venerdì 22 gennaio 2021

L'ETERNITA' DEGLI AMORI DI UNA VITA


 

L’ETERNITA’ DEGLI AMORI DI UNA VITA

(testo Giampaolo Daccò)

(canzone "La Plage")

(lyrics Marie Laforet)


La bella donna ormai non più giovane, dagli occhi del cielo mattutino, dal dolce viso leggermente solcato da piccoli segni dell’età e con i lunghi capelli bianchi spazzati da quel vento tiepido di prima estate, passeggia sulla spiaggia dorata di quel mare francese del sud, con il vestito leggero e con in mano un cappello di canapa con una fascia di seta lilla che circonda la rotonda tesa.

Le impronte dei piedi scalzi lasciano una scia sulla sabbia mentre le onde leggere scivolano via vicino a lei, bagnando quella rena illuminata dal sole appena sorto.

E’ sola, sorride immersa nei suoi pensieri, è serena, è felice anche se i ricordi ogni tanto le lasciano cadere qualche lacrima di nostalgia, di un passato vissuto pienamente, di immagini e persone a cui ha e vuole bene ancora.

Non vuole avere rimpianti, vuole solo vedere negli occhi dei suoi cinque nipoti, dei suoi tre figli Julian, Margot e Vincent la serenità e consapevolezza di aver avuto un madre ed un padre che li hanno resi felici nonostante abbiano passato, come tante famiglie, molti travagli ma anche momenti indimenticabili come indimenticabile era stata sua suocera Yvette, che viveva qui, in questo posto stupendo dove tutta la famiglia passava l’estate e lei, come fosse destinata a portare avanti una tradizione, ha ricevuto da Yvette come eredità questa villa bianca dalle tante stanze, dalle finestre con le tende di lino che svolazzano al vento dell’estate a pochi metri dal mare.

La sua domestica che da trentacinque anni, una vita, l’aiuta in tutto diventandone più un’amica cara che una governante, la dolce Malinda, una donna delle Comore, arrivata nella sua famiglia dopo aver dato alla luce Margot per diventare oltre che donna di servizio, la tata di tutti, fino a che rimasta lei ed il marito Philip, malinda aveva ricoperto il ruolo di gestire le lor due case e tanto altro.

Malinda che si preoccupa per lei, Malinda che cucina bene, che fa tutto senza mai lamentarsi e sempre con il sorriso bianchissimo sule labbra, la signora dai capelli lunghi e bianchi è felice che abbia aiutato anche questa ragazzina tanti anni fa e che la ragazzina diventata donna, ora è come lei nonna e felice di vivere in questo posto meraviglioso, Malinda dalla pelle scura e dagli occhi che ti leggono dentro.

La donna si siede su una piccola roccia davanti al mare, poco lontano dall’incantevole paesino dalle case con i muri colorati, il “loro posto”, suo e di Philip.

Philip che se n’era andato via per sempre due anni fa, dopo averle dato un abbraccio d’addio, oh quando lo aveva amato quell’uomo biondo dagli occhi blu, conosciuto per caso quando era una giovane e bellissima stagista di architettura e lui era un giovane professore che per caso aveva sostituito il dottor Dernier, in una importante lezione all’università Sorbonne di Parigi.

Dopo poche settimane era sbocciato il loro amore, la loro passione, il desiderio di creare qualcosa insieme, un futuro insieme e con tutte le difficoltà, le gioie, i problemi e l’aiuto degli agiati genitori, nel giro di poco tempo, subito dopo la sua laurea a ventitrè anni, lei e Philip, si erano sposati e trasferiti a Lione.

Yvette la suocera viveva già nel sud della Francia e quando nacquero i tre figli, spesso lei sognava di trasferirsi dalla suocera, dove quel posto le donava tutta la serenità e la tranquillità che desiderava.

Ecco la sua vita è stata questa, non vuole piangere pensando a Philip, non vuole commuoversi all’idea della dolcezza dei nipoti Lucien, Etienne, Jean Claude, Yvette e Marie, non vuole immaginare il giorno in cui lei se ne andrà come ha fatto suo marito e lasciare Malinda nonostante Julian, il figlio maggiore con gli altri avevano deciso di tenerla per sempre in famiglia qui nella bianca casa sul mare.

Ecco ora sorride, sa di aver raggiunto l’equilibrio giusto, sa che può essere sicura che un giorno andrà da Philip ed intanto si aggiusta un poco i lunghi capelli bianchi mettendosi in testa il cappello di canapa mentre il sole si sta facendo più alto e caldo.

Bonjour Alix.” la voce del professor Mulas, che passeggia dietro di lei con Borbon, il suo simpaticissimo Golden Retriever al guinzaglio, la fa voltare verso di lui.

Oh bonjour professor Didier, come va oggi?”.

A parte Borbon che mi fa correre come un pazzo, tutto bene anche la mia artrite ahah.”

Lei è troppo simpatico Didier, vado bene anche io, la mia solita passeggiata mattutina.”

La vedrò poi al circolo per un caffè o un aperitivo?” le chiede gentilmente quel signore di altri tempi vestito di lino grezzo, dai modi raffinati che vive in un attico poco lontano insieme al suo compagno François.

Sicuramente, verrò con Malinda ed un’amica arrivata ieri da Lione”

Allora a più tardi Alix.”

Alix sorride e fa un saluto con un gesto della mano verso lo stravagante professore.

La spiaggia si sta popolando lentamente, ragazzini, giovani, mamme con figli, qualche coetaneo... La bella signora dai capelli lunghi e bianchi pensa ora di tornare a casa e con Malinda e l’amica Georgette, uscire per andare a godersi un buon caffè da Martin, nel centro della cittadina.

I suoi passi la riportano indietro verso casa, ma nella testa oltre al volto di Philip le ritorna in mente una canzone che amava tanto quando si era fidanzata con l’uomo che ha sempre amato, “La Plage” e sorridendo, si avvia cantandola sottovoce felice di essere serena e sentirsi amata ancora.


Quand sur la plage


Tous les plaisirs de l'été


Avec leurs joies


Venaient à moi


De tous côtés


L'amour offrait l'éternité


À cette image


De la plage ensoleillée

C'est bien dommage


Mais les amours de l'été


Bien trop souvent


Craignent les vents


En liberté


Mon cœur cherchant sa vérité


Vient faire naufrage


Sur la plage désertée


Le sable et l'océan


Tout est en place


De tous nos jeux pourtant


Je perds la trace


Un peu comme le temps


La vague efface


L'empreinte des beaux jours


De notre amour



Mais sur la plage


Le soleil revient déjà


Passe le temps


Le cœur conten
t

Reprends ses droits


À l'horizon s'offre pour moi


Mieux qu'un mirage


Une plage retrouvée


Mieux qu'un mirage


C'est la plage ensoleillée



venerdì 15 gennaio 2021

CITTA' VUOTA... CITTA' SENZA AMORE






 CITTA' VUOTA... CITTA' SENZA AMORE...

