giovedì 20 febbraio 2020

E CADEVANO LE STELLE


E CADEVANO LE STELLE


Notte di San Lorenzo,

- Guarda lassù G… Ne ho viste due cadere verso il mare… - aveva esclamato L. con un entusiasmo come fanno tutti i bambini quando erano sorpresi da cose misteriose. Avevo annuito.
- Stanotte sono tante, poi in riva al mare sembrano ancora più belle e grandi, peccato che non si specchino nel mare, la notte è senza luna e siamo fortunati. - avevo risposto fingendo allegria.
L. mi aveva stretto la mano e guardandomi nella penombra della notte, mi aveva sorriso ma non capivo se era un sorriso felice o triste.
Sarebbe stata la penultima notte insieme, la più bella in teoria, quella dove si potevano guardare quelle meteore, scendere dal cielo come scie luminose per poi sparire con fruscio misterioso in un punto della notte.
- Ecco un bolide, è enorme... Presto esprimiamo un desiderio, dai chiudi gli occhi G e esprimilo con me. -
Istintivamente avevo chiuso gli occhi stringendo di più la sua mano e nella mente si erano formate in pochi attimi, immagini e parole: “Non lasciarmi, stai con me per sempre” ed una corsa veloce sulla spiaggia. La sua voce mi aveva fatto ritornare nella realtà:
- Lo hai fatto?-
- Certo ma come sai non lo posso dire altrimenti non si avvera. - avevo risposto ridendo.
- E’ vero ed io che stavo per dirtelo, accidenti. -
Ci eravamo avvicinati di più in un abbraccio che aveva suggellato un leggero bacio sulle labbra poi, un sorriso verso il mare.
Come uno spezzare dell’incantesimo, due voci materne ci avevano chiamato.
-Ehi cuccioli, non sarebbe ora di andare in albergo a dormire anziché prendere l’umidità della notte sulla spiaggia? -
La voce stentorea della madre di L. ci aveva fatto staccare e alzarsi in piedi, ci eravamo guardati negli occhi e lo stesso pensiero era balenato nelle nostre menti: “Ci avranno visti? Speriamo di no!”.
Avevamo quattordici anni a testa, volti da bambini anche se il corpo desiderava tutt’altro che un semplice bacio a fior di labbra.
Mamma mi prese sotto braccio e aveva fatto una carezza a L. - Forza che domani si va a fare una passeggiata a Lerici e bisogna alzarci presto, quindi ora appena arriviamo in stanza subito a dormire. - sorrideva ma aveva un sguardo strano su di me, aveva capito tutto del nostro segreto, del giovane amore che era iniziato davanti a due tazze di caffè latte in albergo in un mattino di dieci giorni prima?
Penso di si, lei era troppo sensibile, mentre la mamma di L, donna volitiva e poco presente nella famiglia per via del suo lavoro, non si era nemmeno accorta e sicuramente non avrebbe voluto.
Nella camera dell’albergo mentre mia sorella dormiva, mamma stava con me sul terrazzo a fumare una sigaretta in silenzio ed in quell’istante una stella cadente aveva illuminato il cielo, lei aveva girato lo sguardo su di me, seria ma dolce mi aveva detto:
- G. lo sai che tra due giorni quella famiglia andrà via per sempre? Tornerà a Roma e poi partiranno per Londra… Lo sai vero? - avevo gli occhi lucidi ma non era solo per un addio tra amici alla fine di una vacanza, no non era solo quello. Noi saremmo stati lì per altri quindici giorni ma non era più lo stesso per me dopo la loro partenza.
L. aveva una brutta malattia, me lo aveva detto mamma dopo colazione due giorni dopo che mi ero preso una cotta per quegli occhi verdi, da allora mi sembrava che il mondo fosse finto, dove le persone recitassero un ruolo ma io e L. un pomeriggio tardi in spiaggia abbiamo parlato di questo, della sua malattia, lo aveva saputo i genitori, dirigenti di azienda molto pragmatici non hanno nascosto nulla alla famiglia e l’unico rimedio per le cure era Londra, al tempo all’avanguardia per la medicina legata alla malattia di L.
Io non riuscivo a capire perché sembravano tutti così freddi come se fosse una cosa normale. Mia madre avrebbe pianto, io avrei pensato di uccidermi credo, non amavo la sofferenza terribile di una malattia del genere dopo aver visto nonna, andarsene a cinquantaquattro anni in tre mesi.
L. no, non dovrà morire, a Londra faranno di tutto e guarirà, lo sentivo. Mamma mi osservava ma aveva deciso di parlare mentre mi teneva la mano tra le sue.
- Caro, immagino quale siano stati i tuoi desideri guardando le stelle cadenti, ma vorrei solo dirti una cosa… Sei piccolo ancora per i grandi amori, per capire come sono fatti questi sentimenti, mentre conosci già il dolore. L. potrebbe farcela oppure volare nel cielo tra quelle stelle. Lo so ti sembrerà duro tutto questo ma ognuno di noi ha il suo destino anche se non saprà mai il finale fino a quando arriva. - mi aveva abbracciato mentre ci stavamo cingendo ad andare a letto.
- Se L. non ce la farà, pensa che potrebbe essere lassù a guardarti e tu potrai ricordare sempre questi momenti belli che la vita ti ha regalato, lo so non è facile capire ed accettare, magari e lo spero, forse vi vedrete ancora chi lo sa… Ora cerca di dormire. -
Mi aveva rimboccato il lenzuolo fresco e si era allontanata verso il suo letto.
Avevo pianto sommessamente, sentivo il mio cuore come spezzarsi e poi mi ero addormentato… Non so quanti minuti erano passati ma qualcosa mi aveva fatto svegliare e mi ero girato verso la porta finestra del terrazzo: mamma era lì in piedi a fumare, in silenzio nella penombra blu della notte mentre il cielo era pieno di stelle. Anche lei non riusciva a dormire, l’avevo vista asciugarsi gli occhi, anche lei era stata colpita dalla faccenda ed avevo pensato che si era immaginata di essere al posto della mamma di L.
In quell’istante dopo aver spento la sua sigaretta, si era voltata verso Francesca e me, avevo chiuso gli occhi fingendo di dormire, poco dopo la carezza della sua mano fresca sulla fronte mi aveva fatto stare bene, si sottecchi l’avevo vista tornare a letto così mi ero voltato verso la finestra sul mare…
Quante stelle c’erano, sembravano cristalli nel blu vellutato della notte, all’improvviso tre scie di luci erano scese verso il mare, erano cadute tre stelle, tre desideri da esprimere.
L. non aveva mai più fatto ritorno a Roma, lo avevo saputo poche settimane dopo aver iniziato la scuola… Quella sera d’autunno avevo guardato il cielo, c’erano ancora le stelle, fisse, non capivo quale poteva essere L. lassù, nessuna cometa lasciava la scia ma per me, quella sera stavano ancora cadendo come le mie lacrime.


Giampaolo Daccò dos Lerén

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