lunedì 20 giugno 2016

IL FREDDO DENTRO



IL FREDDO DENTRO

I piedi senza scarpe, le quali erano appoggiate sulla sabbia umida e scura davanti a quel largo fiume torbido, il freddo che penetrava tra le dita, poi su fino alle caviglie... 
E mentre cercava di non pensare al gelo di quell'acqua senza contorni, come un brutto scherzo, uno squallido gioco insinuante, la mente di quel sedicenne disperato e solo, subito gli fece venire a galla pensieri e ricordi disperati, ricordi di quella breve vita.
E più proseguiva nell'acqua, più riaffioravano cose che mai avrebbe voluto rivedere. 
Quel pomeriggio d'autunno, mentre stava per imbrunire il cielo, Stefano si era messo il vestito più bello che aveva: un abito elegante, grigio scuro, con la camicia di seta e la cravatta blu notte, quella di suo padre.
La strada che costeggiava il fiume non era lontana e quando era uscito di casa, si era subito avviato tra i prati scoscesi verso quel fiume scuro come la sua anima.
Aveva deciso, sarebbe stata la sua ultima casa. 
Nella mente, mentre l'acqua fredda lambiva ormai le sue ginocchia, tornarono tutte le frasi dettategli da quell'uomo che lo aveva messo al mondo e che da quel giorno l'aveva odiato, perché lui, Stefano era stato solo un pacco ingombrante, soprattutto dopo la nascita di un'altra creatura in quella famiglia gelida, una bimba subito amata all'inverosimile, al contrario di lui.
Aveva passato il tempo a chiedersi il perché, a rimediare o meglio a cercare di farsi voler bene, di eliminare quell'astio nei suoi confronti, un astio che mai aveva compreso, fino a quella sera in cui lui, suo padre, disse alla succube moglie, schiava di quell'uomo: "Da quando è nato mi ha rovinato la vita".
Era scappato in mansarda per non sentire altro, aveva solo otto anni.
L'acqua era a metà delle sue cosce e mentre proseguiva nel fiume e nei suoi ricordi, rimbombavano queste parole, parole lunghe sedici anni:

"SEI UN BAMBINO STUPIDO"
"CHE FIGLI IGNORANTE CHE ABBIAMO AVUTO"
"VATTENE IN CAMERA TUA, MI DAI FASTIDIO"
"TUA SORELLA E' PIU' INTELLIGENTE DI TE"
"SMETTILA DI FISSARMI"
"GUARDA CHE MI HAI STANCATO"
"MAI VISTO UN INCAPACE COME TE"
"DA CHI HAI PRESO NON SI SA"
"QUARDA TUA SORELLA COM'E' BRAVA A SCUOLA"
"ERA MEGLIO CHE NON NASCESSI"
"NON VOGLIO CHE FREQUENTI QUESTO... QUELLO... QUELL'ALTRO..."
"VAI DA TUA NONNA ALMENO PER UNA SETTIMANA COSI NON TI VEDO PER UN PO' "
"EH CARI AMICI, PURTROPPO E' CAPITATO A ME QUESTO FANTOCCIO DI FIGLIO"
"MI SOMIGLIASSE ALMENO"
"TI MANDIAMO IN COLLEGIO FINO 
ALLA MAGGIORE ETA' "
"SEI SOLAMENTE UN INETTO"
"MI DOMANDO PERCHE' SEI NATO QUEL GIORNO"

I ricordi erano spariti in un attimo quando Stefano, si era accorto che l'acqua era arrivata al suo mento, due passi piccoli e sarebbe sprofondato nella melma di quell'ansa oscura, sapeva che lì c'erano i mulinelli pericolosi, sapeva che l'avrebbero inghiottito e fatto finire chissà dove.
Gli era venuto da ridere a pensare cosa sarebbe successo agli altri dopo aver saputo tutto, ma non gli importava nulla, non era più necessario saperlo, fuori da quell'acqua non c'era più nessuno ad aspettarlo e a chiedersi il perché, non era mai stato accettato.
Aveva sorriso al primo mulinello davanti a lui, pensò a sua nonna lassù in chissà quale parte del cielo, chiuse la bocca e prosegui, sparendo in quel fiume torbido.
Giù sempre più giù, il respiro trattenuto istintivamente si aprì e un mare di acqua putrida entrò nel suo corpo e si senti portare via per sempre dal nero dov'era finito.
Stefano aveva aperto gli occhi in quell'istante, era solo un sogno, una fantasia dettata dalla mente piena di dolore. Era quasi sera, la luna filtrava dalle tende della sua camera e sentiva le voci di sua madre e sua sorella sotto in soggiorno.
Si era alzato dal letto ancora vestito da quando era tornato da scuola, ed avvicinato alla finestra, in quell'istante comprese che mai avrebbe potuto fare una cosa del genere, almeno non in quel modo.
In un istante, come se una luce bianca l'avesse trapassato nell'anima, vide le sue mani prendere una valigia, mettere dentro la maggior parte delle sue cose, qualche fotografia importante e piccoli oggetti cari, chiuderla con forza e liberazione.
Voleva scendere da sua madre e dirle che nonostante tutto le voleva bene, ma con un sorriso amaro, si era messo il giaccone pesante, prendendo la valigia in mano era corso già dalle scale di servizio.
In un istante si era ritrovato in strada, un sorriso davvero bello si era stampato sul suo viso e il futuro si era aperto davanti a lui. 
La stazione del treno si faceva sempre più vicina e così il suo avvenire, a qualsiasi costo. Girando l'angolo, una nebbiolina incominciava a salire dal fiume, ben presto Stefano avrebbe lasciato alle spalle tutto questo.
GpDS






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