VELI
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VELI
Freddo pungente, freddo che ti penetra nelle ossa nonostante il cappotto caldo e la sciarpa attorno al collo. Le mani gelate nei guanti di lana e i piedi intorpiditi con a fianco la piccola valigia in attesa del treno che ti riporta a casa.
La nebbia avvolge i contorni vicini della stazione come un velo trasparente ed opaco e da un senso con la sua luce fioca e strana, quasi incolore ai personaggi che attraversano le corsie, che sono in attesa di altri treni.
Una luce oscura e sinistra che dona ai vagoni fermi o in viaggio veloci, quasi fossero fantasmi grigi pronti a raggiungere chissà quale posto lugubre o soleggiato... Chissà dove.
Annunci gracchiati confusi tra lo sferraglio nelle rotaie di qualche vettura in movimento, due bambini vicino a me che piangono mentre, i genitori li coprono alla bell'e meglio tra la bruma che si stava alzando sempre di più.
Mi stringo tra le spalle sperando che il freddo non mi faccia star male più di quanto non lo stia e subito la mente vaga in quel ricordo di poche ore prima.
La nebbia ancor più fitta di quel pomeriggio stesso non permetteva di osservare dalla finestra di quella camera asettica, il paesaggio fuori, ne il bosco ne il fiume tortuoso scorrevano sotto i miei occhi ma solo ombre indistinte.
Un pallido sole faceva capolino a metà del cielo ma presto scompariva tra le nuvole di bruma grigia, mi ero girato verso quel letto, la mano di lei stringeva la mano della persona che stava con me, ma la prima era una mano fredda quasi inerte.
Mi avvicinai, le due mani si lasciarono e quella di lei cadde sul petto rimanendo ferma come quella di una bambola di pezza.
I suoi occhi guardavano lontano, occhi che un tempo erano verdi, luminosi, pieni di vita, ed ora diventati ormai oscuri, pieni di ombre, ombre che segnano l'oblio e le visioni di chissà quali mondi sconosciuti pieni di cose senza nome, occhi coperti da veli.
La mano dell'altra persona mi accarezzava la spalla mentre io prendevo nelle mie quella ferma e rigida di lei.
I suoi occhi guardavano lontano ancora verso orizzonti sconosciuti ma dalla mia bocca uscì quella parola magica che solo una donna può capire, "sentire dentro"... Fu un attimo ed una luce nello sguardo illuminò improvvisamente le pupille vacue, forse un mezzo sorriso si era aperto sul viso pallido e magro.
Io e l'altra persona ci guardammo negli occhi, mi avvicinai di più ripetei la parola magica sfiorandole la fronte con un bacio ma quegli occhi che un attimo prima parevano illuminarsi erano di nuovo spenti, dissi ancora per tre volte la parola magica ma nulla...
Eppure una lacrima fece capolino nell'angolo dell'occhio di lei ma non cadde sul volto... Forse non era stato nulla, forse un gesto incondizionato ma... Lo scintillio di quella lacrima c'era, l'avevo visto.
Allontanandomi di poco sempre tenendo la sua mano inerme, vidi nuovamente il suo volto inespressivo, il suo sguardo vuoto ed il mio cuore sembrava avvolto dalla nebbia che brulicava fuori da quella stanza.
Il mio treno sta per arrivare, vedo le luci avvicinarsi sempre di più, diventando più nitide tra il velo della nebbia attorno. Il suo stridio dei freni copre l'annuncio del suo arrivo.
Prendo la mia borsa e salgo, finalmente il caldo dello scompartimento, mi da un brivido piacevole sulla schiena e così mi siedo in un posto vicino al finestrino...
Poco dopo il treno riprende la sua corsa, le luci fioche della città, sbiadite dalla nebbia sfrecciavano di fianco a me e chiudendo gli occhi, rivedo quello sguardo nascosto dai veli di un mondo misterioso dove lei vive da molti anni ormai.
Un giorno non lontano so che quei veli dell'oblio e dell'oscurità cadranno e finalmente anche lei vedrà la vera luce e la vera vita.
Giampaolo
Ciao sono tornato a visitarti Paolo, è sempre bello leggere le tue narrazioni. Trasmetti tante emozioni con i tuoi racconti. Riesci sempre a trovare spunti e che rendono l'idea dei tuoi momenti di vita che hai vissuto. La tua descrizione è fantastica, questa è poesia pura. Il tuo racconto mi ha fatto rivivere alcuni momenti della mia gioventù, quando tornavo a casa in treno in licenza militare e osservavo fuori dal finestrino le campagne fredde d’inverno, ho sentito ancora il freddo e ho visto la nebbia fitta di quei giorni, i tuoi racconti ...che come sempre fa bene all'anima. Grazie
RispondiEliminaMi piace il tono leggero, come un fotografo,tu sei capace a mettere per scritto quello che vede, con la massima precisione, offri al lettore una panoramica generale, poi lentamente ti soffermi su un particolare, e parlarli dei tuoi sentimenti che suscita in noi interesse nella lettura ,usi la vista, l'udito, il tatto, il gusto, in modo da fornire un'immagine completa dell’ambiente e delle persone che scrivi, credo che non esiste un tipo di racconto adatto a tutti i tipi di lettori, ma penso che queste “Regole” sono da rispettare. Con questa descrizione non mi limito ad elencare le tue qualità (te l’ho già dimostrato) ,ma soprattutto perché penso che possano essere utili a coloro che passeranno sul tuo blog per leggere i tuoi articoli specie a coloro che hanno la vera passione della lettura
ciao