L'ACQUA SOTTO ILPONTE
"E' così che risolveresti i tuoi problemi?"
L'uomo sentiva dentro di se questa voce già da qualche ora, non appena di era affacciato dalla ringhiera d'acciaio sopra quel ponte che si innalzava alto sul quel fiume oscuro.
Da quanto tempo era lì?
Da quante ore, minuti stava fermo ad osservare il lento cammino dell'acqua, in quella giornata scura, calda e umida di una terribile estate?
Da quante ore, minuti stava fermo ad osservare il lento cammino dell'acqua, in quella giornata scura, calda e umida di una terribile estate?
Davvero non si era accorto, forse era giunto lì al mattino presto, magari nel primo pomeriggio e solo ora si è reso conto della sua ombra poriettata sull'asfalto da lampioni accesi.
La sera era arrivata silenziosa, solo poche auto distratte erano passate durante quel periodo in quell'agosto afoso, nuvoloso e deserto nella grande periferia della metropoli.
Un salto e chi se ne sarebbe accorto?
Forse qualcuno che lo aspettava a casa?
Forse qualche amico o lontano parente non vedendolo da giorni e si sarebbe chiesto senza preoccupazione:
"Chissà che fine ha fatto il Gianni?
E' un po' che lo vedo. Magari è andato in ferie o
a casa di qualche amico sfigato come lui."
Gianni guarda sotto di se, l'acqua sembra invitarlo ma ne ha paura allo stesso tempo, ma che sta facendo qui? Come pensa di risolvere i problemi della sua vita passando le ore cercando il coraggiodi buttarsi e scomparire tra le onde, dimenticando chi era, cosa aveva fatto e cosa era successo nella sua vita fino ai suoi quarant'anni.
Eppure in quell'istante, come un film degli anni trenta, in bianco e nero rivede quell'esistenza che mai aveva augurato a nessuno.
Non era stato amato dai genitori indaffarati con le proprie carriere, amanti e divertimenti.
Sballottato dai vari nonni ogni stagione, prima a Genova, poi a Bologna e spesso picchiato dai cugini più grandi, a volte gelosi di chissà cosa e a volte per la sua timidezza.
Poi messo in un collegio di lusso per gli studi lontano dai suoi, era un peso morto, avrebbe intralciato i loro progetti fino a che lo schianto di un aereo, lo avevano fatto diventare orfano.
E di nuovo con i nonni e finalmente dopo qualche anno la laurea e la sua indipendenza.
Poi era iniziata la vita come tante altre, la lotta per la carriera: l'onestà contro la furbizia, le conoscenze contro la meritocrazia, la lealtà contro i lecca piedi e così per la sua onestà e rispetto di se stesso, era finito in un noto studio d'architettura a svolgere e risolvere i lavori meno importanti e remunerativi.
Tanto era un uomo solo, ultimo arrivato della "nidiata", quindi gli altri con la scusa che avevano famiglia e frequentavano l'alta società, quindi meritavano di più.
Poi era arrivata lei, Laura con la sua bellezza e fascino esteriore portandosi dietro la sua fredda anima con un cuore di marmo. Gianni aveva perso la testa per lei.
Le aveva dato tutto: amore, consolazione, casa, regali, viaggi, tenerezza, aveva fatto qualsiasi cosa e donato ogni parte di se stesso, per poter ricevere l'amore che non aveva mai avuto nella sua vita.
Poi, dopo due anni, rientrando a casa aveva trovato quella lettera sul tavolo, scritta con poche parole crude e il colpo finale: lei se n'era andata via con Fabio, un collega di Gianni.
Che scherzi atroci a volte riserva la vita, soprattutto quando il tuo studio chiude e si trasferisce in una città lontana e non ha più bisogno di te.
Ecco l'acqua scorre sotto quell'alto ponte, chissà perché ora non gli fa più paura l'idea di fare un tuffo fino laggiù... E chi se ne accorgerebbe? Magari lo ritrovaranno dopo qualche settimana, forse mai o forse...
"Ehi amico, non avrai mica intenzione di fare una cazzata?"
Una voce alle sue spalle, non era la sua coscienza, una mano sul suo braccio destro e non era la sua che si toccava. Gianni si volta di scatto e si trova di fronte un uomo più o meno coetaneo, un volto sorridente con due occhi seri, intensi mentre l'alito di vento umido faceva volare i capelli ricci e lunghi sul viso di quello sconosciuto.
"No.. Io... Ecco..."
Gianni si ritrova a balbettare qualcosa, capendo che l'altro aveva intuito il suo gesto, abbassando la testa scoppia a pingere. Lo sconosciuto lo stringe a se in un abbraccio per qualche minuto forse lungo un'eternità. Era un angelo mandato per salvarlo da chissà chi?
"Mi.. mi scusi, io mi sono fatto prendere dallo sconforto e.."
L'altro lo guarda con degli occhi quasi magnetici, ma sempre con quel sorriso sereno e la voce calda, Gianni si sente stranamente rassicurato.
"Forse sarà meglio che tu mi segua, io sono Stefano
abito poco lontano da qui e sono...
Non rida, anche se la cosa potrebbe sembrare strana,
io sono uno psico-terapeuta e mi occupo soprattutto
di donne e bambini che subiscono vioenze e soprusi.
Che ne direbbe di passare del tempo a casa mia?
Magari parliamo un po' e ci conosciamo. Sa?... "
Continua prendendo sotto braccio Gianni conducendolo verso la fine del ponte camminando con passo tranquillo.
"Era un po' che la stavo osservando di nascosto e
sono intervenuto nel momento che mi sembrava giusto,
quindi non sono ne un angelo ne un benefattore.
Sono uno che aiuta gli altri pensando alla loro serenità
ed essendo principlmente un uomo solo,
anche io ho bisogno di amicizie e nuove conoscenze.
Un buon caffè lo gradirebbe così possiamo parlare un po'?"
L'altro lo guarda abbozzando un sorriso, seguendolo come avesse trovato una persona cara dopo tanto tempo.
"Volentieri ne avrei bisogno... Credo che poco fa,
stessi per commettere una... Io mi chiamo Gianni..."
Stefano sorride e staccando il suo braccio da quello dell'altro si incamminano velocemente sulla strada verso alcune ville poco distanti, le loro voci si perdono nel buio umido di quella sera nuvolosa.
Il fiume sotto quell'alto ponte, intanto continua la sua corsa ignaro della vita e dei problemi delle persone, una corsa tranquilla a volte agitata verso la sua meta perenne, il mare.
Giampaolo Daccò
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