giovedì 27 agosto 2020

LA VIA DELLE FARFALLE - PETALOUDES

 


Petaloudes

Descrizione

miLADescrizione

Via Meravigli, Milano, 15 Maggio 2005.
Una giornata di sole caldo, pieno di persone nelle vie, fiori vivaci sui balconi e attici in centro della città.
Agenzia di viaggio, la bella ragazza bruna dagli occhi verdi e rossetto rosso, ci guardava sorridendoci, gentile, professionale ma con occhi dallo sguardo sensuale e felice della nostra scelta, sia per l'Agenzia per cui lavorava e per l'itinerario abbastanza costoso scelto e per la lunga vacanza di venti giorni, decisa per le prime settimane di settembre.
Amando la geografia in modo viscerale cercavo di fare una faccia stupida e contenta per le sue informazioni che sapevo già fin dai tempi della scuola: sei, a volte sette in matematica e nove o dieci in geografia, lettere, storia ecc ecc, compensando la media dell'otto.
Mi veniva da sorridere vedere il mio compagno di viaggio, intendo ad ascoltarla guardando le foto meravigliose del luogo scelto per le nostre vacanze: Rodi, la meravigliosa Rodi egea ad un tiro di schioppo dalla Turchia.
La dolce voce della ragazza per me era lontana, mi limitavo a sorriderle mentre con gli occhi guardavo gli opuscoli poco distant ed in mostra su uno scaffale,della Polinesia, Maldive, Comore, Mauritius, Antille trattenendo un sospiro di malinconia, potessimo andare là.
Telefono e la ragazza scusandosi si era messa rispondere e subito, il direttore dell'agenzia ci aveva raggiunto finendo il lavoro di lei.
Non aveva nulla da fare ed era evidente lo sguardo suo fisso sul mio compagno di viaggio, i suoi occhi sembravano lampeggiare, mi ero trattenuto per non mettermi a ridere della situazione buffa, come sempre l'altro manco se ne era accorto.
Il direttore, un bell'uomo sui quaranta, occhi verdi, capelli biondo scuro ondulati, bel fisico e vestito di blu, senza mai guardarmi continuava a sciorinare le qualità, le bellezze, i favolosi incanti della meta prescelta.
Ovviamente avevamo avuto l'occasione di avere un albergo stupendo, molti sconti per escursioni e quella proposta della Valle delle farfalle, che davvero volevo visitare fin dai tempi della scuola.
Il mio amico aveva alzato gli occhi.
- La valle delle farfalle? - aveva domandato al direttore diventato paonazzo all'improvviso guardando gli occhi neri dell'altro.
- Ma si te lo avevo detto, non ricordi? - avevo risposto sorridendo e il direttore si era accorto di me, che sono un uomo e non una donna probabilmente, no scherzo.
- Oh si avete ragione, è una valle stupenda che tutti chiedono di visitare quando partono per Rodi, vedrà signore come sarà entusiasta di quello che vedrà - la voce leggermente calda del direttore aveva dimenticato che i signori sono in due: io ed il mio amico.
- Beh Giam, sarà divertente non credi? -
- Oh si te ne parlai molto tempo fa di quella valle ricordi? -
- Ah si è vero che sbadato... -
Il direttore mi era parso che avesse preso un colorito più pallido, sicuramente avrà pensato che...
- Ah partite voi due, cioè volevo dire solo voi o in comitiva? -
- Noi due - avevo risposto in maniera gentile fissandolo negli occhi, mi veniva voglia di ridere dalla situazione comica.
- Capisco, un po' di riposo dal lavoro immagino, parenti? - ecco la domanda per capire.
- Si cugini - aveva risposto il mio amico che in un attimo aveva afferrato la situazione in un certo senso - però letti separati, lui vive di notte io no. - aveva concluso il mio amico in maniera spiritosa.
L'altro era apparso sollevato.
- Si infatti tra di voi c'è una certa somiglianza (io biondo l'altro moro, io occhi azzurri e l'altro neri, io pelle bianca e lentiggini e l'altro olivastra, praticamente uguali), bene camera doppia, magari affacciata sul mare ok? -
- Wow fantastico. - avevo risposto
- Ottimo, ora vi devo dare qualche notizia dettagliata sul posto, che la mia dipendente non ha potuto dare prima, oltre aver descritto le bellezze di Rodi ovviamente, ecco: 
La Valle delle Farfalle viene chiamata Petaloudes, è un comune della Grecia nella periferia dell'Egeo Meridionale con 12.133 abitanti al censimento 2001. 
Area89,2 km²

Una cornice da fiaba, per turisti e locali, con fiori e alberi a dominare la scenaIl loro arrivo, parlo delle farfalle, è accolto come un piccolo miracolo. Chiunque si trovi lì, nel periodo ideale, avrà la possibilità di vivere l’emozionante scena di un film.
Praticamente un sogno ad occhi aperti, un parco dall’ecosistema alquanto, anzi molto particolare, ricco di ruscelli, alimentati dal fiume Pelecano, che attraversa la zona.

Bla, bla, bla, bla, bla. I miei occhi avevano incontrato quelli della ragazza che ci aveva preceduto e con un sorriso divertito, entrambi avevamo osservato la scena. le mie labbra si misero a parlare senza emettere un suono:

"Il mio amico non è paziente si annoia e se quello non la  smette è probabile che il viaggio salti."

Immediatamente e capito al volo il messaggio, la bella ragazza si era alzata chiudendo la telefonata e con la malavoglia del suo direttore, aveva preso in mano la situazione divertente. In poco tempo avevamo firmato il contratto del viaggio, con la presenza del direttore che sicuramente si era tenuto a memoria i nostri indirizzi, consegnato i documenti ci aveva salutato cordialmente e soprattutto pagato.
Finalmente era fatta si partiva. Ovviamente il direttore ci aveva accompagnato alla porta con il bla bla bla, diretto più al mio amico che a entrambi e poi appena usciti ci aveva dato una stretta di mano, la mia brevissima, quella fatta all'altro lunga con tanti ringraziamenti (ehi ma metà della vacanza l'avevo pagata anche io).
- Vi aspetto per il prossimo viaggio. - aveva detto il direttore mentre ci allontanavamo dalla sua agenzia

Arrivati in un bar in Corso Vittorio Emanuele, ci eravamo presi un aperitivo.

- Secondo te, il direttore ce l'aveva con me? -
- Perché mi dici questo? -
- Mamma mia sembrava che facesse apposta a rompermi le scatole con il suo gne gne e descrizioni noiose, la ragazza era stata più simpatica. -
- Ma no, pensava che viaggiassi solo tu e poi hai sempre un'aria così distinta avrà pensato chissà cosa, che tu fossi un ingegnere o architetto o professore che sta andando in vacanza con un parente. Visto poi quanto anche ci è costata. -
- Tu dici? -
- Si certo. - avevo risposto mentendo senza scoppiare a ridere per la conquista ignara che aveva fatto.
- Sarà, l'importante è che abbiamo fatto una bella scelta e quel direttore ci ha dato delle vantaggiose opportunità di visitare quei posti. -
Avevo sorriso, mentre stavo bevendo l'aperitivo, lui ne esce con una frase che quasi mi aveva fatto sbuffare quello che stavo bevendo.
- Da come si comportava sembrava volesse venire con noi, mica ce lo troveremo nei nostri letti? Ahahah - 
- Ma noi sai che dici? -
- Va là furbacchiotto, mi credi ingenuo, ho visto benissimo tu e la bella ragazza quasi sghignazzare, ma mica son scemo, ho sfruttato l'occasione e così' senza dare nulla in cambio abbiamo avuto i vantaggi... -
Davvero ero rimasto stupito, di solito mi dava la sensazione che non si accorgesse di alcune cose ma evidentemente non era così.
- In gamba il professore - avevo detto mentre eravamo scoppiati a ridere.