(di Giampaolo Daccò)
(photo  Giampaolo Daccò)
(song Città Vuota - It's a lonely town)
(lyrics and music G. Cassia - D. Pomus - M. Schuman)

Alba, giorno, tramonto, notte.
Città piena di luci nel buio,
Città silenziosa nel mattino,
Città piena di persone e di suoni,
Città dove il tempo corre veloce,
Città dagli alti grattacieli,
Città di palazzi antichi e vecchi,
Città dove la pioggia lucida le vie,
Città con negozi, vetrine, botteghe,
Città dalle metropolitane colorate,
Città con pub, ristoranti, ritrovi,
Città con navigli, canali e parchi.
Città piena di tutto,
Città con dentro il nulla.

"Le strade piene, la folla intorno a me, 
che passa e ride e nulla sa si te.
Io vedo intorno a me chi passa e va,
ma so che la città.
Vuota mi sembrerà se non torni tu."

Dai finestrini del taxi che dall'aeroporto torna in città, osservo le strade lucide bagnate dalla pioggia del grande viale verso il centro città.
Non piove più da un po' ma il cielo è plumbeo, il tramonto è nascosto tra queste nuvole grigiastre, mentre il sole - penso - chissà dov'è.
Le ruote delle auto davanti a noi, fanno schizzare sui vetri del lunotto anteriore, gocce di acqua sporca e sento imprecare l'autista, rispondo a lui qualcosa ma i palazzi e le case ormai ci circondano.
Quante vetrine con luci accese e quanto vuoto attorno, il viale alberato nasconde con le fronde ed il buio le luci di lampioni e ombre quasi sinistre.
Rotonde, semafori, deviazioni, auto ferme, suoni di clacson arrabbiati, lo stridio di frenate dei tram, qualche ciclista che sfiora gli specchietti delle macchine.
Quattro donne che scendono la scalinata di una chiesa, un fioraio sta chiudendo il suo piccolo chiosco colorato. Due uomini parlottano con i loro cani al guinzaglio ed ancora, sento borbottare il taxista.
Rispondo qualcosa gentilmente ma i miei occhi guardano il paesaggio intorno a me.
Quanto amo la mia città, quanto adoro la sua immensità, tutto quello che offre, cultura, sport, lavoro, degustazioni, divertimenti, concerti ma...
La la sento tanto vuota, vedo attorno a me tante solitudini, nella mente rivedo immagini di senza tetto a decine, sdraiati sui gradini di portoni o distesi sui marciapiedi di marmo del centro, delle zone piene di uomini e donne che camminano indifferenti come se fossero, quelle persone, ormai parte integrante di un arredamento urbano crudele.
Intanto ricomincia a piovere, le gocce bagnano i finestrini, la strada davanti a noi è quasi vuota, come la sensazione che la mia Milano mi regala ormai da tempo.
Guardo alcuni luci rosse degli stop di auto, dei semafori, dell'insegna delle metropolitana ed intanto ci avviciniamo sempre di più verso casa.
Davanti a me, l'uomo alla guida ascolta notizie da una radio graffiante e parla con qualcuno al cellulare, un clacson ci fa sobbalzare, qualcuno sta attraversando a piedi la strada, rischiando di essere travolto.
Parolaccia del taxista.
Ecco vedo il giardino della piazza a pochi metri da casa mia, vuota la piazza e vuote le vie.
 
"Eccoci arrivati signore, sono diciotto euro e sessanta."
"Ecco a lei, tenga pure il resto non si preoccupi.."
"Molto gentile signore, grazie e buona permanenza..."
"Buona serata e buon lavoro anche a lei."

Trenta metri sotto una pioggerellina fitta, neanche fastidiosa, un paio di cani al guinzaglio tenuti da una cameriera straniera mi passano accanto, annusando la valigia che mi porto appresso, mentre la ragazza al cellulare da un piccolo strattone ai guinzagli ed affretta il passo verso la piazza.
La via è vuota, illuminata da luci bianche appese a dei fili, solo due insegne di negozi chiusi si riflettono sul marciapiede bagnato.
Che solitudine, che vuoto.
Che città vuota... Che città senza amore...
Ma è quello che traspare, forse non è così, forse per questo non la lascerei mai, mi ha dato e mi da tanto ma mi ha tolto e mi toglie molto
Eppure in questa città con poco cuore e con poco calore, nasconde un segreto che pochi riescono a comprendere: ci sono amori nascosti che vanno scoperti, ci sono persone dall'animo generoso, ci sono luoghi dove regna tranquillità e pace, ci sono...

"Le strade vuote, deserte senza te,
leggo il tuo nome ovunque intorno a me.
Torna da me amor e non sarà più vuota la città
ed io vivrò con te tutti i miei giorni."

Giampaolo Daccò

martedì 5 gennaio 2021

DOVE VOLANO GLI AIRONI




DOVE VOLANO GLI AIRONI

(photo tratta dal film "Guardando le 
Cicogne" di Mikhail Kalatoza - 1957)

(photo Wallhere)

