'ospedale.
Mezzanotte, il bimbo non usciva manco venisse giù il mondo e nemmeno all'una, neanche alle due, un parto lunghissimo e sofferto... Così sparito il padre, dove gli amici l'aspettavano fuori nonostante il freddo e l'ora notturna, sparito Campanèn l'uomo dell'auto, ed arrivata precedentemente la prozia che assomigliava ad un albero innevato più che ad una donna con la permanente appena fatta nel pomeriggio, si presentarono davanti a loro il dottore e la caposala che dissero alle donne preoccupate che il parto purtroppo era podalico, però il bimbo ha il sederino e la gambetta dove dovrebbe esserci la testa.
La giovanissima mamma intanto sveniva continuamente in sala parto.
“Oddio un parto podalico!” urlò nonna Maria, le altre la guardarono pensando “Ma perché urla sempre?”
Ore tre e trenta finalmente nasce il bambino con un testone enorme, però uscendo con le gambe scivolò dalle mani dell'ostetrica, il dottore lo fermò con la pancia al lettino prima che cadesse ed il piccolo rimase col testone in giù e la gamba sinistra tra la pancia del dottore e la stanga del letto. Salvo per fortuna (ovviamente il piccolo ora a distanza di anni ha una leggera conseguenza al gesto), ma con quel testone (duro ancora ora) forse non si sarebbe fatto nulla cadendo, magari si scheggiava solo il pavimento.
Finalmente nacque il primo maschio di quell'anno (anno che non si dice visto che appartiene al millennio e secolo scorso) a Sant'Angelo Lodigiano dopo varie femmine (dalla Rossella, alla Giuditta, alla Rita fino alla Bruna).
Naturalmente, si fa per dire, il padre del piccolo ubriachissimo con i suoi amici si presentarono alle nove del mattino in reparto, sbagliando due stanze, sgridati dalla suora che aveva i baffi ed era severissima... Finché trovarono la culla, la mamma e le nonne incavolate davanti a quella visione ed intanto il paese era bloccato dalla neve.
Due giorni dopo il piccolo sparì dalla camera dell'ostetricia... Panico delle nonne e mamma e parentado... Le infermiere allarmate cercarono per i reparti il bimbo come se lui potesse essersi incamminato da solo, poi l'arcano venne scoperto, Fedora l'ostetrica portò in giro per l'ospedale lo splendido bambino dagli occhi blu (ehm modestamente), giustificando il fatto che era nata la più bella creatura che abbia mai visto (non so se è vero che fosse la più bella ma decisamente era notevole ahahah).
I battesimi si facevano quasi subito e la mamma era ancora in ospedale quando si decise di farlo, la mamma raccomandò alla sorella ed allo zio Tonino, cioè il padrino e la madrina del bimbo, di mettere il nome del padre morto anni prima e cioè Paolo e solo Paolo (questo perché Angela sognò il padre che non aveva mai conosciuto in quanto era troppo piccola quando se ne andò, che le regalava un fagottino bianco ed azzurro, come fosse un segno).
“Non ti preoccupare Angela, ci penso io.” le disse la sorella.
Una volta in chiesa zia Gina con altri parenti non appena sentì zia Mina dire: lo chiamiamo Paolo al prete officiante, interruppe la cerimonia:
“Ma... ma come Paolo? Solo Paolo? Ma mettete un altro nome più chic, più adatto ad un bimbo bello così... Magari Giampaolo... Giovanni Paolo o...”.
Il papà essendo ateo non c'era in chiesa per protestare, le nonne erano allibite, ma le prozie e zie varie con cugini appresso approvarono e così il povero piccolo dopo le peripezie della nascita fu chiamato Giampaolo Daccò (che per esteso alla fine fu Giampaolo Daccò Marchese di … e Duca di... evitiamo di fare gli snob dicendo le casate, sarà meglio).
La reazione della mamma finito il battesimo non è purtroppo possibile scriverla per contenuti altamente proibitivi, diciamo che era piuttosto inc... incavolata e inviperita...
Comunque quando il piccolo tornò a casa dove faceva un freddo becco ed era tutto ghiacciato, alla festa in famiglia fatta la domenica successiva a mezzogiorno, con almeno 3000 persone, no non esageriamo erano 30 circa di cui una decina di ubriachi (gli uomini di famiglia n.d.s.), il bimbo incominciò (credo) a rendersi conto di avere a che fare con una gabbia di matti.
Si sentì chiamare Giampaolo, Paolo, Paolino, Paoletto, in dialetto Paulén, poi Giampy ed ORRORE Gipa (come la chiamavano una mezza pazza Sant'Angelo anni addietro)... Da lì l'urlo della giovane mamma.
“Basta! Si chiama PAOLO PAOLO PAOLO e basta.”
E da allora il bimbo in base alle visite ai e dei parenti fu chiamato: Giampaolo, Paolo, Paolino per la pace di tutti (tranne della mamma).

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