"Petaloudes aspettaci, arriviamo nel tuo mondo fantastico." avevo pensato mentre uscivano dal bar avviandoci verso casa.

La vacanza era stata stupenda degna della descrizione e fortunatamente il direttore non lo avevamo trovato nei nostri letti.

Giampaolo Daccò


martedì 28 luglio 2020

ANDARE VIA DA TE




ANDARE VIA DA TE

Vedo la tua figura andare via, eri sceso dall'auto poco prima ed ora sei davanti a me, i tuoi passi ti allontanano sempre di più dal mio sguardo.
La strada bagnata dalla pioggia che non scende da qualche minuto e le luci dei lampioni allungano la tua ombra mentre si sbiadisce sempre di più, mentre sei ormai lontano.
Una piccola figura scura che in pochi istanti scompare dietro l'angolo.
Non è il tergicristallo bagnato dalla pioggia che impedisce di vedere bene ciò che ho davanti, ma sono i miei occhi, le mie lacrime. Appoggio la testa sul volante e sfogo il mio pianto, aspetto che il dolore finisca, che riesca ancora a calmare il mio cuore, che possa tornare a casa guidando senza paura.
Eppure non sembrava dovesse finire il nostro amore, la nostra storia, ma questa sera, anche se avrei dovuto aspettarmelo, ancora non potevo crederci:

- Mi dispiace, non possiamo andare avanti così... 

- Non puoi farlo, non puoi buttare tre anni in questo modo, non possono non essere contati e io ti amo sempre forse ancora di più.

- Io no... ti amavo, ti voglio bene ma... Non è più come prima. - la mazzata è stata forte ma era quello che voleva, colpire diritto al cuore per non trascinare nulla.

- Ma come puoi essere così crudele? -

- Crudele? Io ti sto dicendo la verità, la poesia è finita, la mia passione anche e non riesco a vederti più come la mia metà, la parte mancante che mi riempiva l'anima ed il cuore. Mi dispiace. -

- Ti disp... C'è un'altra persona nella tua vita! - era un'affermazione la mia, quasi una sicurezza nel suo lungo silenzio.

- Che importanza ha se c'è o non c'è? Non ti amo più, ti voglio solo bene e non credere che non stia soffrendo. Non pensare che non ricordi i nostri momenti come magia, come qualcosa di speciale... Però qualche tempo fa dentro di me è successo qualcosa che... - con le dita cerca di asciugarmi le lacrime che incominciano a scendere sul mio volto -  Dio santo ti prego non fare così. -

- Non toccarmi! Non fare così? E cosa dovrei fare? Dirti grazie di avermelo detto prima di aver scoperto qualcosa che non avrei dovuto sapere? Ma come fai ad essere così cattivo. -

- Tesoro ti prego. Non dire così e lo sai che non è vero. Non sono cattivo ma devo farlo, io non ce la faccio a continuare in questo modo, non è più ciò che voglio. -

- Dove ho sbagliato? - 

In silenzio ognuno di noi dopo la mia frase, pensava a ciò che abbiamo vissuto:


L'incontro quasi scontro in quella libreria in Piazza del Duomo, le scuse e l'offerta del caffè per aver sottratto l'ultima copia del libro che cercavamo.
L'appuntamento a teatro, l'aperitivo su quella famosa terrazza in centro, la cena con alcuni amici e infine quel bacio dato tardi, in auto sotto casa mia.
Da quel giorno era iniziata la nostra storia fatta di risate, baci, corse, viaggi, mostre, amici, intimità e soprattutto passione.
Un senso di appartenenza non appena i nostri corpi nudi si stringevano tra quelle lenzuola candide, di sentirsi una cosa sola quando i sensi ci portavano all'apice dell'amore.
I risvegli e le nostre colazioni, i commenti sulle notizie dei giornali, le passeggiate nel parco vicino a casa sua.
Quante cose ci sono state in questi tre anni, tre anni pieni di tutto ciò che amavamo e volevano e forse per lui troppo intensi, i quali in poco tempo hanno stancato ciò che provava per me mentre io continuavo ignorando, questo sogno, questo amore incredibile.
Forse lo sbaglio è stato aver vissuto troppo in tre anni, una vita in poco tempo, un tempo che ti aveva stancato senza che io ne me accorgessi.
Forse...

- Ma che dici? Dove hai sbagliato? In nulla, era tutto perfetto, forse troppo e questo non so il perché mi ha allontanato. - I miei occhi ora lo fissavano mentre i suoi erano umidi, sentivo che stava soffrendo ma erano così determinati che non osavo dire qualcosa. - Va bene non posso mentirti, non l'ho fatto mai e ne lo farò ora: ho conosciuto un'altra persona un paio di mesi fa e piano ne è nato qualcosa ma non... Ma che importa non mi crederai mai... -

- Ti crederò... - avevo risposto ormai con rassegnazione, sapendo di non mentire e sapendo che lui non avrebbe mentito. Un respiro profondo di lui mi aveva messo a disagio e allo stesso tempo quasi in sollievo.

- Non ti ho mai tradito, solo qualche bacio e sono stato chiaro, fino a che non te lo avrei detto e sistemato tutto non avrei avuto nessun rapporto e... -

- Grazie. - avevo sentito la mia voce dire questa parola mentre avevo il pianto in gola. - Non dire più nulla, cerco di comprendere ma penso che adesso dovresti andartene. Non riesco più ad ascoltarti, non voglio farmi vedere piangere, sei stato onesto anche se terribile, non avrei mai immaginato. -

La sua mano aveva sfiorato i miei capelli, sapevo che stava piangendo in silenzio, gli addii sono così terribili anche per chi li provoca. La sua bocca aveva sfiorato il mio viso, lo avevo lasciato fare era il nostro ultimo bacio anche se solo un soffio.

- Mi hai dato molto e resterà sempre nel mio cuore, non lo meritavi ma, non so forse il destino ha voluto così. Sei una persona speciale e anche se ti sto facendo soffrire non cambiare quello che sei, ti prego. - avevo fatto un cenno di assenso con la testa, non riuscivo più a guardarlo. - Le mie cose che ho da te verrò a prenderle quando sarai fuori, credo sia meglio così e le chiavi le lascerò in portineria. Mi dispiace davvero tesoro... -

- Ora ti prego vai. - avevo detto girandomi verso di lui - Non ce la faccio a stare qui voglio andare via, voglio andare a casa. - mi aveva fatto un'ultima carezza che avevo voluto sentirla come ultimo suo regalo, sapevo di averlo già perdonato nonostante avrei voluto urlare, ma era l'unica scelta da fare. Mi era sembrato sentirgli dire "Abbi cura di te, ti vorrò sempre bene." 
Subito la portiera si era chiusa e lui si era allontanato davanti ai miei occhi.

Ecco ora sono qui ancora davanti a quella strada bagnata dall'umidità, la sera si è fatta più scura e le luci dei lampioni più fioche, capisco che è ora di tornare a casa. Lontano da te per ricominciare di nuovo.
Accendo il motore e riparto, ma so che dietro di me in quel parcheggio ho lasciato per sempre il ricordo di questa sera. Del suo addio, del suo andare via da me... Per sempre.

Giampaolo Daccò.







mercoledì 8 luglio 2020

MATISSE, GAUGUIN O MONET?



MATISSE

GAUGUIN

MONET



Potrebbe sembrare una comica di Stanlio ed Ollio oppure di Jerry Louis e Dean Martin ma, giuro, è tutto vero.

