Ogni volta che arrivavi e poi ripartivi per la tua città al nord — quella metropoli lontana, piena di luci e persone — io restavo sulla pensilina, a guardare il tuo treno con ansia.
Non ho mai capito perché tu non prendessi l’aereo, molto più veloce e comodo. Ma tu mi dicevi sempre:
- Viaggiare in treno, osservare i paesaggi della nostra bella Italia… è come entrare in una favola, o in mille quadri diversi. Vedo la pianura e le sue grandi città, poi paesi immersi nel verde, colline e boschi, montagne e picchi rocciosi. Hai mai visto le distese di vigneti nelle Marche? Oppure Orvieto, arrampicata su quel monte, con la cattedrale che si intravede? Anche il mare cambia colore, dal nord al sud, con mille sfumature di blu e verde... -
No, non li ho mai visti tutti quei paesaggi. La mia vita da pescatore è qui, in questa cittadina del sud, dove l’odore di salmastro si mescola alle spezie del mercato, e le luci delle lampare fanno gara con le stelle a chi luccica di più.
Vedo i tuoi occhi chiari quando passeggiamo tra le rocce, nel tardo pomeriggio, cercando un angolo tranquillo vicino al mare. Per amarci, giocare nelle acque limpide, o restare abbracciati fino a che il sole si immerge nella distesa blu.
La tua bellezza si irradiava in quell’incanto. Ma non ti ho mai chiesto di restare per sempre. Forse per paura di una risposta cattiva. O forse perché ognuno di noi ha la sua vita, e nessuno dei due vorrebbe cambiarla — nonostante i sette anni d’amore, le decine di telefonate e videochiamate.
Vorrei chiederti di vivere con me. Ma forse dovrei essere io a partire. Cosa posso offrirti? Tu hai un lavoro importante, conosci tre lingue, fai sport… Io ho finito le medie e ho sempre lavorato. Nel mio cuore so che a te non importa. E allora?
Ti aspetterò per tanti altri anni, fino a che ti stancherai e troverai lassù qualcuno che ti darà più di me?
Sto guardando il mare, le persone sulla spiaggia, gli ombrelloni, le grida, i tuffi, le onde spumeggianti, le vele colorate all’orizzonte. Com’è cambiata la mia cittadina da quando ero piccolo.
Non è più quel paese di mare dove alla sera si restava chiusi in casa, o si faceva la “vasca” con l’abito buono della domenica. I panni stesi tra una casa bianca e l’altra, il profumo di buone cose cucinate che invadeva i vicoli…
Poi arrivò quel sindaco dalle vedute larghe. Durante la campagna elettorale — finita con il settanta per cento dei voti - disse:
- Pensate al guadagno, all’importanza. Le case sfitte diventeranno locali per turisti, i ristorantini avranno più lavoro, la vostra cucina sarà conosciuta. Alberghi a misura d’uomo, strade risistemate, nuovi quartieri verdi, un porto diviso in due: uno per i pescherecci, rinnovato; l’altro per yacht e barche dei turisti. Una grande spiaggia a nord, lavoro per i giovani… -
Aveva toccato il cuore e il portafoglio dei miei compaesani. Mio padre, prima di andarsene, era felice. La nostra compagnia di pescherecci aumentò il lavoro e le entrate. E la cosa più importante: l’apertura mentale.
Alcuni figli di pescatori andarono all’università. Le ragazze potevano uscire la sera con le amiche, senza essere seguite da genitori o parenti.
Un mondo rovesciato, in meglio.
Ma la mia vera fortuna… fu il tuo arrivo.
Quel giorno, vicino alla mia barca dipinta di blu, bianco e giallo:
- I miei colori preferiti su una splendida barca! È vostra? -
Mi girai, e incontrai i tuoi occhi chiari e i capelli al vento.
Sono passati sette anni. Ogni agosto stiamo insieme per un mese. Mi manchi quando non ci sei. Le videochiamate non bastano.
Forse un giorno partirò. Lascerò il lavoro a mio fratello e verrò da te. Anzi… ho deciso. Te lo chiederò tra tre giorni, appena scendi dal treno.
❤️
Tre giorni dopo, binario uno.
Che pomeriggio stupendo e luminoso. Che caldo. Il vento muove i rododendri nei vasi vicino all’uscita. Il treno arriva. Il cuore mi batte forte. Lo stridio dei freni si confonde con la voce dell’altoparlante.
Tante persone urlanti con valigie. Non riesco a vederti. Mi alzo in punta di piedi.
Un colpetto sulla spalla. Mi giro. I tuoi occhi. Il tuo sorriso.
Un abbraccio fortissimo. Mai stato così innamorato.
Sto per parlare, ma tu mi precedi:
- Ti devo dire una cosa importante. -
Il sudore mi cola lungo la schiena.
- È da questa notte, nel vagone letto, che ci penso. Ho dormito poco. Dovevo dirtelo subito. -
- Cosa devi dirmi, tesoro? Spero niente di brut… serio, volevo dire. -
La mia voce è stonata, timorosa.
- No, no. Cioè sì, è seria. Ma non brutta: **RESTO.** -
- In… che senso resti? --
- Resto qui. O almeno vicino. Per sempre, se tu vorrai. -
- La mia azienda ha aperto degli uffici a Lecce. C’è richiesta di architetti. Ho accettato il trasferimento per cinque anni. E magari per tutta la vita, se tu vorrai. -
Sono sette anni che sogno di vivere con te…
- Mio Dio… è il regalo più bello della mia vita. -
I tuoi occhi si fanno lucidi. Bacio.
Non penso alle persone attorno. Il nostro abbraccio si fa più forte.
- Ti parlerò dopo della mia decisione. Ora andiamo in albergo. -
In aiuto verso l'hotel, lei accanto con il suo bel vestito di lino azzurro mi guarda con dolcezza:
- Ripartirò per Milano a fine agosto, ma comincerò a lavorare a Lecce dal primo ottobre. Abbiamo già trovato tre appartamenti nello stesso palazzo dell’ufficio. Una fortuna. Il mio lo condividerò con una collega. Ci seguiranno altri cinque architetti. Lavoreremo a progetti tra Bari, Brindisi, Lecce e Taranto. Avrò molto da fare… ma almeno saremo finalmente insieme. -
Ti ascolto mentre guido piano sulla strada assolata verso casa. Non ci saranno più centinaia di chilometri a dividerci. Canto. Il cuore mi batte forte. La tua mano sulla mia mentre cambio marcia.
Finalmente non penserò più:
**“E come sempre… ritornerai”**
Quando ti vedevo ripartire a fine agosto, e tutte le luci sembravano spegnersi attorno a me. Ora saremo sempre insieme.
Il mare cristallino si avvicina.
L’auto è alle porte della cittadina bianca.
Il sole scende piano alle spalle.
Il cielo si dipinge di rosso su quel paradiso.
Giampaolo Daccò Scaglione


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