UN POSTO INCANTATO
"Ma dove sta correndo il piccolo, Angela?"
La mia nonna aveva chiesto a sua figlia, guardando il nipotino con la giacca a vento azzurra ed i pantaloni scozzesi, correre verso il ponte sopra il laghetto ghiacciato di montagna.
"Mamma non ti preoccupare." le aveva risposto sorridente Angela "Starà correndo verso il suo posto incantato.."
"Posto incantato? Quel bambino finirà chissà dove e poi ha sempre la testa tra le nuvole, sogna troppo..."
Angela guardava sua madre, una donna apparentemente così pratica e a volte seriosa con tenerezza, sapeva che nel suo cuore c'era amore ma non lo dimostrava con grandi gesti e sapeva che adorava quella creatura nata "per caso", un bambino così pieno di fantasia che spesso lo trovavano a recitare da solo film immaginari nella sua cameretta o nell'orto dietro casa.
"Ma no mamma, il suo posto magico è proprio aldilà del ponticello, vicino ad un albero dove quest'estate aveva visto le lucciole e da quel momento è diventato il suo luogo pieno di magia..."
"Già immagino quella quella volta che ci ha fatto spaventare, sparito per due ore tra i cespugli nel giardino della vicina insieme a una nidiata di micetti di pochi mesi."
Angela aveva riso al pensiero nonostante si erano spaventate molto quella volta.
"Però a cinque anni è già un ometto... Non fa capricci."
"No, verisismo ma chiacchiera peggio della Bettina."
Tutt'e due erano scoppiate a ridere nel pensare alla quasi centenaria vicina di casa della nonna che non stava mai zitta, convinta che il comune le aveva tolto dieci anni rifacendole i documenti perché novantasette erano troppi e lei ne dimostrava di meno.
"Guarda mamma, eccolo seduto sotto l'abete... Furbo però ha messo lo zainetto per terra sedendosi sopra."
"E si, altrimenti si gelerebbe il suo sederino..." le aveva fatto eco la madre ridendo alla visione. Le due donne si fermarono vicino al chiosco per bere un caffè mentre il nipote era seduto sotto l'albero ghiacciato che sembrava brillare si stelle sotto la luce del sole.
"Io mi chiamo Paolo, ma tutti dicono Paolino ma a me non piace... Cosa? Sai che il mio nome vero è Giampaolo?...
Oh sei un folletto dotto come il nano di Biancaneve? Wow che bello, io non so se sono dotto ma so che parlo molto, lo dice sempre la nonna."
Le due donne guardavano il bimbo parlare da solo mentre gustavano un caffè bollente sedute al baracchino.
"Si lo so che non esisti davvero, io faccio finta di vederti ma penso che tu ci sia veramente. Dicono che le persone che parlano con niente sono matte ahahah. Ma a me piace sapere che ci sono folletti, gnomi, fate nei boschi e sotto gli alberi, è così brutto quando sono solo a casa oppure c'è..."
Il sole aveva illuminato un ghiacciolo facendolo brillare sopra il ramo. I cristalli formatisi sopra sembravano stelline create da qualche fata mentre delle pigne cadute per terra, tutte coperte di neve, davano il sapore del Natale imminente, qua e la piccoli fili di erba spuntavano dal bianco candido appoggiato sul prato.
"Oh che bello, forse una fata ha fatto una magia... Vedo tanti colori attorno a quel ramo... Come dici? E' Stellina una piccola elfa della neve? Ma davvero?
Vive su quell'albero e ha ventimila anni? Mmm mi sa che dici più bugie di Pinocchio e parli più di me. A proposito non mi hai detto come ti chiami...
Beh? Non me lo vuoi dire?
Ahahah Paolino Piccolino, non ci credo ahahah, sei un folletto dispettoso."
La mamma e la nonna si erano alzate, stava arrivando l'ora di pranzo e avevano chiamato il piccolo.
"Ora vado Paolino Piccolino mamma mi sta chiamando, mi fai troppo ridere... Sei proprio simpatico e bugiardo. Come? Se ci vedremo ancora?
Oh penso di si, sicuramente, magari questa sera prima di andare a letto, sai dove abito vero?
Bene... Ci vediamo, ciaooo."
La mamma e la nonna risero nel vedere Paolo salutare nessuno sotto l'abete, il bambino si era messo tra le due donne che lo avevano preso per mano avviandosi verso l'uscita del parco.