Il vento freddo dell'autunno scompiglia i miei capelli lunghi e seduta sulla spiaggia, riparata tra le rocce in riva al mare, guardo uno stormo di aironi volare verso sud, verso i mari caldi...
Verso dove si andato tu.
Ricordo quando venivamo qui a guardare il mare, le navi, le barche dei pescatori, i gabbiani volare in cielo e contavamo le nuvole.
Era bello allora, lo capisco solo adesso che non ci sei più, che non sono più tra le tue braccia mentre mi accarezzavi i capelli neri e mi baciavi dolcemente.
Chissà dove stanno volando quegli aironi lassù.
Eri dolce, buono, premuroso e in paese ti volevano bene tutti... anche io, Ma forse allora non capivo quanto ti amavo, quanto potevo darti di più di quello che donavo nei momenti tra di noi.
Eri tu il passionale, l'amante, il saggio, quello che mi guidava. Paziente con i miei silenzi, con i miei sbalzi di umore, i miei capricci...
Facevi di tutto per me, per accontentarmi ed io? Penso di averti dato molto meno di quanto meritassi eppure dentro sapevo di amarti.
Come sono in alto quegli aironi, stanno andando vero le terre calde dove quel giorno te n'eri andato via.
Me lo diceva mia madre: "Quel ragazzo ti ama troppo e tu sei come una bambolina da accudire, un giorno si stancherà"
Mio padre lo voleva come genero ma io tergiversavo sul decidere cosa fare del nostro futuro anche se tu, amore mio, insistevi ogni tanto per sposarci.
Le mie amiche e gli amici? 
"Sei pazza Eleonora, sei matta a fare così, ti sta mettendo ai tuoi piedi la sua vita... Sei fredda, non lo ami, l'avessi io uno così..."
E tante altre frasi che ora rimbombano nella testa facendomi piangere davanti a questo mare grigio mentre questo vento freddo penetra nella mia pelle.
Amore mio dove sei? 
Sono qui che ti aspetto, non mi stancherò mai di stare qui nel nostro posto, dentro di me sono sicura che tornerai.
Tornerai? 
Gli aironi ritornano quando arriva la bella stagione, le rondini rientrano nei loro nidi al nord dopo i mesi invernali ma tu?
Che belli quei tramonti osservati giocando con la sabbia, sorrido al pensiero delle corse tra le barche colorate piene di reti che sapevano di salsedine, "Ti prendo..." - "Non ci riuscirai."
Ma ogni volta ero sotto di te sporca di sabbia e i tuoi baci salati sulla mia bocca.
Ecco un altro storno che vola via, che eleganza nei movimenti, chissà dove andranno (sicuramente dove sei tu ora, forse).
Ed arrivò quel giorno dopo una delle nostre litigate, per te fu uno schiaffo quando ti dissi di aspettare un poco ancora che dovevo essere sicura, un matrimonio non si prende alla leggera.
Non riesco a dimenticare il tuo sguardo pieno di dolore: "Non mi ami, non mi ami come dovresti... Guardati dentro Eleonora, io sto soffrendo da troppo tempo e se tu non sei sicura, forse è meglio che io me ne vada per un po'".
In quell'attimo mi ero sentita raggelare, avevo il cuore che scoppiava ma non ero riuscita a dire qualcosa, tu l'avevi scambiato come un assenso alle tue parole.
Ed eri uscito di casa.
Tre giorni dopo eri alla stazione su quel treno, avevo fatto una corsa pazza per raggiungerti, avevo capito di amarti follemente anche io come te, in quel momento davanti al treno in partenza avrei dovuto salire ma...
Stanno sparendo all'orizzonte quegli aironi chissà quando li rivedrò tornare.
Chissà quando tu ritornerai.
Dal finestrino mentre io ti urlavo scendi ti prego, ho sbagliato devo spiegarti, tu mi avevi gridato: "Lascia fare al tempo, lascia che io possa capire, lasciami andare come gli aironi che vediamo nei cieli sul mare... Aspettami se vuoi, forse... Se qualcuno da lassù lo vorrà, ritornerò."
Poi non avevo sentito più nulla, inebetita guardavo quel treno allontanarsi sempre di più sparendo in una galleria ed in quel momento avevo pianto tutte le mie lacrime fino a casa.
Amore mio dove sei, sono qui ad aspettarti.
Sai? 
Ti ricordano ancora qui dopo questi mesi, ma negli sguardi dei miei, dei miei fratelli e degli amici c'è sempre un'ombra di rimprovero nei miei confronti, questo per dirti quanto ti volevano bene e quanto mi accusano ancora.
Ed ora di me cos'è rimasto? 
Una donna sola che aspetta ogni giorno, che spera, che sogna di vederti qui accanto.
Ho imparato a capire il mio cuore e non so se la mia lettera che ho spedito a tuo padre ti sia arrivata, ti sia arrivata soprattutto al cuore quando l'avrai letta, ormai tanto tempo fa, ma...
Io sono qui e so che un giorno tornerai come ritornano gli aironi con il vento caldo del sud.

Giampaolo Daccò.




venerdì 1 gennaio 2021

CRISTALLO DI GHIACCIO


 

CRISTALLO DI GHIACCIO

- Ora che farai? - aveva detto preoccupato Gianni a Luca davanti alla fermata dell'autobus, mentre la neve stava scendendo copiosa e vedeva negli occhi dell'amico un dolore indicibile, di chi ormai si era rassegnato all'inevitabile.

- Torno a casa. Cosa posso fare ancora? tutto finisce così in questo modo squallido e con la mia stupida ingenuità. -

Già cosa poteva fare ancora Luca, pensava Gianni guardando l'amico asciugarsi le lacrime e salire su quel pullman, in quell'ultima giornata dell'anno dove tutti si stavano preparando a festeggiare il Capodanno con cene e feste. 

Luca era dal mattino alle nove che aspettava Morgan, lo avrebbe dovuto portare in montagna a passare la settimana bianca da questo giorno fino all'Epifania.

Era tanto che glielo aveva promesso e così, fatta la valigia dall'hinterland di Milano, aveva preso presto il primo autobus e non vedeva l'ora di partire con quell'uomo di cui si era innamorato qualche mese prima e dal quale aveva avuto tante promesse e gioie.

Alle nove era in piazzale Lodi, lui sarebbe dovuto arrivare verso le dieci, così aveva avuto tempo di aspettarlo nel bar all'angolo della piazza, dove facevano dei cappuccini buonissimi. Era così che le dieci erano arrivate quasi in un baleno.

Luca si era messo in strada nel posto dell'appuntamento, intanto aveva chiamato qualche amico per i soliti saluti, poi sarebbe stato felice ed occupato in montagna a divertirsi con chi lo avrebbe amato, forse per tutta la vita

Il tempo aveva incominciato a passare, il cellulare di Morgan a non rispondere alle chiamate o messaggi e stava iniziando la paura dentro a Luca che quell'uomo fosse successo qualcosa. Così aveva chiamato il suo amico Gianni, il quale gli aveva promesso di raggiungerlo appena poteva se nel caso Morgan non si fosse presentato.

Lavorando in un ospedale famoso, Gianni da casa sua, aveva preso informazioni se qualcuno con quel nome si era presentato in qualche clinica ma nulla. La notte di capodanno sarebbe stato di turno dopo cena e non poteva far compagnia od ospitare Luca a casa sua in quanto aveva parenti alla cena.

In Luca aveva incominciato ad insinuarsi il pensiero che Morgan si era volatilizzato senza un motivo, ma visto la telefonata passionale della sera precedente e del loro appuntamento all'indomani gli sembrava incredibile ed impossibile. Intanto era arrivato mezzogiorno, poi l'una del pomeriggio ed aveva incominciato a nevicare.

Gianni era arrivato da lui in dieci minuti, così dopo aver lasciato un messaggio al cellulare di Morgan, i due ragazzi si erano rifugiati ancora nel bar dove aveva fatto colazione ore prima Luca. Due panini, una bibita, un caffè ed intanto si erano fatte le tre, il bar chiudeva dopo poco, la sera di San Silvestro era per tutti.

Si erano ritrovati un po'infreddoliti nonostante le giacche a vento imbottite, sciarpe, scarponi ed i cappelli addosso, a camminare nella zona, mentre Luca ogni tanto inviava messaggi o telefonava a Morgan e tutto senza risposta.

- E' evidente - pensava Gianni - che quel bastardo pieno di balle, sta prendendo in giro il mio più caro amico. - non gli era mai piaciuto Morgan, quel giovane sempre vestito di tutto punto, troppo curato, troppo gentile ma sfuggente a certe domande.

- Mi dispiace averti rovinato la giornata Gianni, ma non ho avuto il coraggio di tornare a casa nonostante sto pensando che lui mi stia tirando un bidone. Avevo bisogno di averti vicino. -

- Non lascio mai una persona in panne in panne, soprattutto il mio migliore amico, tanto Marco è a casa tranquillo e sa che sono con te. Luca sai che sono sempre stato sincero con te, Morgan ha qualcosa di ambiguo, qualcosa che sfugge... - di sottecchi guardava Luca che ogni tanto controllava l'orologio e il cellulare con un viso pallido e triste. - Stasera ti avrei ospitato ma come sai ho i parenti dal sud e inizio il lavoro alle dieci... -

- Non ti preoccupare, hai fatto fin troppo per quest'idiota che hai di fronte ed ancora penso che abbia avuto un contrattempo o qualcosa di serio nella sua famiglia. -

Quale famiglia? Lui gli aveva parlato di una madre isterica, di due fratelli quasi assenti e del lavoro che lo occupava troppo, sapeva solo la zona dove abitava... Ora aveva anche dei dubbi, che stupido credeva ad ogni cosa che Morgan diceva ed ora?

