giovedì 17 ottobre 2024

MARIA SARI, LA MORA


 MARIA SARI, LA MORA

La mia nonna paterna.

Vorrei dedicare questo racconto a Lei, Maria, la mia nonna-mamma che mi aveva cresciuto come ha cresciuto le mie cugine Maria Teresa ed Anna che la chiamavano zia-mamma, perché il 16 ottobre era stato il suo compleanno.
Aveva solo 43 anni quando nacqui io ed era una giovane donna che sembrava mia madre anziché la nonna, la chiamavano con il soprannome dei sui genitori MARIA LA MORA (Maria la scura in pratica) come fosse un unico nome
I MORI o precisamente I MORU era il soprannome dato alla famiglia della mia nonna paterna, un soprannome di origine (dopo varie ricerche effettuate) legato al cognome indo-arabo-iraniano e probabilmente qualche avo era di quelle zone in quando il cognome da Saari si era trasformato in Sari appena nata l'Italia dove molti cognomi furono "italianizzati".
Era la penultima di 8 fratelli (cinque maschi e tre femmine) di cui ricordo quasi tutti i nomi che scriverò in dialetto della zona del paese dove abitavamo (userò la u perché si parlava una sorta di dialetto catalano tipico dei Tùpern di Sant'Angelo Lodigiano e dove era nata la Santa Francesca Cabrini nostra vicina di casa, di cui ora ne è uscito un film).
Gli zii si chiamavano: ziu Angelèn, ziu Pepèn (Giuseppe che aveva l'asinello e la piccola fattoria), ziu Tanèn, zia Rùsina morta a quasi (100 anni), ziù Tugnèn (mio padrino e papà di Maria Teresa ed Anna citate poc'anzi), ziù Carlén e una sorella maggiore maggiore morta a venti anni di cui il nome proprio non rammento.
I bisnonni, I MORU (dialetto), erano Annetta Baretti (una trovatella abbandonata davanti all'ospedale di Pavia San Mattero nel 1877 e Pietro Sari di Borghetto Lodigiano salumiere nato nel 1880.
Torniamo dopo questa lunga spiegazione a nonna Maria.
Lei era bella, non alta ma formosa e molto sensuale, aveva sposato nonno FRANCESCO DACCO' di cui io scoprii il nome vero alla sua morte a 52 anni perché tutto lo chiamavano col soprannome Neghér (il nero anche lui dopo altre ricerche di origini franco/spagnole /marocchine) per cui lo chiamavo sempre nonu Neghér.
Ebbero tre figli, due femmine morte subito poco dopo la nascita e mio padre Mario Vittorio chiamato Marièn e non Negher (chissà il perché).
Nonna dopo varie vicissitudini con nonno che non era uno stinco di santo ma che a differenza di mio padre mi amava alla follia e più volte quasi picchiava mamma e nonna se mi toccavano. Nella sua breve vita non fece in tempo a vedere la nascita di mia sorella che prese il suo nome.
Nonna Maria dopo aver cresciuto le mie cugine si occupò con l'altra nonna di Francesca ed io.
Era molto premurosa, si sacrificava per tante persone ed era molto amata in paese, aiutava anche persone che non si meritavano nulla, tant'è che che mamma quando la vide dare denaro ad una sua amica falsa, caccio la donna da casa sua e sgridò nonna Maria.
La domenica a mezzogiorno quasi sempre ci ritrovavamo a casa sua a pranzare. La mia famiglia, l'altra nonna con sua sorella, gli zii Tugnèn e Rosalba e le mie cugine con fidanzati e altre persone.
Era una favola per me e Francesca.
Nonna aiutava tutti, di buon cuore ma era anche una che si faceva rispettare, un giorno una pazza che abitava nello stesso cortile e litigava con tutti (a cui avevano tolto la figlia perché veniva picchiata con il bastone della scopa) l'aggredì e nonna si difese dandole sulla testa un colpo di mestolo, finirono dai carabinieri e ne uscì una gag del tipo "I legnanesi" con il maresciallo (amico di papà) che rideva come un pazzo lasciando libere le due donne capendo la situazione perché nonna disse al maresciallo che non aveva picchiato la pazza con il mestolo ma con il cassùl (mestolo in dialetto).
Maria la Mora, la mia carissima nonna non ebbe una vita sua intima e personale facile ma era stata felice (dopo la morte del nonno) di aver avuto un uomo accanto per qualche anno, un uomo che (data la mia età anche se sapevo tutto) lo chiamavo zio Piero ed era il suo fidanzato anche se in quei tempi lontan e moralisti non si poteva dire.
Ho un ricordo speciale, una stupenda vacanza, l'ultima (l'anno prima della sua morte) al mare con lei, lo zio Piero e mia cugina Maria Teresa e data la giovane età di nonna e zio Piero, in albergo ad Igea Marina facevamo finta che fossero i miei genitori anche se poi arrivarono i miei e si scoprì l'inganno tra le risate dei proprietari dell'albergo ed alcuni ospiti.
Era stato un periodo bellissimo ed intenso vissuto con nonna e le persone che abitavano nel suo cortile, era proprio amata da tutti e sempre con quel sorriso sulle labbra e gesti generosi. Poi...
Poi un giorno non si sentì bene e la portarono a Pavia nell'ospedale dove trovarono sua madre in fasce davanti al portone, il San Matteo e le diagnosticarono un terribile male che la portò via per sempre quattro mesi dopo. Quel giorno funesto quando la operarono era il 16 febbraio (giorno e mese che odierò per sempre) quando anni dopo lo stesso giorno e mese morì mia madre, mori zio Pepèn, zia Cecchina, scoprirono la leucemia a mia sorella Francesca, il mio miglior amico ebbe un incidente mortale in macchina e mio padre fu ricoverato all'ospedale di Lodi per uno dei primi casi di covid che ancora non era conclamato definitivamente.
Perché ho voluto ricordare con tanti aneddoti la mia carissima nonna Maria la Mora? Perché il 16 ottobre era il suo compleanno, perché aveva donato amore a tutti noi senza chiedere nulla in cambio neppure quando stava già male e senza togliere niente a nessun altro parente , i suoi nipoti a cui era più legata eravamo: io, Francesca, Maria Teresa ed Anna, Maria Teresa figlia di zio Carlèn, Silvia, Enrico che abitava a Milano ed Enrico di via San Martino), la sua semplicità, generosità, la sua caritatevole compassione ed aiuto per gli altri l'aveva fatta unica, tant'è che la mia cara amica Costanza Morzenti la cui madre era una delle più care amiche di nonna, me l'ha ricordata dicendo che sua madre la descriveva come una donna speciale, unica che sembrava non invecchiare mai. Purtroppo la sua vita fini a soli 55 anni in una serata di tarda primavera, tra il nostro dolore ed il vuoto che aveva lasciato. Lei il perno i tutti noi, con la sua scomparsa disgregò la famiglia nel giro di pochi anni ma tutti se la ricordano ancora adesso la bella e sensuale Maria la Mora (detta anche nonna-mamma o zia-mamma).
Con un grande affetto e per sempre tuo nipote Paolino la peste.