Un sole splendido illuminava le montagne attorno ed il bianco abbacinante, donava agli occhi di tutti una specie di luogo fatato.
"Allora Paolino con chi parlavi sotto l'albero?"
"Non è solo un albero nonna, è il mio posto magico... C'era un folletto bugiardo e simpatico..."
La nonna aveva guardato preoccupata la figlia, la quale le aveva sorriso mormorando con le labbra: "E' il suo gioco, stacci anche tu..."
"A si? Davvero?"
"Si si, vestito di blu e non verde come gli altri perchè aveva paura di essere schiacciato come l'erba ahahah. Poi c'era una elfa piccola che io pensavo fosse una fata. Aveva creato stelline di ghiaccio colorate e si chiama Stellina pure lei. Ma il folletto parlava parlava e non potevo dire niente a lei."
"Allora parla più di te." aveva detto la nonna ridendo.
Gli occhi azzurri del bimbo avevano avuto in quell'istante una luce furbesca, la madre se n'era accorta.
"Bimbo mio ma come si chiama il tuo amico folletto?"
"Se ve lo dico non vi mettete a ridere?"
"Giuriamo su Stellina." aveva fatto eco la mamma.
"Si chiama... Paolino Piccolino."
Le due donne scoppiarono a ridere e lo aveva fatto anche Paolo, mentre varcato il cancello del parco si erano incamminati sui marciapiedi sporchi di neve.
"Che fantasia... Paolino Piccolo, Angela come si può avere tutta questa immaginazione? Non credo ci sia nessuno della famiglia che ne abbia tanta così..."
La figlia aveva fatto con il capo un cenno di diniego.
"E meno male mamma che qualcuno ce l'abbia." aveva finito di dire tra le risate.
"Mamma e nonna sono proprio forti, non hanno capito niente..." aveva pensato Paolo guardandole dal basso "Non sanno che Paolino Piccolo sono sempre io e che i folletti e gnomi non ci sono o almeno non li vedo.
Per me è un gioco, come un film... Da grande ne voglio scrivere tanti o qualche favola con gli gnomi e folletti ma non metterò loro il nome Paolino... Troppo scema la cosa.
Mi piace giocare così mi fa sentire meno solo quando sono a casa così le lascio tranquille e non dicono che sono chiacchierone o una peste."
Aveva concluso Paolo mentre insieme alle due donne aveva attraversato il viale alberato che portava all'albergo.
"Che fame... Chissà se oggi Paolino Piccolo mangerà tanto. Spero ci siano le lasagne al forno." aveva pensato il bambino sentendo un languorino nello stomaco.
Paolino con mamma e nonna erano finalmente entrati in albergo dove il caldo ed il buon cibo li stava aspettando.
Fuori senza esser visti, cinque folletti e due gnomi dalle finestre sul viale, spiavano dentro il ristorante.
"Ssshhtt... Fiocchetto fai piano, non arrampicarti troppo potrebbero vederci gli umani."
"E come se siamo quasi invisibili." aveva risposto Fiocchetto allo gnomo burbero in mezzo a loro.
"Ma davvero quel bambino parlava con Piccolino prima sotto l'albero?" aveva detto Biancospino agli altri.
"Si si... solo che Piccolino non capiva perché quel bimbo non gli rispondeva e non lo vedeva... Eppure lo chiamava col suo nome, quell'esserino parlava parlava parlava e Piccolino non riusciva a farsi capire..."
"Ahahah parlava come te Nocciolo..." aveva detto Fiocchetto rivolgendosi allo gnomo burbero che aveva alzato gli occhi al cielo.
"Sentite... Andiamocene via, c'è troppa luce e gente. Troviamo il momento giusto per far visita a quel bambino, magari stanotte quando tutti dormono." aveva finito Nocciolo con aria seria rivolgendosi ai suoi amici.
Una serie di applausi aveva approvato la soluzione e fu così che un cane al guinzaglio con il suo padrone aveva visto incredulo, cinque folletti e due gnomi allontanarsi verso il parco.
Aveva avuto l'istinto di abbaiare e segnalare al suo "papà" la cosa, ma si sa anche i cani sono intelligenti ed avrebbe fatto la figura del visionario sciocco oppure del cane fastidioso.
Intanto i sette piccoli amici erano scomparsi nel parco in attesa della notte.
Giampaolo Daccò