2 giugno di un'estate di tanti anni fa.
Che caldo quella sera, neanche il vento tiepido proveniente da est riusciva a calmare i sudori di quella lunga giornata di Giugno. Ci stavamo preparando per uscire, dopo i festeggiamenti in onore della Repubblica al mattino e la festicciola di compleanno di mia sorella nel pomeriggio, quella sera si sarebbe ballato nella piazza centrale della cittadina. Ero già annoiato al pensiero di stare con i miei mentre i miei amici avevano organizzato un'uscita in pizzeria con un fratello maggiore di uno di loro. Che rabbia, ma papà volle così ed ubbidii non senza tenere il muso.
Raggiunti dai miei zii, ci fermammo al bar centrale per un gelato mentre cercavo di sopportare i continui dispetti che si facevano Francesca e mio cugino, colpa della loro giovanissima età... Quando li vidi passare. I miei amici con altre ragazzi e ragazze mentre velocemente si avviavano verso la piazza dove incominciava a sentirsi la musica. Che rabbia. Non mi accorsi che tra loro c'era anche E. che effettivamente non sopportavo molto, la consideravo una persona vanitosa e antipatica.
Finito il gelato e date due sgridate ai bambini con noi che non smettevano più di litigare, si decise di andare a vedere i balli e così ben presto ci trovammo tra una folla immensa mentre le musiche si diffondevano tutto attorno. Ornella e Silvia erano lì vicine mentre poco più in la Elisabetta, Enrica e Maria stavano parlando con dei ragazzi, feci segno a loro e sorridendo Ornella mi fece capire di voler ballare e subito scendemmo in pista, pur di allontanarmi dai miei avrei scalato a piedi nudi il monumento dei caduti poco distante.
Parecchi balli dopo, decisi di raggiungere mia madre per dirle che sarei rimasto ancora una mezz'ora in più con le mie amiche quando mi trovai di fronte E. che tanto mi stava sullo stomaco. Non so cosa successe in quel momento, non sentii più la musica, sentivo solo un brusio di voci indistinte ed un caldo opprimente e barcollai in avanti, due mani mi presero subito. "Che hai Paolo? Stai male?" la voce di Claudio che con Marco e Maurizio si trovavano poco distanti, mi svegliarono quasi dalla sensazione di svenimento, li vedevo ma sembravano lontani da me allora mi aiutarono a sedermi sui gradini di una casa e chiamarono mio padre. E. era lì vicino che mi guardava un po' stranamente ma poi mi fece un sorriso leggero e provai un tuffo al cuore, vidi nuovamente Claudio avvicinarsi con in mano le chiavi della mia casa, mio padre gliele diede in consegna pregandolo di riportarmi a casa.
E. era ancora li. "Stai bene ora?" mi chiese gentilmente, risposi di si con un cenno del capo, poi Marco che era il più alto mi fece alzare e mi accompagnarono fino casa.
Sentii suonare l'una dal campanile, la mia cameretta era immersa in un silenzio ovattato mentre la luna faceva capolino dalla finestra inondando la stanza di una luce azzurra intensa e chiudendo gli occhi vidi il suo volto, i suoi occhi verdi e i capelli lunghi e compresi in quell'istante di essermene innamorato per la prima volta in vita mia. Un dolore violento al cuore e la mente incominciò a vagare nel mondo dei sogni e dei progetti... quanto mi stavo illudendo. Così mi addormentai in quella luce azzurra e strana.
Il profumo del caffè-latte preparato da mia madre arrivava fino alle mie narici, aprii gli occhi, la sveglia segnava le sette e un quarto, quando mi venne a chiamare per la colazione, poco più tardi mi preparai in fretta dovevo portare a scuola mia sorella e poi andare nella mia, uscimmo di casa alle otto e dopo aver lasciato Francesca davanti al portone delle elementari, mi avviai nel viale alberato e improvvisamente E. apparve davanti a me poco più in la con un'amica, mi avvicinai e salutai diventando rosso, non contraccambiò molto lo sguardo ma mi disse un ciao freddo... Mi sentii di colpo giù...
