FOLLETTI
Creature designate come folletti
Paul
Sébillot parla dei folletti come di una grande tribù e Anne
Martineau ne conta 30000 specie soltanto in Francia.
Nel 1992 se Pietro
Dubois
dice
che la parole "folletto" designa comunemente l'insieme del
piccolo popolo in Francia, insiste anche sul fatto che i folletti
formano un'intera razza a parte, da non confondersi con i folletti di
Vallonia e delle Ardenne
francesi
di cui l'habitat e le leggende sono differenti, né con i coboldi, né
con i gobelins e gli gnomi distinti soprattutto per l'etimologia.
La maggior parte degli scritti dei folletti sono specifici alla
Francia e si trovano maggiormente in Bretagna,
nelle Ardenne
sulle
Alpi
e
in Picardia, ma qualche testo ne evocano nella contea di Devon, nello
Yorkshire,
nelle Fiandre,
in Germania
e
in Italia.
Nel Berry e secondo George Sand, gli elfi sono soprattutto chiamati
folletti.
Pierre
Dubois include tra i folletti propriamente detti chorriquets,
bonâmes, penettes, gullets, boudigs e bon noz di cui il ruolo è
soprattutto di curare i cavalli e il bestiame e ci aggiunge la Bona
d'Auvergne, che si traveste nel ruolo di cabrette. Altre creature
sono qualificate degli elfi, come il fullettu della Corsica,
che con la sua mano di stoppa e la sua mano di piombo si attacca alla
gente sdraiata. In Provenza
e
in Languedoc, il Gripet e il Fantasti si occupano del bestiame e
delle stalle. I Pirenei conoscono Truffandec, genio del focolare
soprattutto notturno e diabolico, e il Paese basco il "laminak".
L'Alsazia
ha
numerose storie dei elfi, come quella di Mikerlé nella valle di
Guebwiller. La Svizzera
usa
il nome di folletto. Nell'Allier il folle fa degli scherzi villani,
come lo gnomo del paese Poitevin. Il nome Fadet è attestato nella
città di Vienna.
In Bretagna
In
Bretagna
si
distinguono diverse categorie di folletti, ciascuno associato a un
luogo o a determinate caratteristiche. Esempi di nomi di folletti
sono i korils, i kannerez, i korikaneds. Ultimamente sono chiamati
tutti "korrigan". I folletti bretoni sono relativamente
simpatici secondo Sébillot. Partecipano efficacemente ai mestieri
domestici, preparano i pasti, si occupano dei cavalli. I folletti
bretoni sarebbero potuti essere stati ammessi nelle chiese della
bassa Bretagna, ma sono dispettosi.
In Vallonia e Champagne-Ardenne
Il
lûton delle Ardennefranco-belghe
condivide la stessa origine con il folletto, ma le grotte, le caverne
e i sotterranei sono l'essenziale del suo habitat secondo il folklore
locale. Spesso sono misantropi e la loro origine è legata alla
mitologia popolare, in particolare a quella del periodo gallo-romano.
Altri folletti sono spaventosi e si manifestano sotto forma di
fiamme, altri ancora come "il mangiatore di ossa" vivono
nei cimiteri.
Nella Franca Contea, nelle Alpi ed in Svizzera
Ci
sono folletti benevoli protettori del focolare e soprattutto del
bestiame che egli guida in montagna. I paesani danno loro il primo
latte del mattino per proteggersi dai loro raggiri. Nel Tirolo i
folletti sono spesso rappresentati come anziani e vestiti di stracci
e si pensa che vivano presso Hochfilzen e offrano molti servizi agli
uomini. I paesani li ringraziano offrendo loro nutrimento negli
chalets. Sono generalmente molto suscettibili se gli uomini
dimenticano la loro razione di latte.
In America del nord, soprattutto in Québec
La
credenza verso i folletti ha invaso l'America
del Nord
con
i coloni francesi e più in particolare la zona del Québec,
dove hanno preso le sembianze di animali. Questi folletti sono o
buoni o cattivi, possono controllare i fenomeni atmosferici. Essi
inoltre detestano il sale, condividono la loro vita con i cavalli.
