Su questo mio blog, ho raccontato qualche avventura accadutami a Parigi insieme al mio amico Louis, avventure di anni fa, piacevoli e bellissime solo come questa stupenda città può dare. Così è stato anche il mio "viaggio di nozze" molti anni dopo, venti giorni quasi magici per ritrovare la città che molti anni prima conoscevo bene e che non asvrei mai scordato per tutta la vita.
Questa che sto per narrare è un'altra avventura, una canzone trasmessa alla radio stamattina, ha fatto si che il ricordo prepotentemente, venisse a galla mentre fischiettavo facendomi la barba:
Tramonto rosso fuoco, la Tour Eiffel si stagliava tra il rosso del sole e il rosato ed oro del cielo, Venere era là, splendida e luminosa poco più in alto, Louis ed io eravamo appoggiati con le braccia sul Pont de Carrousel, sulla sinistra due signori anziani guardavano il battello scivolare sotto di noi sulla Seine, alla nostra destra il Louvre, imbrunito dalle ombre della sera, sembrava quasi un ombra minacciosa.
Era uno dei miei ultimi giorni di vacanza a Parigi, a casa del mio amico Louis, i nostri volti erano verso quella torre così alta e scura, i pensieri persi chissà dove. Improvvisamente sentii il suo sguardo su di me, non capivo il perché ma quando voltai il mio verso il suo viso, mi sembrò che gli occhi fossero lucidi.
"Che c'è?" chiesi girandomi con la schiena appoggiata al ponte.
"Nulla... Nulla..." la sua voce mi sembrava triste, all'improvviso mi abbracciò forte... Mi preoccupai, pensavo che non stesse bene, poi si staccò chiedendomi scusa per il gesto magari frainteso.
"Frainteso?" Mi chiesi... Era solo un abbraccio dato da un amico magari in difficoltà per qualcosa che non sapevo forse, avevamo dormito nello stesso letto in quella mansarda dove abitava, c'era pura amicizia tra noi. Una di quelle vere, di quelle poche che appagano il cuore e la mente.
"Mi... mi dispiace che tu te ne vada... Che ritorni in Italia tra pochi giorni."
"Tra cinque giorni Louis..." sdrammatizzai abbozzando un sorriso, lui mi prese per un braccio e mi condusse in silenzio verso Rue de Saints Pères, e quasi correndo ci ritrovammo in Boulevard Saint Germain.
"Preferisco stare in mezzo alla gente, non soli su quel ponte a guardare quel tramonto, la Senna e tu pensieroso. Tutto questo mi aveva messo addosso una tristezza... Almeno qui in mezzo a tutta la gente mi sembra di stare meglio."
"Louis davvero non capisco, non è la prima volta che vengo a Parigi, che ci vediamo... Mi hai promesso di venire a Milano a casa mia ad aprile del prossimo anno... Non dovresti essere triste."
"Ma questa volta è diverso." concluse sedendosi ad un tavolino di un bar, mi sedetti anch'io.
"Come sarebbe a dire: questa volta è diverso?"
Il suo sguardo era oltre il mio...
"Partiamo per il Canada, con i miei, partiremo tra due mesi, l'ho saputo stamattina da papà... Ci trasferiamo lì per tre anni. Papà ha avuto un incarico di lavoro per la sua società..."
Mi venne un colpo, tre anni lontani e un aprile, il prossimo, senza la sua visita che avrebbe fatto piacere a mia madre e a mia sorella.
"Beh c'è il telefono, ci potremmo scrivere..."
"Si ma non è la stessa cosa Jean (mi chiamava così quando era arrabbiato o triste), lo sai che sei un fratello per me, un fratello che non ho mai avuto, sei molto di più degli amici che ho qui, neanche Francine, Robert e Didier, sono come lo sei tu per me!"
Mi venne addosso una tristezza infinita, un altro amico che se ne va lontano e chissà quando l'avrei rivisto ancora, cercai di sorridere nuovamente ma lui mi fissò serio.
"Voi italiani pensate sempre male..." rimasi basito, aveva interpretato male il mio sorriso? Cercava di ferirmi o di sfogare qualcosa per non soffrire troppo?
"So cosa pensate se un uomo dice queste cose ad un altro uomo..."
"Ma sei matto Louis? Ma che dici? Volersi bene non significa chissà..." Non mi fece finire la frase, si scusò per la sciocchezza detta. Pensava che avessi capito male il suo abbraccio e la sua commozione, ma un'amicizia che durava da qualche anno non lasciava spazio a dubbi, però vidi davvero la sofferenza negli occhi del mio amico.
Dopo aver bevuto qualcosa e mangiato un panino, ci avviammo a piedi verso casa, avevamo un appuntamento con Didier e Marcel un loro amico di Tours ospite come me a casa dell'altro.
La serata passò serena, avevamo ascoltato musica e cantato, ci siamo rimpinzati di dolci e bibite... Un gioco a carte e mezzanotte si era fatta vicina, gli altri due amici dovevano tornare a casa, il padre di Didier era piuttosto severo e aveva dato loro un orario preciso.
Più tardi in camera, stavo scrivendo un paio di cartoline sulla scrivania davanti al letto, Louis era già dalla sua parte e stava leggendo un libro. Poco dopo sua madre venne a darci la buona notte e ci augurò una buona visita per l'indomani a Versailles, una gita di due giorni già organizzata insieme a Didier, Marcel e Robert.
Appena finito di scrivere mi misi a letto, non avevo acceso l'abat-jour perchè avevo sonno. Louis si girò a guardarmi, aveva messo il libro sul comodino e spento la luce. Dalla finestra i fiochi raggi di una luna lontana davano in quella stanza un alone da fiaba.
"Ti posso abbracciare?" mi chiese titubante Louis, lo feci io per lui, si mise a piangere con la testa sul mio petto, mi sembrava un bambino... Doveva sfogarsi, avevo capito il dolore che lo attanagliava e non era solo per me, io potevo essere una delle tante cose che non avrebbe più visto per tre lunghi anni, lunghi per la nostra età, per i nostri vent'anni.
Restammo abbracciati così mentre lui mi parlava delle sue cose, delle sue avventure da piccolo. In quel momento ero quel fratello che gli mancava, non vedeva le mie di lacrime per fortuna, in quel momento dovevo essere il più forte...
Si addormentò piano vicino a me, sentivo la sua spalla vicino alla mia e pensai a quanto erano stati belli quegli anni, quelle vacanze fatte insieme. Gli sfiorai la testa con la mano "Mi mancherai molto anche tu." pensai e come lui avrei voluto un fratello maggiore con cui giocare e confrontarmi. Il sonno prese il sopravvento anche per me e la notte passò veloce.
La luce del sole mi abbagliò il viso il mattino dopo, spalancai gli occhi, Louis era in piedi davanti alla finestra, mi sorrise e mi schiacciò un'occhio.
"Forza pigrone, Versailles ci aspetta e così gli altri... Voglio godermi come non mai questi nostri cinque giorni di felicità. Vediamo chi arriva per primo in bagno".
Ci arrivò lui ovviamente e intanto che aspettavo il mio turno, pensai alla nostra amicizia e mentre stavo per commuovermi, prontamente mi alzai e aprii le finestre, una giornata limpida e stupenda ci aspettava, un forte respiro e nulla ci avrebbe più fermato.
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