(Nonna Maria a 16 anni)
(Foto di Miro)

venerdì 11 ottobre 2024

LA VITA, UN SOFFIO DI VENTO



 LA VITA, UN SOFFIO DI VENTO.

Dalla prima foto alla seconda sono passati esattamente trentotto anni, ovvio che la prima è stata leggermente rimessa a posto in quanto rovinata e fu scattata da un amico mentre eravamo nella sua casa in collina nel piacentino. La seconda pochi giorni fa a casa senza ritocchi ma con la luce giusta, un tocco di vanità per celare qualche difettuccio.
La cosa che mi sorprende è sempre la stessa quando ho un ricordo o capita di vedere una foto del passato: di come il tempo voli in fretta anche se non è proprio così, è un'illusione, il tempo passa normalmente con periodi che sembrano lunghi e periodi che passano velocemente, questi soprattutto quando si è in uno stato di serenità e gioia.
Immaginiamo per un attimo di voltare il viso guardandoci dietro le spalle ed ecco come un soffio di vento possiamo intuire che cinque, dieci, venti, trent'anni solo volati via con tutto il loro bagaglio bello e brutto che abbiamo passato e ci si chiede:
"Com'è potuto passare tutto così in fretta"?
E come ho già scritto poc'anzi, è solo un'illusione e se ci fermiamo a pensare comprendiamo che gli eventi accaduti, che le cose fatte o non fatte, persone e cose sono scivolate dentro, passate vicino oppure viaggiando insieme nel modo normale, nei tempi giusti e mentre alcuni, diciamo la maggior parte sono finiti nel dimenticatoio, lontano da noi o in chissà quale altro posto, poche cose di questo passato sono ancora presenti.
E' giusto che sia così, sono queste le esperienze che indipendentemente dal nostro cambiamento fisico, ci hanno donato la capacità ed evoluzione per affrontare il futuro o quello che sarà.
Se cerco di guardare avanti non vedo nulla se non nella mente qualche mio progetto o desiderio ma di fronte a me c'è sempre una strada vuota ed io che la percorro con in mano una valigia vuota da riempire, cogliendo qui e la ciò che mi verrà donato o tolto, ciò che sceglierò o lascerò andare. Oppure una lavagna bianca e tanti gessetti colorati da usare giorno per giorno, mese per mese, anno per anno fino alla fine ed è lì che si formerà il disegno del futuro proprio.
Mi piacerebbe avere la fortuna di invecchiare bene ma questo non dipende solo da me, dipende anche da molti fattori esterni oltre alle mie decisioni, l'importante è non perdere mai se stessi e migliorare sempre anche se in questo mondo difficile bersagliato da notizie quasi sempre negative per far colpo e così rovinare molte anime deboli nascondendo quelle benne (e sono tante e servirebbero ad diventare più positivi e meno arrabbiati), dobbiamo però ricordarci che solo noi possiamo farlo guardandoci nel cuore e nell'anima ed usare la mente nel modo giusto per noi stessi.
E la vita un domani sarà volata via come un soffio di vento senza rimpianti.
Giampaolo D.S.

giovedì 19 settembre 2024

E SE FOSE STATO DIVERSO?


 E SE FOSSE STATO TUTTO DIVERSO?