In Nuova Caledonia
Gli
autori francesi che studiano le tradizioni popolari dellaNuova
Caledonia,
menzionano i folletti nella credenza dei "kanaks", per la
quale la foresta è sacra.
In Italia
Nel
saggio di Charles
Godfrey Leland
Etruscan
Roman Remains in popular traditions (1892),
sono citate numerose invocazioni ai folletti rivolte dagli abitanti
della "Romagna Toscana".
Nel
romanzo Il
Monte dei Folletti (2012),
di Giordano
Berti,
i folletti che dimorano sull'Alpe di Monghidoro,
al confine della Romagna Toscana, salvo restando le loro prerogative
di esseri fatati, rispecchiano fedelmente le virtù e i difetti degli
esseri umani.
Fra
le voci che nel folklore italiano (a seconda delle fonti) possono
corrispondere alla descrizione generica dei folletti, si possono
citare:
Aùra (Puglia)
-
Barabén (var. Barabanén), Mazapécc e Sèltapécc (Appennino bolognese)
-
Buffardello o Beffardello (provincia di Lucca)
-
Cardinalen o Barabanén (Imola e dintorni)
-
Culèis (Piemonte)
-
Fajettu (Calabria meridionale)
-
Mazaròl o Massaruol o Massariòl (provincia di Belluno)
-
Spremìngolo o Sprevéngolo (Marche centrali)
-
Sarvanot (Piemonte - Valle Varaita)
-
Sbilf - (Carnia - Friuli)
-
Salbanello e Salvanel (Veneto)
-
Scazzamurrieddhru (Salento) o Scazzamurrill (provincia di Foggia)
-
Sprenaggio (Uscio - Valle del Recco)
Evoluzione delle credenze
I
folletti sono conosciuti attraverso delle favole e dai racconti
popolari. In queste creature c'è un'importante evoluzione:
il Nettuno acquatico
primitivo è visto come un demone pericoloso, ma il genio del
focolare molto servile più che incostante e suscettibile, è
l'archetipo del folletto. Secondo Claude Lecouteux
dal Medioevo al Rinascimento il
concetto di genio domestico è molto vivo ed è attribuita ai
folletti la paternità dei viaggi sfortunati. Ultimamente le storie
sui folletti sono diventate semplici leggende popolari.
Medioevo
Una
delle prime attestazioni di credenze nei confronti dei folletti è di
Burchard de Worms che, verso il 1007, parla di Pilosus e Satyrus,
sorta di geni domestici che si manifestavano nelle cantine delle
case, ai quali c'è l'usanza di offrire delle scarpe o degli archi di
piccola taglia. È probabile che egli abbia cercato di chiamarli con
nomi latini lasciando perdere i nomi volgari.
Nel
1210, Gervais de Tilbury scrive in Les Divertissements per
un imperatore un capitolo intitolato Sui fauni e sui
satiri che forma la prima testimonianza dettagliata sul
piccolo popolo medievale. Si parla di folletti chiamati "nuiton"
in francese e "portuns" in inglese, nascosti sotto le
spoglie di fauni satiri e succubi. Questi esserei abitano con i
paesani ricchi nelle loro case e non hanno paura né dell'acqua
benedetta né degli esorcismi, questo li dissocia dai Diavoli. Essi
assistono "le persone semplici e di campagna" e si occupano
facilmente e senza sforzo dei lavori più umili.
Senza
essere dannosi, possono deridere gli abitanti. Essi entrano nelle
case di notte attraverso le porte chiuse e si riuniscono attorno al
fuoco per mangiare degli stracci grigliati. Essi hanno tuttavia la
brutta abitudine di aggrapparsi ai cavalieri inglesi che galoppano di
notte, per condurli nel pantano, prima di fuggire ridendo.
L'insistenza con cui Gervais de Tilbury afferma che i folletti sono
generalmente inoffensivi e non si spaventano degli oggetti religiosi
lascia supporre che questa opinione non debba essere associata alla
sua epoca. Egli aggiunge che i demoni prendono l'aspetto dei Lari,
ossia degli spiriti della casa.