Estate 1979, Milano

Un'imperdibile mostra di pittura di grandi maestri, la fine del Liceo Artistico, la voglia di mostrare ciò che si è imparato, un giugno soleggiato, caldo ma pieno di profumi e di fiori ai balconi e finestre dei palazzi e migliaia di persone per il centro città della metropoli.
Vi prego non ridete ma c'erano tre ragazzi appena diplomati che sognavano il loro futuro chi di architetto, chi interior designer e chi docente all'università.

Giambattista, Giampaolo e Giampietro, tutto vero, inoltre e non sghignazzate vi prego, uno con i capelli rossi, uno biondo ed uno scurissimo e tutti con la M al posto della N nel nome.
Come? Ah si ci prendevano in giro spesso, quando entravamo a scuola o eravamo in giro per la città, si sentivano risatine e la  solita sciocca frase: "Oh guarda passa la pubblicità di United Colors of Benetton" oppure "Moschino ha liberato i suoi modelli".

Certo che Gianpietro ci metteva del suo, pur essendo un bravissimo pittore non azzeccava i colori dei vestiti e quindi potevano festeggiare il carnevale in ogni periodo dell'anno quando eravamo con lui, così evitavamo vestiti troppo colorati. 
Comunque dicevo che in quei giorni c'era a Milano una grande mostra dedicata ai pittori stranieri e ovviamente avevamo fatto il diavolo a quattro per andarci, così un sabato mattina eravamo già davanti al portone del palazzo dove si svolgeva l'esposizione.

Eravamo davvero eccitati e felici, non capitava tutti i giorni una cosa del genere ma neanche gli sguardi di alcune persone in fila con noi. 
Occhi sgranati sulla maglietta rosso-verde-gialla di Giampietro, sui miei capelli biondi lunghi fin sotto le spalle, gli orecchini di ematite di Giambattista che risaltavano sui capelli color fuoco.
Percependo poi qualche frase oltre alla risatina di ragazzine deficienti dietro di noi, del tipo "Hanno aperto le gabbie." - "Toh il circo Orfei è arrivato in città." - "Ma i loro genitori li fanno uscire così?" - "Cos'è la fiera di Sinigallia sui Navigli?"

Finché la voce squillante della professoressa Mafessoni era giunta alle nostre spalle facendoci voltare verso di lei. "Oh c'è la pubblicità di U.C. of B." l'avevamo guardata non so come ma lei ridendo ci abbracciò forte.
"I miei più bizzarri studenti, mi spiace davvero che non sarete più nella mia classe ma sono felice della vostra promozione e futura vita... Bla, bla, bla..."

Le sue chiacchiere erano durate parecchio perché dopo almeno venti minuti (non ne potevamo più), eravamo già nei saloni dove splendevano quei dipinti incredibili. Ovviamente non erano tutti i quadri di ogni singolo pittore ma i più famosi, poi la prof. ci aveva lasciato raggiunta da un'amica e noi finalmente liberi dai suoi bla bla bla, avevamo attraversato quelle sale con occhi sgranati pieni di emozioni, commentando sottovoce le nostre impressioni.
Avevamo ognuno di noi, i nostri autori preferiti: Giambattista amava Matisse e Bizet, Giampietro Gauguin, io invece oscillavo tra Monet, Rubens e Klimt, tre stili diversi ma unici.

Finita la visita e i nostri aah, ohhh, wow, acc, mamma mia, oh guarda qui, omg (esclamazioni di sorpresa a tanta bellezza), eravamo usciti dalla mostra dopo più di due ore, ore passate troppo in fretta così un po' accaldati dal sole e avendo fame ci eravamo rifugiati in una paninoteca vicino al Duomo, sedendoci poi fuori vicino a vasi di fiori che dividevano due proprietà. Intanto che mangiavamo qualcosa le nostre frasi echeggiavano in strada sotto gli ombrelloni e tavoli di quel locale pieno di turisti e tante persone che passeggiavano in Corso Vittorio Emanuele.

- No senti Giampy secondo me Matisse ha quel "qualcosa" che rende la sua pittura forte ed unica, sembra quasi... -

- Un cartone animato, ma dai Giamba, che dici - risponde ridendo dopo aver bevuto la sua  bibita Giampietro - vuoi mettere Gauguin? Le sue tele sanno di mari lontani, di voglia di vivere in isole piene di palme e gente vestita colorata... -

- Si con le scimmie che ti tirano le banane in testa dalle palme... - aveva risposto stizzito Giambattista - Senti Giamper (tanto per differenziarsi da me chiamato Giampy, si lo so fa ridere), anche a scuola non capivi niente di cromature, sfumature e stili... -

- Ah si Giamba, perché tu te ne intendi vero? E poi perché le banane e non le noci di cocco... - gli aveva risposto l'altro indicando con gli occhi la maglietta rossa-verde-gialla indosso a questi.

- Troppo molli per la tua testa quelle noci carotina, le banane? Boh dici che erano meglio i mango o le... -

- Stop calma... - ero intervenuto non appena avevo visto Giambattista guardare il suo bicchiere pieno di aranciata, prevedendo la sua volata addosso all'altro - Stop! Ragazzi ognuno ama uno stile, Gauguin è sognante e a volte malinconico come te - avevo detto guardando Giamper - e Matisse è vivace, colorato e imprevedibile come lo sei tu Giamba. Io amo i paesaggi tenui di Monet, le ombre e le tinte decise di Rubens e la fantasia di Klimt... -

- Come sei tu insomma, un miscuglio di roba. - avevano risposto insieme ridendo.

Ero riuscito a stemperare il clima un poco teso tra loro e i loro gusti quando una voce maschile profonda era pervenuta dietro le nostre spalle facendoci girare la testa verso quell'uomo.

- Biondino (biondino a me??? Ma come si permette), dovresti frequentare l'università di psicologia, vista la tua capacità di dare un equilibrio alle persone... - lo avevamo guardato tutti e tre con occhi stupiti, un bell'uomo sui quarant'anni, occhi azzurri, ciuffo sulla fronte, abito blu e di fianco la professoressa Mafessoni piegata in due dalle risate, smarrimento dei tre Giam.

Lei era bellissima con quel vestito chiaro e leggero e anche lui lo era, ed era per quello che le voci di corridoio fatte dalle nostre compagne (ed anche qualche compagno) di scuola che lo avevano visto,  parlavano del marito di lei come fosse Adone, un bellissimo professore di... Oh mamma... di psicologia? Un dottore strizzacervelli che mi aveva fatto un complimento.

- Caro, ti presento tre dei miei studenti più... più... vivaci. - aveva detto poi lei ricomponendosi mentre il bel marito le aveva preso la mano - Spero che mi facciano visita ancora qualche volta ora che prenderanno le loro strade, le mie tre G. - Ci aveva guardati con affetto tutti e tre.

- Cosa pensate di fare dopo il liceo artistico ragazzi? - aveva chiesto il professore mentre finiva il suo caffè.

- Oh io ho scelto la facoltà di architettura. - aveva detto prontamente Giamba.

- Anche io ma preferirei come docente universitario. - aveva continuato Giamper sorridendo alla prof, che sicuramente aveva pensato "questo vuole rubare il posto a mia sorella - docente di architettura)".

Poi tutti e quattro mi avevano fissato negli occhi e no so perché ero arrossito come una damigella del 1700.

