NEL BOSCO PRIMA DELL'ENTRATA
Il sole che era semi nascosto tra le grandi fronde degli alberi che circondavano quei boschi lontani dalla città, mi riparava dal caldo torrido di quel pomeriggio assolato e leggermente afoso. Camminavo da solo ed avevo voglia di assaporare quella passeggiata solitaria immerso in un verde quasi incantato. Una farfalla bianca mi girava attorno da un po' e subito mi era tornato in mente una leggenda Azteca, dove si raccontava che: "quando una farfalla roteava attorno a te, una persona che non c'è più e vive ormai in un'altra dimensione ti viene a salutare sotto forma di questo bellissimo insetto, o fa come una carezza o per farti capire che quella persona è accanto a te, se bianca è donna se colorata è uomo, oppure questa farfalla veniva ad annunciarti la notizia che una persona a cui sei legato se ne tornava in quell'istante in un mondo dove esiste solo la bellezza e serenità.
Sorrisi tra me quando lei sparì fra le foglie di cespugli in fiore poco lontani, un leprotto scivolò via veloce sulla mia destra probabilmente spaventato dalla mia presenza, poco più avanti mentre la strada si faceva sempre più ombreggiata, un piccolo rio scorreva poco distante finché lo raggiunsi.
Una piccola radura era costeggiata da questa roggia pulita e poco più in là grandi tronchi di grosse piante erano un invito a sedersi sotto i loro rami, come se potessero proteggerti da chissà cosa.
Istintivamente andai in quella direzione, avevo saltato il piccolo rio e mi ero avvicinato alla pianta più grande, un fazzoletto per terra e mi ero seduto con la schiena appoggiata a quel grande tronco bruno.
Osservavo il piccolo paesaggio attorno a me, lo spiazzo era coperto di fiori gialli e azzurri, un vento caldo e leggero muoveva cullando le foglie appese a quei grandi rami spioventi, il suono del fiumiciattolo ed il frinire delle cicale mi rilassarono talmente che chiusi gli occhi per un solo istante ma, forse la stanchezza, il caldo e quella sensazione di benessere mi fecero addormentare profondamente e tutto ciò che era attorno a me era sparito in un incanto, nel buio assoluto.
All'improvviso una voce mi svegliò:
"Paolo.... Paolino se qui davvero allora..."
Il volto di Francesca sereno e dolce mi guardava, i suoi occhi verdi brillanti erano su di me divertiti, mi ero stupito di vederla "Ma... che ci fai qui?" le dissi osservandola meglio, i capelli lunghi e scuri dai riflessi rossi si muovevano leggeri al venticello caldo, indossava un abito bianco, pantaloni e maglia di lino quasi argentei, mi aveva risposto senza prendermi per mano: "Seguimi, ti devo far vedere una cosa."
Come se fosse la cosa più normale la seguii, la guardavo da dietro, non aveva perso quella camminata sensuale che aveva sempre avuto, si era girata verso di me e sorrise "Vieni siediti qui su questo tappeto."
Sinceramente il tappeto non lo vedevo ma ne sentivo la consistenza, lei seduta davanti io dietro e all'improvviso il tappeto che non vedevo si era mosso alzandosi piano sopra il prato, il fiumiciattolo, gli alberi, i cespugli e in un breve spazio di tempo ci eravamo trovati in alto con un cielo azzurro sopra le nostre teste mentre il sole pur essendo forte non accecava i miei occhi.
"Ma..." cercai di dirle, mentre vedevo dopo il bosco una distesa di chiese cattoliche, templi indiani, moschee, sinagoghe, edifici religiosi di varie fedi, tutti immersi in piante di edera che sembravano soffocarli, attorcigliate come spire di serpenti verdi.
"Vedi?" disse Francesca mentre volavamo veloci su queste costruzioni e un vento fresco faceva volare i vestiti, i capelli e giravamo intorno a tutto ciò, "Queste sono le costruzioni che avete voi qui nel vostro mondo. Cose che là dove ora vivo io non ci sono mai state... E' tutto completamente diverso, da voi esistono perché create dagli essere umani ma non servono se non c'è altro nel cuore, mi spiego meglio non servono per quello di cui si avrà bisogno un domani quando verrete.." sapevo che mi poteva veder nonostante fossi dietro di lei, sentivo che percepiva un mio brivido di tensione per quello che raccontava. La mia espressione era attonita, Francesca sorridendo riprese a parlare cambiando discorso: "Guarda sulla tua destra." mi girai con il volto e vidi una città immensa, sotto una luce rosa dorata. Case enormi di forme mai viste con una scalinata enorme in mezzo che divideva le strutture in due parti mentre al centro si trovava una piazza immensa, era visibile seppur lontanissima quasi inconsistente dietro a una specie di nebbiolina argentea, appoggiata in una valle chiusa da due versanti di montagne piene di abeti.
