giovedì 18 ottobre 2012

La speranza di ritrovarti


Ho pensato molto a lungo se scrivere quello che sto per raccontare oppure, per non impietosire nessuno, tenere questo piccolo segreto che segreto non è. Alcuni cari amici sanno di questa avventura ma ogni volta che ci penso, è come ricevere una pugnalata nello stomaco.
Dicembre 2009, pochi giorni prima di Natale, mi arriva una telefonata inaspettata dalla mia metà: "...Ti prego dobbiamo fare qualcosa." l'ultima frase mi lasciò di stucco. Mi raccontò che facendo una commissione in centro, ha visto un ragazzo chiedere la carità, di solito non la facciamo molto perché sono tante le vittime degli strozzini di cui sono schiavi e i soldi vanno a finire sempre nelle loro tasche. Ma dalla sua voce quando mi disse che portando una cioccolata calda ed una brioche e dandogli poi delle monete, capii che in quel mendicante c'era qualcosa di diverso.
Il sabato mattina quando arrivai a casa, decidemmo di andare a far colazione in centro, voleva mostrarmi quel poveretto anche se ero preoccupato da tutta la faccenda che sembrava strana, feci finta di nulla.
Me lo mostrò poco distante, lui era lì, apparentemente dell'età di vent'anni, capo chino e col freddo che faceva stava seduto per terra con jeans strappati, un giubbottino di lana e una sciarpetta al collo. Ebbi un senso di rimorso, ma venni condotto nella pasticceria vicino, prendemmo un caffè e una grossa tazza di cioccolata calda per lui. Poco dopo eravamo a due passi da questo ragazzo, quando si accorse della nostra vicinanza alzò lo sguardo: quello che provai fu una totale incapacità di muovermi. Tenevo in mano quel bicchiere come ebete, sentii il mio braccio toccare, mi scossi e porsi la cioccolata a quel ragazzo.
"E' per te..." dissi solamente, lui sgranò due occhi azzurri incredibilmente tristi e sorpresi. Sentii la voce al mio fianco dire "Bevila è calda, ti sentirai meglio, e ti do anche questi..." scivolarono nella sua mano alcune banconote. Ci ringraziò con un sorriso talmente triste e vero che rimasi inebetito, ma quando abbassai lo sguardo vidi che a quel ragazzo gli mancava la gamba sinistra dal ginocchio in giù e due dita dalla mano sinistra. Sentìì un gelo nell'anima, guardai negli occhi il mio amore e mi venne un nodo alla gola. Chiesi istintivamente "Come ti chiami?" Forse era troppo tempo che eravamo fermi lì e il ragazzo dopo aver bevuto un sorso di cioccolata guardò alla sua sinistra e un uomo in piedi più distante aveva il viso puntato su di noi. Poi si rivolse a me con fare titubante "Goran signore, mi chiamo Goran... Ora io..."
Avevamo capito, c'era chi lo sorvegliava, dopo averlo salutato ci allontanammo, ma intanto quell'uomo poco lontano andò vicino a quel ragazzo. Il giorno dopo ritornammo lì ma non c'era più. Forse non si chiamava neanche Goran e capìì perchè il giorno prima mi disse "Dobbiamo fare qualcosa."
Ci pensai per un anno intero, volevo rintracciarlo ma come? Anche rivolgerci alla polizia non avremmo ottenuto molto, so solo che davvero quando mi guardò in quel momento si scatenarono mille emozioni, capii che era il figlio che avrei voluto avere, aveva gli stessi miei occhi, aveva risvegliato quel senso di paternità a lungo sopito per non pensarci. Nel corso dei mesi successi la mia mente immaginava di poterlo rintracciare ed aiutarlo, di farlo star meglio in salute con operazioni, magari dandogli la possibilità di studiare e toglierlo dalle mani di quella specie di clan che sfruttano questi poveri ragazzi.
Avevo una pena nel cuore, fantasticavo sul fatto che se avessi avuto un figlio gli avrei dato tanto amore che è mancato a me da parte di mio padre, avrei seguito i suoi studi, l'avrei responsabilizzato a tante cose, avrei...
Dicembre 2010, poco prima di Natale arriva un'altra telefonata: "E' tornato, c'è ancora..." era tornato, quel ragazzo era lì di nuovo "Ho chiesto informazioni sul come fare per dare una mano, un amico maresciallo mi ha detto di chiamarlo non appena ci saresti stato anche tu." Dopo quella telefonata le speranze si fecero di nuovo avanti nel mio cuore.
Il sabato mattina eravamo lì davanti ancora con un cappuccio caldo e una brioches, Goran era ancora mezzo infreddolito seduto per terra a chiedere la carità, sul momento non ci riconobbe ma non appena gli dicemmo il suo nome, sorrise spalancando gli occhi su di noi. Provai una rabbia, sentii la mia voce dire "Prendi la macchina, vieni qui lo convinciamo a salire e lo portiamo al sicuro".
"Sei impazzito? Ma che dici?". "No tutt'altro, facciamolo ti prego..." Il ragazzo ci guardò stranito e volse il volto verso un angolo lontano della via, verso un uomo fermo in piedi. "Paolo vieni andiamocene, se chiamiamo qualcuno dei carabinieri, può darsi che serva qualcosa ma non ora, non qui..." guardai i suoi occhi mentre salutando il giovane mi prese per un braccio allontanandoci. "Ti rendi conto che sarebbe come un sequestro di persona? Cosa possiamo offrirgli con la situazione che abbiamo ora? Dovremmo pure nasconderci anche noi. Chi affronta quella gente?"
Aveva ragione, dannatamente! Eppure l'avrei fatto, fatto davvero. Non ebbi fame quel giorno, avrei spaccato tutto dalla rabbia. Perchè non si può far nulla? Perchè succedono queste cose? Perchè ci sono questi individui che sfruttano questi ragazzi sperando non siano stati loro a menomarlo in quel modo? 
Tornammo in città nel pomeriggio e lui non c'era già più, ne il giorno dopo ne l'altro ancora. Anzi non lo vedemmo mai più. Tra poco si avvicinerà nuovamente il Natale, la solita finta festa gioiosa dove si sprecheranno parole, bigliettini, buoni propositi, su facebook mille link di buone, pietose, care promesse invaderanno i nostri schermi, ma io da quel giorno non riesco più a gioire. Ci penso ancora anzi ci pensiamo ancora, speriamo ancora di poterlo rivedere o di aiutarlo ma ho paura che anche quest'anno non ci sarà. Vorrei credere, pensare che sia ancora in vita, che stia bene oppure che qualcuno possa aver preso in mano la sua vita nel migliore dei modi. Noi lo cercheremo sempre...

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