- Senti  Luca, dammi retta sono quasi le cinque, c'è buio e non smette di nevicare, torna a casa, ti accompagno alla fermata degli autobus e te ne ritorni al caldo, domani sera vengo da te con Marco e parliamone un po' ovviamente sempre se Morgan non si presenta, anche se ho i miei dubbi. - Luca aveva annuito ormai come sconfitto e pieno di una delusione che in quel momento gli stava strappando il cuore, intanto avevano raggiunto la piazza degli autobus.

- L'ultimo in partenza è alle diciotto e trenta Gianni, penso che... - non finisce la frase mentre vedono un ragazzo in moto avvicinarsi lentamente, non avevano avuto paura perché c'erano parecchie persone cariche di pacchi sotto la pensilina vicino a loro ad aspettare i loro mezzi. Il giovane coperto da un casco e passamontagna si ferma davanti a Luca e Gianni, se li toglie e mostra un volto giovane.

- Chi di voi due è Luca? - chiede con voce normale senza toni aggressivi o timorosi.

- Sono io e tu chi sei? - risponde prontamente Luca.

- Questo è da parte di Morgan, mi aveva detto che probabilmente ti avrei trovato qui alla fermata nel primo pomeriggio, ma sono ore che aspetto e lui mi aveva detto comunque di aspettare. Ti aveva descritto ma con quel cappello e sciarpa non ti avrei riconosciuto. Comunque questa è una busta per te da parte sua... Ciao. - e lo sconosciuto era ripartito velocemente sparendo presto alla vista.

Prima che i due potessero riprendersi dalla sorpresa per questo strano incontro, Luca rigirava la busta nelle mani e Gianni era rimasto in silenzio con un brutto presentimento.

- Non la apri? -

- Oh si scusa... E' che sono così sorpreso e anche allibito, uno che ti aspetta per ore come un messaggero e ti consegna una busta da parte di chi avrebbe dovuto stare con te, felice in un posto tra le montagne, non è un bel segno. - la voce gli tremava dal pianto in gola.

- Dai Luca per favore aprila hai ancora mezz'ora prima che arrivi l'autobus, intanto vado a fare il biglietto alla macchinetta, tu leggilo sto cavolo di messaggio poi mi dirai. -

Le mani tremanti dal freddo e dall'emozione avevano aperto la lettera, faceva fatica a leggerla mentre le lacrime avevano incominciato a scendere dal volto. Appena finito di leggere, la richiude con calma tenendola tra le dita, Gianni si stava avvicinando con in mano il biglietto di ritorno.

- Vedo che hai letto e dal viso che hai penso siano notizie sgradevoli come... - Luca stava zitto - Dimmi cosa ha scritto quel... - l'altro gli aveva dato in mano la lettera. Gianni si era messo a leggere sbiancando, al momento nella sua mente appaiono parolacce, poi rabbia e tristezza verso Luca che intanto vicino a lui teneva la valigia in mano, il suo autobus era arrivato e in dieci minuti sarebbe partito.

Lo stava accompagnando silenzioso accanto a quel suo amico disfatto dal dispiacere, mentre sta per salire sull'autobus, Gianni prende per un braccio Luca.

- Ora che farai? -

Poco dopo Gianni vede l'autobus partire tra la neve che scende ancora fin dal pomeriggio, Luca era, per lui, in salvo su quel mezzo che lo avrebbe portato a casa in mezz'ora, ma gli avrebbe telefonato non appena tornava a casa dai suoi.

In metropolitana, Gianni aveva ancora in mano quel foglio e si domandava come può essere carogna e cattiva la gente, il suo amico Luca non meritava tutto questo, seduto aveva ripreso a leggerla, ma sicuramente non avrebbe lasciato perdere questa faccenda, avrebbe ritrovato Morgan a tutti i costi, lo avrebbe fatto per l'affetto che prova per Luca:

"Luca, mi dispiace di deluderti ma non posso mantenere la promessa che ti ho fatto ieri e neanche le altre dei mesi scorsi. Vorrei dirti tante cose ma sarei bugiardo come lo sono stato fino ad ora. Non sono un tipo da relazione seria con un ragazzo come te, diciamo che sono come una farfalla che vola di fiore in fiore, e attorno a me ce ne sono tanti di bei fiori. Tu sei stato uno dei tanti anche se non sei seccato subito come tutti. Abbi cura di te non ti chiedo di perdonarmi ma di capirmi. M."

- Bastardo - aveva detto tra se Gianni mentre si era incamminato per la via di casa, le luci dei lampioni illuminavano gli alberi accanto a lui mentre all'improvviso un frammento di ghiaccio proveniente dall'alto di qualche cornicione, gli era caduto davanti ai suoi piedi. Lo aveva preso in mano, era un cristallo di ghiaccio che si stava sciogliendo piano tra le sue dita. Il pensiero era andato subito all'amico che a quest'ora era probabilmente arrivato a casa, e non appena sarebbe arrivato nella sua, gli avrebbe telefonato per sapere come stava.

Luca guardava fuori dalla finestra della sua camera, fuori il buio e la neve, cristalli di ghiaccio erano sul davanzale coprendo i ferma vasi di rame, in quel momento aveva capito che la sua storia con Morgan era come quei cristalli, si era sciolta non appena qualcosa si stava facendo di più profondo, di concreto e lui si era sciolto via scappando come un ladro.

Chiudendo le tende su quel paesaggio aveva sentito suonare il telefono e sedutosi sul letto risponde a quella chiamata.

Giampaolo Daccò


sabato 26 dicembre 2020

NON E' UNA STORIA COME LE ALTRE


 

