venerdì 1 marzo 2019

AVEVI PROMESSO





AVEVI PROMESSO

"Eccomi, sono qui davanti a te, alla tua immagine, davanti quella che hanno inventato per poter dare un volto a chi potresti essere davvero, ma non tutti si ricordano come sei realmente.
Sento il vento caldo tra i capelli, provenire dai campi di grano dietro le spalle, vedo la luce dorata entrare all'interno della tua casa sperduta in mezzo ad una natura da sogno.
Sopra di me, mentre stavo arrivando qui, un cielo azzurro pieno di profumi mi ha fatto stare bene, come se nell'animo fosse scesa una pace incredibile.
Un pensiero mi è balenato in testa da quando ho intrapreso la stradina che porta a questa tua piccola casa: "Avevi promesso"
Una specie di sogno fatto qualche notte fa, qualcuno che tu conosci, vedendomi in un momento di debolezza, mi ha portato in un luogo lontano, come fosse l'anticamera della tua dimora e con lui ho rivisto tutta al mia vita.
E non solo, mi ha fatto rivivere il momento in cui quando non ero ancora nel mio involucro,  stavo in mezzo a tanti altri uguali a me fatti di luce leggera e sentire la tua voce che mi diceva:
"E' giunto il tuo momento, è arrivata l'ora di iniziare la tua esperienza aldilà della luce... Sappi però che ti prometto, oltre a tutto questo, una fortuna incredibile che comprenderai nel corso del tuo cammino, questa ti sarà data come premio."
Mi ero svegliato con una strana sensazione, dovevo incontrarti.
Eccomi qui ora davanti a te, fino a poco fa non avevo capito qual'era la mia fortuna mentre tu lo sai, l'hai sempre saputo... 
Ed io me lo sono sempre domandato per tutta la mia esistenza: "Avevi promesso... Ma non mi avevi dato nessuna fortuna."
Eppure durante tutti questi anni non avevo capito, non avevo compreso se non ora mentre sto incamminandomi verso di te.
La mia storia la conosci già, da sempre, forse ancor prima che la vivessi.
Appena nato avevo perso mia madre per un lungo parto difficile, così mi avevano cresciuto allora una nonna ed un padre cattivi, assenti e nei loro occhi sempre quell'accusa: "Sei stato tu ad ucciderla nascendo".
Mio padre dopo poco tempo, si era risposato con un'amica di mamma e per me era stato un dolore quando l'avevo saputo e poi compreso cos'era successo da quando ero nato.
L'età più bella e spensierata come quella di tanti bambini e lo ero io, l'avevo trascorsa in un collegio per poveri, loro, quella che doveva essere la mia nuova famiglia, non potevano sopportare la presenza di quel figlio che ricordava tanto l'altra, quel ragazzino silenzioso e succube di nuovi fratelli che crescevano arroganti come mio padre.
Poi mi sono ritrovato maggiorenne fuori dal collegio con un titolo di studio inutile, finendo in una fabbrica maleodorante con un lavoro duro, abitando in un monolocale nella periferia scalcagnata della metropoli padana.
Poi chiamato da uno zio, ero andato ad abitare con nonna, quella che mi accusava da bambino, si era ammalata e nessuno voleva prendersene cura per via del suo carattere.
Oltre alle cure che le prestavo, cercando di evitare discussioni e litigi,  lei sapeva solo dirmi di aver fatto morire sua figlia quando nero nato e che avevo portato sventura nella sua famiglia e intanto mi chiedevo perché il senso del dovere e di colpa mi obbligava a stare con questa  donna esranea, sola e malata? 
Ed intanto aspettavo la fortuna promessa.
Dopo la scomparsa di lei, quella che aveva sposato e fatto figli con mio padre, aveva deciso di lasciarlo per un altro uomo ovviamente non appena lui si era ammalato gravemente come sua madre.
Mosso da pietà e lasciati alle spalle i dolorosi ricordi del passato, mi ero occupato di lui ed intanto avevo creato una mia famiglia sposando una brava ragazza conosciuta sul posto di lavoro.
Mia moglie odiava mio padre dopo aver spauto tutt ala storia e dopo tanti anni i miei tre figli una volta cresciuti, aevano preso strade diverse di cui uno era finito in prigione per spaccio ed uso di droga.
