domenica 27 gennaio 2019

TRAVEL 1 - VIAGGI 1: COLOMBIA.



COLOMBIA

VIAGGIO 1 - TRAVEL 1

Pubblicherò qualcosa di diverso in questo mese: qualche foto dei miei viaggi. Un paese che mi ha colpito molto è stata la Colombia, tre anni, tre vacanze per vedere questo stato davvero naturalemente stupendo. Tanto verde, clima ideale nonostante l'altezza, città moderne in via di sviluppo e persone disponibili e cordiali. Tre viaggi dove abbiamo vito qualsiasi bellezza, mangiato frutti gustosissimi e visto paesaggi incredibili. Bogotà, Vila de Lleyva, Chichinquirà, Tunja, Barranquilla, Cartagena e molte altre. Comprese feste e tradizioni davvero sentite. Indimenticabile.

I'll publish something different this month: some photos of my travels. A country that struck me a lot was Colombia, three years, three holidays to see this really naturally wonderful state. So green, ideal climate despite the height, modern developing cities and helpful and friendly people. Three trips where we have lived any beauty, eat tasty fruits and seen incredible landscapes. Bogota, Vila de Lleyva, Chichinquirà, Tunja, Barranquilla, Cartagena and many others. Including really felt parties and traditions. Unforgettable.











































