giovedì 27 dicembre 2012

Alla fine del bosco



   Piccoli fasci di luce chiara filtravano tra le intense fronde ed i lunghi rami di quella macchia verde scuro, quei raggi scendevano obliquamente da un punto nel cielo fino a colpire quei resinosi tronchi bruni che celavano tutta la visuale sui fianchi del sentiero. Un silenzio quasi ovattato ed interrotto solo da strani cinguettii irrompeva tutto intorno e piccoli cespugli di bacche delimitavano il confine tra quella foresta e la via erbosa che conduceva in chissà quali mete lontane.
   Azavan, il biondo ragazzo chiuso nel caldo mantello di lana cotta dal colore del mare, procedeva in quella strana boscaglia verso una metà sconosciuta, richiamato da una forza misteriosa a cui non sapeva dare un nome. Non conosceva il perché si sentiva obbligato a percorrere quel tragitto oscuro, ne riusciva a capirne il significato, vedeva solo questi grandi alberi ed i loro rami che formavano un arco sopra la sua testa e qui raggi dorati e fini provenire dalla luce del sole molto lontana.
   Sapeva solo della sua crisi mistica, non riusciva più a credere nella sua religione, nei suoi dogmi, nei suoi miracoli e tanto meno nelle figure e nelle parole di chi la rappresentava, pensava a tutto questo  mentre si vestiva nella calda sua stanza, pensava che forse una passeggiata in quel bosco poco lontano da dove abitava, potesse dare ordine ai suoi pensieri. Eppure da giorni sentiva che un richiamo misterioso proveniva da quel luogo in cui non si era avventurato quasi mai, indipendentemente dalla sua crisi e dai suoi pensieri. Fu così che si ritrovò in quello strano posto, dove oltre al silenzio, si poteva percepire un'atmosfera arcana.
   Un nugolo di farfalle colorate apparve all'improvviso davanti a lui e come in una danza angelica ruotarono attorno alla sua figura per pochi secondi, poi volarono veloci tra i fitti alberi e sulla strada a qualche decina di metri più avanti vide un uomo vestito di viola col mantello dalla tinta purpurea seduto su una staccionata che bloccava il sentiero da ogni passaggio, Azavan  pensò subito ad un cavaliere che si riposava dalla lunga camminata ma accanto a questi non vedeva il suo destriero. Il volto che vedeva sempre più nitido nell'avvicinarsi a lui, gli sembrava tanto dolce quanto famigliare. L'uomo sorrise al saluto educato del ragazzo biondo che nel suo intimo aveva timore e paura, subito dopo Azavan sentì un calore nel suo cuore che abbandonò ogni sensazione di tensione. Si accorse del rumore di acque che sembravano correre veloci chissà dove e volgendo il suo sguardo a destra e vide che al posto degli alti alberi c'era un grande fiume blu delimitato dalla stessa staccionata dove stava seduto quell'uomo misterioso.
   Aldilà del fiume un'immensa e bellissima città illuminata da una luce rosa-dorata, da dove proveniva una musica strana e dolcemente allegra, riusciva a scorgere le forme strane delle sue case mai viste prima e in mezzo quella grande scalinata, enorme nella sua maestosità che partiva dalla base del fiume fino ai tetti strani e brillanti come cristalli.
   Non riusciva a crederci, ma dov'era finito? Quel bosco è sempre stato vicino alla sua casa, alla sua cittadina, alle sue colline ma mai si era vista una cosa del genere, si voltò verso quell'uomo che sorrideva e mentre stava per dire qualcosa, alle spalle di quest'ultimo decine di templi di ogni religione stavano davanti a lui: minareti, campanili, chiese ortodosse, cattoliche, gotiche, protestanti, sinagoghe, templi arabi, indiani, statue animiste... Tutti avvolti da erbe rampicanti, liane, alberi dalle fronde contorte, tutti vuoti, abbandonati e incolori.
   Ebbe solo il tempo di dire "Ma..." che l'uomo dagli occhi buoni e severi parlò:
"Azavan, ti aspettavo già da qualche tempo e finalmente hai risposto alla mia chiamata, ti starai chiedendo il significato di ciò che vedi attorno a te. Posso solo dirti che quella bellissima città, dalla luce d'oro è la casa di tutti, di tutte le persone che la raggiungeranno non appena finiranno il loro compito, la loro missione, il loro destino. Come puoi vedere è molto diversa da questi." gli disse indicando quei templi avvolti dai rami. "Questi non sono altro che simboli dati da tutti gli uomini che nel bene o nel male, rappresentano ciò che non hanno mai visto ne con i loro occhi ne con il loro cuore. Spesso questi simboli hanno fatto più del male che del bene, ma moltissime volte hanno aiutato chi nel cuore aveva tanto amore, tanta pena e tanto dolore... Ma una cosa ti assicuro, resteranno solo nel mondo che tu conosci e non apparterranno mai a quella città immensa piena di amore." continuò indicandola.
   "Un mio figlio disse che il tempio di Dio è nei vostri cuori, ecco il vero significato di tutto ciò. Guardati nel cuore, nella tua anima e troverai tante risposte, se ciò che diranno i rappresentanti di questi simboli ti sembreranno falsi, inutili a volte sbagliati, non ascoltarli. Ricordati di questa città, la sua luce, il suo amore e soprattutto ascolta il tuo cuore e dona amore, speranza ed aiuto... Questa è la giusta strada per tornare a casa."
   Azavan sentiì le lacrime scendere sulle sue guance ma aveva il sorriso che illuminava il cuore dell'uomo ma, quando allungò la mano per toccare quella dell'altro, questi indietreggiò emanando come una polvere d'oro dal suo mantello e sorridendo a sua volte disse:
   "Questo non puoi farlo, mi dispiace ma se lo vorrai, sentirai tutto il mio abbraccio e il mio amore in ogni momento ed in ogni luogo."
   All'improvviso Azavan aprì gli occhi e si ritrovò nel suo letto mentre il gallo cantava fuori nel cortile, si chiese se quello che aveva fatto era un sogno oppure una magica realtà e mentre si alzò dal letto vide sulla sua mano destra della polvere d'oro, ed allora capì. 
(Giampaolo Daccò)

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