Notte di San Lorenzo
- Guarda lassù, Giorgio! Ne ho viste due cadere verso il mare… - aveva esclamato Leo, con quell’entusiasmo che solo i bambini, i ragazzi e gli innamorati sanno avere davanti alle cose misteriose.
Annuii.
- Stanotte sono tante. E qui, in riva al mare, sembrano ancora più belle e grandi. Peccato che non si specchino nell’acqua… La notte è senza luna. Siamo fortunati. - risposi fingendo allegria.
Leo mi strinse la mano.
Mi guardò nella penombra, e mi sorrise.
Non capivo se fosse un sorriso felice o triste.
Era la nostra penultima notte insieme da soli, nascosti dietro ad una barca di un pescatore della cittadina che ci ospitava per le vacanze.
La più bella delle notti, in teoria: quella delle meteore che scendono dal cielo come scie luminose, per poi sparire con un fruscio misterioso nel buio.
- Ecco un bolide! È enorme… Presto, esprimiamo un desiderio. Dai, chiudi gli occhi, Giorgio, e fallo con me. -
Istintivamente chiusi gli occhi, stringendo più forte la sua mano.
Nella mente, in un lampo, si formarono immagini e parole:
“Non lasciarmi. Stai con me per sempre.” E una corsa sulla spiaggia, mano nella mano.
La sua voce mi riportò alla realtà.
- Lo hai fatto? -
- Certo Leo. Ma non posso dirlo, altrimenti non si avvera. - risposi ridendo.
- È vero, hai ragione, e io che stavo per dirtelo. Accidenti. -
Ci avvicinammo in un abbraccio. Un bacio leggero sulle labbra. Poi un sorriso verso il mare.
L’incantesimo si spezzò quando due voci materne ci chiamarono.
- Ehi, cuccioli! Non sarebbe ora di andare in albergo? Prendete tutta l’umidità della notte! dove siete finiti? -
La voce stentorea della madre di Leo ci fece sobbalzare.
Ci alzammo in piedi, ci guardammo negli occhi. Lo stesso pensiero attraversò entrambi:
“Ci avranno visti? Speriamo di no.”
Avevamo quattordici anni. Volti da bambini, ma il corpo desiderava già molto più di un bacio a fior di labbra.
Mamma mi prese sotto braccio e accarezzò la testa di Leo.
- Forza, che domani si va a Lerici. Bisogna alzarsi presto. Appena arriviamo in stanza, tutti a dormire. -
Mamma sorrideva, ma aveva uno sguardo strano. Aveva capito tutto del nostro segreto? Aveva intuito di quel giovane amore nato dieci giorni prima, davanti a due tazze di caffè latte?
Penso di sì. Lei era troppo sensibile per non accorgersene.
La madre di Leo, invece, donna volitiva e sempre impegnata tra lavoro ed associazioni benefiche e altro, sicuramente non aveva notato nulla.
E forse non avrebbe voluto notarlo.
*****
Quella notte, mentre mia sorella dormiva nel lettino vicino al mio divisi da un comodino con sopra una lampada d'ambra, molto di moda ai quei tempi, mamma era con me sul terrazzo a fumare.
Una stella cadente illuminò il cielo. Lei si voltò verso di me, seria ma dolce.
- Giorgio, lo sai che tra due giorni quella famiglia partirà per sempre? Torneranno a Roma… e poi andranno a Londra. Lo sai, vero? -
Avevo gli occhi lucidi. Non era solo l’addio a un amico di vacanza. Era molto di più.
Luca aveva una brutta malattia nel sangue, una di quelle che poche volte perdonano.
Mamma me lo aveva detto due giorni dopo che mi ero preso una cotta per quegli occhi verdi. Da allora il mondo mi sembrava finto, come se tutti recitassero un ruolo.
Un pomeriggio, in spiaggia, Leo me ne aveva parlato. I suoi genitori, pragmatici, non avevano nascosto nulla. L’unica speranza era Londra, all’avanguardia per quel tipo di cure.
Io non capivo come potessero essere così distaccati nel parlarne, come fosse una cosa "normale" che normale per me e non solo, non sarebbe mai stata.
Mia madre avrebbe pianto. Io… io avrei pensato di morire con lui. La sofferenza mi terrorizzava: avevo visto nonna spegnersi in tre mesi poco tempo prima.
Ma Leo non doveva morire.
A Londra lo avrebbero curato.
Lo sentivo.
Mamma mi prese la mano.
- Caro, immagino quali desideri tu abbia espresso guardando le stelle. Ma sei ancora piccolo per i grandi amori. Conosci già il dolore, quello sì. Leo potrebbe farcela… oppure volare tra quelle stelle. Ognuno ha il suo destino, anche se non saprà mai il finale fino all’ultimo. -
Mi abbracciò.
- Se Leo non ce la farà, pensa che potrebbe essere lassù a guardarti. E tu potrai ricordare questi momenti belli che la vita ti ha regalato. Ed un domani molto lontano, forse vi rivedrete, chi lo sa… Ora cerca di dormire. -
Mi rimboccò il lenzuolo e si sdraiò.
Piangevo in silenzio. Il cuore mi si spezzava. Poi mi addormentai.
Mi svegliai dopo poco.
Mamma era di nuovo sul terrazzo, a fumare nella penombra blu. Il cielo era pieno di stelle. La vidi asciugarsi gli occhi. Anche lei era stata colpita dalla storia di Leo.
Forse si era immaginata al posto della sua mamma.
Quando spense la sigaretta, si voltò verso noi due, i suoi amatissimi figli. Chiusi gli occhi fingendo di dormire. Poco dopo sentii la sua mano fresca sulla mia fronte. Mi fece stare bene.
Si sdraiò sul suo letto. Io mi voltai verso la finestra. Il cielo era un velluto blu pieno di cristalli. All’improvviso tre scie luminose caddero verso il mare.
Tre stelle.
Tre desideri.
*****
Luca non tornò mai più a Roma. Rimase per sempre a Londra.
Lo seppi poche settimane dopo l’inizio della scuola.
Quella sera d’autunno guardai il cielo. Le stelle erano fisse. Nessuna scia. Non sapevo quale potesse essere Leo lassù.
Ma per me, quella notte:
**Le stelle cadevano ancora. Come le mie lacrime.**
NdA:
"E' una storia realmente accaduta e l'ho voluta raccontare come l'ultima di quelle che donano emozioni e fanno capire l'universo dell'amore come può essere infinito, speciale anche se a volte doloroso. Ma almeno abbiamo amato, sotto qualsiasi forma."
Giampaolo Daccò Scaglione


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