- Ecco io vorrei fare l'interior designer, mi piace arredare le ville, case ma anche giardini. -

- E si - aveva espresso subito il suo parere la prof. - il nostro Giampy è molto bravo in quel campo, alcuni lavori suoi mi erano piaciuti e gli ho consigliato di proseguire questa strada. -

- Sei sicura cara? Io negli occhi del biondino (e di nuovo) vedo qualcosa di più. Giampaolo giusto? (avevo annuito), iscriviti a psicologia, penso sia ancora più adatta. Bene ragazzi io e la mia principessa dobbiamo andare. Vi auguro un buon proseguimento per i vostri studi ma anche per la vostra vita, mi raccomando... Ah psicologia Giampy - aveva finito la frase ridendo mentre la prof. sorrideva mandandoci un bacio.

- Buon fortuna ragazzi miei, vi aspetto qualche volta. -

Li avevano osservati andar via in silenzio, che bella coppia e soprattutto molto simpatici e gentili, ne ero sicuro, lei la Mafessoni, l'avremmo ricordata per sempre, la migliore insegnante del nostro liceo.
Spariti i due tra la folla, avevamo finito il nostro caffè quando all'improvviso e purtroppo Giamper aveva aperto la bocca per dire le sue solite scemate:

- Hey professor Daccò, il mio cane Bubu ha problemi di autostima che mi sai dire? -

- Che gli hai dato un nome scemo e si vergogna... povero BUBU... - aveva fatto ecco Giamba.

Oh no si rieccoci di nuovo...

- Ehm, ragazzi io direi che... Ma mi ascoltate? - Avevo messo il denaro del conto sul tavolino mentre loro due già avanti a dirsi stupidaggini, li vedevo agitare le mani e mi ero messo a ridere - Aspettatemiiii... -

Giampaolo Daccò.

lunedì 29 giugno 2020

UNO FILO DI VENTO DALLA CAMPAGNA




UN FILO DI VENTO PROFUMATO

Che bella giornata oggi, un mattino fresco pieno di sole ed il cielo azzurro penetrano tra le inferriate delle mie finestre che danno sul bellissimo giardino fiorito con un gazebo, sul grande terrazzo di fronte alla mia camera da letto.
Giorni di riposo dopo mesi e mesi di lavoro e periodi difficili, mi sono concesso tutto questo per rigenerarmi.
Dopo colazione poco prima avevo deciso di continuare a leggere uno dei tanti libri che mi hanno accompagnato nel periodo della quarantena, proseguendo ancora perché dentro, nel mio animo, c'è quella curiosità di sapere, conoscere, imparare e scoprire segreti e non, in questi "misteriosi" tomi, presi per caso dalla mia infinita libreria che fa da contorno ai muri del mio piccolo monolocale.

Mentre sto leggendo beatamente appoggiato con la schiena ai guanciali con le gambe distese in piena armonia con la penombra ecco che, ad un tratto, dalla finestra inferriata arriva una leggera brezza di vento con un profumo di gelsomini che mi inebriano la mente.
Alzo gli occhi verso quel verde che appare nella luce del cielo al di fuori della mia camera, il delizioso tetto in ferro battuto appare in un angolo e i rampicanti fioriti insieme ad altri cespugli di piante sempreverdi ondeggiano a quell'aria dolce, pervenuta poco prima su di me.
Subito dal passato un ricordo dolcissimo, felice, bello e indimenticabile:

Campagna lodigiana ed anni lontani, le tende bianche della camera da letto di nonna Maria, volteggiavano a quell'aria fresca nonostante fosse fine giugno, verso il paesaggio al di fuori. La sua casa pur essendo in una piccola cittadina, spaziava verso la periferia poco lontana dove ancora si intravedevano fattorie dai muri di mattone rosso scuro, piccoli boschi di pioppi come messi qua e la, ondeggiavano insieme ai girasoli e il frumento dorato spruzzato da qualche papavero scarlatto.
Il piccolo fiume che in modo sinuoso poco più in basso scorreva verso est per poi confluirsi con il suo omonimo più grande, profumi di gelsomini e di rose del giardino di un vicino, mi facevano smettere la lettura delle mie favole o libri di avventura ed alzandomi dal letto, appoggiandomi alla finestra, la mia avventura iniziava con la fantasia, chiudendo gli occhi ed immaginando grandi avventure, con quella brezza che mi rinfrescava il viso di bimbo e le tende bianche svolazzanti verso la campagna.

Potevo essere un pirata buono che attraversava grandi mari per approdare in isole tropicali piene di palme, stagni e gruppi di erbe colorate, trovavo un tesoro e mi costruivo una grande capanna sui grossi palmeti al riparo di tutto.

Sognavo di essere un cavaliere scozzese che viveva in una magione nella fredda brughiera dove un camino bruciava la sua legna scaldando quella sala piena di cimeli, di preziosi libri e mobili pregiati, non mancavano tappeti di pelli e i vestiti con i kilt.

Sempre sentendo quell'aria fresca sul viso, mi immaginavo di vivere al sud della Spagna dove il sole cocente bruciava sulle strade e case bianche di Toledo, mentre le viuzze strette venivano coperte dalle ombre delle case ornate da vasi di fiori multicolori appesi ai muri e si sentiva da lontano il muggire di bovini e qualche suono di nacchere proveniente da qualche tabernas. Mentre tutte le persone chiuse in casa aspettavano la sera per uscire e sentire finalmente un vento che toglieva dalla loro pelle il sudore ed il caldo di quel sole abbacinante.

Dopo le mie scorrerie fantastiche, riaprivo gli occhi guardavo incantato da quel paesaggio fatto di distese di grano, girasoli, papaveri, pioppi ondeggianti, frinire di cicale, profumi di gelsomini e rose e quel fiume serpentino passare a poca distanza dalla casa di nonna.

Ora mi ritrovo a riprovare quelle sensazioni stupende, ormai perse in questa grande metropoli, dove per fortuna, questa mia casa volge il suo "sguardo" all'interno del palazzo dove quel grande terrazzo metà coperto da questo bellissimo gazebo in stile liberty, pieno di rampicanti, di fiori e di piante sempre verdi con una lucerna appesa in un angolo del muro finale, per rischiarare le sere, mi dona la sensazione di essere ancora in quel passato.
Mi rendo conto che non è così ma lo so se dovessi alzarmi dal letto con le lenzuola fresche, appoggiarmi alla finestra dalle inferriate lavorate a mano, rivedrei di nuovo con la mente quelle cose del passato e di quel  fanciullo dove bastava poco per vivere avventure ed assaporare quei profumi e paesaggi d'estate vissuti nella mia mente.

Eppure mi basterebbe chiudere solo gli occhi e ritrovarmici. Quasi... quasi...

Giampaolo Daccò


mercoledì 17 giugno 2020

IL FUTURO?





IL FUTURO?

Stanno spuntando come funghi sui social, tv e giornali, le varie apocalissi, tra cui quella del 21 giugno 2020.