La religione cristiana
ha un'influenza non trascurabile sulla percezione dei folletti. La
Chiesa tuttavia non arriva a sradicare queste creature discendenti
dalla mentalità pagana, malgrado i suoi sforzi, né la credenza
secondo la quale i defunti si trasformino in spiriti per continuare a
manifestarsi. Claude Lecouteux riporta un testo didattico del XV
secolo secondo il quale i gobelins sarebbero dei diavoli inoffensivi,
creatori di illusioni e fantasmi, che Dio lascia errare. Pierre
Dubois evoca l'abbandono di un monastero domenicano nel 1402 a causa
della presenza di un folletto in collera che non era stato possibile
allontanare con nessuna preghiera.
Tempi moderni
Le
credenze durano dal 1586, quando Pierre Le Loyer, iniziò a parlare
nei suoi testi di folletti. L'anno successivo François Le Poulchre
stabilì una sorta di classificazione elementare dei folletti. Nello
stesso periodo in Germania,
Hinzelmann descrisse come un "koboldo tedesco" possa
assomigliare al folletto francese. Nel 1615 un folletto apparve
miracolosamente vicino a Valencia tutti
i giorni tranne la domenica e le festività. Nel 1728 un francese di
passaggio a Hechingen arrivò in città proprio nel momento in cui
un'ordinanza aveva imposto di cacciare tutti gli spiriti cattivi
della casa. Tutte queste prove testimoniano l'esistenza dei folletti
in tutte le zone del mondo.
XIX secolo
Numerosi
eruditi del XIX secolo continuarono a credere nei folletti. La
relazione con i folletti non è tuttavia sempre semplice: alcuni
autori francesi hanno manifestato nel tempo la loro ossessione e il
loro combattere incessante contro queste creature considerate
demoniache. Questi scrittori sono oggi considerati come i precursori
del "fantastico" o archetipo del "folle"
letterario.
Influenze dello spiritismo e della teosofia
La
popolarità della dottrina spirituale e delle altre che ne sono
derivate, come la teosofia, conducono a una nuova visione di questi
esseri. Allan Kardec chiama «spiriti leggeri» tutti i «folletti,
gnomi e fate» aggiungendo che sono «ignoranti, maligni, incoscienti
e dispettosi». Nella sua autobiografia, la medium Lucie Grange
afferma di avere un folletto domestico chiamato Ersy Goymko nel suo
focolare, il quale assomiglia a un giovane uomo biondo di 22 anni.
Collezioni di campagna
La
maggior parte delle numerose testimonianze del XIX secolo riguardano
le campagne, grazie al lavoro della collezione effettuata dagli
amanti del folclore.
In Picardia, Henry Carnoy colleziona parte della letteratura orale a
partire dal 1879, di cui una parte ha come tematiche i folletti. Paul
Sébillot,
autore del Folklore
di Francia scrive
all'inizio del XX secolo un'opera immensa nella quale i folletti sono
presenti ovunque: «Nella legna, nell'acqua, nelle grotte e nelle
case». Dalle sue collezioni in Bretagna,
Anatole Le Braz riprende da sé testimonianze, fino all'epoca in cui
ogni casa ha un suo folletto.
XX e XXI secolo
- « J'aime mieux croire aux lutins qu'à vos cryptogames.
- Les lutins, au moins, on les a vus. »
- -Charles Le Goffic, L'âme bretonne
Le
credenze nei folletti perdurano nelle campagne all'inizio del XX
secolo, approssimativamente fino alla Prima Guerra mondiale in
Francia e fino agli anni venti in Québec.
Léon Le Berre descrive nella sua opera Bretagna
di ieri l'ultima
parte della sua giovinezza, quando i paesani si liberarono
dell'esistenza dei folletti. Negli anni settanta, Albert Doppagne
raccolse la testimonianza di una donna vallona di 60 anni che
affermava di avere visto i folletti correre sul davanzale della
finestra della sua casa. In Savoia, nello stesso periodo, la credenza
nei folletti era diffusa quanto quella relativa alle fate.
