sabato 26 giugno 2021
VORREI ESSERE STATO...
venerdì 11 giugno 2021
ERA QUEL TEMPO LONTANO
domenica 6 giugno 2021
EMMANUEL & GIAMPAOLO
EMMANUEL & GIAMPAOLO
עמנואל וג'יאמפאולו
- State fermi... Ecco ora la foto.. No no Emy, sorridi, Paolino stai più vicino a Emy... Pronti? Ecco fatto. -
-Mamma io non mi chiamo Emy ma Emmanuel e Paolino si chiama Giampaolo... - aveva risposto il mio amichetto di giochi dei week end milanesi, quando nonna Maria mi portava a Milano dalla sua casa in campagna, per incontrare il suo fidanzato che io chiamavo zio, un uomo gentile dagli occhi verdi, conosciuto dopo la morte di nonno.
Myriam era la mamma di Emmauel, lo stesso nome di nonna Maria in ebraico ed avevano più o meno la stessa età, Myriam aveva sei figli tutti maschi, Emmanuel era l'ultimo avuto a quasi quarant'anni). Per me avere una nonna di poco più di quarantacinque anni era un vanto, e le origini orientali del suo cognome la facevano apparire molto vicino a Miryam come sua sorella oltre che collega di lavoro.
Emmanuel nel corso dei fine settimana era diventato uno dei miei amici più cari, sembravamo, come diceva lui, i biscotti "Ringo" anche se poi la sua carnagione e capelli ricci e neri non erano proprio scurissimi. La sua convinzione era che nonna Maria fosse ebrea come lui.
- Vedi il suo cognome, mentre il tuo è francese, il suo è orientale! - e pronunciava quel cognome con una erre strana tipica della sua lingua, ne ero affascinato anche se lui mi prendeva in giro per la mia di erre "moscia" ora meno accentuata ma allora era quasi uno strazio per me, soprattutto a scuola.
In estate passavamo i pomeriggi al Parco di Porta Venezia allo zoo (ora fortunatamente solo parco Indro Montaneli), oppure si andava all'idroscalo. Nelle altre stagioni anche con i miei genitori si andava con la famiglia dal cognome impronunciabile, in giro per i laghi e posti che lo zio P. conosceva bene, noi, in cinque, sulla 1100 Bordeaux, mentre Emmanuel e famiglia su un furgoncino famigliare.
Io ed Emmanuel eravamo diventati quasi gemelli, eravamo uniti da tante cose: pittura, guardare le stelle, pattinare, ginnastica, odiavamo il calcio e giocavamo a nascondino. Ricordo le corse a perdifiato quando con la sua famiglia venivano in campagna da noi, scappavamo nei prati vicino al fiume Lambro, tra fiori, grano e piante di ciliege.
A otto/nove anni il mondo era più colorato ai nostri occhi e spesso giravamo per mano tra stradine fuori paese altrimenti la mentalità bigotta poteva additarci (alla nostra età poi dove non sapevi cos'era il sesso) come diversi mentre in città tutto era così normale che avrei voluto che papà e mamma si fossero trasferiti subito ma c'era l'altra nonna da curare.
Non c'era malizia nei nostri cuori, speso in camera sua o mia ci ritrovavamo abbracciati a leggere fumetti o vedere la televisione e poi scoppiavamo a ridere per niente e rotolavamo sui tappeti facendo la lotta. Poi i panini al burro e zucchero o burro e marmellata con il tè a mezzo pomeriggio.
Myriam come nonna Maria erano belle, gli occhi neri misteriosi, la carnagione olivastra, i capelli corvini e il corpo prosperoso e armonioso e tutt'e due avevano una bella voce.
Adam il terzo dei fratelli di Emmanuel, spesso ci portava dai suoi amici dove suonavano con una band in una cantina, canzoni beat e rock, un sogno ed Emmanuel dai capelli ricci si muoveva come Jimy Hendrix vicino a Adam imitandolo con una inesistente chitarra, mentre io fingevo di suonare la batteria e guardandoci strizzavamo i nostri occhi in segno di intesa. Altro che lo Zecchino d'Oro e che era quello strazio di bimbi vestiti uguali con canzoncine idiote...