Quant'era stata la vergogna provata quando tutti mi guardavano in modo accusatorio, come se noi genitori non fossimo stati dei bravi padre e madre.
Quando pochi anni dopo morì mio padre in un istituto dove solo io andavo a fargli visita, mia moglie come fece la mia matrigna, se n'era andata con due dei nostri tre figli, per un uomo diverso da me, più solido e forte, più concreto, io non ero troppo presente ed avevo sempre problemi da risolvere, avevo cercato di capirla di comprendere la sua scelta fatta, l'unica cosa che sapevo era di essere rimasto solo.
Ed intanto restavo sempre in attesa della fortuna promessa da Te.
Quando un giorno, mi chiamarono dall'ospedale del carcere perché mio figlio si era aggravato ulteriormente per quella nuova malattia terribile, presentandomi nella camera che sapeva di medicine, non c'era nessuno accanto a quel povero ragazzo e lui piangendo cosciente del dispiacere che aveva causato a noi e del tentato mio aiuto per farlo uscire da quell'incubo, se ne era andato tra le mie braccia chiedendomi scusa, ricordo lo baciai sulla fronte stringendolo al mio cuore. 
Ho pianto tutte le mie lacrime, ti avevo anche insultato allora, ero deluso dalla tua mancata promessa, quella fortuna che avrei dovuto avere, ma ancora non sapevo che il peggio doveva arrivare.
Un giorno l'azienda in cui ero assunto, aveva chiuso i battenti, era finito il lavoro e con moltri altri colleghi ero rimasto a casa disoccupato.
Cercando in giro un'occupazione anche occasionale, avevo trovato qualcosa:, due lavori di cui uno non in regola, entrambi mal pagati ma almeno potevo vivere decentemente.
Vivere o meglio sopravvivere fino a quel giorno di sette anni fa, quando il macchinario che manovrava un mio collega ed amico mi venne addosso.
Avevo aperto gli occhi in ospedale dopo tutto quello che era succeso e sul mio tavolino c'era un vaso di tulipani che lui, il mio collega, mi aveva regalato, nel tempo mi era stato vicino con la sua famiglia ed aveva cercato in tutti i modi di aiutarmi probabilmente sentendosi in colpa per ciò che aveva fatto.
Anche Antonio perse il lavoro e i nostri datori vinsero ogni causa che avevamo intentato a loro dopo la trgedia, ma intanto la fortuna non arrivava ancora.
Antonio fece in tempo a regalarmi una sedia a rotelle quando con la sua famiglia era sparito su quell'aereo precipitato in mare mentre cercava fortuna, lavoro ed una nuova vita dall'altra parte dell'oceano, promettendomi che se le cose fossero andate bene, mi avrebbe portato da lui.
Ricordo che ti avevo urlato contro ogni cosa, non era possibile, avevo vissuto una vita al limite di ogni dolore e sopportazione e la fortuna promessa?
Molti mesi dopo in un giorno d'autunno, una bella signora che si occupava di persone disabili, mi aveva chiesto se potevo darle un aiuto nella sua "scuola di vita", una scuola che serviva ad affrontare chi non aveva mai accettato una malformazione, un difetto, una perdita di un parte del proprio corpo.
Non so perché me lo aveva chiesto, era un mattino come questo, luminoso, lei mi guardava poco distante in quell'istituto di frati in cui ero andato ad abitare dopo aver recepito la pensione d'invalidità.
Lei era bella con i suoi occhi verdi e giovani, immarsa nel verde del parco della struttura dei frati, poi poco più in la, staccandosi da quella ragazza si era avvicinato suo marito mentre avevo appena controllato su una lettera datami da padre Luciano, l'addebito della mia pensione in banca.
Claudio e Gabriella erano stati gentili e mi avevano spiegato in che cosa consisteva il lavoro. 
Avevo accettato subito perché, in quel mentre  dentro di me avevo rivisto lo sguardo di mio figlio mentre spirava tra le mie braccia.