Il
XX secolo corrispose perciò a una forte riduzione delle credenze
popolari. Scomparvero anche gli antichi rituali, come quello di dare
il primo latte della giornata ai piccoli esseri del
focolare. L'industrializzazione degli anni 60-70 andò di pari passo
con la scomparsa delle persone anziane, presso le quali potevano
trovarsi numerose testimonianze sull'esistenza dei folletti; ciò
compromise la diffusione delle leggende relative al piccolo
popolo. In quegli anni, la credenza dell'esistenza dei folletti
ricomparve sotto forma dei nani da giardino.
Gli
adolescenti e i giovani si interessavano di più agli extraterrestri
e ai fenomeni legati agli UFO che
non ai folletti. Nel 1980 il folklorista Gary Reginald Butler
collezionò delle informazioni sui folletti a Terranova e
non ottenne come risposta dagli abitanti che un vago ricordo di avere
sentito questa parola durante la giovinezza. Egli rilevava una
confusione riguardo alla natura di questi esseri e concluse che la
cultura televisiva degli anni ottanta influenzava le ultime credenze
popolari dando ai folletti un'origine extraterrestre.
Negli
anni 50, il folklorista Claude Seignolle riunì delle tradizioni
popolari affini alle storie di folletti, ma fu soprattutto il lavoro
di Pierre Dubois che rimise in luce le tradizioni legate ai folletti
in Francia.
Ormai
i folletti erano visti come gli operai di Babbo
Natale per
il quale essi fabbricavano dei giochi, allacciandosi così ai
folletti della tradizione scandinava.
Psicoanalisi e simbologia dei folletti
Per
lo psicoanalista Carl Gustav Jung, gli gnomi e i folletti sono degli
dei nani, simbolo di forza creatrice infantile che aspirano
eternamente a passare dal basso verso l'alto. Possiedono dei numerosi
tratti psicologici propri dei bambini, si mostrano giocherelloni,
saggi o crudeli. Secondo la psicologia analitica, essi sono una delle
manifestazioni simboliche dell'archetipo del bambino. Rappresentano
ugualmente lo sviluppo armonioso e spontaneo della psiche. I
personaggi folletti possono personificare la parte d'ombra che
continua a vivere sotto la personalità cosciente e dominante.
Storia letteraria e manifestazione dell'arte
Il
"folletto", nel XII e XIII secolo, è molto più raro nei
racconti di quanto possano esserlo le fate e i maghi. Bisogna
aspettare il rinnovamento della canzone delle gesta, ispirata
dal ciclo
arturiano,
per far sì che prendano uno spazio importante e esercitano un vero
fascino. Un certo numero di personaggi medioevali presentati come dei
nani hanno le caratteristiche del folletto. Le caratteristiche del
folletto originale tentano di cancellarsi sotto le piume degli attori
medioevali così che si mettano al servizio di nobili e cavalieri per
diventare i nani del romanzo arturiano.
Malambruno
Malambruno,
presente nella canzone di Gaufrey e di Huon de Bordeaux è
somigliante ad un folletto che nuota più velocemente del salmone. È
capace di prendere l'apparenza di un pesce a volontà, grazie alla
pelle di cui si veste, e si rende invisibile con un mantello. Si
scambia anche con un cavallo o con un bue, si copre di pelliccia,
dotato d'occhi rossi e di denti appuntiti.
Zefiro
Zefiro,
personaggio di un romanzo di Perceforest nel XIV secolo, è la prima
immagine associata al folletto secondo Lecouteux, Ferlampin-Acher
precisa che il personaggio è vissuto di elementi folkloristici e
letterari: è presentato come un angelo talvolta buono e crudele,
pietoso e spaventoso, all'inizio del romanzo assume dei ruoli
prendendo la forma di un cavallo, di un uccello e di un cervo. Non
esce che durante la notte e abita nel fango e nelle acque salate.
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