Guardo il mio visto ritratto su un foglio di cartoncino bianco, dipinto con carboncino e due matite a lamina piccola e media, tutto sommato molto veritiero a com'è ora il mio viso.
Quello che invece devo dire che oltre al bel disegno ed ad un viso ancora  piacente nonostante la vicinanza dell'età della vecchiaia, c'è qualcosa che oscilla tra il dolore, la struggente malinconia, un pizzico di serenità, la consapevolezza di una maturità raggiunta con fatica ed i tentativi di sogni realizzati in parte e finiti a volte così come un soffio di vento, per un mio errore sia di valutazione che di comportamento o per lo sgambetto di qualche furbo ambizioso che sapendo farci ha mi creato dei danni non più aggiustabili.
Che vuol dire questo? Cosa potrebbe significare tutto ciò? Forse il titolo di questa confessione:
"E SE FOSSSE STATO TUTTO DIVERSO?"
Diverso nel senso di essere riuscito a capire errori, persone sbagliate, fatte scelte diverse avendo l'opportunità di tornare indietro e cambiare le cose?
Oppure aver avuto il coraggio di passare sopra a qualcuno pur di ottenere i miei vantaggi, sfruttare le persone senza pensare a cosa avrebbe portato loro e magari finalmente avere una vita appagata dal lusso, dal benessere, ed essere riuscito ad arrivare dove volevo e magari con un successo sfolgorante mietendo "vittime" intorno a me?
Pensiero allettante se tutto si potesse fare e cioè se si potesse tornare indietro ma...
Mi chiedo: e le cose che il destino ti ha messo davanti come compito da risolvere, tutto quello che non c'entra niente con le tue ambiziose ed egoiste decisioni del tipo: vivere dalle nonne perché i tuoi erano troppo giovani per occuparsi di te soprattutto con un padre che non ti ha mai voluto bene ne considerato?
Una madre bellissima ma vittima della sua debolezza, di se stessa e di un uomo egoista, finendo poi in un vortice di una terribile malattia che l'ha portata per trentadue, dico trentadue anni  ad essere come un vegetale di cui dieci di quegli anni passati su un letto come una bambola inerme?
Una sorella andata via troppo presto per un lunga malattia e non hai potuto salvarla nonostante il midollo fosse compatibile perché il suo cuore non ha retto alle chemioterapie?
Ai due fratellini nati morti alla fine del concepimento che se fossero ancora in vita non sarei solo come un cane randagio?
E poi la nonna materna con cui ho vissuto e dormito nel suo letto fin da bambino per ché la sua malattia peggiorava ogni giorno e così avrei potuto chiamare i miei che vivevano nell'appartamento di sopra nel caso stesse male, mentre avrei voluto dormire nella mia cameretta con giocattoli ed altre belle cose?
Se da ragazzino avessi avuto più comprensione ed amicizie sincere e non anni di bullismo spesso finito in botte, soprusi e tormenti da farmi pensare al suicidio più di una volta?
E finisco qui prima di andare troppo oltre e sarebbe come assistere ad un film melodrammatico che potrebbe rasentare il ridicolo per le cose esagerate che capitano nella pellicola.
Ecco mi chiedo se invece di aver usato generosità, abnegazione, carità, assistenza, perdono, aiuto, rinunciando a molti anni della mia vita, soprattutto i più belli per stare vicino a chi aveva bisogno, per uscire da un baratro che è sempre lì davanti a me ancora oggi, fossi stato un egoista e avrei seguito i miei sogni e come dicevo prima realizzandoli passando sopra a persone, dolori e "cadaveri" senza un minimo di consapevolezza sarei ora felice? 
Sarei ora appagato? Cosa avrei subito moralmente o fisicamente tutto quello che avrei ottenuto con la mia ambizione? Sarei un uomo rispettabile per la sua ricchezza, capacità, un lupo vincente?
Sarei un uomo arrivato in vetta con la capacità di non guardare e guardarsi indietro per non vedere le distruzioni che mi hanno portato ai vertici?
Eppure l'ho pensato, lo penso e forse lo penserò ancora:
                
                   "E SE FOSSE STATO TUTTO DIVERSO?"

Riguardo nuovamente il volto disegnato nel cartoncino bianco e mi chiedo se sarebbe stato uguale il volto di chi avrebbe messo in pratica il proprio egoismo ed ambizione, ma non voglio pensarci, non vorrei guardare indietro con gli occhi di quell'uomo che non sono mai stato, cosa sarebbe accaduto.
Ma davvero e lo giuro non sono ne sereno ne orgoglioso della mia generosità, della mia abnegazione, del mio sacrificio (e lo dico senza finta modestia) per aver fatto di tutto in aiuto di chi amavo ed amo ancora ed anche aiutare chi non mi ha mai voluto (nonostante loro non ci siano più).
Sembra molto brutto dirlo ma non mi sono mai nascosto dietro ad un dito ne ho mai mentito a me stesso, sono pochi e forse dei santi chi prova gioia ed orgoglio avendo sacrificato parte o tutta la propria vita per fare del bene agli altri pur ricevendo palate di fango addosso.
Ci hanno insegnato i religiosi, la scuola, le brave persone questi valori, valori che nobilitano l'essere umano, persino la frase che un giorno una suora mi disse ad una mia domanda perché le persone buone sono sempre bersagliate da ogni tipo di dolore e quelle cattive sopravvivono facendo del male.
Lei forse ingenuamente o forse perché la sua fede le ha insegnato a credere in questo mi rispose:
"Il buon Dio, sembra che a volte colpisca le persone più buone, le persone meritevoli e lo fa perché sono forti dentro al loro cuore ed anima in quanto loro sanno sacrificarsi per fare del bene agli altri ed avranno sicuramente un posto meraviglioso nel Suo mondo. Le altre, quelle cattive sono talmente deboli e senza sentimento che le lascia fare, le lascia distruggere cose belle e queste persone la pagheranno cara quando ritorneranno nell'aldilà, Lui non le tocca quasi mai in questo mondo se non alla fine che sarà sempre terribile. Non invidiarle mai."
Ebbene a me non ha soddisfatto questa risposta data per pietà, per tenerezza o per credo, anche se dentro qualcosa mi ha sempre detto che potrebbe essere possibile se esiste un Dio come quello in cui crediamo... Sarà così forse.
Ecco ora posso dire ciò che penso veramente dopo questo sfogo che forse non interesserà a nessuno se non a qualcuno che sa come ci si sente nelle stesse condizioni:
non vorrei vedere quel ritratto diverso da ciò che dimostra, non vorrei essere diverso da quello che sono stato in questi lunghi decenni della mia vita, mai. 
Potrei definirmi "contento" di essere un uomo onesto e sensibile ma il mio cuore e la mia anima non mi permettono di non pensare a:

"E SE FOSSE STATO TUTTO DIVERSO?"

Nonostante questo non mi cambierei mai.

Giampaolo.


venerdì 21 giugno 2024

LA MIA VITA







LA MIA VITA

In questi anni la mia vita, più o meno tredici lustri, cosa sono stato e cosa sono ora? Cos'ho fatto vissuto e visto? Mi sembra di aver vissuto una vita fatta di periodi come gli elementi:
fuoco - aria - acqua - terra.
Una vita come i punti geografici di riferimento:
nord - est - sud - ovest.
Come un quadro astrologico e dei suoi punti principali:
ascendente - medio cielo -discendente - fondo cielo.
sono stato come le parti importanti del giorno:
alba - mezzogiorno - tramonto - mezzanotte.
In fondo ho vissuto come gli altri o forse più vite in una, magari è anche un sogno vivido dove ho potuto cambiare l'aspetto fisico del mio viso, die miei l, del fisico.
L'unica cosa che è cresciuta e penso anche in maniera bella la mia anima, il mio spirito, il mio io interiore affrontando le battaglie della vita e godendo delle pochissime gioie fino in fondo, sapendo che sarebbero durate poco.
Tanta esperienze che hanno forgiato un essere che ora si sta avvicinando alla vecchiaia ma che ha ancora obiettivi per un futuro ma che non ha capito dove sarà collocato in qualche angolo di mondo.
Spero solo che il mare ed il cielo azzurro faranno cornice alla mia maturità, dove potrò godere della bellezza della natura, facendo cose che mi piace fare, un futuro che chiamerò di luce materiale e spirituale e mettere a frutto ciò che sono stato con quello che sarò diventato.
Giampaolo D. S.

lunedì 15 gennaio 2024

HIVYTHUIM, LA CAPITALE DEGLI ELFI. LA CITTA' BIANCA


 

HIVITUHIM , LA CAPITALE DEGLI ELFI, la città bianca.