NON E' UNA STORIA COME LE ALTRE

(photo Pinterest)
Ero indeciso se scrivere o no questo post, ci ho pensato per tre giorni per vari motivi: per via delle feste che dovrebbero essere divertenti anche se c'è questa terribile crisi, per via che molti di noi stanno passando brutti momenti, per quelli che mi hanno rimproverato di essere pessimista e che ognuno ha le sue beghe da risolvere e quindi di farmi i cavoli miei.
Ecco questo invece mi ha fatto riflettere molto e così ho deciso di scrivere anche se potrebbe essere molto triste ma non si nasconde la verità come fanno tanti con foto shop di fisici statuari, di sorrisi finti perché si deve farlo, e tutte gli ipocriti auguri che alcuni si fanno odiandosi di nascosto. Basta se uno ha qualcosa da dire o da tirar fuori lo faccia, chi poi se ne frega di questo che sto per pubblicare non importa, io lo farò indipendentemente da tutto. Dopo tutto è il mio profilo e chi vorrà lo leggerà e chi contesterà proprio non me ne frega nulla.
Non è un bel Natale, non sono belle quest feste, ho dei dolori dentro che mi stanno dilaniando l'anima e di cui solo la persona che sta con me mi è di supporto e pochissime persone vicine che lo sanno.
Convivere con dei dolori di cui sei impotente e non puoi far nulla è la peggior cosa che uno deve affrontare e di brutte cose ne ho affrontate tantissime, da solo con nessuno vicino o con quei due o tre amici e la persona che amo, ma infine ero solo.
Ho compreso che l'età rende più deboli i nostri animi e non si chiede più aiuto facilmente, specialmente se molti sono spariti appena "campanata" la cosa oppure fingono di non sapere nulla.
Si è più vulnerabili e meno forti anche se ci metti tutta la grinta e il desiderio di risolvere, si dovrebbe nascere con un cuore duro e una mente fredda ma come si fa se sei al contrario?
Non starò a spiegare per chi o per cosa, il mio cuore è a pezzi, pensavo che qualcosa dopo anni di dolori e di perdite almeno un periodo di serenità potesse arrivare con quest'età matura, invece si vede che il mio destino ( anche di molti altri) non è benevolo e mi costringe a continuare a lottare con una ferita dentro che non si rimargina mai.
Quando qualcuno ha avuto bisogno non ha avuto bisogno di chiamarmi, ero presente subito, come potevo farlo: fisicamente o con telefonate, ma comunque loro non hanno avuto bisogno di chiedere, così ora io non chiedo per non sentirmi dire come poco tempo fa: "Senti ho tanti problemi anche io che non ho tempo di ascoltare i tuoi, fai come fanno tutti, risolvono da soli e si tengono dentro senza rompere agli altri". Bello vero?
Mi conosco sono una tigre nell'affrontare il tutto ma sento la crepa nel cuore diventare sempre più profonda e la solitudine dentro che si affaccia sempre di più ed ora cercherò di aiutare chi ora sta soffrendo con la mia vicinanza. Per questo ho lasciato lungo la strada parenti ed amici, ricordando un passato dove, giovane ho dovuto affrontare tutto da solo e fortunatamente vista la cosa, non devo dire grazie a nessuno di loro. Parole dure? No pura verità, non mi è stato regalato niente e se ho avuto qualcosa per risolvere i problemi, è stato per merito mio... Ma ora sono davvero disperato dentro, spero solo che io possa risolvere qualcosa ma sono troppe le cose, forse dovrei lasciare andare alcune di loro ma con la coscienza che mi fa i conti dopo?
Non so e non voglio sapere come sarà il prossimo futuro viste le premesse attuali, mi lascerò vivere la vita personale e mi occuperò di ciò che ora mi sta a cuore.
No non sono ipocrita di dire che belle feste ed auguri a tutti, li ho fatti a chi mi ha scritto sul cellulare e alle sole tre persone che mi hanno telefonato, è stato un piacere per alcuni di cui ovviamente non farò nomi, ma anche un dovere ed un obbligo verso qualcuno in quel momento e ne avrei fatto a meno, so di essere duro ma è la verità che non nasconderò mai più, ne a me stesso ne agli altri.
Mi spiace di non aver scritto qualcosa di piacevole ma sono stanco davvero di fingere, ma ora andiamo avanti.

Giampaolo D.

sabato 5 dicembre 2020

NEL TUO CUORE NON ERA AMORE


 

NEL TUO CUORE NON ERA AMORE

La neve cade leggera sulla strada del centro della grande metropoli, mentre poche persone camminavano veloci sui marciapiedi bagnati.

La musica nella piccola ed elegante pasticceria, inondava i tre locali in stile liberty dando un'atmosfera quasi sognante.

Poche persone erano in quel locale elegante con i camerieri in livrea bianca dai bottoni dorati, le voci gentili delle commesse che portavano dolci e caffè o cappuccini ai clienti stridevano un poco con il rumore della macchina da caffè usata dai baristi vestiti di blu scuro e dai capelli perfettamente tagliati corti.

La signora e proprietaria del locale è alla cassa e per un piccolo istante guarda la bella donna seduta al tavolino, sola con davanti una fetta di torta ed un latte caldo, la pelliccia appoggiata su una sedia a fianco. I suoi capelli lunghi e biondi incorniciano un volto da ragazzina nonostante avesse trent'anni.

Sentendo lo sguardo su di se, la donna si volta per un attimo verso la signora, che sorridendosi a vicenda, lei accenna con un leggero movimento di approvazione con la testa, come se tutto fosse perfetto.

Apparentemente.

Lei, la bellissima donna bionda è lì, davanti a lei vetrine eleganti di quella strada alla moda, sorseggiando il caldo latte ed ogni tanto si gusta un pezzo di quella torta glassata, ma i suoi occhi sono sempre rivolti verso il paesaggio fuori: ombrelli colorati, uomini e donne in giacca a vento di varie tinte, qualche taxi che passano lentamente e voci indistinte nel locale, il natale è ormai vicino. I suoi pensieri vagano in un non lontano passato quando con lui erano seduti allo stesso tavolo in una giornata come questa, fredda e bianca.

"Sei vicino a me, ma ti sento lontano". Lui stava zitto, ma gli occhi chiari di lei posati sui suoi, così scuri ed intensi pungevano il suo cuore, non sapeva che dirle. "Sono sola con te da tanto tempo, lo sento... Non ho più capito se nel tuo cuore c'è ancora amore per me".

Lui la guardava con dolore ma l'espressione del viso pareva lontana da lei anche se riusciva ad ascoltarla, dentro capiva di non amarla più, semmai l'avesse amata davvero in questi due anni, facendole perdere a lei, mesi e giorni fatti di illusioni e sogni eppure... Aveva sempre pensato di amarla davvero ma negli ultimi tempi il suo cuore non batteva più, anzi non aveva mai avuto per lei quel tuffo che si prova quando si ama la persona che si ha accanto.

"Io... Vittoria, non so più cosa dire, non so più cosa provo... Mi sei vicina ed io non so spiegare al mio cuore cosa mi lega... Mi legava a te. Scusami ma..."

Due lacrime invisibili a lui le scendevano sulle guance, aveva sentito mormorare qualcosa ancora, poi il silenzio. Aveva aspettato qualche secondo e poi si era girata dove era seduto il suo amore ma la sedia era vuota, volse lo sguardo verso l’uscita e aveva visto la signora della cassa sorriderle come dicesse “E’ tutto a posto signora, ha pagato suo marito.”

Di lui nessuna traccia, era tornata fissare il tavolino e le loro consumazioni e vicino alla tazza un biglietto, un foglietto scritto da Pietro. Lo aveva aperto e letto, poi aveva pianto silenziosamente evitando di farsi notare.

In strada poco più tardi, tra folate di vento gelido e gli soliti ombrelli colorati di persone che camminavano veloci per la strada aveva pensato a Pietro, ai suoi occhi, ai suoi abbracci nella loro casa che da oggi rimarrà vuota di lui.

Si era fermata davanti ad una vetrina di un negozio di cristalleria, guardava la sua immagine riflessa ed il pensiero era andato al foglietto trovato accanto a lei in quella bella pasticceria.

