domenica 7 dicembre 2025

FIABE PER CHI CANTA ANCHE SE STONATO: Baron Bassetto, il Valigiaro del Dialetto Bolognese

Baron Bassetto, il Valigiaro del Dialetto Bolognese

Nota del ballist... Sorbole volevo dire veh, nota dell'Autore "Il Giampy de Milan":

“Si lo so che parrebbe impossibile, ma davvero questa storia è stata tramandata dal mio trisavolo barone Paolin de Dacau, un vecchio nobiluomo che diede i natali alla mia famiglia un paio di secoli fa. Un uomo di cultura immensa e generosità illimitata. Peccato che la trisavola Virginia Augusta Vittoria de Ravarell, non fosse proprio così d’accordo. Ella diceva che si, suo marito era un vero gentiluomo ma anche un cacciabal…Oh volevo dire un pochettino bugiardo e quindi, la storia che vi narrerò può essere una palla, oh volevo dire, che questa avventura può avere dubbi sulla sua veridicità.”

C’era una volta un barone di nome Bassetto, un uomo belloccio, dalle basette lunghe, bocca a cuore e occhi verdi, leggermente bassino tant’è che ufficialmente misurava un metro e una spanna… O giù di lì.

Era un nobile di larghe vedute solo che, parlava il dialetto. Rifiutava il dolce stil novo preferendo il dialetto che detta da lui era più comprensibile di quell’italiano così complicato.

Il Barone non aveva castelli o palazzi nobiliari e nessuno capì mai il perché si ostinasse a vivere dentro una valigia di cuoio consumato, abbandonata sotto il letto di una vecchia pensione bolognese. Ovviamente sotto le torri della Garisenda e dell’Asinelli.

Ogni volta che qualcuno entrando nella stanza per pulirla o curiosare chi ci abitasse ed apriva la valigia, Baron Bassetto saltava fuori con un gran sorriso, gridando:

“Uhé, mo’ guarda chi s’è svegliê!”

Come appunto dicevo poc’anzi, sorbole, il bell’ometto parlava solo in dialetto bolognese, cantava canzoni stonate ma piene di cuore, e raccontava storie che nessuno aveva mai sentito: di trattori volanti, di nonne che parlano coi piccioni, di ragù che… non arriva mai.

Era ghiottissimo del ragù della signora Miranda, la proprietaria della pensione molto carina, piena di centrini colorati posati su tutto, c’è chi dice anche sui lampadari per dare un tono di colore. Sorbole.

Perché il suo segreto era questo: Baron Bassetto, pur essendo bolognese, non sapeva cucinare il ragù alla bolognese, solo una volta per caro era riuscito a fare un ragù all’amatriciana che regalò al portiere della pensione, un simpatico abruzzese.

Ci aveva provato mille volte: una volta ci mise la marmellata, un’altra il caffè al posto del vino, una volta persino le caramelle alla menta. Una volta ci aggiunse pure dello zucchero filato con la scusa che il pomodoro era troppo acido.

E così sperimentando, aggiungendo, togliendo, salando, zuccherando, usando pentole di rame lucide con quattro uova, un po’ di farina, dell’olio di oliva e latte inventò le omelette che ora si chiamano così ma lui le aveva battezzate: “Ovelette per la plebe.”

Non seppe mai che regalandole a Monsieur Coque de Orlèans, un rinomato pasticciere francese amante segreto di Miranda, che quando era in Italia lo ospitava in soffitta, sarebbero diventate un successo internazionale. Sorbole.

Così Bassetto, per non perdere la faccia, diceva a tutti che il suo ragù era

“una leggenda che non si può assaggiare.”

Tutti erano incuriositi da questa leggenda e molte persone a Bologna facevano a cara a frequentare il Baron per carpirne i segreti ed anche loro, i bolognesi sperimentando a sinistra e a destra inventarono “I Turtlèin, le Lasagne, le Cressientine (vabbè le Crescentine dai) e tant’altro.

Ormai rassegnato ma contento che Bologna fosse felice da quando tutti la chiamarono “La Ghiotta”, si beava da solo in complimenti immaginari per aver ispirato quella gente così affabile e da solo si metteva a ballare la Mazurka di Periferia.

Ma quando nessuno lo guardava, Baron Bassetto apriva la valigia, tirava fuori un pentolino vuoto, e ci cantava dentro, come se il sugo potesse nascere dalla voce. Stonata ovviamente.

Rito finale per il lettore

Prendi una valigia (vera o immaginaria). Scrivici dentro una storia che nessuno ha mai sentito. Poi canta una strofa stonata, e benedici il tuo ragù invisibile.

Giampaolo Daccò Scaglione 

(El caciaball Giampy de Milan)

 


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