Incominciavo a rendermi conto di non essere nella realtà, un brivido mi era corso sulla schiena.
"Non aver paura, ci sono io qui con te. Ora ti faccio vedere un'altra cosa e lì dovrai guardare con il tuo cuore, la tua anima e capire... Là sotto di noi."
Sotto di noi dopo aver virato col tappeto che io continuavo a non vedere, c'era un lago verde con al centro un'isola fiorita su cui appoggiava un tempio di cristallo luminoso fatto a piccoli esagoni, dall'entrata partiva una strada bianchissima passando come un ponte sull'acqua, finendo sulla riva davanti a noi e si congiungeva ad un altro tempio strano dalla forma di un lingotto circondato da colonne e sormontato da una costruzione a forma di fiamma spirale e tutti e due in oro puro.
"Li vedi? Li vedi tutti e due o due uniti in uno solo?"
"Cosa?" risposi non capendo.
"Guarda meglio cosa vedi?"
"Vedo due specie di strutture una sull'isola nel lago e l'altra sul prato unite tramite una strada bianca... Ma cosa sono?"
Silenzio, lei si rigira guardandomi negli occhi "Sono unite insieme, tu le vedi separate. Non hai capito ancora Paolo...", sentivo iniziare una specie di paura inculcarsi dentro di me, ero sicuro, ero li con lei, sentivo il vento sul viso e vedevo nitidamente sotto di me quel paesaggio eppure... Avevo alzato gli occhi, il cielo azzurro sopra le montagne con gli abeti erano lì ma io dov'ero esattamente in quel momento?
"Non aver paura finché sei con me... Ma ho capito che ancora non sei pronto, vedi i due templi separati ma loro sono uniti e non dalla strada..."
"Ho paura Francesca, vorrei tornare indietro." furono le mie parole, mi resi conto che c'era qualcosa di strano, di non reale in quello che stavo vivendo.
"Come vuoi fratello mio." aveva detto sorridendo "Ecco ti riporto là alla radura ma per tornarci, dovrai scavalcare quel muretto bianco prima, la chiave del cancelletto non ce l'ho io per farti passare."
avevamo lasciato le montagne, gli abeti, i templi, la città luminosa alle spalle ed il tappeto che non vedevo si era posato su quel muretto bianco che poco prima Francesca mi aveva indicato sotto di noi. Un muretto bianco, lunghissimo di cui non si vedeva ne l'inizio ne la fine da entrambe ed in mezzo un cancelletto di ferro battuto chiuso da una catena d'oro. Ci eravamo trovati seduti sopra, da lontano vedevo Milano e la pianura, mi girai verso Francesca e cercando di abbracciarla ma lei si scostò sorridendo sempre, sentii il suo pensiero - Non mi è permesso Paolo. Vai ora. -
Avevo fatto un salto dal muretto e avevo sentito la terra ferma sotto i piedi, mi tranquillizzai, Francesca mi mandò un bacio ma io avevo aperto le mani verso di lei "Salta giù, torna con me qui."
Il suo viso era diventato serio anche se gli occhi brillavano di una luce bellissima. "Sai che non posso, non potrò mai più farlo. Vai ora, ti voglio bene ma ci vedremo ancora in un posto così, quando avrò il permesso, ti raggiungerò ancora."
"Ma..." cercai di obiettare, lei salutandomi con una mano si era girata e scomparve dietro al muro, sulle mie labbra ci fu solo "Francesca...".
Una luce accecante mi fece aprire gli occhi, il sole stava tramontando ed era filtrato un raggio tra i rami colpendo il mio viso. Un sogno, era stato un sogno o non lo era completamente? Sentivo ancora la frescura del vento di poco prima mentre "ero sul tappeto" con lei. Mi alzai confuso ma sicuro che quel sogno fosse qualcosa di più, lentamente tornai indietro verso casa eppure qualcosa mi fece girare su me stesso ed una farfalla bianca dietro di me volava in modo bizzarro quasi allegramente sopra l'erba. Pensavo ai due templi e a ciò che dovevo capire e a ciò che non riuscivo a vedere, a ciò che lei cercava di farmi comprendere.