Perdonami per non averti e saputo amare come avresti meritato. Andrò via per non farti soffrire più. Pietro - ed un fiore disegnato vicino alla firma -”

Velocemente si era avviata verso la casa di sua madre aspettando che lui avesse portato via le sue cose dal loro appartamento, intanto la neve cadeva ancora e lei durante il tragitto si era chiesta: “Perché non sei riuscito ad amarmi? Mi giravo verso di te quando eri accanto ed il mio cuore insisteva a dirmi che non mi amavi. Avevo si i dubbi se mi amavi oppure no… Ma la risposta c’era già nei tuoi occhi e perché io ho accettato tutto questo? Ma vorrei credere ad una cosa nonostante la verità che mi avevi rivelato poco fa: non saprò se mi avrai amata un attimo oppure no in questi due anni.”

Ora Vittoria ha finito la sua colazione, la neve fuori ha smesso di scendere, si alza, si avvicina all’uscita fermandosi  per pagare il conto ed alla cassa la stessa signora di allora le sorride dolcemente mostrandole il conto. Prima di uscire, un uomo la stava guardando, i loro occhi si incontrano per un attimo e lui le sorride, Vittoria lo osserva per cercando di mostrare anche lei un sorriso ma subito esce da quel locale senza voltarsi.

Nessuno potrà mai sostituire quei momenti con Pietro, quell’intimità dolce che avevano trovato in quel locale, apre l’ombrello e imbocca la strada per casa.

Ancora insiste il mio cuore che il suo non era amore, non saprò se mi hai amato oppure no”.

Giampaolo Daccò


sabato 21 novembre 2020

LA PIETRA FILOSOFALE


 


LA PIETRA FILOSOFALE



La Pietra filosofale è il Sacro Graal degli alchimisti, non solo per via del suo presunto valore, ma anche perché certe qualità della stessa sono affini a quelle della sacra reliquia. In molti, nel corso della storia, sono partiti alla ricerca di questa misteriosa "pietra", ma nessuno a quanto pare è mai riuscito nell'impresa. La ricerca della Verità è stato ed è ancora oggi lo scopo di molti centri iniziatici. Fulcanelli, personaggio enigmatico che potremmo identificare con Jean-Hulien Champagne (1877-1932), scrive:

Tra i più celebri centri d'iniziazione di questo tipo citeremo gli ordini degli Illuminati, dei Cavalieri dell'Aquila nera, delle Due Aquile, dell'Apocalisse; i Fratelli Iniziati dell'Asia, della Palestina, dello Zodiaco; le Società dei Fratelli neri, degli Eletti Coëns, dei Mopsi, delle Sette-Spade, degli Invisibili, dei Principi della Morte; e poi i Cavalieri del Cigno, istituiti da Elia, i Cavalieri del Cane e del Gallo, i Cavalieri della Tavola rotonda, della Genetta, del Cardo, del Bagno, della Bestia morta, dell'Amaranto, ecc.

Non sappiamo se qualcuno di questi centri ebbe mai successo. Alcuni grandi iniziati, come Nicolas Flamel e il Conte di Saint-Germain, probabilmente giunsero molto vicini alla verità, ma anche il loro nome, alla fine della loro esistenza, venne scolpito su delle lapidi. Infatti, si dice che la Pietra filosofale doni la vita eterna a chi la possiede, proprio come il Graal. Tale potere era strettamente connesso a quello di poter trasformare il semplice metallo in oro. Per fare ciò occorreva però avere una Conoscenza assoluta delle leggi naturali.

A tale livello si poteva giungere scoprendo la Pietra filosofale, perché solo questa era (ed è) in grado di donare l'onniscienza, almeno secondo gli alchimisti e i filosofi del passato. Si tratta in pratica di un circolo vizioso, un ostacolo che nessuno, a quanto pare, è mai riuscito a superare. Un enigma apparentemente senza soluzione. Solo la Conoscenza assoluta avrebbe infatti permesso la trasmutazione del vile metallo in oro, che si credeva fosse un materiale perenne.

Così, in maniera analoga, la Pietra filosofale avrebbe donato la vita eterna all'essere mortale che ne sarebbe entrato in possesso, avrebbe trasformato la materia in spirito. Ma questa Conoscenza assoluta continuava (e continua ancora oggi) a essere preclusa all'umanità. Ciò che possiamo fare è solamente cercare di avvicinarci a essa, passo dopo passo, grado dopo grado, nei limiti delle nostre possibilità. Non tanto per il venale intento di trasformare il piombo o il mercurio in oro, piuttosto perché "fatti non fummo per vivere come bruti, ma per seguire Virtù e Conoscenza", come scrisse Dante Alighieri nel XXVI canto dell'Inferno.

L'uomo nasce per conoscere, spinto da una naturale curiosità che è tutta umana. Da questo punto di vista, la Pietra filosofale, così come il Sacro Graal, smette di essere un oggetto reale, fisico e materiale, per divenire un simbolo.
Ognuno di noi nella sua vita compie un cammino iniziatico, chi più, chi meno; inconsciamente o con coscienza. L'oggetto della nostra ricerca ci è pressoché oscuro, eppure lo bramiamo ardentemente. Ciò ci rende vivi perché, come diceva Giacomo Leopardi, ciò che è veramente piacevole è il desiderio e non la realizzazione dello stesso.
Una delle leggi fondamentali dell'alchimista è credere che tutto ciò che sta in basso sia specchio di quel che si trova in alto. Troviamo scritto questo nella Tavola di smeraldo, attribuita al leggendario Ermete Trismegisto. In parole povere, vengono messi in rapporto tra loro il microcosmo, cioè l'uomo, con il macrocosmo, ossia Dio. Ma, attenzione: la divinità degli alchimisti esula dalla religione.

Si tratta del Grande Architetto, che dirige il tutto come un direttore d'orchestra; del creatore delle leggi naturali della vita. In sostanza, chi conosce se stesso, conosce le regole che muovono l'Universo. "Nosce te ipsum" (Conosci te stesso) affermavano infatti grandi iniziati del passato come Lao-Tzu (VI secolo a.C.) e Socrate (469-399 a.C.).
Molte persone credono di conoscere il mondo magari senza mai essersi guardati allo specchio. Nei nostri occhi c'è l'universo. Solo quando riusciremo a cogliere la magia che c'è in noi, potremo iniziare il nostro cammino iniziatico, con il fine di avvicinarc
i alla VERITA’ SUPREMA.


Il processo iniziatico, da che mondo è mondo, segue sempre le stesse regole di base:


Il neofita non conosce se stesso, non si apprezza, è un diverso, è incompleto, ma è suo desiderio elevarsi. Il rituale lo porta a morire simbolicamente, a scendere al centro della Terra, nei sotterranei del suo "io", a scoprire se stesso interiormente. In seguito torna alla luce, resuscita simbolicamente dotato di una nuova consapevolezza. In passato, tali cerimonie si svolgevano realmente, in luoghi sotterranei e suggestivi. Spesso ritroviamo tracce di questo rito ancora al giorno d'oggi.

Basti pensare alla Divina Commedia dantesca, che per l'autore (e per il lettore) è un viaggio alla scoperta del proprio "io" passando dall'Oltretomba, come già era successo a Enea, a Mitra, a Gesù Cristo, a Hiram Abif, il primo maestro della Massoneria.