Se non era amore fraterno tra noi due non so come avrei potuto definirlo, una sera mentre gli altri erano a cena, noi due eravamo in camera sua ed all'improvviso era scoppiato un temporale forte, Emmanuel aveva gridato spaventandosi dal primo botto del tuono.
Era arrivata subito sua madre a rincuorarlo, non capivo perché aveva così paura mentre per me era normale il temporale, mai avuto terrore, forse solo dei fulmini ma... Allora Miryam che mi aveva guardato negli occhi e capendo la mia incredulità, raccontò a noi la loro storia, di quando nel 1967 due anni prima ci fu la guerra dei sei giorni tra Israele la loro patria e l'Egitto, la Siria e la Giordania.
Ero rimasto a bocca aperta, sapevo dai telegiornali ma non direttamente da chi l'aveva vissuta. Erano scappati da Ascalon, vicino alla zona rossa raggiungendo prima Roma da alcuni zii e poi a Milano dalla sorella del padre. Ancora allora stavano aspettando di poter ritornare nel loro Paese tanto amato.
Quando lei era uscita dalla stanza, mi ero avvicinato a Emmanuel che si sera calmato, era appoggiato al cuscino messo in piedi alla spalliera e gli misi il braccio intorno al collo. Emmanuel si era girato verso di me, gli occhi neri contrastavano i miei cosi chiari, ma erano pieni di lacrime e paura, mi aveva abbracciato forte.
Non so cos'era successo in quell'istante ma le nostre labbra si unirono in un bacio casto lasciandomi di stucco, lui era sembrato sorpreso e mi disse che era il modo di salutarsi o di incontrarsi tra loro. Mi tirò vicino e mi baciò di nuovo... Questa volta il bacio era stato lungo e le sue braccia mi stringevano al suo viso.
Non sapevo che dire o fare, quando si era staccato e come nulla fosse aveva acceso la televisione, l'avevo guardato con meraviglia, come se per lui fosse stato normale, anzi era normale... Per me ancora adesso non saprei descrivere, troppo piccolo per darne un significato di saluto ma di certo avevo capito che quel bacio era un modo di esprimere l'affetto per una vera amicizia.
Avevo baciato tante ragazzine perché me ne ronzavano attorno molte nella via dove abitava nonna: Bruna, Loredana, Cinzia, Antonella... Ma era una cosa diversa direi che era sentimentale per me, averne poi tre all'insaputa una dell'altra (so che fa ridere a otto/nove anni) ed oltretutto una mora, una bionda e una rossa, mi davano l'aria del baby latin lover.
Eppure quel bacio tra me ed Emmanuel mi aveva impresso nella mente quanto potesse essere bello e liberatorio ma soprattutto innocente quel gesto che gli ebrei fanno in maniera normale per saluto e per esprimere amicizia. Una forma strana di amore che solo chi non ha malizia potrebbe capire.
Emmanuel e la sua famiglia ritornarono a Jaffa (prima città indipendente, ora quartiere di Tel-Aviv) dai nonni nel 1971, nonna Maria e zio P. li avevano accompagnati portandomi con loro all'aeroporto di Linate.
Avevo pianto durante il viaggio verso l'aeroporto e così anche Emmanuel mi aveva confidato nella sala d'aspetto delle partenze. Intanto che lui stava vicino a me e trafficava nel suo borsone colorato, avevo passato in rassegna i volti della sua famiglia per imprimerli bene nella mente, sentivo che non li avrei più rivisti.
Abraham il padre, Myriam la mamma che mi aveva abbracciato forte e baciato sulla fronte come una mamma, poi i fratelli Jared, Shimon, Adam, Yosef e Noam. Emmanuel mi aveva tirato la manica della camicia, mi aveva messo nella mano un pupazzetto colorato con i capelli neri e ricci. Era come fosse lui.