lunedì 14 gennaio 2019

1. IO, NORWEEN IL PICCOLO ELFO DELLA NEVE


IO, NORWEEN
il piccolo Elfo della neve




IO, NORWENN IL PICCOLO ELFO
DELLA NEVE

"Ormai sono cresciuto, adesso sono un Elfo della neve che vive in compagnia di Lohar la mia lince maschio, vivo nei boschi bianchi pieni di luci d'argento e di ghiaccio in un posto che pochi conoscono, ora tutti mi chiamano Mistral Wind-Artic perché ho portato con me la magia del gelo invisibile ed una conoscenza esoterica che nemmeno io potevo immaginare durante la mia crescita.
E' vero, sono nudo, bellissimo ed ora ho più di duemila anni un poco come i vostri venti umani, ma il freddo è calura per me, le mie mani sprigionano magie cristalline che a volte fanno male e spesso del bene.
La mia casa è sopra il grande albero dalle gocce di cristallo nel centro del bosco di Azhavan, in un'abitazione di legno, cristallo ed oro bianco, piena di luci magiche create dai miei amici gnomi ed arredata con amore dai miei nuovi fratelli Elfi del regno di Samrah.
Loro vogliono che viva nella stessa comunità, che io diventi la guida spirituale grazie alle mie facoltà, ma preferisco la mia neve, il mio vento freddo ed i miei cristalli di ghiaccio e le stelle splendenti sopra il mio capo come ogni notte.
Ed intanto aspetto, aspetto da anni qualcosa che mi era stato promesso.
Oh che sciocco, avrei dovuto raccontarvi la mia storia fin dall'inizio per farvi capire il perché sono un elfo della neve, penso che lo farò anche se brevemente, per ora, così comprenderete il perché vivo nella neve e che cosa sto attendendo da duemila anni.
Mi ero svegliato un mattino, sentivo un freddo molto grande nel corpo. Quando avevo aperto gli occhi, avevo visto una radura innevata, attorno grandi alberi che alla luce del sole splendevano bianchi ed argento facendomi quasi male agli occhi.
Ero solo, sopra di me una calda coperta di pelle d'orso e indossavo abiti rossi di lana cotta ed un mantello verde di stoffa pesante, il naso all'insù gelato e dalla mia bocca e narici uscivano densi aliti come nuvolette bianche.
Mi ero spaventato molto e mi chiedevo dov'ero e dov'era la mia grande casa di legno chiaro in quel paesino di montagna vicino al grande lago.
Ricordo di aver urlato il nome di mamma e di papà, poi mi ero guardato attorno avendo sentito dei soffici rumori, c'erano cerbiatti, lepri e qualche alce che mi fissavano incantati, non c'era nulla, solo il silenzio ovattato della neve che scendeva lenta dal cielo.
All'improvviso un vento gelido era arrivato da Nord alle mie spalle, ma non sentivo più freddo anzi, sembrava che quell'aria mi infondesse un calore e subito dopo, piano piano una nebbia d'oro era apparsa davanti ai miei occhi sorpresi da quella visione, trasformandosi in un piccolo cumulo di stelle dorate ed ecco...
All'improvviso apparve Lei.
Una bellissima signora elfica dai capelli d'argento che mi sorrideva non appena aveva visto i miei occhi pieni di pianto, in quell'istante mi aveva infuso nella mente i suoi pensieri, avevo capito da quello che diceva che ero stato che abbandonato dalla mia famiglia in quanto non ero di mezza razza come chiamavano i reietti o i frutti di tradimenti.
La sua bocca era chiusa in lungo sorriso dalle labbra rosse e mi aveva trasmesso tutta la storia che mi era capitata prima di trovarmi in questo bosco misterioso.
"Norween..." una voce soave era nella mia mente "Piccolo mio, mio caro elfo, tuo padre un elfo senza cuore ti ha voluto lasciare qui nelle mie terre dopo aver scoperto che non eri suo figlio naturale.
Tua madre, la cara principessa Rawynd una mia cara sorella da parte di madre della tribù Louwen, ti aveva concepito con mio fratello Thaylen.
Tuo padre è un uomo duro, la sua parte fisica umana è cattiva ed egoista, lasciava sola tua madre e spesso la picchiava, poi un giorno lei mentre piangeva incontrò per caso in una radura mio fratello di sangue, così era nato il loro amore segreto e con Thaylen e concepì il Norwenn, tu mio piccolo elfo, dove un giorno tuti ti chiameranno Mistral l'elfo dei ghiacci.
Io sono la Regina della neve Ysheah e quindi tua parente."
Ero confuso confuso, forse troppo piccolo per capire cos'era accaduto e chi fosse Thayler e lei la bellissima regina.
Ricordo solo il volto dolce della mia mamma e quello serio dagli occhi di ghiaccio ed i capelli lunghi rosso fuoco di quello che credevo fosse il mio vero padre. Ed ora avevo scoperto che non era lui ma, il fratello di questa bella regina, Thayler.
Ysheah, vedendomi preoccupato ed impaurito, mi aveva mandato vicino due cervi che si erano seduti accanto, guardandomi con occhi intensi come fossero esseri umani, Lei aveva continuato a mandarmi i suoi pensieri, nessun essere vivente doveva sentire, ciò che mi arrivava nella mente.
"Vivrai qui per millenni degli anni umani. Ma avrai un compito da svolgere anche se sei ancora piccolo."
Si era alzata, una nuvola leggera e dorata era attorno a lei, alta e luminosamente bella, con la mano aveva fatto un gesto ed in un attimo, una scia di stelle bianche mi avevano avvolto come una carezza, il mio cuore si era scaldato improvvisamente e mi sentivo pieno di amore.
"Ecco caro nipote, da oggi potrai usare arti magiche con le mani, con la mente e ricordati: dovrai solo aiutare chi avrà bisogno, che sia un umano, un essere magico, oppure animale o chiunque sia ma... Dovrai difenderti anche dai malvagi, solo così potrai crescere in saggezza, bellezza e magia.
Vivrai laggiù in quella casa sopra l'albero vedi?"
Mi ero girato verso il punto in cui lei aveva indicato e avevo visto immediatamente tanti gnomi che costruivano con legno pregiato, una abitazione in cima ad un grande albero bianco, un albero con occhi e una bocca sorridente, mi ero voltato nuovamente verso la regina Ysheah che sorrideva con occhi lucenti.
"Ricorda piccolo mio, mio elfo della neve, solo aiuto ed amore potranno farti crescere, troverai tanti amici nel corso della tua lunga vita ma le tue difese dovranno essere imperiose senza pietà verso il male. Un giorno molto lontano troverai finalmente la ricompensa per tutto questo.
Non sarò io a dirti quale sarà, ma questa arriverà nel giorno giusto. Ora prima di lasciarti vorrei dirti che, ogni volta del bisogno potrai invocarmi ed io ci sarò e dimentica la tua famiglia appena potrai, ora la tua nuova famiglia saranno tutti gli animali e gli esseri di questa terra incantata. Buona fortuna Norwenn piccolo dolce elfo."
Così come era venuta nella luce, Yeshah era svanita all'improvviso in una goccia trasparente leggermente azzurra, anche se sentivo ancora la sua presenza attorno.
Iniziava così, da quel momento la mia vita fatta di aiuti, di magia, di guerra al male. Un giorno lontano avevo conosciuto anche il mio vero padre Thayler ma, mai più seppi qualcosa ancora della mia famiglia di origine, dopo varie avventure tutti incominciarono a chiamarmi davvero col nome Mistral, l'elfo del ghiaccio.
Ecco questa è la mia storia, ora sono qui con Lohar, sulla piccola strada che porta alla mia casa di legno ed oro bianco, tra poco scenderà la notte e dovremo aiutare qualcuno.
Ma sento dentro al cuore che presto arriverà la mia meta, la mia ricompensa promessa più di 2000 anni fa, si la sento vicina come mi aveva promesso Ysheah.
Forse andrò nel regno degli Alti Elfi dove tutto sarà meraviglioso e ci saranno vita e tanto amore ma ora devo andare...
Un grande lavoro mi aspetta, un piccolo bambino abbandonato in riva al fiume, tutto questo mi ricorda qualcosa, ma devo fare in fretta è in pericolo.
Chissà forse un giorno potrò raccontarvi ancora qualcosa di me, di Norwenn, di Mistral l'elfo del ghiaccio.