E' passato qualche tempo da quel momento ed ancora adesso cerco di capire se quello fosse stato un sogno o qualcosa di più, ma purtroppo ancor oggi non ho compreso ancora il significato di quelle due costruzioni che io vedevo distaccate mentre invece, secondo Francesca erano unite, il cristallo e l'oro.
Ci sarà ancora tempo per scoprirlo ed intanto aspetto che lei venga ancora a trovarmi e farmi sognare e sperare.
Giampaolo Daccò
Sorrisi tra me quando lei sparì fra le foglie di cespugli in fiore poco lontani, un leprotto scivolò via veloce sulla mia destra probabilmente spaventato dalla mia presenza, poco più avanti mentre la strada si faceva sempre più ombreggiata, un piccolo rio scorreva poco distante finché lo raggiunsi.
Una piccola radura era costeggiata da questa roggia pulita e poco più in là grandi tronchi di grosse piante erano un invito a sedersi sotto i loro rami, come se potessero proteggerti da chissà cosa.
Istintivamente andai in quella direzione, avevo saltato il piccolo rio e mi ero avvicinato alla pianta più grande, un fazzoletto per terra e mi ero seduto con la schiena appoggiata a quel grande tronco bruno.
Osservavo il piccolo paesaggio attorno a me, lo spiazzo era coperto di fiori gialli e azzurri, un vento caldo e leggero muoveva cullando le foglie appese a quei grandi rami spioventi, il suono del fiumiciattolo ed il frinire delle cicale mi rilassarono talmente che chiusi gli occhi per un solo istante ma, forse la stanchezza, il caldo e quella sensazione di benessere mi fecero addormentare profondamente e tutto ciò che era attorno a me era sparito in un incanto, nel buio assoluto.
All'improvviso una voce mi svegliò:
"Paolo.... Paolino se qui davvero allora..."
Il volto di Francesca sereno e dolce mi guardava, i suoi occhi verdi brillanti erano su di me divertiti, mi ero stupito di vederla "Ma... che ci fai qui?" le dissi osservandola meglio, i capelli lunghi e scuri dai riflessi rossi si muovevano leggeri al venticello caldo, indossava un abito bianco, pantaloni e maglia di lino quasi argentei, mi aveva risposto senza prendermi per mano: "Seguimi, ti devo far vedere una cosa."
Come se fosse la cosa più normale la seguii, la guardavo da dietro, non aveva perso quella camminata sensuale che aveva sempre avuto, si era girata verso di me e sorrise "Vieni siediti qui su questo tappeto."
Sinceramente il tappeto non lo vedevo ma ne sentivo la consistenza, lei seduta davanti io dietro e all'improvviso il tappeto che non vedevo si era mosso alzandosi piano sopra il prato, il fiumiciattolo, gli alberi, i cespugli e in un breve spazio di tempo ci eravamo trovati in alto con un cielo azzurro sopra le nostre teste mentre il sole pur essendo forte non accecava i miei occhi.
"Ma..." cercai di dirle, mentre vedevo dopo il bosco una distesa di chiese cattoliche, templi indiani, moschee, sinagoghe, edifici religiosi di varie fedi, tutti immersi in piante di edera che sembravano soffocarli, attorcigliate come spire di serpenti verdi.
"Vedi?" disse Francesca mentre volavamo veloci su queste costruzioni e un vento fresco faceva volare i vestiti, i capelli e giravamo intorno a tutto ciò, "Queste sono le costruzioni che avete voi qui nel vostro mondo. Cose che là dove ora vivo io non ci sono mai state... E' tutto completamente diverso, da voi esistono perché create dagli essere umani ma non servono se non c'è altro nel cuore, mi spiego meglio non servono per quello di cui si avrà bisogno un domani quando verrete.." sapevo che mi poteva veder nonostante fossi dietro di lei, sentivo che percepiva un mio brivido di tensione per quello che raccontava. La mia espressione era attonita, Francesca sorridendo riprese a parlare cambiando discorso: "Guarda sulla tua destra." mi girai con il volto e vidi una città immensa, sotto una luce rosa dorata. Case enormi di forme mai viste con una scalinata enorme in mezzo che divideva le strutture in due parti mentre al centro si trovava una piazza immensa, era visibile seppur lontanissima quasi inconsistente dietro a una specie di nebbiolina argentea, appoggiata in una valle chiusa da due versanti di montagne piene di abeti.
Incominciavo a rendermi conto di non essere nella realtà, un brivido mi era corso sulla schiena.