Quarantacinque anni di studi esoterici, fatti in passato (ed ancora sto studiando tutt'ora), di cui sette con i miei Maestri Indiani e cinque con uno studioso di scienze occulte, in più il segno datomi da nonna, sono abbastanza per poter confermare che l'uomo dice una marea di cavolate.
Rido degli astrologi in tv che prevedono cose ridicole e la gente che ci crede, questi pagati profumatamente dicono sensatamente ciò che il segno zodiacale rivela con determinate posizioni planetarie, ma essendo in generale e non specifico per individuo a individuo, direi che prima di usare determinate espressioni di pensarci sopra (basta vedere la figuraccia di un noto astrologo in tv con varie previsioni mai azzeccate infangando il nome di chi, come me, studia approfonditamente questa "scienza" in modo serio e senza profitto).
Molti amici possono testimoniare le mie previsioni per il 2020 fatte prima di Natale che confermano una tragedia a livello mondiale (avevo previsto anche la tragedia dello tsunami nel 2004), altri esoterici con cui sono in contatto stiamo studiando quello del 2021 che pur non volendo fare previsioni, purtroppo sarà peggio del 2020. Ovvio questo non vale persona per persona, essendo generale e basato sulla terra, però ovvio che se determinati fatti accadono, chi vive in determinate zone dove succedono cose non propriamente belle, compromettono la loro vita in un modo o nell'altro.
Non è facile spiegare sia agli scettici (che muoiono di paura per il fatto che possa essere vero e per chi ci crede compresi quelli che prendono per oro colato qualsiasi cosa) che a chi crede sinceramente all'esoterismo, che stiamo andando verso cambiamenti importanti per l'umanità, per la terra e tanto altro.
I cicli si formano ogni 2160 anni circa e ogni 25.900 e rotti anni il ciclo si compie come ogni civiltà, regno animale, vegetale e terrestre.
Dicevo che dobbiamo prepararci ai cambiamenti che arrivano sempre con disastri, epidemie ed altro ( in piccolo vedere la rivoluzione francese, la fine del medio evo con il rinascimento, le due guerre del 1900), cose che sono accadute durante questi 2160 dove nelle religioni le triadi (il Cattolicesimo ad esempio: Padre - l'era di Mosè - Figlio - l'era di Gesù - Spirito Santo cioè il futuro dopo che l'era del Cristo e dei templi e chiese finiranno come l'era dei pesci - sempre Gesù, la moltiplicazione dei pesci - gli apostoli pescatori. Ai tempi di Mosè c'era il Padre un dio piuttosto duro e dove venivano sacrificati agnelli e pecore e arieti come appunto eravamo nell'era dell'Ariete 2160 circa prima dell'avvento di Cristo - era dei Pesci, il quale sta terminando il suo tempo), si trasformeranno lasciando posto all'ultimo dell'ordine in cui sono nominati.
Non avremo più bisogno di tutte le chiese, dogmi ed altro, lo spirito santo sarà l'era dell'Aquario (scritto senza C e non per ignoranza) dove il materialismo verrà sopperito dal vero sentimento comune ma... Prima di arrivarci, subiremo i vari "cataclismi" per imparare e chi rimarrà ricomincerà di nuovo una nuova era. I materialisti che ci governano e decidono tra poco quando e come finiremo la nostra vita non fanno i conti con la "natura", con il superiore, per cui non solo noi subiremo, ma anche loro carnefici che diventeranno le non invidiabili vittime della propria distruzione.
Aspettiamo pure il 21 giugno e guardiamo i fatti che (non ) accadranno, ma aspettiamoci pure le varie previsioni terribili di pandemie ed altro dette in tv che sono spesso devianti, ma ricordiamoci di prepararci per il 2021... Lì si che qualcosa farà capire a chi ha la mente aperta cosa accadrà.
Buon proseguimento.a tutti.

GP

giovedì 4 giugno 2020

VERITA'




VERITA'

"Non so quante pagine della mia vita saranno scritte ancora, quante esperienze dovrò vivere o chissà quanti eventi succederanno in futuro.
So solo che in queste fin'ora vissute, sono state piene, scritte fittamente, tante storie, tante esperienze, tante persone, tante cose... Eppure so che non sono abbastanza per completare la mia esperienza e la completezza del mio io.
Le pagine di questi ultimi quattro anni si sono ripetute come quelle di trent'anni fa, come se Saturno con il suo ciclo trentennale, avesse voluto portarmi di nuovo su altre strade dopo una serie di eventi duri, sofferti, pieni di dolore e di coraggio e forza da affrontare quasi simili a quelli di allora.
A quel tempo avevo la metà degli anni attuali, dovevo per forza dare una svolta a tutto avendo perso molte cose per poterne costruirne altre ed ancora non conoscevo me stesso, ricordo avevo paura ma anche voglia di andare avanti.
In questi ultimi trent'anni il mio io esteriore ed interiore hanno subito molte modifiche e sono diventato quello che sono ora, ma adesso il vento ha cambiato direzione nuovamente e appena finirà questo (ne sono sicuro) periodo tra poco, ci sarà un altro Giampaolo, un altro uomo, un'altra anima, come era già accaduto trent'anni fa.
Infatti stanno cambiando atteggiamenti, pensieri, modo di parlare e di affrontare le persone, saggiamente? Forse...
Forse un'altro Giampaolo sta affiorando, quello che inizierà la terza età, dove potrò dire e fare ciò che voglio senza "consensi", senza sotterfugi, senza che io debba rendere conto a nessuno se non a me stesso.
Mi piace questa cosa ma non è ancora definita, ma sta già accadendo:
nuovi amici, nuovi interessi, nuovi progetti completamente diversi da quelli che avevi programmato fino l'altro ieri, non m'importa più ne il parere ne il giudizio di chi lascerò indietro, di chi non mi ha "dato niente" se non avermi detto bugie credendole verità.
E' da tanto che avevo imparato a leggere nel cuore e negli occhi delle persone, ma cercavo di comprendere e di giustificare ed ora è il momento di non farlo più, altrimenti proseguirei una strada che non voglio più fare. 
Sono curioso di leggere e scrivere le nuove pagine, magari più serie, magari meno brillanti dei trent'anni ma so che saranno messe nero su bianco in maniera differente.
Mi sta piacendo di più ciò che sto per diventare ma soprattutto mi è stato dato il segnale che questa è la strada giusta che sto percorrendo, cambiando tutto di me: un gesto, una cosa che ho fatto negli ultimi mesi.
Qualcosa che mai avrei concepito, mai che avrei davvero fatto in base alle esperienze del passato e per questo, senza finta modestia e ipocrisia, mi piace quello che sono, ora.
E' come non tradire me stesso, mai più anche se l'ho fatto in passato per paura o per altro, spero di migliorare continuamente e soprattutto aiutare di davvero ha bisogno con sincerità, non per interesse, questi individui sono stati già "eliminati" forse neanche si sono accorti, ma si renderanno conto dei miei silenzi.
Lascerò che siano loro gli attori principali delle loro recite, lascerò a loro le proprie convinzioni di giustizia e di onestà, mai  mi permetterò di "rubare" il palcoscenico di chi pensa di essere superiore a me o ne ha paura per le mie, qualità, difetti, capacità ed altro.
Non ho più voglia di permettermi una sfida perché la sfida più grande che sto combattendo e vincendo piano piano è quella essere me stesso, ciò che sono davvero e non come vorrei o vorrebbero gli altri.
Ecco, lo vedo il libro aperto con la prima pagina bianca della mia terza nuova età, la penna a fianco del libro c'è ed è azzurra, sento dentro qualcosa che incita a scrivere, da domani ci sarà un altro giorno ed un altra storia. 
Addio a chi lascerò andare piano piano, "distrattamente" ed consapevolmente e benvenuti nella mia nuova vita, le nuove persone, i nuovi progetti, alcuni vecchi amici che hanno un cuore e benvenuto al nuovo Giampaolo, spero solo di non deludermi, ma so che farò di tutto per non farlo."
Ecco inizio la nuova pagina:
"Oggi..."

Giampaolo Daccò Di Castelgandolfo

giovedì 28 maggio 2020

CI SAREBBE STATO PER SEMPRE IL MARE PER NOI



CI SAREBBE STATO PER SEMPRE IL MARE PER NOI

Davanti a noi la distesa piatta e tranquilla del mare, il suo profumo di sale e la rena scura per il tramonto, ci dava la sensazione di essere due figure strane in un mondo così' diverso e così lontano.