Giampaolo Daccò

venerdì 4 gennaio 2019

AMICI



Ogni amico 
rappresenta un mondo 
dentro di noi, 
un mondo che 
non sarebbe eventualmente 
nato senza il suo arrivo,
ed è solo grazie
a questo incontro
che nasce un nuovo mondo.
(Anaïs Nin)

giovedì 3 gennaio 2019

PETTIROSSO (Giovanni Pascoli)


Iniziamo l'anno 2019, con una poesia che da bambino amavo tanto, a casa di nonna nell'orto vicino alle piante, ogni tanto ne vedevo uno di questi graziosi volatili dal petto tinto di carminio. Quando  alle scuole primarie avevo imparato la poesia dedicata a lui, a casa davanti alle finestre con la neve sopra i tetti, sugli alberi e nell'orto, cercavo lui tra le fronde e ripetevo nella mente queste parole da fiaba:


"PETTIROSSO"

Tra l'albaspina e il bosso
odo un tinnir leggero
come d'un riso.
E' vero.
ridente pettirosso.
Mi chiede poi, se spero,
un trillo alto e commosso:
Dirti, si, no, non posso,
piangente capinero.
No
se le secche biade
agita al sole il vento,
dire al cuculo io sento.
Ma se la notte cade,
il rosignuol tra i rami
canta che speri ed ami.

di
Giovanni Pascoli







domenica 16 dicembre 2018

Piccola fiamma di luce.