"Non aver paura, ci sono io qui con te. Ora ti faccio vedere un'altra cosa e lì dovrai guardare con il tuo cuore, la tua anima e capire... Là sotto di noi."
Sotto di noi dopo aver virato col tappeto che io continuavo a non vedere, c'era un lago verde con al centro un'isola fiorita su cui appoggiava un tempio di cristallo luminoso fatto a piccoli esagoni, dall'entrata partiva una strada bianchissima passando come un ponte sull'acqua, finendo sulla riva davanti a noi e si congiungeva ad un altro tempio strano dalla forma di un lingotto circondato da colonne e sormontato da una costruzione a forma di fiamma spirale e tutti e due in oro puro.
"Li vedi? Li vedi tutti e due o due uniti in uno solo?"
"Cosa?" risposi non capendo.
"Guarda meglio cosa vedi?"
"Vedo due specie di strutture una sull'isola nel lago e l'altra sul prato unite tramite una strada bianca... Ma cosa sono?"
Silenzio, lei si rigira guardandomi negli occhi "Sono unite insieme, tu le vedi separate. Non hai capito ancora Paolo...", sentivo iniziare una specie di paura inculcarsi dentro di me, ero sicuro, ero li con lei, sentivo il vento sul viso e vedevo nitidamente sotto di me quel paesaggio eppure... Avevo alzato gli occhi, il cielo azzurro sopra le montagne con gli abeti erano lì ma io dov'ero esattamente in quel momento?
"Non aver paura finché sei con me... Ma ho capito che ancora non sei pronto, vedi i due templi separati ma loro sono uniti e non dalla strada..."
"Ho paura Francesca, vorrei tornare indietro." furono le mie parole, mi resi conto che c'era qualcosa di strano, di non reale in quello che stavo vivendo.
"Come vuoi fratello mio." aveva detto sorridendo "Ecco ti riporto là alla radura ma per tornarci, dovrai scavalcare quel muretto bianco prima, la chiave del cancelletto non ce l'ho io per farti passare."
avevamo lasciato le montagne, gli abeti, i templi, la città luminosa alle spalle ed il tappeto che non vedevo si era posato su quel muretto bianco che poco prima Francesca mi aveva indicato sotto di noi. Un muretto bianco, lunghissimo di cui non si vedeva ne l'inizio ne la fine da entrambe ed in mezzo un cancelletto di ferro battuto chiuso da una catena d'oro. Ci eravamo trovati seduti sopra, da lontano vedevo Milano e la pianura, mi girai verso Francesca e cercando di abbracciarla ma lei si scostò sorridendo sempre, sentii il suo pensiero - Non mi è permesso Paolo. Vai ora. -
Avevo fatto un salto dal muretto e avevo sentito la terra ferma sotto i piedi, mi tranquillizzai, Francesca mi mandò un bacio ma io avevo aperto le mani verso di lei "Salta giù, torna con me qui."
Il suo viso era diventato serio anche se gli occhi brillavano di una luce bellissima. "Sai che non posso, non potrò mai più farlo. Vai ora, ti voglio bene ma ci vedremo ancora in un posto così, quando avrò il permesso, ti raggiungerò ancora."
"Ma..." cercai di obiettare, lei salutandomi con una mano si era girata e scomparve dietro al muro, sulle mie labbra ci fu solo "Francesca...".
Una luce accecante mi fece aprire gli occhi, il sole stava tramontando ed era filtrato un raggio tra i rami colpendo il mio viso. Un sogno, era stato un sogno o non lo era completamente? Sentivo ancora la frescura del vento di poco prima mentre "ero sul tappeto" con lei. Mi alzai confuso ma sicuro che quel sogno fosse qualcosa di più, lentamente tornai indietro verso casa eppure qualcosa mi fece girare su me stesso ed una farfalla bianca dietro di me volava in modo bizzarro quasi allegramente sopra l'erba. Pensavo ai due templi e a ciò che dovevo capire e a ciò che non riuscivo a vedere, a ciò che lei cercava di farmi comprendere.
E' passato qualche tempo da quel momento ed ancora adesso cerco di capire se quello fosse stato un sogno o qualcosa di più, ma purtroppo ancor oggi non ho compreso ancora il significato di quelle due costruzioni che io vedevo distaccate mentre invece, secondo Francesca erano unite, il cristallo e l'oro.
Ci sarà ancora tempo per scoprirlo ed intanto aspetto che lei venga ancora a trovarmi e farmi sognare e sperare.
Giampaolo Daccò
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