La discesa negli inferi è simbolo di introspezione. Nell'oscurità della propria coscienza veniamo uccisi dalla consapevolezza per rinascere a nuova vita. Quando apprendiamo una grande verità, diciamo addio a chi eravamo per divenire un'altra persona. Questo fa parte del nostro cammino iniziatico. Ancora oggi, nei rituali massonici, il neofita viene ucciso simbolicamente in cerimonie spesso molto macabre, per poi resuscitare all'interno della loggia, pronto a iniziare la sua scalata graduale fino al 33° livello della "piramide".

Un'immagine abbastanza chiara di questo tipo di rituali ci viene fornita dalla pellicola statunitense The Skulls, di Rob Cohen, nella quale il protagonista è chiamato a far parte della misteriosa società segreta dei Teschi, che ha "sfornato" e continua a "sfornare" molti politici e presidenti statunitensi.


La caverna è il luogo dell'apprendimento. Dante durante il suo viaggio iniziatico nell'Oltretomba apprende numerose verità. Spesso, le società segrete utilizzano locali sotterranei per le loro cerimonie. Già Aristotele (384-322 a.C.) impartiva ai suoi studenti una conoscenza esoterica (segreta), al contrario di quella che avrebbe rivolto al pubblico (che era essoterica, cioè libera). Éliphas Lévi, in Storia della magia, scrive:

Le grandi prove di Menfi e di Eleusi avevano lo scopo di formare re e sacerdoti, affidando la scienza a uomini coraggiosi e forti. Allora si scendeva in oscuri sotterranei dove di volta in volta bisognava attraversare ceppi accesi, corsi d'acqua rapidi e profondi, ponti mobili gettati sugli abissi, tutto senza lasciare spegnere o lasciarsi sfuggire una lampada di mano. Chi tremava o aveva paura non avrebbe mai rivisto la luce; chi passava coraggiosamente attraverso tutti gli ostacoli veniva ricevuto tra gli iniziati e iniziato ai piccoli misteri. Ma rimaneva da provare la sua fedeltà e il suo silenzio e solo dopo qualche anno diventava epopto, titolo che corrispondeva a quello di adepto.


La morte iniziatica simboleggia la trasformazione alchemica, il passaggio dal piombo (mortale) all'oro (immortale), perché "La Conoscenza ci rende liberi". Al contrario del massone, l'alchimista è solo, e ciò che impara lo impara da sé, passo dopo passo, sperimentando. Entrambi tuttavia hanno un unico obiettivo: la Conoscenza.

Un luogo iniziatico in Italia ad esempio è Damanhur, per alcuni una comunità, per altri una setta, fondata nel 1975 da Oberto Airaudi a 15 chilometri da Ivrea e 50 da Torino. Il luogo principale del centro è il Tempio dell'Uomo: un luogo sotterraneo che si estende per 70 metri in profondità. Un luogo iniziatico, strutturato in sette ambienti diversi, di concezione egizia, celtica e pagana in genere. "Nelle sale si eseguono riti segreti, danze, concerti, meditazioni. Il cuore del mistero è costituito dalla sala dell'alchimia, nella quale si mette in atto una speciale concentrazione che permette di programmare le reincarnazioni."

Almeno, secondo i cittadini della comunità, ormai numerosissimi, che tra le altre cose hanno anche una loro moneta e uno stile di vita esemplarmente ecologico. "A Damanhur si crede realmente che gli elementi della natura siano animati da folletti, gnomi, ondine, salamandre, silfidi e fate da evocare con rituali adeguati." Una delle sette sale del tempio sotterraneo, la Sala dell'Uomo, è stata concepita per custodire, mantenere e proteggere il Graal, che secondo la concezione damanhuriana sarebbe un ricettacolo di tutte le energie, capace di mutare forma a seconda del momento, delle esigenze.
Nell'eco-società di Damanhur, chi "conosce" il Graal, conosce le leggi della magia, che avrebbero avuto origine ancor prima degli Egizi, al tempo di Atlantide. Il Graal sarebbe la Pietra filosofale, perché in grado di trasformare qualunque cosa in oro, ovvero, di purificarla. Uno degli scopi del tempio sotterraneo di Damanhur sarebbe proprio quello di permettere agli iniziati una maggiore e migliore conoscenza del Graal, che è già in noi e attende solo di essere svelato.


GIAMPAOLO DACCO’