PICCOLA FIAMMA DI LUCE

La signora dai capelli castani con il vestito scuro dalla finestra della camera da letto di sua madre, che spazia sui campi attorno al paese, non crede ai suoi occhi, non crede a ciò che vede aldilà dei vetri. Li richiude e li riapre per essere sicura di aver visto bene.
Un bimbo dal cappotto rosso sulla sterrata coperta di bianco, sta portando in mezzo ad una tormenta di neve, un cavallo chiaro verso alle stalle di Peppino.
Allarmata, vedendo quella piccola figura avanzare lentamente con quella candida bestia verso quei casolari, si mette in spalla un pesante scialle azzurro coprendosi la testa, infilati gli stivali pesanti di pelle imbottita, si precipita giù dalle scale di servizio uscendo dalla porta di legno massiccio verso quella sterrata, dove il bimbo dal cappotto rosso sta camminando trascinanado un cavallo quieto.
"Mio Dio ma che sta facendo e dov'è zio Peppino?" si domanda quasi corrrendo in mezzo a quel freddo e bufera.
"Paolino!" urla. Ma il piccolo sembra non sentirla, il suo fiato bianco esce dalla bocca, sembra un nuvoletta che si perde nella tormenta. Ancora pochi metri e sarà vicino a lui.
"Paolino!" urla ancora e questa volta il faccino arrossato del bimbo si volta a guardare in quella direzione, a lei sembra che il piccolo stia sorridendo.
"Dio mio che fai qui da solo? Con questo cavallo in mezzo alla tormenta? E dov'è lo zio Peppino? E i tuoi genitori? La nonna?"
"Angelina quante domande mi fai?" urla il piccolo fermandosi davanti alla donna ormai senza fiato per la corsa "Non posso risponderti a tutte queste cose".
La sua vocina le ha messo quasi allegria con quell'espresisone buffa che hanno i bambini quando si stupiscono, Angelina prende le redini del cavallo e per mano il bambino, si dirige verso le stalle dello zio Peppino.
"Ora che stiamo andando lì" dice Angelina a Paolino con aria tranquilla, sospirando per la non gravità della situazione ma per essersi assicurata che il bimbo fosse coperto bene "Mi devi raccontare come mai stai portando Tabacco, alle stalle di zio Peppino e non lui anche se..."
"Oh lo sai Angelina, zio Peppino sta dormendo alla grossa, forse ha bevuto e la nonna è andata a comperare qualcosa da mangiare per lui e così quando mi sono messo alla finestra vicino alla stufa di carbone, ho visto Tabacco fermo in messo al cortile, ho pensato che aveva freddo ma, non sapevo che cosa fare visto che lo zio non vuole che gli animali vengano in casa."
Ad Angelina le viene da ridere ma resta comunque preoccupata anche per il fatto che il fiume pieno di gorghi era a due passi e con questa tormenta non si vedeva molto la strada e neanche la riva. Sta per dire qualcosa quando Paolino prosegue il suo racconto.
"Poi mi sono girato verso lo zio che sul divano dormiva con la bocca aperta, ho cercato di smuoverlo ma lui si è girato dicendo: - Oh si la vedo, vedo la piccola fiamma di luce laggiù... Mamma - Io so che sua mamma è in cielo da tanto tempo ma ho pensato che dentro la stalla c'era una piccola fiamma per scaldare Tabacco, così mi sono messo il cappotto rosso, i guanti, il cappello e sono andato a slegarlo per portarlo nella stalla."
"Grazie a Dio ci sono io ora" pensa Angelina, vedendo con la mente il volto di sua nonna Anna e di suo figlio lo zio Peppino.
"Senti Paolino, ora che siamo arrivati alle stalle mettiamo Tabacco nel suo giaciglio vicino a Giannina l'asinello e poi ti preparo una cioccolata a casa della mia mamma, aspettiamo tua nonna e cercheremo di mettere a letto zio Peppino, ma penso che quello dello zio era un sogno, e che la fiamma di fuoco è soltanto una..." si interrompe di colpo non appena i due entrano nella stalla principale, quella dove contiene le bestie da lavoro.
Un fuoco in mezzo a delle pietre per non attaccare il fieno all'interno era in mezzo allo stanzone di legno e Giannina l'asinello distesa accanto, si scaldava al calore di quelle fiamme.
"Ma come?"
"Visto Angelina che c'è la fiamma di fuoco come aveva detto lo zio?" l'allegra voce del piccolo la distoglie da tanti pensieri ed istintivamente si gira verso la porta d'entrata, in mezzo alla neve le sembra di vedere la figura di una piccola donna vestita di scuro con in testa uno scialle viola come quella di sua nonna Anna. 
Scrolla la testa e guardando di nuovo in quella direzione, vede solo la neve scendere. Con Paolino avvicina il cavallo al suo giaciglio e lo rinchiude nel suo fienile, mentre Giannina viene abbracciata dal bambino.
Una voce da lontano chiama il piccolo e Angelina prendedolo per mano, si avvia verso l'uscita, nonna Maria era tornata dalla spesa e stava cercando il nipote con voce preoccupata, presto l'avrebbbero incontrata fuori nella neve. 
Prima di chiudere la stalla, Angelina si volta verso l'interno, il fuoco tra le pietre si sta spegnendo lentamente, sente tirare la sua mano e vede il musino del bimbo guardarla con gli occhi blu ed un sorriso stampato sulle labbra.
"Angelina, secondo me è stata nonna Annetta ad accenderlo anche se lei è in cielo... Tu che pensi?
"Credo proprio si di caro, nonna Maria ci aspetta preoccupata e  devo prepararti la cioccolata. Che ne dici andiamo?"
"Siiii..." fa eco Paolino.
Intanto dietro loro accanto alle stalle in mezzo alla tormenta una piccola figura vestita di nero con in testa uno scialle viola li sta guardando, mentre di fretta raggiungono la fattoria. La neve continua a cadere ma ora sembra più luminosa del solito.

