lunedì 9 marzo 2015

I sogni di "LUCA"


Fermo al semaforo "Luca", cambia nelle proprie mani, la posizione dei sacchetti di plastica della spesa fatta in un noto supermercato, le dita leggermente violacee per il peso gli fanno un po' male. Finalmente il semaforo diventa verde e lui attraversa le strisce pedonali affiancato dal tram sferragliante sui binari che, velocemente svolta a sinistra.
Sorride pensando che tra poco sarà al caldo nella sua tana, dove dopo una buona cena, si metterà tranquillo seduto sul divano letto a leggere un po', suo grande hobby, oltre alle curiosità verso l'arte e la pittura.
I suoi occhi chiari e vivaci osservano il movimento attorno a lui: gente che tira velocemente il passo verso casa, chi in bicicletta e tenuta sportiva e caschetto anti trauma corre verso il parco provvisto di pista ciclabile.
Sorride nel vedere bimbi piccoli per mano alla mamma o alla nonna, alle signore anziane che con il cappellino e cappotto in tinta sorseggiano l'aperitivo sedute in una veranda di un prestigioso bar.
Luci e vetrine, chiacchierii al cellulare, suoni clacson e tanta vivacità... "Luca" ne è felice, felice di vivere in quella metropoli piena di curiosità, di gente, di opportunità, i suoi passi lo portano verso quella piazza prestigiosa e piena di verde dove palazzi imperiosi la circondando e dove si assapora nobiltà e lusso. Poi la "sua via", la strada dove vive, così artisticamente bella e piena di fascino, si "Luca" è proprio felice, si sente fortunato nonostante tutto quello che si era lasciato alle spalle: il suo passato.
"Luca" non è il suo vero nome, in realtà o teoria si chiama Pietro Sacco ma anche questo non è poi il suo vero nome, più di trentanni prima l'avevano trovato dei frati cappuccini di un convento in periferia, sulla soglia della porta di servizio dove le sue urla avevano destato attenzione dei frati in quella tarda sera di primavera, così profumata e tiepida.
Ovviamente intervennero polizia e assistenti sociali che portarono il piccolo dai capelli rossi e dagli occhi verdi in un istituto e momentaneamente gli diedero il nome di Marco in onore del santo a cui era dedicato quel palazzo pieno di orfani.   
Marco-Luca crebbe insieme agli altri, era un bimbo sognatore e tranquillo e se mai c'è stato un litigio con qualcuno, fu per futili motivi e alle persone che volevano adottare un bimbo veniva quasi sempre fatto vedere per primo, ma allora era o troppo piccolo o troppo grande. Lui pensava ogni volta che le persone non volessero un figlio davvero, ma chissà cosa.
Poi un giorno, dopo aver finito la quinta elementare vennero più volte dei signori di mezz'età, molto distinti per conoscerlo meglio e così Marco-Luca finì per essere adottato da quella famiglia.      
Già la sua indole sognatrice lo portava a voli fantasiosi sulla vita futura e si vedeva già un architetto affermato e quei genitori dolci ed affettuosi, ripagati dal gesto generoso e dai sacrifici fattogli.
E fu da quel giorno che venne chiamato Pietro Sacco, come il defunto padre del suo patrigno. Non che gli piacesse troppo il nome ed avrebbe preferito Luca, un nome che ha sempre amato senza sapere il motivo.
Ben presto si accorse di una realtà diversa, i suoi genitori adottivi erano tutt'altro che affettuosi, subito dopo la terza media, fu spedito a lavorare nella piccola fabbrica del patrigno come tornitore, uno smacco ai suoi sogni di arte e la sera doveva frequentare un corso di elettro-meccanica per aggiornarsi sempre di più su quelle orribili e gelide macchine.
Di notte sognava, creava arredamenti e case stupende in lontano futuro come architetto affermato... Forse dopo il militare sarebbe stato più libero ed avrebbe inseguito i suoi sogni e sicuramente avrebbe sfondato prima o poi.
Cercava di non piangere quando gli venivano negati una carezza o un abbraccio e poi quella donna, sua matrigna così lontana e fredda ed il capo famiglia sempre accigliato e duro, Pietro-Luca non capiva il perchè l'avessero adottato, con lui parlavano poco e sempre di cose serie e pesanti. Finché una sera, stanco di tutto, Pietro-Luca disse che non voleva più frequentare il corso serale e di lavorare in officina ma desiderava studiare al liceo.
La prima reazione fu di gelo, poi urla ed infine uno schiaffo violento sul viso alle sue proteste.   
Di notte cercava di non piangere e il mondo fantastico in cui si rifugiava era pieno di colori, di gente importante e di felicità... Poi non appena compì diciotto anni, il patrigno morì d'infarto sul lavoro, la moglie da quel giorno incominciò a trattarlo peggio del solito e negargli ogni possibilità di ottenere qualche piccola gioia e così decise.
Come la notte in cui fu trovato dai frati, una notte profumata e tiepida di primavera fuggì da quella casa di ghiaccio e da tutti, ormai era maggiorenne e poteva farlo.
Non gli interessava scoprire il suo passato, da dove provenissero le sue origini ma voleva scoprire il suo futuro, quello che sognava da anni e con una sacca in spalla sparì nei tentacoli delle grandi vie della metropoli.
Le chiavi di casa aprono la sua tana, "Luca" è arrivato a casa, dal giorno della sua fuga erano passati tredici anni e lui aveva tentato in ogni modo di emergere ed ora viveva lì in quella zona bellissima e di lusso, viveva nel seminterrato in una ex cantina adibita a monolocale con bagno e cucinotto con la finestra su un cortiletto interno, l'unico paesaggio erano l'edera che scendeva dal muretto di fronte e una finestra sempre accesa del seminterrato del palazzo attiguo dove viveva Shurima, un ragazzo cingalese che come lui faceva il domestico in una casa signorile e dove veniva trattato come uno schiavo.
Oh si anche lui, "Luca" è diventato solo un domestico, ma considerato dai suoi datori, grandi imprenditori a livello mondiale, con più dignità e meno sfruttato.
Mangiando una mela in attesa che l'acqua della pasta si scaldi, si affaccia alla finestra sul cortiletto e vede Shurima dalle grate della sua  sorridergli, denti candidi su un volto scuro dagli occhi neri e tristi.
"Tu viene a bere caffè qui poi?" gli dice il ragazzo cingalese speranzoso di avere un minimo di compagnia per qualche minuto, certo che ci andrà "Luca", andrà a bere quel caffè forte e fare due chiacchiere in attesa di andare a dormire, un altro giorno di duro lavoro lo aspetta domani ma questa sera non ci vuole pensare, si siede a tavola con la tv accesa sul telegiornale serale, ma la sua mente vola lontano, in futuro più roseo dove forse, almeno uno dei suoi sogni si avvererà.

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