- Ci scriveremo sempre? -
- Si sempre Emmanuel. -
- Me lo prometti che verrai a Jaffa? -
- Non lo so ma partirei subito con voi. -
- Pensi che ci rivedremo ancora? -
- Si ne sono sicuro e te lo giuro che succederà. -
Aveva sorriso mentre una voce femminile attraverso l'autoparlante annunciava il volo per Tel Aviv, il loro. Ricordo che ci erano stati abbracci, baci, pianti tra nonna e Myriam. I suoi fratelli mi fecero girare vorticosamente tra le loro braccia mentre Emmanuel dopo aver salutato nonna e zio, mi si era avvicinato.
Senza una parola mi aveva abbracciato e baciato sulla bocca.
- Ricordati di me, per sempre Giampaolo. -
- Si per sempre. -
- Ti scrivo appena arrivo a casa. -
Avevo annuito mentre tutta la famiglia si era spostata al check point, dopo pochi minuti erano spariti nell'area delle partenze e fu allora che mi ero messo a piangere forte, avevo provato un dolore che non sapevo gestire a dieci anni. Nonna mi aveva rincuorato prima in aeroporto poi sul tragitto di strada, nella mia mente c'era solo il mio amico Emmanuel.
Con lui ci eravamo scritti fino al 1973, poi era arrivata la guerra del Kippur e da quel momento più nulla. Io speravo che a loro non fosse successo nulla in quella terribile guerra, speravo col tempo di ritrovarli ma non ricordavo il loro cognome, era troppo difficile. Nonna era morta quasi improvvisamente l'anno rima e zio P. nel frattempo si era ammalato e non l'avevamo più visto, non era rimasto nesun filo o legame con loro.
Siamo arrivati al 2021, ai ricordi di una bella amicizia... Avevo cercato su Facebook ed altri canali dei social ma niente... Vuoto assoluto ed ora non mi rimane che ricordare Myriam ed i suoi com'erano allora ed Emmanuel, il mio amico di scorribande e del suo bacio fraterno e quegli occhi profondi e neri che spero ora siano negli occhi di qualche donna o nei suoi figli. Lo spero con il cuore.
E chissà che un giorno come un miracolo ci si potrà rivedersi.
Giampaolo Daccò
venerdì 4 giugno 2021
CONFESSIONI
(text Giampaolo)
CONFESSIONI
Eccomi qui davanti ad uno specchio che è mio, riflette un volto che è cambiato nel corso degli anni, ma ciò che è cambiato di più è lo sguardo degli occhi.
Le esperienze della vita hanno donato una luce più matura, più realistica, più spietatamente vera. Eccomi sono io con le mie confessioni, quello che sono stato e che forse, sarò.
Un punto fermo c'è, la persona con cui condivido quasi venticinque anni di vita e che non cambierei per nessuna ragione, neanche per un altro amore... Alla mia età è troppo rischioso.
Ma chi sono io davvero, come posso essere crudelmente sincero verso me stesso in un mondo dove tutti non prendono coscienza di se e vivono personaggi per non vedere cosa hanno dentro e chi sono realmente?
"Non ho mai avuto un luogo che sento casa mia e ne mai ho avuto l'occasione di aver potuto acquistarla, non ne ho mai capito il vero motivo.
Un vagabondo che si è fermato per lunghi o periodi brevi in tante città diverse, mai legandosi veramente ad un posto e viverlo intensamente con nostalgia.
Solo in amore resto fedele, anche se in passato nel mio letto sono passate decine di figure, ognuna diversa ma poco hanno lasciato dentro nell'anima, mentre chi ho amato sono state solo tre vite.
Ho avuto il cuore spezzato ma ce l'ho sempre fatta a superare e non è che mi dispiaccia anche perché non ho mai venduto la mia vita a nessun prezzo ma non ho mai comprato nessuno.
A volte penso di non meritare niente di più di quello che ottengo ma anche se non lo penso veramente è per il fatto che niente di quello che ho è veramente mio.
Ho sempre pensato che mi piacerebbe vivere in riva al mare, girare il mondo da solo o con la persona che amo, vivendo in modo semplice ma non ho idea cosa sia successo a questo sogno.