Giampaolo Daccò

martedì 27 novembre 2018

LA SIGNORA CON IL CAGNOLINO




LA SIGNORA CON IL CAGNOLINO

Tanti anni fa, dalla fine degli anni sessanta a quella dei settanta, da marzo a fine settembre, quando allora abitavo con i miei in una cittadina del basso milanese, con altri bambini della mia via, giocavamo nei cortili e sulla riva del fiume. 
Erano primavere ed estati spensierate, sove la sera con il chiaro i nostri genitori ci facevano stare fuori a giocare.
A quel tempo le auto non erano tantissime e la zona del centro storico era tranquilla, il castello con le sue mura ed i cortili con case abitate, l'asilo nido, i campi dello studio di Genetica e la via che porta al fiume, facevano da paesaggio intimo come un quadro di altri tempi.
I "nostri" cortili con le case a ringhiera, erano i luoghi sicuri potevi giocare fino a quanto volevi. Dopo cena con mamme, nonne, zie di altri amichetti ci si sedeva sul portone del cortile di fronte casa, per chiacchierare, raccontare le storie di una volta e d'estate quando arrivavano le zanzare si accende un braciere di fuoco per allontanarle.
Allora si cantava, si rideva, si giocava a nascondino e tutto questo era capitato per decenni e per generazioni dalgli anni venti fino alla fine della guerra e poi ancora arrivando agli anni ottanta.
I bambini di allora erano diventati adulti e i loro figli con gli anni pure e poi i figli dei figli, come un giro di ruota continuo che ormai si è perso con gli anni della tecnologia.
Tutto sembrava una routine fino a che, in quella sera calda me mezza primavera era apparsa sull'angolo del corso che portava nella grande piazza del castello LEI:
Lei una signora molto giovanile, elegante, raffinata, sui quatantacinque anni, capelli ed occhi scuri e con se un cagnolino scuro, sia di Lei che del cane non ricordo il nome perché da quella sera, come tutte le sere seguenti per noi era la signora del cagnolino.
Mamma aveva scoperto pochi giorni dopo che, quella donna era con il marito, i proprietari della farmacia in piazza del castello e provenivano da Piacenza.
Si erano traferiti nella nostra cittadina grazie alla loro nuova attività e non avendo figli, avevano adottato questo simpaticissimo cagnolino.
La sera dopo, con un generale "buonasera signora e che bel cagnolino ha", da quel momento Lei tutte le sere dopo cena, da marzo a fine settembre si fermava a parlare con noi.
Poi tutti noi ragazzini più grandi, Gina, Luciana, Maria Grazia, Claudio, Gigi ed io, a volte anche le nostre mamme con i nostri fratellini Marco, Francesca e Luca, la seguivano sulla strada del fiume dove con il cagnolino si recava per la passeggiata serale.
Era colta, dolce, ci raccontava molte storie e notizie mai ascoltate e conosciute. Una voce calda e due occhi vivaci e sempre sorridente, ci aveva preso in simpatia e probabilmente mancandole un figlio, noi eravamo i suoi ragazzi, ogni tanto si percepiva nella voce nostalgica quel dono mancatole.
Per qualche anno immancabilmente la signora del cagnolino, tutte le sere era con noi, poi implacabile come sempre la ruota del tempo aveva girato velocemente: noi ragazzini più grandi eravamo cresciuti e le nostre esigenze diventate diverse, ci avevano allontano da quella abitudine, così la signora aveva incominciato a passeggiare con gli altri bimbi cresciuti, Francesca, Luca, Marco e con loro di erano unite le mamme.
Poi era passato ancora del tempo e la signora del cagnolino era rimasta vedova e venduta la sua farmacia, era ritornata nella sua città natale, così era finito quel tempo dove tutte le sere di primavera e d'estate per molti anni, erano state speciali.
Ho voluto ricordare quella signora prepotentemente venuta in mente, quando questa mattina ho visto dall'altra parte della strana una donna molto somigliante esteticamente a lei, ed aveva al guinzaglio un cagnolino scuro come il suo.
E' stato un attimo di nostalgia.
Non amo dimenticare le persone che in un modo o in un altro hanno fatto parte di un periodo più o meno lungo della mia vita, persone che hanno lasciato qualcosa di bello e positivo dentro.
Lei, la signora del cagnolino ci aveva donato: simpatia, comprensione, intelligenza, conoscenza e soprattutto dolcezza.
Non so che fine abbia fatto dopo che si era ritrasferita nella sua città ma il suo volto ed i capelli neri, lisci a caschetto e quegli occhi scuri e vivaci sono ancor oggi nei miei più piacevoli ricordi.

