L’ARCHIVISTA ED IL NOBILE
“A volte, la stessa anima si manifesta in due epoche.
Uno guarda il mondo. L’altro lo ricorda.”
Il Custode delle Vite Vissute
Ritratto dell’Archivista:
“Io sono stato chi osserva e chi custodisce.
Il nobile e l’archivista.
E oggi, benedico entrambe le memorie.”
Nessuno sapeva il suo nome. Lo chiamavano Il Custode, Il Silenzioso, Il Restauratore. Vestiva sempre di nero, con un cappello che sembrava trattenere il tempo, e scriveva in un quaderno che nessuno vedeva, ma che tutti sentivano.
Ogni giorno, camminava tra le vie del borgo antico, dove le pietre ricordavano più di quanto gli uomini sapessero. Si fermava davanti alle case abbandonate, alle finestre chiuse, ai portoni dimenticati. Poi apriva il quaderno, e scriveva.
Non erano parole sue. Erano vite vissute e quelle non vissute, frammenti di sogni interrotti, lettere mai spedite, carezze mai date.
Una volta, una donna lo vide scrivere sotto la pioggia. Gli chiese: “Cosa annoti?”
Lui rispose: “Il ricordo di chi non ha potuto ricordare.”
Un’altra volta, un bambino gli chiese: “Perché non parli mai?”
E lui sorrise: “Perché le parole che scrivo non vogliono essere dette. Vogliono essere custodite.”
Un vecchio saggio gli disse in una sera mentre il cielo si accendeva di stelle e la Luna saliva ad est: “Eppure mi sembra di conoscerti da sempre. I tuoi occhi sembrano scrutare da un lontano passato figliolo mio.
Lui toccò una mano del vecchio saggio, il quale sentì una leggera vibrazione: “Signore, i miei occhi sono come i suoi, vedono lontano. I suoi vedono tramite la saggezza e di miei scrutano passati che nessuno conosce o ricorda.”
Il vecchio parve illuminarsi: “Eri un cavaliere ed oggi uno scrittore. Lo sento, lo so.”
Nella mente dell’Archivista si formarono immagini di un castello, di una terra verde e il volto di un nobile che gli assomigliava tanto, che nel cuore possedeva ciò ora che contiene il suo.
“Forse… Signore.” chiudendo il suo quaderno, fece un inchino al saggio seduto su quella panca e girandosi proseguì il cammino verso la locanda dove alloggiava.
“Ecco un altro del mio passato, l’unico che finora ha riconosciuto una parte di me, ma io di lui tutto, mio caro scudiero di un tempo. Il destino ha voluto che diventassi un saggio e ne sono felice.”
Un vento tiepido spazzava le vie di quella città, e l’Archivista donava un cenno di saluto per chi lo guardava o cercava di fare domande e soprattutto di sapere cosa scriveva nel quaderno sottobraccio.
Nel suo quaderno c’erano nomi che nessuno pronunciava più, date che non esistevano, e disegni di oggetti che non erano mai stati creati.
Ma ogni volta che qualcuno si sentiva perso, bastava incrociare il suo sguardo, e qualcosa si riaccendeva.
Un giorno, sparì. Il quaderno fu trovato sotto una panchina, con una sola frase scritta in fondo:
“Se hai vissuto anche solo un sogno, io l’ho custodito per te.”
Da allora, ogni volta che qualcuno dimentica, una pagina si scrive da sola, in un quaderno che nessuno vede, ma che tutti sentono.
“Se ho vissuto anche solo un sogno, qualcuno lo ha custodito per me. E ora, io custodisco i sogni degli altri.”
Nota dell'autore:
“Una storia che forse mi riguarda, ma che parla di tutti noi. Di chi scrive per ricordare, di chi custodisce ciò che gli altri dimenticano.”
Giampaolo Daccò Scaglione


Nessun commento:
Posta un commento