lunedì 23 maggio 2016

CONFINI



CONFINI

Da piccolo e poi con gli anni a venire, non sono mai riuscito a comprendere quali sono i veri confini che l'uomo abbia mai inventato. Confini mentali, territoriali, sociali e tanto altro.
La fortuna o la sfortuna di aver vissuto parte dell'infanzia e dell'adolescenza in una piccola città alle porte di Milano, mi ha costretto troppo presto a prendere coscienza del fatto che esistono diversità legate a mentalità ed atteggiamenti per me ancor oggi impossibili.
Vivendo allora sul "confine", praticamente vicino al ponte sul fiume che divide tutt'ora la grande cittadina in due parti (e che ora spero non sia più così il modo di vedere le cose), dove quelli di là del ponte non andavano d'accordo con quelli di qua, oltretutto la parte più grande della città (praticamente il centro) era ed è tut'ora divisa da un viale lungo più di un chilometro e mezzo dove anche in questa zona esistevano due parti ben distinte.
L'unico collante era il centro storico circondato dalle mura del castello, dove la vivacità di un comunità fatta da tanti popoli che nel corso dei secoli si era amalgamato sempre di più (spagnoli-francesi-veneti-tedeschi), univa tutti durante le due sagre dei due santi protettori che avvenivano in pieno inverno ed in piena estate.
Le tre parti di questo enorme paese, un tempo chiamate Cogozzo, San Martino in Stambiello e San Rocco (alcuni ironicamente lo chiamavano San Rocco al Lambro) ed ognuna col suo santo patrono, erano nei secoli scorsi, protagoniste di scorribande e di litigi dove quello di là non poteva sposare una dell'altra parte.
Divertente? No, non direi anzi, questi confini inutili di una cittadina fatta di quartieri (un tempo borghi ben distinti) avevano creato lotte e inimicizie incomprensibili.
Ovviamente non farò nomi ma il racconto che dirò ora, rispecchia quella realtà e da protagonista di allora, mi fa ritrovare ora, in quest'attimo a sorridere alla scena che a quel tempo mi sembrava tragicamente assurda.
Con la mia famiglia praticamente abitavano sul confine, sulla linea "doganale", dove un tempo lontano c'era un albergo, gestito da un prozio con tanto di riposo per i cavalli e quindi "un confine", infatti essendo in "bilico tra una parte e l'altra, mi fecero fare la scuola materna da una parte e le altre, nel quartiere opposto.
Per me una valeva l'altra.
Avevo circa otto o nove anni ed in una bella giornata di sole estivo,i ritrovai un giorno a gironzolare per il viale alberato di San Rocco, quando fui avvicinato da quattro ragazzi più o meno coetanei, al che uno protestò perché io fossi nella loro zona, nel loro quartiere e voleva picchiarmi perché abitavo aldilà del ponte. 
La frase che blocco il tipo, fu dell'altro suo amico:
"Ma sei scemo? Il Paolino è sul confine sul ponte, zona neutra, lascialo stare e guarda di là..."
In fondo al viale stavano giungendo tre ragazzi della zona di San Martino in bicicletta...
Fu lì che vidi l'assurdità della cosa.
Si picchiarono, litigarono, gli altri fuggirono e chiamarono i loro amici del quartiere...
Non so cosa successe dopo, io, quello sul confine, alla dogana, me ne andai veloce evitando di vedere cosa sarebbe accaduto poi.
Ecco questo era un piccolo aneddoto accaduto degli anni sessanta, cinquantanni fa quasi.
Ed ora siamo ancora allo stesso punto: i confini.
L'uomo vive di queste cose, sia socialmente, mentalmente, economicamente e poi parla invano di uguaglianze e fratellanza, si a parole.
Potrebbero andare anche bene i confini di stato invisibili ed inventati, potrebbero essere utili protezioni in caso di necessità ma i più pericolosi sono quelli mentali, dove il pensiero impedisce di vedere l'uguaglianza, la capacità di comprensione, l'aiuto reciproco, la tolleranza, il bene comune...
E siamo ancora qui a scannarci perché uno è rosso, uno è bianco, uno è nero, perché uno è africano, uno è inglese, uno è eschimese.
siamo ancora qui dopo millenni, ad insultarci e farci guerre perché uno è cristiano, l'altro induista ed un'altro ancora ebreo... 
Poi ancora perché uno è etero, uno è gay, l'altro è un prete oppure un militare... 
Perché ed a cosa serve?
Tutti questi inutili confini invisibili, ignobili ed umilianti per gli esseri umani non porteranno che al nulla, come sempre sarà.
Peccato, forse un giorno questi limiti cadranno, solo allora potremmo dirci fratelli e urlare siamo uguali e nessuno è diverso... Solo allora, forse.
GpDS


2 commenti:

  1. L’argomento è complesso Paolo, purtroppo i pregiudizi ci sono sempre stati e ci saranno sempre è solo colpa dei preconcetti che ognuno di noi ha e che ci sono stati impressi da piccoli. Tutti abbiamo pregiudizi perché è proprio la mente umana che funziona così. Purtroppo so di averne anch’Io, però cerco di imparare a riconoscerli e rifletterci con mente aperta e, con autocritica, e obiettività. Me lo ricordo bene come ragionavo da bambino, noi avevamo il senso della nostra appartenenza attraverso l’acquisizione degli usi, del dialetto, di schemi comportamentali tipici della nostra cultura. Il nostro pregiudizio era basato più sul "sentito dire" che sull'esperienza diretta, mi ricordo che avevo dei pre-giudizi verso i meridionali, li chiamavamo con un gergo spregiativo (Teron), si cercava di evitarli. Poi gli stereotipi e pregiudizi diminuiscono man mano che noi cresciamo, in una società sempre più "colorata” poi chi a cervello impara a non problematizzare e a non problematizzarsi , si inizia a riconoscere e condivide alcune caratteristiche con altre persone . Molta della gente si dichiara aperta e ospitale, ma all’atto pratico si scopre tanta ipocrisia. Io non sono moralista e bigotto e guardo solo alla realtà, tutti hanno diritto a una sistemazione dignitosa non bastano solo parole di accoglienza. Perché molti ragionano con altre parti del corpo che non sono il cervello. Evidentemente non hanno le idee chiare. Mi sono reso conto che certi pregiudizi sono difficili da rimuovere e é difficile non fare pregiudizi ,termino dicendo che personalmente penso che questa immigrazione debba generare integrazione .

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  2. Ha ragione Marco i pregiudizi sono duri a morire,e' molto facile a parole io non sono razzista o non ho pregiudizi poi all'atto pratico e' tutto diverso.Ma a differenza di Marco credo che tutta questa immigrazione di massa senza controlli e senza nessun piano portera'soltanto tanta rabbia verso chi non ne ha colpa.Fino a pochi anni fa non pensavo che l'italiano fosse razzista,ma ultimamente non posso dire che non lo sia.Io stessa alcune volte mi ritrovo a fare delle considerazioni che non avrei mai fatto prima anche perche' sono sempre stata fin da ragazza paladina delle cause impossibili... anticonformista e senza pregiudizi di nessun genere...e me ne stupisco...

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