Giampaolo Daccò

giovedì 22 novembre 2018

LA DONNA, IL SUO POTERE ED IL MATRIARCATO




LA DONNA, IL SUO POTERE ED IL MATRIARCATO

Premetto che non esistono uomini più intelligenti delle donne e viceversa, in quanto esseri umani, abbiamo anzi dovremmo avere le stesse capacità (a parte la forza fisica marziale dell'uomo in confronto a quella psichica lunare della donna) e mi scuso per il lungo discorso che vorrei fare qui Probabilmente sarà un po' confuso forse ma sento di scrivere tutto questo, dopo quello che ho letto sui giornali e visto in TV (violenze varie) e questa mattina al bar dove volutamente non sono intervenuto, in quando come uomo mi ritengo più "mentalmente donna" (è un gioco di parole) che marziano (quindi violento-volgare-rozzo), ho udito un discorso su VOI donne davvero vomitevole (e tralascio il solito discorso delle donne orientali con burqa e relegate in casa altrimenti mi si da del razzista, con la scusa delle regole delle religioni orribili e patriarcali 3 in tutto e tutte e 3 terribili). A parte che sono cresciuto con donne speciali (e non perché erano le mie nonne zie mamma e prozie e cugine - famiglia matriarcale per fortuna). 
Besta ora, davvero basta, non si possono più sentire certe cose sulle donne (ma anche su gay e persone di colore), la "grande civiltà patriarcale che è iniziata con Abramo e che continua ora e dove la donna (la maggior parte) odiando la donna stessa si è conformata allo status vir che impera da anni anzi da millenni. Cito la traduzione della commedia "LISISTRATA" (una delle ultime commedie brillantemente e sottilmente a favore della donna-diavolo, dove stava sopraggiungendo definitivamente la misoginia patriarcale deleteria oltre che per la donna anche per l'uomo) di Aristofane fatta dal grande Cantarella che aveva un rispetto incredibile per il sesso femminile ed è questa:
"... e mentre la città, creazione degli uomini, perisce, l'eterno irrazionale che è la donna, riprende il sopravvento, anullando di colpo millenni di civiltà: e non senza ragione, forse, tra le opere di questo periogo greco, prevalgono le commedie "femminili" tra cui Donne all'Assemblea, Lisistrata e Tesmoforiazuse. Così, abdicata la città in mano alle donne, i nepoiti dei maratonomachi e dei Leonida, i concittadini di Pericle e di Brasida, sono costretti a ostentare sulla scena il turgore dei "protesi nervi". In una frenetica esibizione del sesso sfrenato, in una pura tensione d'istinto animale incurante di ogni altra cosa. Atene (la donna) intelligenza e luce, scompare dalla storia. E' la tragica realtà si dissolve ne cachinno dell'ultimo poema d'Atene."
In poche parole la DONNA è descritta come FONTE DI OGNI ROVINA distruttrice di città o regni (o meglio opere dell'uomo-maschio) e suscitatrice di bassi istinti e bollata come essere irrazionale e stupida..
IO ora dico: basta davvero, i vari politici e religiosi (la donne è il focolare, la nonna deve curare i nipoti) negli ultimi due decenni hanno rinvigorito, per paura del sopravvento femminile che giungerà presto e ne sono convinto. questo odio femminile circondandosi (i politici) di finte femministe e progressiste asservite ai loro dediseri politici e (i religiosi) dove la donna è l''angelo (schiava) del focolare famigliare, dove arrossisce al complimento e deve usare abiti e linguaggio appropriato, pena l'inferno. STOP, basta, tutto ciò ha avvelenato il cervello dei maschi anche quelli evoluti che sotto sotto accettano l'idea della femmina provocatrice. Mi chiedo quando davvero VOI vi ribellerete? Soprattutto ora che il sesso maschile nel mondo ha superato quello femminile di 300 milioni di unità (tutti nei paesi poveri dell'Africa e Asia). Io credo che la natura insita nell'umanità indipendente dal sesso si stia ribellando ed inconsciamente stiamo andando verso una rovina patriarcale-falllica sperando possa tra le macerie, esserci la rivincita della psiche-luna-donna, allora si che davvero la Terra potrà risollevarsi senza le pietre create dall'uomo per mostrare il potere fallico e forzuto controla paura della femmina "irrazionale". Grazie per lapazienza e per aver letto il mio pensiero, un abbraccio.