In classe, venni ripreso dalla professoressa un paio di volte mentre con lo sguardo fissavo la finestra accanto, Angela mi disse "Ma Paolo qualcosa non va?", scossi la testa ma tutto non andava. Se l'amore era questo io stavo davvero male, mica bene come dicevano tutti.
I giorni passarono in fretta, la scuola finì e l'estate irruppe selvaggia e tropicale, facevo la spola da casa mia
fin dove abitava E., a piedi, in bicicletta, in pattini, in motorino... Ma niente, fino a quel pomeriggio mentre stavo andando in piscina dove avrei raggiunto i miei amici. E. mi si affiancò, non mi ero proprio accorto della sua presenza finché non sentii la sua voce. "Di un po' non è che consumerai troppo la strada passando dalle mie parti?" Avrei voluto sprofondare. "Ci passo spesso, ci abitano i miei zii vicino a te.""Davvero? Non lo sapevo." rispose con uno strano sorriso "Ah già, si si ti ho visto sul loro balcone più di una volta".
"Già." continuai pedalando lentamente, il centro sportivo era vicino ma E. mi seguiva ancora. "Senti... Una di queste sere andremo tutti al cinema, se vuoi venire anche tu..." Risposi subito di si, fingendo di essere tranquillo mentre il cuore era in subbuglio ma E. continuò "Saremo una decina, poi magari andiamo a bere qualcosa. Anche se per me sei ancora troppo piccolo, ti trovo davvero carino e simpatico." Non sapevo se ridere o piangere "troppo piccolo???". Ma come...
Sorrisi anche se non ne avevo voglia, ecco cosa pensava di me, troppo piccolo ed in quell'istante avrei voluto avere almeno vent'anni. Mi salutò velocemente e con la sua bicicletta sviò in una strada laterale sparendo alla mia vista in un istante.
Non savrei mai dovuto andare al cinema con loro quella volta, infatti E. stava con un altro, senza quasi mai degnarmi di uno sguardo, mi sembrava di essere stupido e da quel giorno per tre anni, ci furono questi episodi dove E. finì per essere solo un sogno, un amore vissuto solo da me anche se seppi col tempo, che fosse a conoscenza dei miei sentimenti ma mai fece qualcosa per farmelo capire. Poi ognuno prese la sua strada e per anni non ci vedemmo mai più.
Un pomeriggio d'estate di otto anni dopo, ci ritrovammo vicini in una tabaccheria, che sorpresa mi disse sorridendo e da quanto tempo non ci si vede, risposi io. Ci ritrovammo a parlare in strada fino all'invito di prendere qualcosa insieme l'indomani.
Due sere successive dopo eravamo in auto vicino a casa sua, parlavamo delle nostre esperienze avute nel corso di quegli anni, dove io ero andato a convivere a Milano e del mio ritorno dopo la separazione, E. mi raccontò delle sue poche e negative esperienze d'amore quando i suoi occhi brillarono per un istante davanti ai miei, sentivo che mi avrebbe baciato, eravamo vicini, molto vicini ma non so perché mi scostai leggermente.
Sorrise e mi disse "Sai che a quel tempo, forse..." silenzio "Eravamo piccoli vero? Mi spieghi perché le cose dopo tanti anni si vedono diversamente?" "Esperienza e maturità forse..." risposi guardando fuori dal finestrino.. "E' troppo tardi ormai vero?" "Si..."
Rimanemmo fermi lì, tranquilli, avrei davvero dovuto dire o fare qualcosa ma non so perché non lo feci... Quando più tardi mi ritrovai disteso sul mio letto e come tanti anni prima la luce bianca della luna fece il suo ingresso dalle finestre, capii. E. era, è e sarà il primo amore, puro ed intatto da tenere nel cuore e nell'anima fino alla fine. Doveva rimanere così, ho dovuto farlo rimanere così questo amore... Avrebbe potuto perdere qualcosa, quell'ingenuità e candore che mai più ritroverò. Inutile dire che non l'ho più vista, ne lo vorrei ora ma quella dolcezza rimarrà sempre dentro anche se mi sono sempre chiesto cosa sarebbe accaduto quella sera se non mi fossi fermato.
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