Mistral, io stesso dopo gli insegnamenti dei miei tutori durante la mia fanciullezza e raggiunti i cinquecentocinquanta anni che nella vita umana potrebbero essere i nove di vita di un piccolo essere, i protettori della mia madrina la Signora dei Ghiacci, decisero che fosse l'ora di farmi conoscere la capitale, la grandiosa città immersa nella natura creata da Hydiorr il grande Signore invisibile, nostro Padre, scoprii dopo che non era solo un viaggio di piacere e di commercio per loro.
Quindi dovevamo lasciare la terra del ghiaccio, il mio paese con le case sugli alberi ed anche la mia lince e soprattutto vestirmi. Non che fossero proibite le nudità a patto che l'usanza era fatta nelle case private ma era soprattutto per educazione, evitando di mettere a disagio le persone con difetti fisici oppure per non imbarazzare i monaci e le monche del luogo.
Gli Alti Elfi che abitavano a Hivithuim, sudditi del Re Vjngor e della regina Hashjr amavano molto l'eleganza e i vestiti raffinati, come il cibo e le case, così mi dissero i miei tutori. Case magnifiche mai viste in tutto il mondo, anche i vari abitanti dagli gnomi ed nani, ai pochi umani ed i Draven, esseri venuti da una terra lontana sprofondata nel grande mare, non vivevano come nelle città degli umani di terre lontane, in povertà e non aiutati dai potenti del luogo.
Era come se tutti fossero fratelli nonostante in passato ci fossero state guerre fratricide, ma con l'avvento del bisnonno di re Vjngor aiutato dai Draven, vinsero la battaglia ed ora il Regno degli Elfi vive in pace da quasi trentamila anni.
Il regno era stato diviso in quattro regioni più una speciale e rispecchiava il tutto, gli elementi della natura in cui tutto si era sviluppato attorno:
. Balenhyr la contea maggiormente popolosa della capitale Hivithuim che con i suoi due milioni di abitanti rappresenta l'eterna primavera ed infatti qui la natura è rigogliosa e gli animali in comunione con gli esseri viventi. Una terra piena di alberi fruttuosi, fiori dai colori indescrivibili e molti paesi dai nomi strani ed ognuno con le sue specialità che portavano nei mercati della grandiosa capitale, una contea commerciale e turistica.
. Talesund la contea del Principe Safyyr e di suo marito l'elfo della Luce Maeghet, rappresenta l'estate, situata a sud in ordine anti orario da Balenhyr, un territorio caldo, dal sole dorato che cura le malattie, dal mare dove ci si può bagnare e anche qui curare varie ferite e malattie e poi la sua città principale dove risiedono i due principi si chiama Vadjm (in onore del Dio del Vento Caldo), un grande porto da dove partono tutte le navi commerciali per il mondo conosciuto e da dove arrivarono i Draven, infatti la maggior parte di loro metà umani e metà giganti vivono felici in questa terra sacra e devota alla Dea dell'acqua Maares che ne è la protettrice. Da qui partono per la capitale tutte le stoffe, sete e profumi che si producono tra le verdi colline e le sabbie dorate.
. Lhuzyfir la contea dell'autunno, situata ad est di Talesund, una terra collinare con vallate ricche di piante autunnali e dove si produce il più ricco succo di vino e miele di tutta la Terra degli Elfi, inoltre gli abitanti per la maggior parte gnomi, nani ed umani organizzano feste e banchetti per ospiti stranieri ma anche gare di forza a cui partecipano tutte le femmine di ogni etnia spesso vincenti tant'è che la loro dea protettrice è Kaljah i cui abitanti il primo giorno dell'autunno facevano in suo onore giochi olimpici con atleti provenienti dalle terre vicine, i più forti erano i Signori del Vuoto, esseri dalla pelle azzurra e blu dotati di forza mentale e capaci di creare spazi temporali dal nulla, i quali si dice che provengano da una terra situata nel cielo a nord del Regno. L'anziano Duca e governatore di Lhuzyfir è da almeno tremila anni il buon nano Fazar rimasto vedovo dalla nobile Tarizah e vive nel palazzo nel centro della città con i suoi innumerevoli figli.
. Omaharj, è la contea dell'inverno a nord di quest'ultima appena descritta e confinante a ovest con Balanhyr, dove viviamo noi, dove la regina è la mia madrina. Una terra dove il ghiaccio ed il mare bluastro con animali acquatici come delfini e balene non recano danno alla nostra vita, infatti ci chiamano i Deos Ignudi che vivono in grotte oppure sugli alberi perennemente lucenti dal bianco della neve, del ghiaccio e delle luci dei piccoli insetti produttori di semi di oli, spezie, ci sono molti animali allevati per nutrire con la loro carne tutto il regno, sono molto richiesti per l'alta nutrizione ed inoltre la mia contea è ricca di oro, argento, altre pietre preziose nascoste in caverne luminose e anche di animali ritenuti sacri che vengono allevati per il loro vello che copre una volta rasato, con il loro pelo caldo e raffinato vengono creati abiti di ogni tipo per il Regno. La regina mia madrina è quasi invisibile a tutti ed al suo posto nella grande città di luce azzurra risiede suo fratello il Principe Adwar, che un giorno mi mandò un plico con dentro una lettera ed un ciondolo di zaffiro da tenere al collo, nella lettera mi scriveva che un giorno sarei dovuto andare al suo palazzo per conoscermi, grandi progetti erano pronti per me. Ma essendo troppo piccolo non ne capivo il significato.
. Harad è una piccola contea al centro del Regno degli Elfi dove si trova il forte Kmjr la città dove si forgiano armi di ogni tipo e lì vivono e si allenano i più forti nobili, cavalieri e guerrieri, è l'esercito pronto alla difesa dove femmine e maschi di ogni etnia potevano combattere con ogni mezzo: dai guerrieri, ai lanciatori, ai cacciatori, ai maghi e stregoni. La piccola contea era racchiusa tra le montagne e per visitarla ci volevano permessi dai Pretores di ogni città delle contee le quali avevano una galleria unica che accedeva in quella terra formando una croce che fluiva all'aperto davanti agli enormi cancelli di ferro di Harad.
Eccoci qui con i miei tutori e tre servi con cui avevo cantato e riso con loro durante i dieci giorni di viaggio, sarebbe bastato un Signore del Vuoto per farci arrivare in un breve lazzo di tempo nella capitale, ma mi sono divertito con i tre gnomi dei miei tutori.
Non appena ho visto l'entrata della grande città, mi è assalita un'emozione forte che tremavo tutto, appena entrati ho visto il padiglione sulla destra dove chi entrava la sciava in quel del deposito le armi. Il padiglione aveva scritto sul portone d'entrata il nome e lo stemma della famiglia di mia madre ed in quell'istante ho visto tutto nero svenendo nelle braccia di Golfyr uno dei nostri gnomi..
(fine prima parte).

