MAGICO SOTTOBOSCO
Una lunga passeggiata, come tutte le mattine da quando avevo preso quella vacanza autunnale da un lavoro precario, mi aveva portato verso un bosco che ancora non avevo esplorato, verso quella macchia giallo-bruno-rossa che dalla finestra dell'albergo in cui ero ospite, mi aveva attratto subito da primo momento.
Non sapevo il perché della decisione di aver preso dieci giorni di ferie per visitare un posto poco conosciuto, come se lì, qualcosa o qualcuno mi stava aspettando.
L'istinto delle mie capacità esoteriche? Solo una scelta per un riposo assoluto?
Così dopo un'abbondante colazione, avevo intrapreso la via verso quella macchia, verso quel misterioso luogo. Con grande sorpresa, la strada proseguiva come un magico percorso coperto da foglie colorate in mezzo a alberi prima piccoli, poi più mi stavo addentrando, questi diventavano sempre più alti e profumati di resina.
Non faceva molto freddo, la mia leggera giacca a vento azzurra strideva tra quei colori dorati ma il passo mio rallentava ad ogni metro, non avevo voglia di correre ma di assaporare quella magica atmosfera incredibile, fatta di luci soffuse quasi rosate che penetravano tra le fronde quasi spoglie, fatta di colori uguali ad un dipinto di Monet, fatta di rumori della natura: cinguettii, fruscii, gorgoglii di piccoli rii nascosti chissà dove.
Ero talmente preso da tutto questo che dentro di me sembrava uscire una musica, quasi la sentivo nelle mie orecchie tanto la mia mente l'aveva creata. Mi ritrovai così a cantarla a voce alta e tutto allora si era come fermato.
Dopo qualche metro avevo capito che qualcosa di strano stava per accadere: avevo avvertito un silenzio, delle luci d'oro davanti a me, un profumo strano, tutto questi mi aveva circondato come per un incanto.
Dentro nel mio animo era vacillata la mia sensazione di sicurezza, quando avevo udito dei leggeri scalpitii che provenivano davanti a me.
Istintivamente mi ero nascosto dietro ad un grande albero dal tronco scuro con i rami pieni di foglie color ocra, celato osservavo la strada di fronte a me che poco più avanti scendeva sparendo alla vista.
Era stata una grande emozione quando prima apparvero delle corna maestose, poi lui un grande cervo dagli occhi scrutanti e a seguito una femmina e tre cerbiatti di una bellezza incredibile.
Avevo trattenuto il fiato per l'emozione e per non farmi sentire ma, il loro olfatto li aveva fatti voltare verso l'albero che mi nascondeva.
L'odore umano era molto forte per loro, in quell'istante avevo preso una decisione incosciente forse pericolosa e mi ero mostrato loro quasi immobile in messo al sentiero.
L'aria si era fermata, la luce dorata incorniciava quelle magnifiche bestie ferme ad osservarmi, non so chi aveva fatto il primo passo, ma mi ero reso conto che sia il maschio che io, ci stavamo avvicinando pericolosamente verso entrambi.
La femmina ed i tre piccoli, erano immobili in fondo alla strada, confesso che avevo paura e non capivo perché quello strano e magnifico animale si stava avvicinando a me.
Guardando il suo muso ed i suoi occhi neri e penetranti che si facevano più vicini, mi era passata nella mente una visione di un'isola circondata da una bruma azzurra, una barca e un vestito bianco che probabilmente indossavo chissà quanti secoli fa.
Eravamo a circa dieci metri l'uno dall'altro quando una piccola lepre bianco grigia si era messa tra noi fermandosi a metà percorso. Era arrivata all'improvviso e si era bloccata in mezzo al sentiero coperto di foglie, la testa era rivolta verso il grande cervo e in un attimo o forse dopo un secolo, la grande bestia si era girata e corse verso la sua famiglia scomparendo dopo la strada.
Lei, la lepre, stava ferma lì in mezzo alla strada, poi come un colpo di vento era fuggita nella boscaglia e in pochi istanti tutta la vita del sottobosco riprese a "cantare" come prima, nel momento in cui ero entrato in quella fitta macchia.
Durante il ritorno, ormai uscito da quel meraviglioso posto, mi chiedevo cos'era successo, sentivo ancora la canzone dentro di me mentre il mio albergo e le case del paese erano sempre più vicine.
Mii ero soffermato vicino ad una staccionata e mi appoggiai rivolgendomi verso quel bosco, il sole era alto e quel luogo era diventato un grande punto colorato ma non vedevo più la luce magica che c'era all'interno.
Rivedevo quelle stupende bestie, l'atmosfera ed il silenzio che aveva preceduto la loro presenza, l'immagine di quell'isola e la piccola lepre, avevo pensato di aver vissuto una magia, una piccola avventura strana che se fosse andata avanti, mi avrebbe portato chissà dove.
Avevo sorriso a me stesso e fischiettando la canzone che avevo nella mente, avevo ripreso la strada che portava all'albergo con un animo più leggero ed allegro.
Giampaolo Daccò
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