Giampaolo Daccò

mercoledì 21 novembre 2018

RISVEGLIO




RISVEGLIO 

Un freddo mattino autunnale
risveglia la mente assonnata
con il corpo ancora intorpidito
dal caldo e profondo sonno.

Accorgersi guardando il cielo,
di un manto azzurro venato di rosa
sopra la propria testa mentre piano,
le luci cdella metropoli si spengono.

Passi fretttolosi, rombi di automobili
passano accanto velocemente
l'appuntamento con la vita d'ogni dì
scandisce il suo ritmo impacabile.

Vetrine illuminate di locali vivaci
all'interno persone sedute, in piedi
che fanno colazione, che leggono,
che parlano o stanno in silenzio.

Un'aria frizzante ti coglie improvvisa
ricordandoti che la tua giornata
ti aspetta con i propri doveri
implacabili da svolgere fino a sera.

Eppure come ogni giorno, è sempre
un risveglio, una nuova conoscenza,
un nuovo mattino pieno di incognite,
una vita che si rinnova inconsciamente.

Correre incontro a questo risveglio
assaporare senza pensare al dovere
quest'aria vibrante, questo cielo venato,
e sorridere a questo nuovo giorno.

Giampaolo Daccò
(photo G. Daccò)

venerdì 16 novembre 2018

UNA FOTO, UN RICORDO



UNA FOTO... UN RICORDO


1968, estate in campagna.

"Ricordi. le nostre folli corse
su quella strada sterrata
dove il fiume seguiva lento
il suo corso verso il ponte
che scorgevamo lontano?
I nostri aquiloni giallo e blu
che volavano ne cielo
legati ai nostri polsi 
sperando di non vederli volare via?
Ricordi le risate ed il fiatone,
"A chi arriva ultimo è un asino"
e noi due arrivavamo 
insieme al traguardo
tenendoci per mano?
Ed il profumo dell'erba
una volta distesi mentre
il fiatone ed il sudore
erano i nostri padroni 
fino a che ci giravamo
e a pancia in giù e
cogliendo piccoli fiori gialli,
parlavamo di tante sciocchezze
di bambini ingenui e belli?
Oggi ho rivisto per caso
una nostra foto in un album
e mi sei tornato in mente.
Una bella amicizia
durata qualche anno
poi le strade si sono divise.
Spero che ogni tanto
tu possa ricordarre
quelle corse e i giochi
pensandomi come faccio con te."

Giampaolo Daccò

mercoledì 7 novembre 2018

BAMBINI




"Bambini"
(pensieri e foto di Giampaolo Daccò)
Una frase letta poco fa per caso di Giacomo Leopardi:
"I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tutto."
Quanta verità in questa semplice frase.
Francesca e Giampaolo molti anni fa erano tutto questo, ricordo che anche un fiore diventata una bacchetta magica per realizzare i sogni.
In campagna per lei avevo intrecciato papaveri facendo una corona per la mia piccola principessa.
Francesca aveva fatto una buona minestra con una ricetta ifallibile: acqua di roggia, sabbia, sassolini colorati e erba profumata e fingendo di gustarla... Era proprio buona.
Non era stupidità od ingenuità ma crescita, fantasia, sperimento...
Si cresceva così con tutto nel nulla, dove un muro bianco o un cielo azzurro si riempivano di fiori, di angeli, di fate. Una scodella diventava un elmo per difendere le principesse in pericolo e un lenzuolo colorato il vestito di una fatina piccola.
"I fanciulli trovano tutto nel nulla, questo nulla è invece un mondo meraviglioso.
Giampaolo Daccò.