Mistral Wind Artic.
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lunedì 11 dicembre 2023

RIFLESSIONI


 RIFLESSIONI

Ero un bimbo solitario fino a sei anni, vivevo con le nonne perché i genitori giovanissimi dovevano lavorare, fino all'arrivo di Francesca dopo un fratellino morto alla nascita e un altro dopo Francesca, così sono andato a vivere con i miei fino alla loro separazione.
Ero un bambino precoce che sapeva leggere e scrivere a 4 anni e a 5 sapeva già disegnare con sfondi e proporzioni, spesso non avevo bisogno di studiare tanto che sapevo le lezioni ma ho sempre tenuto un profilo basso a scuola.
Ma vivevo con dentro una grande ambizione di realizzare un sogno o almeno qualche progetto importante.
Purtroppo fino a quasi quarant'anni la vita è stata inclemente ma ho proseguito da solo e senza aiuti fino ad ottenere una certa autonomia ma nel frattempo, nel corso dei decenni alcuni progetti si sono trasformati in una medaglia di bronzo ai giochi della gioventù nel corpo libero di ginnastica, premiato come pittore ad Antenna 3 dove dodici miei quadri sono andati all'asta per l'istituto ciechi, danzato alla scala e in teatro e lavorato in Blimunda di Jerome Savary come ballerino di scena, scritto un libro con discreto successo, studiato astrologia ed esoterismo per 23 anni ed insegnato tutto ciò in una scuola per persone di una certa età con grande soddisfazione, cantato in un coro gregoriano, appartenente ad un Ordine molto importante, possiedo un blog che con Google + ero arrivato a 2, 5 milioni di lettori e 60.000 followers (scomparso questo Google + per evidenti ragioni finanziarie affossato da un altro grande colosso, mi è rimasto solo il blog) e poi fatto altre cose ma...
Semplicemente qualcosa non andava ogni volta, tutto si interrompeva per un "guasto" che capitava nel momento clou del progetto e ritornavo a ricominciare da capo con un altro.
Ma con il correre del tempo ho capito che forse tutte le strade che avevo intrapreso avevano un inizio ed una fine improvvisa senza capire perché. Così intanto che lavoravo su questi progetti nel tempo libero, ho sempre lavorato duramente per potermi mantenere e vivere con la mia coppia in modo normale.
Poi ho capito che stavo lottando contro i mulini a vento, ho capito che i progetti e sogni stavano scomparendo accanto alle delusioni e sfiducie. Tutti dicono bisogna lottare sempre a qualsiasi costo, mai mollare, devi essere forte.
Belle parole più facile a dirle che metterle in pratica e sfido chiunque ma quando capisci che la sfortuna, le persone sbagliate, l'incapacità di passare sopra ai cadaveri sono nelle tue vene non hai altra scelta. Quella di passare oltre, di non fare più progetti e evitare ambizioni perché il destino (almeno il mio) è quello che ti porta verso strade impensabili che si aprono all'improvviso o si chiudono e non devi far altro che accettare senza sfidare nulla e questo non per paura o chissà che altro ma perché senti che la tua anima ha bisogno di riprendere se stessa, di riposare, di stare tranquillo, di fare ciò che ti senti in quel momento.
Non so cosa accadrà nel mio futuro certamente non sarà quello che desideravo me lo sento (avevo pensato di togliermi dai due o tre social che ho e che seguo poco negli ultimi anni), quindi lascio che la scia del vento mi porti chissà dove.
Sono stanco e deluso dentro ma anche pieno di sentimenti e tanta voglia di donare conoscenza ed aiuto, forse sono in un'età di passaggio dove non sei ancora vecchio ma non sei più giovane per cui in questo caso ci si deve fermare fino a che all'orizzonte trovi una strada nuova (non ho paura ne della morte ne della vita), non ho figli e nipoti, non ho che parenti lontani che non vedo mai e pochissimi amici ma mi basta perché a volte il troppo non va bene. Non so perché questo mio lungo pensiero, non so neanche se è per qualcuno se non per me stesso sicuramente so soltanto che correre per arrivare (chissà dove poi) non fa più per me o per a mia anima.
Grazie, Giampaolo.

giovedì 14 settembre 2023

RICOMINCIARE (personale riflessione)


 

RICOMINCIARE

Com'è difficile, dopo essersi rinchiusi per anni nel ruolo di vittima o di disistima per molti motivi veri od effimeri e vivi il personaggio pessimista dove non vede la strada giusta per proseguire bene o almeno poter tornare come si era precedentemente a questo ruolo, non sarà facile.
Un caro amico ti apre la mente che era chiusa condizionata da questi difetti psicologici e tu col magone nascosto ti rendi conto di quanto ha ragione, di quanto sei stato vittima di te stesso allontanando pure persone dalla tua vita (consciamente od inconsciamente) e vivere una vita non tua dove hai fatto posto a fantasmi e scusanti da cancellare subito o col tempo.
Ricominciare e rivedere quello che sei diventato per tornare te stesso e migliorare togliendo il vittimismo che ti ha legato in catene è un grande compito, un compito pesante perché a vent'anni, a trent'anni fai in fretta a cambiare ma alla mia età sarà un compito estremamente complicato visto le ragnatele che mi hanno circondato per colpa mia.
Non sono l'unico a cui sta capitando questo, una presa di coscienza ci vuole ma è basilare farne uso, ogni giorno, cambiare, modificare anche se gli "ingranaggi mentali" sono lì pronti ad inventare una scusante ed inculcartela inconsciamente per far si che non molli il ruolo vittimistico di cui sei artefice.
Non è solo per me che scrivo queste cose, cose messe a nudo e purtroppo vere, ma per le persone che come me hanno dimenticato il Giampaolo (oppure la Laura, Marco, Stefania o un qualsiasi Mario) di allora e devono assolutamente ritornare altrimenti il futuro è compromesso dalla negatività proseguendo una strada masochistica segnata da tanto tempo.
Ringrazio questo amico anche se mi ha sconquassato dentro, non è facile e forse non avrei dovuto scriverlo ma come ho detto poc'anzi, non l'ho fatto solo per me stesso ma per tanti altri, basta riconoscersi ed incominciare da subito senza scuse. Lo so sarà dura ma si deve incominciare e ricominciare.
Speriamo di riuscirci e di mettere tutto l'impegno possibile.
G.

martedì 15 agosto 2023

IL FARO


 



IL FARO

Stagliato nel blu del mare e nell'azzurro del cielo o nel rosso del tramonto, lui, rimane lì. fisso, alto, imponente con la sua casetta a fianco come un compagno fedele.