Neanche allora la fortuna promessa era arrivata e non capivo se tu mi avessi mentito allora o c'era qualcosa che non comprendevo, ma coscientemente avevo intuito che potevo fare qualcosa per gli altri ed anche per me stesso.
Ecco, ora sono qui davanti a te, in questa tua piccola casa immersa nel nulla, creata tempo fa  da chissà chi, so che tra poco forse qualcuno verrà a parlare con te come sto facendo io, ma vorrei finire il mio dialogo a senso unico.
In quindici anni anni di lavoro con quei signori, ho pianto molto nel vedere quelle persone che stavamo aiutando, ho anche riso con bambini, vecchi, giovani e i loro parenti. 
Abbiamo visitato tanti bei posti, giocato, cantato e costruito anche un'altra struttura e scuola in un'altra città.
Il mio aiuto come quelli di altri, erano stati fondamentali per molte persone sofferenti e nonostante il dolore della solitudine, solo non lo  ero.
Nonostante una vita durissima, la mia mente aveva trovato soluzioni a volte belle ed incredibili nell'appoggio a chi aveva il dolore dentro.
Quando stamattina, avevo deciso di venire da te per chiederti come mai la fortuna promessa non era mai arrivata, sulla strada avevo visto un carretto con un omino che vendeva tulipani colorati ed avevo ricordato il mio risveglio dopo l'incidente e lo sguardo del mio amico che avevo perso tempo dopo.
Avevo capito in quell'istante, qual'era stata la mia fortuna: ero me stesso, ciò che porto dentro, quello che la vita fatta di sacrifici e dolore mi aveva dato nel corso degli anni e portato come aiuto a chi ne aveva bisogno, a chi con sguardi dolci stavo aiutando fino a poco tempo fa.
Eccomi qui davanti a te per chiederti scusa, per non aver capito, non importa se ho perso tutto, se sono su una sedia a rotelle da quasi venti anni, non importa se non mi fanno vedere i miei nipoti o chi ho amato e si è dimenticato di me.
Ho dentro nel cuore tanto da donare, ho dentro quel "qualcosa" che da amore ed aiuto a chi ha bisogno e nello stesso tempo ho aiutato me stesso a guarire dal male invisibile.
Su questa strada stamattina ho scoperto la felicità e di essere quello che mi hai promesso, un uomo fortunato.
L'avevo sotto gli occhi ma non capivo.
Ora ti saluto, verrò spesso a farti visita, la tua piccola e serena casa isolata in un paradiso verde mi piace e mi da conforto, a presto mio Signore, padre mio.
La sedia a rotelle è gia lontana sulla strada che porta verso la vicina città, la piccola chiesetta con il crocefisso di legno antico e il mosaico del Signore sopra la volta, sembra davvero un piccolo paradiso.
Dietro ad una tenda, dopo l'altare un sacerdote ha assistito a tutta la scena ed alle parole dell'uomo, senza mostrarsi per pudore e rispetto.
Ora il sacerdote con le lacrime sul giovane volto, è in ginocchio davanti al crocefisso e lo sguardo azzurro velato è rivolto verso quel magnifico mosaico dove il volto del Padre sembra guardarlo sorridendo.
"Mio Signore, perdonami ora ho capito anche io qual'è la fortuna che anche tu mi avevi promesso tanto tempo fa, la sentivo nel cuore ma non la vedevo e questo povero uomo, no... Scusami questo uomo straordinario oggi mi ha fatto comprendere il vero significato.
Eccomi sono qui al tuo volere e servizio con amore e ti ringrazio per ciò che mi hai donato e che come quell'uomo ti ha detto con cuore e spirito: ti prometto che lo cercherò in città e non sarà mai più solo. Grazie".
Il giovane prete si alza e quasi corre verso l'uscita, nessuno è più sulla strada ma un profumo di rose dal giardino davanti colpisce il suo olfatto, chiude gli occhi e sente dentro di se tanto amore.
"Verrò a cercarti chiunque tu sia e ti ringrazierò per quello che mi hai dato oggi."
Il sole illumina i campi verdi e i palazzi chiari della città vicina, un aria calda e profumata invade l'aria, oggi per due persone la vita si è trasformata in un amore diverso, un amore grande.

Giampaolo Daccò dos Lerèn.


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