"L'ACQUA SOTTO IL PONTE"
“Certe sere il ponte diventa specchio, e l’acqua chiama con voce muta. Ma a volte, una mano sul braccio è più forte di un salto.”
“È così che risolveresti i tuoi problemi?”
L’uomo sentiva dentro di sé questa voce già da qualche ora, da quando si era affacciato dalla ringhiera d’acciaio sopra quel ponte che si innalzava alto sul fiume oscuro. Da quanto tempo era lì? Quante ore, quanti minuti aveva passato a osservare il lento cammino dell’acqua, in quella giornata scura, calda e umida di una terribile estate?
Forse era giunto lì al mattino presto, o nel primo pomeriggio, e solo ora si accorgeva della sua ombra proiettata sull’asfalto dai lampioni accesi. La sera era arrivata silenziosa. Poche auto distratte erano passate in quell’agosto afoso, nuvoloso e deserto nella grande periferia della metropoli.
Un salto… e chi se ne sarebbe accorto? Forse qualcuno che lo aspettava a casa. Forse un amico o un lontano parente, che dopo giorni avrebbe pensato senza troppa preoccupazione:
“Chissà che fine ha fatto Gianni. È un po’ che non lo vedo. Magari è andato in ferie, o a casa di qualche amico sfortunato come lui.”
Gianni guardava sotto di sé. L’acqua sembrava invitarlo, ma allo stesso tempo gli incuteva paura. Che stava facendo lì? Come pensava di risolvere i problemi della sua vita passando ore a cercare il coraggio di buttarsi, scomparendo tra le onde, dimenticando chi era, cosa aveva fatto e cosa era successo nei suoi quarant’anni?
In quell’istante, come in un vecchio film in bianco e nero, rivide la sua esistenza. Non era stato amato dai genitori, troppo presi dalle carriere, dagli amanti e dai divertimenti. Sballottato dai nonni, prima a Genova, poi a Bologna, spesso picchiato dai cugini più grandi. Poi il collegio di lusso, lontano da tutti. Un peso morto. Fino allo schianto di un aereo che lo rese orfano.
La laurea, l’indipendenza, e poi la vita come tante altre: la lotta per la carriera, l’onestà contro la furbizia, la meritocrazia contro le conoscenze. Per la sua lealtà era finito relegato ai lavori meno importanti in uno studio d’architettura. Ultimo arrivato, uomo solo.
Poi era arrivata Laura, con la sua bellezza e il cuore di marmo. Gianni aveva perso la testa. Le aveva dato tutto: amore, casa, regali, viaggi, tenerezza. Aveva donato ogni parte di sé per ricevere l’amore che non aveva mai avuto. Dopo due anni, rientrando a casa, trovò una lettera sul tavolo: poche parole crude, il colpo finale. Lei se n’era andata con Fabio, un collega.
Che scherzi atroci riserva la vita. Lo studio chiuse e si trasferì altrove, senza più bisogno di lui.
Ora l’acqua scorreva sotto l’alto ponte. Non gli faceva più paura l’idea di un tuffo. Chi se ne sarebbe accorto? Forse lo avrebbero ritrovato dopo settimane, forse mai.
“Ehi amico, non avrai mica intenzione di fare una cazzata?”
Una voce alle sue spalle. Non era la sua coscienza. Una mano sul braccio destro, non la sua. Gianni si voltò di scatto e vide un uomo più o meno coetaneo, volto sorridente, occhi seri e intensi, capelli ricci mossi dal vento umido.
“No… Io… Ecco…”
Balbettò, capendo che l’altro aveva intuito il suo gesto. Abbassò la testa e scoppiò a piangere. Lo sconosciuto lo strinse in un abbraccio lungo un’eternità. Un angelo? O forse solo un uomo.
“Mi scusi… mi sono fatto prendere dallo sconforto e…”
L’altro lo guardò con occhi magnetici, sorriso sereno, voce calda. Gianni si sentì rassicurato.
“Forse sarà meglio che tu mi segua. Io sono Stefano, abito poco lontano. Non rida… sono uno psicoterapeuta, mi occupo soprattutto di donne e bambini che subiscono violenze e soprusi. Che ne direbbe di passare da casa mia? Magari parliamo un po’ e ci conosciamo.”
Lo prese sotto braccio, conducendolo verso la fine del ponte.
“Era un po’ che la osservavo di nascosto. Sono intervenuto quando mi è sembrato giusto. Non sono un angelo né un benefattore. Sono uno che aiuta gli altri pensando alla loro serenità. Essendo principalmente un uomo solo, anch’io ho bisogno di amicizie e nuove conoscenze. Un buon caffè lo gradirebbe?”
Gianni lo seguì, come se avesse trovato una persona cara dopo tanto tempo.
“Volentieri… ne avrei bisogno. Credo che poco fa stessi per commettere una… Io mi chiamo Gianni.”
Stefano sorrise e, staccando il braccio, si incamminarono velocemente verso alcune ville poco distanti. Le loro voci si persero nel buio umido di quella sera nuvolosa.
Il fiume sotto l’alto ponte continuava la sua corsa, ignaro dei dolori e dei problemi degli uomini. Una corsa tranquilla, a volte agitata, verso la sua meta perenne: il mare.
Il Sigillo dell'Acqua sotto il Ponte:
“Il fiume scorre, ignaro dei dolori. Un abbraccio può fermare un salto e restituire la vita. Il ponte non ha chiesto nulla, ma una voce ha fermato il salto. L’acqua scorre, la vita riprende.”
Giampaolo Daccò Scaglione

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