E' li da tanto e la sera insieme alla notte il suo occhio di luce, accompagna i natanti vero il porto e la rotta giusta per non farli finire contro le rocce o scogli marini come un buon padre che insegna la giusta strada ai propri figli.

Guardandolo o pensando a quel faro dall'aria romantica ed avventurosa si pensa alla propria vita passata, presente e forse futura, dove un parte di noi o forse quasi tutta è come la sua. Forse non si è solidi come lui ma il compito è lo stesso.

Sto rimirando quel paesaggio in solitudine seduto sopra una panchina della strada che conduce dal paese di vacanza al faro, mi sembra quasi un sogno, una cosa non vera, un dipinto o qualcosa di magico e la mia mente ritorna nel passato che sembra lontano ma basta voltarsi indietro con la testa o con la mente ed tutto ciò che hai vissuto è lì davanti a te.

O nasci faro o nasci nave, lo sei già fin da piccolo e la vita del faro è più difficile che quella delle navi o barche perché restando fermo, dando un aiuto senza chiedere nulla in cambio indichi la strada agli altri che volano come aquiloni nel cielo cercando la propria collocazione e tu sei la mano ferma che tiene il filo sperando che un giorno tornino da te oppure li lasci andare perché non ne hanno più bisogno.

E se ne vanno senza dire un grazie spesso per egoismo, perché si dimenticano o se ne tornano a casa dall'altra parte o peggio ancora non sanno che tu sei stato l'artefice della loro fortuna o sfortuna.

E tu o faro a chi ti rivolgi quando hai bisogno di aiuto? Nessuno lo sa perché alla fine la casetta a fianco è tutto quello di cui hai bisogno, è lei o lui che ti tiene fermo e contiene tutto ciò di cui hai bisogno anche se nelle tue scale a chiocciola che partono dal cuore e finiscono nella tua mente dove risiede la luce che aiuta, ne avresti bisogno.

Ma sei forte e lo sai, lo sanno anche i pochi che ogni tanto si ricordano di te, di farti una visita di cortesia o curiosità e poi svaniscono verso le loro case di un paese lontano o vicino; a volte li vedi scomparire nella nebbia, ombreggiati da un sole caldo del tramonto o con una folata di vento arrivata improvvisa.

E tu sei lì imponente nella tua piccola statura che pur differente è simile al faro con la sua casetta a fianco, il tuo rifugio.

Ho avuto molte barche da guidare, piccole o grandi e la maggior parte sono naufragate nel l'oscurità del mare dove un gorgo chiamato vita le ha fatte precipitare per sempre negli abissi, altre sono navigate verso lidi tranquilli, agitati, radiosi od oscuri. Alcune sparite chissà dove e chiedendomi dove, spero sempre che sia un posto meraviglioso per loro e la loro felicità.

Ecco io sono qui ancora a guidare barche estranee con la mia casa vicina sostenendoci a vicenda, non ho mai dimenticato, la sera, di accendere quella luce di aiuto e spegnerla di giorno accogliendo chi chiede aiuto ma allo stesso tempo guardo negli occhi questi che un giorno se ne andranno contenti o delusi, allontanandosi per sempre dimenticandoti o ricordandoti come, appunto, il loro faro che li ha aiutati ma che non ne avranno mai più bisogno, forse.

Eppure ogni giorno vedo sempre paesaggi diversi e barche diverse nella stessa continuità e sento che io o il mio faro siamo e saremo sempre lì ad indicare la strada, ad accogliere chi chiede aiuto anche se questi "chi", sono sempre più pochi, il compito si affievolirà per il passare del tempo, perché un giorno lontano il faro sarà spento ma sempre presente stagliato nel cielo di ogni colore e verso il mare che sempre infrangerà le sue onde spumose ai piedi della scogliera dove vivi.

Mi alzo da quella panchina e vi avvio verso il paese dai tetti rossi e la campagna verde attorno, salutando quel bellissimo faro con il suo compagno a fianco, sono sicuro che oltre a riconoscere in lui me stesso, domani forse sarò ancora qui a sognare.

Giampaolo Daccò.