Stefano ed io, Marco con davanti a noi le nostre mogli Chiara e Cecilia ed ancora davanti i figli ed i cani che correvano felici, felici di avere dietro loro la sicurezza delle proprie famiglie.

Stefano mi prende la mano mentre i nostri corpi erano vicini, me la stringe forte e sussurra: "Sono felice quando sei qui accanto a me.... Sempre." 
Intanto Cecilia e Chiara stanno abbracciate seguendo i nostri pargoli ed i cani.

Ad un tratto Cecilia, si stacca dall'altra donna fermandosi ad attenderci, mentre Chiara raggiunge i ragazzi mettendosi a giocare con loro, lei ci sorrideva nel vedere le nostre mani che si staccano, quasi di colpo.
 - Ehi ragazzi, sono felice. Vi voglio bene e... (dandomi una bacio sulla guancia) .Grazie davvero per tutto quello che avete fatto, che stiamo facendo per noi e per loro." 
Dice indicando i 5 bambini che stanno tornando verso di noi con Chiara ed i cani.
"Abbiamo raggiunto l'equilibrio e la felicità vero?"

I suoi occhi erano splendidi e in quell'istante la rividi il giorno del nostro matrimonio più di dieci anni fa, era splendida, ventidue anni lei e venticinque io e i testimoni i nostri migliori amici: Marco e Chiara.
Siamo due, forse quattro coppie innovative di quelle moderne ma non è così. Forse, forse dovrei spiegare dall'inizio, da quel giorno di pioggia quando Marco era entrato come una furia in casa mia.

- Le ho viste... Le ho viste -
- Ma chi? - gli risposi guardando il suo viso paonazzo di rabbia, non capivo neanche le parolacce che stava dicendo - Ehi Marco calmati e siedi... Non capisco un cavolo di quello che stai dicendo, siediti ti porto qualcosa da bere. -
- No!" - era quasi un grido - Non voglio bere altrimenti ... - 
- Altrimenti cosa? - gli dissi davvero preoccupato visto che i suoi occhi sembravano fuori dalle orbite e guardavano a destra e a sinistra come un forsennato. Mi si era avvicinato e gli avevo messo la mano sul braccio, istintivamente me la allontanò bruscamente e alzandosi in piedi si mise alla finestra, sentivo il suo respiro affannoso e rimasi zitto per un po'.
Quando il suo respiro si fece meno agitato lo raggiunsi.
- Mio Dio ma che ti succede Marco? -
- Che mi succede? Vuoi saperlo che mi succede? Vuoi sapere cosa ho visto mentre i nostri e tuoi figli sono a scuola e io sono tornato a casa improvvisamente perché avevo dimenticato un documento per il lavoro? -
Avevo avuto paura in quel momento ma non so cosa era successo nel mio cuore, vedendolo così disperato mi era venuta voglia di abbracciarlo forte ed accarezzargli il viso, mi ero talmente spaventato di questa cosa, che stavo per andarmi a sedere sul divano col cuore in gola, quando lui mi prese strattonandomi e mi aveva abbracciato forte mettendo la sua testa sulla mia spalla, piangendo.
Sentivo le lacrime sulla camicia, accarezzai la sua testa... Due secondi e bruscamente mi staccò da lui.
- Che fai? Mi tocchi? Vuoi fare come quelle due putt... quelle due che ho travato nel letto di casa mia? -
- Ma... Ma io non volevo toccarti. - gli avevo risposto con un filo di voce -  Era solo un modo di... -
- Scusami Marco, scusami, siamo amici da quando eravamo piccoli ed ho avuto questo scatto infantile di rabbia - intanto si era seduto accanto a me rimettendosi a piangere ed io non capivo. Veramente avevo pensato che lui aveva trovato la moglie a letto con un uomo ma pensandoci bene alle parole aveva detto quelle due p...
- Senti mi vuoi spiegare che sta succedendo per favore?- si era girato verso di me, aveva gli occhi arrossati ed il loro verde cangiante aveva preso un colore strano come era strano il suo sguardo, un tuffo al cuore, in quell'istante non so, in quell'istante avevo capito che Marco per me era ed è sempre stato qualcosa in più.
Mi ero alzato di scatto, come una molla mi versai un bicchiere di liquore e lo avevo bevuto d'un fiato, in quel momento Stefano si era accorto di quello che stavo facendo, aveva cambiato espressione. Si era alzato avvicinandosi a me mettendomi un braccio sulla spalla, lo allontanai come avevo fatto lui prima con me.
- Ma che cazzo succede anche a te? - era solo un gesto come lo avevi fatto tu prima! Mi volete fare impazzire tutti? (silenzio per qualche secondo) Scusami, Marco scusa, ti sono piombato qui in questo modo, dicendo frasi da idiota ma sono sconvolto, ti ho sconvolto e devo spiegarti tutto. Sediamoci ti prego sei la persona a cui voglio un bene dell'anima e so che puoi capire e dirmi che faremo dopo! -
"Che faremo?" avevo pensato, "Come che faremo? Io sono già sconvolto per quello che ho scoperto accarezzandoti la testa e tu mi vieni a dire questo? Che c'entro io con tua moglie?" 
Ovviamente non lo avevo detto.
- Senti io... Non so come incominciare. -
- Incomincia da quando sei tornato a casa ed hai visto quelle due... a letto, nel tuo letto. - Avevo il magone, avevo capito di amare Stefano più di Cecilia ed ora in che groviglio mi ero cacciato? Come farò con mia moglie e figli e lui? Come potevo affrontare il futuro di un'amicizia, la mia, trasformata in qualcosa di più, celata da una cecità ipocrita che non avevo mai voluto vedere?
- Chiara e Cecilia, le nostre mogli, sono amanti da anni, forse da sempre fin dai primi momenti che le avevamo conosciute, erano amiche ricordi? -
Mi era andata la saliva di traverso: Cecilia e Chiara? Ecco perché, un giorno le avevo viste abbracciate che piangevano mentre Luca era nel grembo di Chiara, come sempre si pensa che fossero cose da donne e non avevo detto niente. Mentre tossivo, Marco si era alzato versandomi un po' di acqua nel bicchiere porgendomelo.
Mentre bevevo non riuscivo a capire tutto quello che diceva, ero sconvolto, sembravo finito in un vortice rosso, verde e giallo e vedevo le due donne baciarsi, poi io abbracciato a Marco, vedevo i bimbi piangere poi io a letto con Chiara e Cecilia con Stefano... I nostri genitori che ci sbattevano le porte in faccia, ed intanto Marco parlava, parlava ed io cercavo di seguirlo mettendo fine al turbinio nella testa. Ci ero riuscito con una domanda secca quando avevo capito che le due donne lo avevano visto e lui le aveva strattonate fino a che era corso da me.
- Dove sono ora? -
- A casa mia, Cecilia mi ha detto che ci aspettavano, volevano chiarire una volta per tutte questa farsa. Chiara piangeva a dirotto dicendomi di non dire nulla ai nostri genitori e ai bambini e che... Insomma ci aspettano là, per chiarire! -
Dieci minuti dopo eravamo in macchina verso l'abitazione di Stefano, non so cosa avrei trovato, visto, detto... Non so, so solo che in quel momento mentre alla guida Stefano rabbiosamente mi accompagnava verso la sua casa, sentivo nel cuore e nella mente, sollievo, paura, angoscia, tenerezza per Cecilia e Chiara e non le avrei mai odiate anzi forse mi avevano liberato da un incubo inconsapevole: la mia omosessualità nascosta e l'amore per Marco piombato come un macigno dentro di me.
Provavo dispiacere per me, non avrei avuto speranze ma almeno con Cecilia ci sarebbe stata un'amicizia davvero grande avendo tre bambini insieme e le avrei dato tutto il supporto, confessandole il mio segreto.
Guardavo Marco che respirava sempre di più faticosamente mentre ci avvicinavamo alla casa, il mio cuore si stringeva e mi ero messo a piangere.
- Dio Santo no! Marco ti prego no non cedere ora, proprio tu. Aiutami ad affrontare la cosa, è troppo per me, insieme ce la faremo, ho bisogno del tuo aiuto. - mi aveva stretto la mano e la macchina si era fermata davanti a casa sua.

