Mosaichino Colorato, il Giullare delle Sette Facce
Chi non ha mai avuto un’amico o un’amica che usciva solo con te perché gli altri si vergognavano per l’aspetto o per qualche difetto che loro possedevano?
Io si, e mi dicevano “Toh guarda il Giampy con la corte dei Miracoli!”. Era offensivo e poco edificante sia per chi era con me che per il sottoscritto, ma non me ne sono mai vergognato. Anzi ero felice di far contento un’amico o amica strani.
Non che io non lo fossi strano e...
A proposito di persone strane, tempo fa qualcuno seduto vicino a me, mentre stavo viaggiando in treno (un viaggio di otto ore chiedendo aiuto per la loquacità della persona), mi aveva probabilmente scambiato per uno psicologo.
Mentre ero io che in quel viaggio portavo con me una “valigia” piena di cose che non volevo ricordare o dire, sentivo il cuore oppresso nonostante la bellezza del paesaggio estivo che si stagliava fuori dal finestrino.
Mi accorsi che era una persona strana, da corte dei miracoli e così da Milano a Firenze seppi tutto di lui, della famiglia, dell’infanzia, delle malattie, delle vacanze, di cosa fanno i nipoti ed anche quante volte aveva perso la dentiera sua suocera e chi più ne ha, più ne metta.
Risi, finsi di capire ciò che diceva, alternavo “Oh si” ad “Ah vero.” fino ad “Interessante” con il tono di un controllore del treno che si rivolge a te dicendo “Biglietto per favore.”
Dopo ore, forse sarà stata la mia faccia stanca che di colpo fermò le sue parole. Mi offrì del caffè sorridendo, caffè che si era portato da casa a Milano, chiuso in un contenitore che manteneva calda la bevanda e devo dire era stato buono sia il caffè che l’idea di offrirmelo.
Mi fissò negli occhi in modo indecifrabile, sorrise e iniziò a raccontarmi questa strana storia… così strana che capii il suo significato quando arrivai a destinazione con lui a Napoli.
“C’era una volta un giullare di nome Mosaichino Colorato, figlio del Signor Pennello Tinteggiatore e della Signora Tela Cotonata. Non aveva un corpo, né una casa, ma viveva dentro una cornice vuota, appesa tra il vespro e l’aurora.
Chi lo guardava, lo vedeva cambiare. Perché Mosaichino aveva sette volti magici, ognuno con un potere diverso:
Un pupazzo di neve – che portava freschezza e silenzio poetico
Un girasole che sorride – che illuminava i pensieri spenti
Un bimbo dai capelli rossi – che faceva domande che nessuno osava
Una fata anziana buona – che consolava con ricordi profumati
Un micio dagli occhi diversi – che vedeva il passato e il futuro
Un gufo simpatico diurno – che raccontava barzellette filosofiche
Un vecchietto ciabattino – che riparava sogni bucati
Appariva solo al vespro e all’aurora, quando il cielo non sa se dormire o svegliarsi. E ogni volta che qualcuno lo guardava con amore, Mosaichino prendeva la forma di ciò che quella persona aveva più bisogno di vedere.
Ma il suo segreto era questo: nelle ore in cui nessuno lo guardava, Mosaichino diventava un cagnolino buffo, che correva tra i corridoi dell’ospedale della sua città, facendo ridere i bambini, le infermiere, e persino le flebo.”
Era stato un messaggio per me, per altri che l’avrebbero ascoltato, un insegnamento di bontà, di cura, di protezione. Aveva capito che portavo dentro di me un dolore e le sue chiacchiere erano per svagarmi fino… a quella strana storia.
Lui che non vidi mai più, mi regalò tutto questo in quel viaggio di otto ore su un treno che sferragliava sulla fantasia o la tristezza o la gioia dei passeggeri.
Rito finale per il lettore:
Disegna una cornice vuota. Scrivi dentro il volto che vorresti vedere oggi. Poi chiudi gli occhi, e lascia che Mosaichino ti appaia… anche solo per un sorriso.
Giampaolo Daccò Scaglione

Nessun commento:
Posta un commento