sabato 22 luglio 2023

ILMARE PER SEMPRE


IL MARE PER SEMPRE

Dal finestrino dell'auto guidata da un amico con cui avevo passato le vacanze in una bellissima località marchigiana, vedevo la costa ed il mare bluastro a nord di Fano che sparivano alla mia vista dall'autostrada.
Le colline che precedono Pesaro erano un muro attorno al mare celando alla mia vista quella distesa che per me era, è e sarà sempre fonte di vita. 
Per me non erano una protezione dal vento dell'est ma un blocco che m'impediva il respiro e la sensazione di libertà che mi dava quel blu intenso pieno di onde biancastre che si infrangevano sulla spiaggia.
Il cielo non era azzurro ed ogni tanto qualche leggero cenno di pioggia ci faceva compagnia mentre la vista si apriva su Pesaro e finalmente ancora sul mare che potevo ancora ammirare in quanto le auto davanti a noi si stavano rallentando per il traffico in entrata dalle città della costiera.
Immaginavo le persone dentro le auto, oltre a chi guidava ci sarà stata qualche moglie che parlava di cose leggere o del ritorno alla vita di prima dopo la vacanza estiva.
Ci saranno stati in alcune auto ragazzi e ragazze che dormivano, che mangiavano patatine da un sacchettino che poi, quasi sicuramente avrebbero gettato fuori dal finestrino.
Un ragazzino che leggeva fumetti oppure una bambina accovacciata sul grembo della nonna seduta dietro mentre le raccontava una storia.
Ma anche qualche parolaccia di qualcuno arrabbiato per l'inizio di un traffico del ritorno che l'avrebbe accompagnato chissà, fino a Milano o Bologna o verso altri luoghi e...
Ecco lo sapevo mi ero distratto e Marco aveva già imboccato la curva verso la Romagna e non avevo fatto in tempo a salutare il mare a dirgli arrivederci.
Mi  ero girato con la testa solo un attimo mi era apparsa quella distesa poi niente, sparita tra le auto e la strada, ecco come al solito la malinconia della fine di giorni spensierati e rigeneratori per me era arrivata.
Intanto che parlavo, Marco ascoltava la musica dalla radio, mi ero leggermente accovacciato sul sedile chiudendo gli occhi fingendo di dormire, avevo sentito la sua voce che diceva: "Ecco! La tua solita bella compagnia che fai Giampy... dormire." seguita da una leggera risatina. Sorrisi anch'io ma la mente era scivolata a qualche giorno prima.

Non avevo voglia di andare in spiaggia con la compagnia dell'albergo, neanche di passeggiare per Senigallia così avevo deciso dopo colazione di farmi un giro verso la periferia sud della città, dopo una lunga camminata e dopo una granita presa in una gelateria ero uscito dalla strada che costeggiava il mare ed ero sceso sulla sabbia di un spiaggia quasi deserta, un po' selvaggia.
Mi ero tolto le scarpe da tennis ed alzato un poco l'orlo dei pantaloni cominciando così a camminare  dove le leggere onde lambivano quella rena calda. Guardavo verso l'orizzonte, il sole era alto poi avevo notato una piccola duna di sabbia e velocemente arrivai presso questa e mi ero seduto di fronte al mare con le spalle coperte dalla calura dell'astro.
I piedi erano nell'acqua fresca che a piccole onde quasi ritmiche arrivavano fino a me, sorrisi come uno stupido al nulla davanti e chiudendo gli occhi, la mente era volata verso tutte le vacanze al mare che avevo fatto fin da bambino.
Lavagna era stata la prima che ricordi, avevo tre anni e fino a sette ci eravamo andati ogni estate, ricordo che mamma per la prima volta aveva visto una chiesa con due campanili e si era stupita.
Poi arrivò il tempo di Moneglia, più piccola ed intima e un mare più caldo di quello di Lavagna, me ne ero subito innamorato, facevamo ogni tanto qualche escursione a piedi fino a Lemeglio una frazione situata su un promontorio sopra la cittadina e da lì ammiravo la mia fonte di vita che un giorno mi regalò la veduta di una portaerei all'orizzonte.
Poi arrivarono in ordine Bellaria, Igea Marina con un mare meno splendido però che mi donava tanta forza e vitalità, seguirono Laigueglia, Mentone in Francia. Di nuovo Riccione, Fano, Jesolo e poi più avanti vacanze in posti lontani.
Ogni volta era come vivere in una favola, non sarei mai più tornato a Milano ma cercavo di godermi e "prendere" tutto ciò che il mare poteva regalarmi. La cosa più grande era il mio rigenerare da tutto ciò che era negativo o difficile.
Mentre la mia mente vagava in quei ricordi sulla spiaggia isolata, una frenata di Marco mi aveva fatto aprire gli occhi.
"Che succede?" gli avevo detto preoccupato e guardando fuori da finestrino avevo notato che non eravamo più in autostrada. "Ma che fai Marco sei impazzito? Dove stai andando?"
"Torniamo indietro." mi disse secco pur guardandomi sorridendo.
"Cioè? Hai dimenticato qualcosa in albergo?".
"Si, il voler continuare ancora per una settimana la vacanza, te la pago io e stai zitto."
"Ma cosa? Oddio...".
"Senti Giampy, ci conosciamo da troppi anni e non te l'ho mai detto ma il mare... Lo amo anche io." aveva detto in un fiato "Tu hai ancora quindici giorni arretrati di ferie da fare, io sono autonomo e davvero non ce la faccio a tornare a casa. Quindi si ritorna indietro."
Con l'auto era tornato al casello dell'autostrada verso il mare e subito dopo eravamo già in vista di Rimini."
Scoppiai in una risata di felicità e di sfogo, grande Marco, insieme avremmo vissuto per la prima volta una grande "rigenerazione doppia", il mare da lontano ci stava invitando ad affrettarci.
Mentre dalla radio una voce di un dj stava dicendo "E' mezzogiorno ragazzi andiamo con qualcosa di forte?", urlai in auto.
"Siiiiiiii...".
La grande distesa apparve nella sua bellezza azzurra davanti a noi ed era nostra.

Giampaolo Daccò.