Quanto tempo è passato? Due anni da quella sera, ora qui con Marco, Cecilia, Chiara ed i ragazzini accanto, sono felice di questa complicità, di questi amori così diversi, di ciò che eravamo stati in grado di costruire, dopo la sceneggiata non appena eravamo entrati in casa di Marco e Chiara.
Certo devo spiegare il dopo, me ne stavo dimenticando.

Marco urlava contro Chiara e Cecilia, sfogando una rabbia che mi sembrava strana, cercava con gli occhi di incitarmi contro mia moglie che combattivamente difendeva Chiara e tentava di parlare. Lui era una furia, avevo pensato che gli avrebbe preso un infarto, Cecilia evitava di guardami.
- Cazzo! - aveva urlato a me guardandomi rabbioso - Non dici niente! Che uomo sei??? - non dissi nulla era il mio migliore amico, anzi ex migliore amico, ora era la persona che amavo, che mi ero accorto di amare.
Mentre Chiara era corsa a chiudersi in bagno piangendo, io mi ero alzato quasi con una tranquillità inumana, mi ero rivolto calmo a Cecilia che in quel momento era rimasta senza parole.
- Prendi la tua roba e torniamo a casa Cecilia, chiariremo lì tutto! - le vide nel mio sguardo qualcosa di strano che le fece prendere fiducia e seguendomi, verso la porta mi aveva detto solo "Marco io...".
Avevo fato segno di stare zitta, Stefano era fermo come inebetito dal mio gesto, i suoi occhi verdi mi avevano guardato  come fosse una domanda "Mi lasci qui da solo?" - "Che faccio ora?" - "E Chiara"?
Avevo sentito la mia voce dirgli:
- Stefano datti una calmata, Chiara è già sconvolta di suo e tu urli e non la lasci parlare... Fermati un attimo. -
- Ma che stai dicendo? Non hai capito che è successo? E te ne vai così con quella che... -
- Ora non dire frasi che potrebbero farti pentire un domani. Parla con lei io torno a casa con mia moglie e chiarirò il da farsi e tu, cerca di mantenere la calma e ragionare. Ci vediamo domani o ti telefonerò."
Cecilia in silenzio mi seguiva giù dalle scale, sapeva che avremmo parlato a casa, fuori l'aria era fresca e mi stava togliendo di dosso quella confusione nella mente e nel cuore, avevo chiamato un taxi, quando era arrivato, avevo aperto la portiera a Cecilia e con un tocco leggero alla schiena la feci salire.
Nel tragitto sentivo che mi guardava, vedeva una mi lacrima scendere dal mio volto, le avevo posato la mano sulla sua e non disse nulla.

I giorni che seguirono furono per noi due strani, dolorosi ma belli, avevo detto tutto a lei di quella sera con Marco, Cecilia mi aveva abbracciato forte ed accarezzato il viso. Era nata la nostra vera amicizia e complicità, non c'era altro da fare mentre i nostri figli ignari erano felici di avere due genitori così affiatati.

Per Stefano e Chiara ci fu una specie di separazione ma non dissi a lui che Chiara e Cecilia si incontravano a casa mia, sapeva che l'avevo perdonata ma pensava anche che forse io avevo un'amante e facendo questo avevo pareggiato le cose. In tutti questi giorni e settimane pensavo a lui e quando mi telefonava, cercavo di aiutarlo a perdonare Chiara mentre Marco mi accusava di non comprenderlo, di non essergli vicino come una volta, quando eravamo una cosa sola.

Quella parola mi aveva fatto prendere coraggio così in una sera tiepida piena di stelle avevamo deciso di rivederci, per parlare di noi, della nostra, anzi della sua amicizia per me... La mia era ormai persa diventando un amore difficile e nascosto ma non volevo perdere lui.
Durante l'aperitivo, la cena, la passeggiata in centro ed un caffè in un altro bar, lui continuava con la solita tiritera, la solita lamentela, il suo cuore spezzato...
Non ne potevo più avevo voglia di urlagli tutto il mio amore e che gli avrei guarito le ferite del cuore, il momento in cui disse "Beato te che hai sistemato le cose con Cecilia e che ti fai i cavoli tuoi, mentre io non riesco più a guardare una donna", non ci avevo visto più.
Presi il portafoglio, misi il denaro della consumazione sul tavolo, mi ero alzato mentre Marco era rimasto ammutolito da questo mio gesto.
- Ma che fai Stefano, dove vai. Che ho detto? - Lo avevo guardato serio, diritto negli occhi.
- Mi hai rotto Marco, davvero mi hai rotto le palle da due mesi e più con le tue lamentele. Mi hai ammorbato come se il problema fosse solo tuo, non ti sei mai chiesto come mi sento io, non ti sei mai chiesto il perché ho perdonato Cecilia pensando che andavo a scopare con chissà chi mettendo la coscienza a posto. Perché, ne sono sicuro che sia quello che sta circolando da tempo nella tua testa. 
Era ammutolito, non sapeva che dire, così incalzai di più.
- Vittima, sei tu la vittima? Non hai pensato a Chiara? Non hai mai cercato di guardarti nel cuore davvero? -
- Stefano non ti riconosco più - mi aveva detto mentre inseguendomi avevo preso la strada per la mia auto - Cazzo fermati, aspetta ma sei impazzito? -
Avevo raggiunto a falcate la mia auto e mi ero fermato appoggiami alla portiera, Marco mi aveva raggiunto col fiatone, mi era venuto da ridere quando si era accostato con le mani alla macchina ansimando.
- Trent'anni di amicizia e tu in un momento così pensi solo a te stesso al tuo orgoglio ferito ed alla tua cecità! -
- Cecità? Ma di che parli Marco, ma sei fuori completamente! Dopo quello che è successo quel giorno e tu mi vieni a parlare di cecità? Non capisco che ti è successo! -
Si era parato davanti a me, mi stava guardando in modo strano, non capiva ma i suoi occhi dentro i miei mi fecero balzare il cuore in gola, tentavo di trattenere quel nodo, quel pianto che non volevo vedesse, così gli avevo voltato le spalle aprendo la portiera.
Mi aveva messo la mano sulla spalla e la sua voce era ora più dolce. Mi ero voltato verso di lui, non so come lo avevo fissato negli occhi mentre sulla mia bocca era spuntato un sorriso amaro.
- Stefano ti prego, non buttiamo via trent'anni di amicizia, dimmi che succede perché fai così? -
- Da quel giorno tutto è cambiato tranne tu Marco. -
- Non la nostra amicizia. -
- La tua amicizia verso di me non è cambiata lo so. -
- Ed allora che vuoi dire? - aveva continuato staccandosi da me.
- Per me non lo è più... amicizia. -
- E cos'è diventata? Nulla dopo quello che è successo? Butti via tutto quello che c'era e c'è stato tra noi? -
- Vai a casa Marco, ti prego, parleremo un'altra volta. -
- No! - era quasi stato un urlo come se qualcuno stava perdendo qualcosa di caro - Non mi pianti così anche tu, non devi lasciarmi solo dopo tutti questi anni. - avevo riso amaramente.
- Sei l'unico che non è cambiato ti dico. Marco guarda la realtà se puoi, guardami ti prego... Ovvio che non si buttano mai via trent'anni di amicizia. -
- Ma allora che ti è successo Stefano, non capisco, sei cambiato con me. Capisco che magari ti abbia stancato con le mie paturnie ma davvero non so che pensare. - diceva mentre ero salito sull'auto, avevo abbassato il finestrino fissandolo.
- Stefano. -
- Io si, sono cambiato  Marco, solo in una cosa. Posso dirti che ho capito Cecilia e Chiara, le ho perdonate di una cosa che non doveva neanche essere perdonata ma capita. Si amano, amano i nostri figli ed io voglio bene a loro e non ho mai avuto nessuna donna oltre che a Cecilia, mai tradita e se pensavi che avevo pareggiato il conto con tradimenti o amanti ti sei sbagliato. Questo vuol dire che in trent'anni non mi hai conosciuto veramente. -
- No Dio Santo no! Sei il mio migliore amico, sei il fratello che ho sempre voluto, il complice, il sostegno, ti ho sempre voluto bene e te ne voglio tanto ancora. Non finisce un'amicizia come la nostra. - avevo sentito le lacrime scendere sul mio viso, Stefano si era preoccupato mettendo la sua mano sulla mia appoggiata sul finestrino abbassato.
- Ti prego dimmi che devo fare, che ti sta succedendo, dimmi che non è finita tra noi. Ho bisogno di te, del tuo sostegno. 
Ero rimasto in silenzio per un paio di minuti, poi l'avevo nuovamente fissato nei suoi bellissimi occhi verdi.
- Non ho intenzione di lasciarti Marco, hai ragione trent'anni di amicizia non va buttata, ma c'è una cosa che non sai, che non ti ho mai detto e che ho scoperto proprio quel giorno come se il destino avesse fatto partire una ruota che avrebbe cambiato le nostre vite. -
- E cosa Stefano, mi fai quasi paura. - avevo riso leggermente.
- Mi sono innamorato di te! Lo sono sempre stato e me ne sono accorto quando tu avevi appoggiato la tua testa sulla mia spalla, proprio quel giorno. -
Avevo chiuso la portiera ed ero ripartito di fretta con l'auto, lasciando Marco da solo, fermo sul marciapiede senza avergli dato il tempo di dire qualcosa.

