giovedì 29 novembre 2012

FOTOGRAFIE


FOTOGRAFIE

Quante foto sono sparse sulla mia scrivania, è difficile sistemarle tutte negli album vuoti appoggiati sulla poltrona di fianco, in un impeto irrefrenabile di organizzazione che ogni tanto mi colpisce, mi sono "infilato" in quest'ardua impresa pensando anche a "Chi me lo ha fatto fare?". 
Eppure mi diverte tantissimo guardarle da lontano: un miscuglio di colori, di case, di montagne, di mari, di persone, di volti. In questa mamma con Francesca in riva al mare belle come non mai. In quest'altra io e Lori in riva al fiume in un'inizio d'estate caldissima, in un'altra la mia compagnia davanti alla nostra gelateria, tutti sorridenti ed ancora io da piccolino in braccio alla nonna... Ricordi belli e simpatici da rilegare in un album sempre pronto a sfogliarlo quando si ha voglia. 
Poi, all'improvviso la vedo, vedo quella foto dimenticata da tanto tempo, pensavo si fosse persa in uno dei miei traslochi in città ed invece era lì nascosta in una scatola piena di altre immagini dimenticate. Vedo la mia mano bloccarsi, quasi mi sento impedito a raccoglierla e guardarla forse il rifiuto di quello che ha rappresentato, inconsciamente si è fatto strada nei pensieri.
Eppure ora quel volto è li davanti a me, quel viso indimenticabile dopo anni lontani mi "osserva" da quel rettangolo tra le dita, nella foto sorride appoggiandosi a me. Sul retro nello spazio bianco una dedica senza firma, lo faceva spesso sui bigliettini, sulle lettere, sullo specchio del bagno, in luoghi impensabili, pensieri senza la sua firma, mai fatta.


Il motivo per cui non scriveva mai il suo nome l'ho sempre saputo fin dal giorno in cui la nostra breve ed intensa avventura iniziò per caso, dopo quell'incontro avvenuto in una famosa casa di moda dove lavoravo nell'amministrazione sostituendo una persona in maternità, un lavoro che mi diede molte soddisfazioni nell'anno in cui lo svolsi. Vidi entrare nell'ufficio la sua figura bellissima e sorridere a tutti noi ma nei suoi occhi, vedendomi balenò qualcosa che percepii immediatamente, il mio sorriso tradì l'emozione.
Tre giorni dopo eravamo al bar a pochi passi dalla zona dove lavoravo per una colazione, seduti in vetrina mentre fuori la nebbia celava i contorni degli edifici di quella zona centrale di Milano, era già nato un sentimento improvviso, un'attrazione incontrollabile eppure ricordo che, qualcosa dentro mi diceva di scappare, di lasciar perdere ma invece rimasi. Con le settimane successive i nostri incontri si fecero costanti e spesso invece di dormire in albergo si trasferiva da me in quel piccolo appartamento in piazzale Lodi e così i suoi pensieri scritti veloci su ogni cosa, soprattutto quando partiva per il suo lavoro, pensieri senza firma. Sapevo il perché, conoscevo la sua paura, soprattutto quando era con me.
Paura di essere riconosciuti, di sapere che quella persona nota, spesso sui rotocalchi e nel mondo dello spettacolo, aveva una storia con una persona anonima come me, era terribile vedere il terrore nei suoi occhi quando qualcuno fissava più del dovuto nonostante il cappello in testa o gli occhiali neri..
"Mi avrà riconosciuto?"... "Avrà capito chi sono?" Mi chiedeva in tensione mentre dentro stavo male.
Eppure mi sembrava bello stare insieme in posti dove nessuno ci conosceva, al lago, in montagna, poche volte dai miei senza farsi vedere dai vicini, quei week end passati oltralpe, dove potevi cammianare tranquillamente e lasciarsi andare anche con un bacio tra la folla... Giornate spese ad aspettarla mentre le sere si rischiaravano sempre di più con la primavera e il suo volto in tv che mi guardava senza vedermi.
Poi un pomeriggio di fine primavera, la sua espressione rabbuiata, quegli occhi che non promettevano niente di buono e quella frase che ricorderò per sempre: "E' finita, il mio agente l'ha saputo e devo chiudere qui, stava trapelando qualcosa e non posso permettermelo... Cerca di capirmi è un lavoro a cui tengo molto" 
"Ed io cosa sono allora?" pensai ma non lo dissi. Poi quelle parole come pugnalate che fecero cadere il vaso di cristallo dentro di me.
"Se hai delle foto nostre ti prego di ridarmele." Mi fissò per un attimo e vidi i suoi occhi inumidirsi ma la voce restò ferma. 

Fu terribile per me, non potevo crederci dopo tutti questi mesi mi sembrò di sprofondare in un mare nero come la pece. Le foto poste tutte in una scatola bianca chiusa con un nastro blu, tornarono nelle sue mani tranne questa, misteriosamente ed involontariamente era caduta dietro al divano, come se non volesse lasciarmi, come se volesse confermare di aver vissuto davvero quella storia d'amore.
La trovò tre giorni dopo, la signora che veniva a fare le pulizie ma ormai non potevo più cercarla ne telefonarle, aveva rotto completamente i ponti con me, con la nostra storia, con la mia vita. 
Qualche tempo dopo passai davanti alla sua agenzia dove incontrai una persona che la conosceva ma seppi  solo del suo trasferimento definitivo a Roma.
Ora quella foto è qui davanti a me, la osservo quasi senza guardarla, senza una piccola nostalgia o una sensazione, resta solo una piccola testimonianza che sinceramente, non dice più nulla. Due visi, due sorrisi e due corpi abbracciati con il mare sullo sfondo, il mio e il suo, anonimo nonostante pubblico a tanti.
Vedo le mie mani rimettere nella scatola quella foto e coprirla con altre che ritraggono paesaggi vari, la tentazione di strapparla è forte ma allo stesso tempo inutile, resta sempre parte della mia vita anche se è solo la fine di un piccolo sogno e di un ricordo finito in nulla.

GpDS

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