lunedì 2 novembre 2020

SOLITUDINI


SOLITUDINI

Pesaro, gennaio 1980

Era un sabato pomeriggio, il sole bianco di novembre illuminava dal cielo livido, le strade e le case della bella città dove stavo vivendo per un breve periodo della mia vita.
Dopo pranzo avevo deciso di affittare in un negozio, una bicicletta per visitare la città velocemente, non era particolarmente freddo quel giorno anzi, sembrava quasi primavera, così pedalando avevo attraversato il centro e qualche via periferica.
Sarà stato l'istinto o la voglia di fermarmi in un posto tranquillo, tant'è che imboccai il Viale della Vittoria, la strada che portava al mare verso la statale in direzione di Fano, ero arrivato pedalando, alla spiaggia della zone Muraglia, facendo il sottopassaggio della ferrovia.
La lunga distesa di sabbia era quasi deserta, avevo appoggiato la bicicletta sulla rena cercando di farla stare in piedi appoggiandoci lo zaino che avevo sulle spalle, un pezzo di giornale per terra così mi ero seduto a guardare le piccole onde bianche del mare grigiastro, infrangersi dolcemente sulla dorata sabbia.
Non ero solo, ogni tanto qualcuno passava vicino a me proseguendo o verso la città o verso la periferia, qualche coppia giovane, un paio di anziani, un gruppetto di bambini che si rincorrevano e delle persone - uomini e donne - solitarie immerse nei loro pensieri, un po' com'ero io in quell'istante.
Mi era sempre piaciuto ed anche tutt'ora, sedermi in un posto con larghe vedute ed osservare sia il paesaggio, il cielo e le persone che passeggiano attorno cercando in ognuna di immaginare il tipo di vita che potrebbero vivere durante le loro giornate.
Quella donna col cappotto verde che tiene per mano la bambina con le trecce scure, tentava di far osservare alla piccolina con la giacca a vento rosa, una barca in mezzo al mare e neanche tanto lontana, ma lei come tutti i bambini fantasiosi cercava qualcosa nella sabbia, sassolini colorati o conchiglie. Immaginavo la vita di quella donna, sicuramente nonna della bambina che la portava con se per una passeggiata o un giro in bicicletta mentre i suoi genitori (figlio o figlia di lei) lavoravano e fino a sera non andavano a riprendere "treccine scure" per riportarla a casa lasciando la nonna sola. Sola forse, felice o triste ma sola oppure chissà poteva avere un marito ma da come camminava mi sembrava piena di malinconia.
Ah la mia fantasia... Ed ecco:
Due ragazzi, pantaloni di velluto scuro sbiaditi e giubbotti di jeans imbottiti di finta lana, gesticolavano parlando piano, i loro capelli unti e lunghi sulle spalle, uno con la barba e l'altro con segni scuri sul volto, come si dice da noi un po' "sbarellati" e quasi di corsa si stavano avviando verso la strada sulla mia destra in cerca forse di qualche spacciatore, li osservavo di sbieco per non farmi notare, sembrava quasi litigassero dal gesticolare, poi si erano messi a correre verso un'auto che si era appena fermata sul ciglio della strana, anche oggi avrebbero avuto la loro dose quotidiana, pensavo.
Che tristezza e che solitudine dentro avevano questi ragazzi.
"Scusa" ed un rivolo di sabbia mi aveva colpito dietro la schiena "Scusami non volevo" e la voce si era persa dietro di me, mettendo una mano sulla fronte per ripararmi dal sole avevo visto un ragazzo atletico in pantaloncini e felpa correre sulla sabbia, lo avevo riconosciuto era un giocatore della famosa squadra di basket di Pesaro che nel 1980 era tra le migliori del campionato, c'era anche (non ricordo il nome) il marito della direttrice di ballo "Fame" il musical, li avevo incontrati in centro una sera in un locale, lei gentilmente mi aveva fatto l'autografo ma questa è un'altra storia.
Il ragazzo atletico ansimando per la cosa sulla sabbia dopo aver raggiunto un punto lontano, stava per tornare indietro, in qualche minuto mi stava passando davanti, mi aveva sorriso "Scusa di nuovo per prima" aveva detto correndo velocemente verso la città. 
Quasi urlai "Non ti preoccupare..." ma credo non avesse sentito la mia voce, chissà magari oltre la squadra viveva da solo, non aveva la ragazza. Lo immaginavo a leggere sul divano un libro dopo gli allenamenti duri, in quel caso la solitudine degli atleti di quegli anni era vera, non erano vip o presunti come lo sono ora, osannati e onnipresenti su tabloid o in tv.
Avevo guardato l'orologio, poi bevuto da una bottiglia del succo di limone, faceva caldo seduto sulla spiaggia sotto il sole di novembre, volevo andare via così mi rimisi in piedi e avevo poi messo lo zaino ed il giornale nella sacca appoggiata sulla canna della bicicletta.
A piedi faticando un poco cercando ti tenere diritto il mezzo sulla rena, ero riuscito ad arrivare alla stradina che passava sotto la via Strada delle Marche quando incontrai un signore anziano proprio nello stesso istante mentre uscivo dalla sabbia.
"Bella giornata vero?" mi aveva detto gentilmente.
"Oh si molto." gli avevo sorriso, era un signore distinto, anziano, con un cappotto di gabardine marrone, pantaloni scuri e scarpe di camoscio.
"Avrà passato un po' di tempo a guardare il mare oggi, lo deduco dal suo viso arrossato... Lei è di queste parti? Dal suo accento non mi sembra."
"No sono di Milano, sono qui per... lavoro, circa due mesi poi probabilmente verrò trasferito, chiamiamolo una specie di tirocinio..." si era messo a ridere.
"Se va verso via Luigi Albertini possiamo parlare un po' e fare la strada insieme, sempre se non la disturba."
Altra solitudine e voglia di fare due chiacchiere con uno sconosciuto, allora si poteva, in questi tempi le persone sono a volte diffidenti e scostanti, ma quarant'anni fa non era così, certo alcuni erano riservati o scostanti anche allora ma era più facile incontrare qualcuno durante un viaggio, oppure in un bar o seduti sulle panchine e scambiare quattro chiacchiere, a me faceva bene al cuore ed alla mente.
"No non mi disturba mi fa molto piacere, almeno posso fare due chiacchiere intanto che torno verso la mia abitazione."
"Ma lei è molto giovane, dice di lavorare non le avrei dato più di sedici anni."
"No ne ho venti compiuti pochi giorni fa."
"A quindi quarantacinque più di me..." aveva riso "E in che zona abita di Pesaro?"
"In una traversa di via Solferino, almeno fino ai primi di febbraio, poi verrò trasferito, spero a Milano, così sarò vicino a casa dei miei."
"Io sono di Cattolica ma dopo il mio matrimonio con Carla, mi sono trasferito qui, nella sua città, i nostri tre figli ormai vivono lontano: Roma, Bruxelles e Venezia, li sento sempre ma li vedo poco, sono nonno e ho molti hobbies, niente di che intendiamoci." l'eleganza dei modi e la compostezza della voce tradivano tutt'altro che un uomo semplice, avevo notato poi sul bavero del cappotto un'onorificenza dello stato, segno che quel signore era stato una persona importante nel suo campo.
"Vedo che per essere giovane non parla interrompendo, ascolta. E' una dote molto importante."
"Grazie signore, mi piace .. No anzi le confesso una cosa, vado spesso in luoghi spaziosi per osservare il panorama e sognarci un po' ma... amo osservare le persone immaginando la loro vita o per lo meno cerco di vederla secondo la mia fantasia."
Si era messo a ridere "Lei... tu, se mi permetti, sei un alieno, istintivamente e di solito non lo faccio, ti avevo fermato perché mi ricordi Glauco, mio figlio minore che vive a Bruxelles ed è psicologo, da ragazzino lo trovavo spesso in posti come quelli che scegli tu ad osservare le persone... Troppo divertente. Ma è anche una maniera intelligente di imparare  la vita e conoscere gli altri."
Avevo annuito con un sorriso, lui mi aveva messo la mano sulla spalla, due occhi verdi mi stavano scrutando dentro.
"Non cambiare mai te stesso, anzi cerca di migliorare sempre anche nei difetti. Hai due occhi vispi e curiosi."
"Grazie signore."
"Bene ora sono arrivato a casa ci dovremmo salutare, io abito qui in via Cesare Battisti in questa villa, se ti dovesse capitare di tornare da queste parti mi farebbe piacere tornare a parlare un po' con te." 
Mi aveva stretto forte la mano, il sorriso era paterno ma gli occhi tristi.
"Bene spero proprio di poterlo fare signore e... Mi saluti sua moglie anche se non la conosco e spero di..."
"Lei è andata via tempo fa purtroppo..."
"Mi dispiace io... " non sapevo che dire.
"Non ti preoccupare, non essere imbarazzato e non potevi saperlo. Allora speriamo di rivederci un giorno."
Più tardi ero già in viale Solferino vicino a casa, molti pensieri erano nella mia mente, in quel giorno avevo visto e conosciuto molte solitudini, vere o di mia fantasia, ma quel signore distinto mi aveva colpito molto "Lei è andata via tempo fa purtroppo." che frase triste e chissà dentro di lui cosa provava, quella solitudine che mai sparirà nonostante i figli e i nipoti. Era di lei che aveva bisogno.
Non l'ho più rivisto, mi avevano trasferito prima del previsto a Treviso e non ho potuto più salutarlo o parlargli, peccato.
Poi col tempo ho conosciuto altre solitudini, diverse tra loro, alcune serene ma molte sofferte, è così che la vita scorre in ognuno di noi ma nel corso degli anni ho scoperto una cosa: alcune solitudini le scegliamo noi come punizione, come scusa per sfuggire, come vivere perennemente nel proprio egoistico dolore oppure come scelta di vita.

Giampaolo Daccò