Erano passate tre settimane, quando mi era arrivata una telefonata di Marco, voleva vedermi così avevo accettato, mi mancava, era troppo per me. Cecilia e Chiara mi erano state vicine nei miei pianti e sfoghi. Volevo sentire cosa avesse da dirmi.

Seduti in un terrazzino di un ristornate sui navigli, avevamo ordinato da mangiare ma ci eravamo solo salutati, non avevo molta fame ma era bello stare con lui con davanti siepi e fiori che dividevano la stradina del naviglio dal ristorante.
- Io non so da che parte incominciare Stefano. -
- Prova da qualche pensiero tuo. -
- Ma davvero sei innamorato di me? Io mi sento strano da questa cosa, eri fuggito non ho potuto fermarti quella sera. Ho passato giorni d'inferno a pensare a noi fin da piccoli... Le corse, i giochi, la scuola. Eravamo come fossimo una cosa sola. - avevo annuito senza smettere di guardarlo, lui aveva gli occhi abbassati. 
- Cosa si prova ad amare una persona come te? - questa volta non ero riuscito a trattenere una risata e non riuscivo a smettere tant'è che lui dopo un momento di smarrimento, si era messo a ridere forte. Il palloncino gonfio di tensioni era scoppiato in quel momento.
- Ho fatto una domanda strana? -
- No una domanda scema. - avevo risposto e giù a ridere.
Durante il pranzo abbiamo parlato dei nostri giochi di bambini, di don Giulio preso in giro molte volte, della sua tata, di mia madre che continuava a farci mangiare perché per lei non era mai abbastanza. Agli amici che ci punzecchiavano sulla nostra inseparabilità. Tutto era sembrato tornato normale tra noi.

Due ore dopo eravamo a casa sua, tra le sue cose, nel posto dove Chiara era a letto con Cecilia e dove quel lontano giorno Marco urlava tutta la sua rabbia e delusione, ma erano questi i veri sentimenti suoi nei confronti delle due donne?
Era seduto lontano da me mentre sorseggiavamo tranquilli il nostro caffè, avevo capito che aveva paura a sedersi vicino pensando chissà cosa gli avrei fatto, ma era solo il mio pensiero.
Così mi ero alzato e andato alla finestra, fuori il cielo era blu intenso e luminoso, si potevano vedere i grattacieli e un aereo alto che lasciava una scia nel cielo.
 Improvvisamente la sua mano era sulla mia spalla, al mio orecchio una voce leggera.
- Cosa si prova? Cioè cosa si sente quando ami un uomo? -
Mi ero voltato, il suo viso era a pochi centimetri da me, non sapevo cosa dire, avevo i suoi occhi piantati nei miei, avevo sentito infuocarsi il mio viso, Marco sorrise a questa cosa.
- Non so è come uno che ama una donna, una donna che ama un uomo, e lo stesso tra due donne e due uomini. - il suo profumo era intenso e vicino.
- Dev'essere strano però, ero pieno di mie convinzioni, di pregiudizi ed avevo al mio fianco, ho al mio fianco il mio più caro amico e non avevo capito niente di lui. -
- Ne io di me fino a quel giorno Marco. -
- Ho parlato giorni fa con Chiara, abbiamo ripreso i rapporti di amicizia e di affetto, è la mamma dei nostri due ragazzi e le voglio bene ora, come fosse una sorella e non ho avuto altre donne in questi periodi, non esattamente. Avevo provato con una tipa del mio ufficio ma alla fine non ci sono riuscito, non mi andava più. -
"E?" avevo pensato.
- Non so,  so solo che sono contento che tu ed io siamo qui come un volta. -
Lo guardavo negli occhi e poi avevo guardato la sua bocca, era diventato rosso anche lui.
- Senti Stefano, ti va di raggiungere al mare Cecilia e Chiara  e i ragazzi nel week end? -
- Certo lo avevo messo già in programma, loro lo sapevano. - la sua faccia era stupita non glielo avevano detto, forse speravano in una riappacificazione tra di noi. -
-Bene Stefano sono contento -  silenzio, un silenzio forte ed imbarazzante. Non so cosa mi aveva preso, ma mi avvicinai al suo viso lo presi tra le mani e lo baciai leggermente sulla bocca.
Marco aveva fatto un passo indietro mentre mi aspettavo un ceffone sul viso, mi aveva guardato in modo strano, aveva gli occhi lucidi, avevo pensato che ora mi avrebbe mandato via.
- Rifallo di nuovo ti prego, voglio essere sicuro. - non avevo detto nulla e ne chiesto di cosa voleva essere sicuro.
Lo baciai di nuovo e questa volta mi strinse e ricambiò il bacio, poi sempre di più la sua stretta si era fatta forte.
- Quanto tempo ho perso, quante cose non avevo capito ma ora non ti lascerò più andare. -

Ecco siamo tutti sulla sabbia di ritorno verso la casa che abbiamo affittato per i week end al mare, la prima vera notte d'amore con Marco è stata qui, il week end seguente, Cecilia e Chiara erano felici ancor di più ora.
Ora si che tutto era a posto, il mare ci sarebbe stato per sempre per noi.

Giampaolo Daccò Dos Lerèn