Spero di non fermarmi qui ancora per molto, vorrei cambiare città, lavoro, conoscere nuove anime eppure ho la sensazione che la mia vita sia in affitto per qualcuno o qualcosa. Strano.
Ma il mio cuore è come uno scudo forte anche se i sentimenti sono vulnerabili ed intensi, non lo deluderò, lo so. Ho sempre messo l'anima ed amore nelle cose fatte.
La paura di fallire potrebbe farmi tremare nell'animo ma continuerò sempre ad ogni costo lottando anche se non sarò mai capace di comprare o di vendermi... Sono vivo anche per questo.
Confessioni, ritagli de me stesso.
Una ricerca continua inesauribile.
Perché la vita, la mia vita
è tutto questo.
lunedì 24 maggio 2021
MA... E QUANDO INVECCHI TU?
- Ti abbiamo visto da lontano con uno che sicuramente era un amico di vecchia data. Vicino a lui sembravi suo figlio ma Giampy... Tu non invecchi mai? (A ridaje).
venerdì 14 maggio 2021
IL RE DELL'INVERNO
mercoledì 21 aprile 2021
UN FIORE BIANCO
UN FIORE BIANCO
Sono passati molti anni quando nacquero a distanza di qualche tempo due fiori: uno bianco ed uno rosa. Quello rosa era dolce, tenero e amorevole. Quello bianco cresceva in bellezza, luminosità e vivacità.
Il bianco spesso si specchiava nelle acque limpide del fiume, poggiato sulla riva erbosa accanto agli altri ed al suo timido fiore rosa, fratellino di sempre e così ogni primavera.
E come tutte le primavere, spesso lo sbocciare dei fiori fa si che alcuni di loro diventino grandi, forti e luminosi e così fu stato per il fiore bianco.
Questo fiore, più passava il tempo più desiderava di essere colto, amato, coccolato, mentre sperava questo, un giorno nuvoloso e oscuro due mani forti e dure lo strapparono dal suo posto lasciando il fiore rosa triste e solitario.
Il fiore bianco credeva che quelle mani lo portassero in una bella capanna dove ci sarebbe stata la felicità ed invece si ritrovò in mezzo alla tempesta, posato in un luogo freddo e secco, dove erbe cattive lo avevano imprigionato senza capire la sua fragilità.
Da quelle mani e dai semi del fiore bianco nacquero due germogli, germogli il cui colore non aveva la luce come il fiore bianco. Ma lui amava quei germogli che col tempo si stavano trasformando in fiorellini selvatici di campo, ma la paura che le facevano quelle mani era troppo forte.
Vedeva che i suoi fiorellini non capivano il suo stato d'animo e le sue paure e per proteggerli in un giorno di tempesta, si fece trasportare via dal vento anche se avrebbe voluto portarli con se, ma non poteva, sapeva che il vento era talmente vorticoso ed avrebbe potuto distruggerli durante quel viaggio, così rimasero in quella capanna con le erbe e quelle mani dure.
Il fiore bianco purtroppo si perse nelle folate e nel corso del tempo era rimbalzato da un luogo all'altro senza mai più tornare indietro, aveva cambiato molti prati e campi ma il suo cuore era rimasto fermo ai suoi germogli in quel luogo freddo e secco, senza sapere più nulla di loro.
Così si nascose per sempre a tutti in un campo selvatico, nonostante sapesse che il suo fratellino rosa lo cercava, se lo sentiva ma non trovava la strada giusta per ritornare su quel rivo verde vicino al fiume dove lo avrebbe ritrovato.
Il fiore rosa che nel frattempo era diventato grande, forte, aveva creato con altri fiori, una famiglia amorevole piena di calore ma gli mancava quello bianco che sempre cercava ed amava.
Intanto in quel campo selvatico il fiore bianco incominciò a perdere i sui petali lucenti, petali che divennero opachi, scuri, secchi e nel giro di poco caddero sulla terra arida e il suo stelo, la sua vita finì, solitario, ripiegato su se stesso e nessuno lo trovò più.
Il lungo cercare del fiore rosa era disperato fino a che un mattino, una colomba bianca arrivò fino a lui e nel suo becco c'era uno stelo scuro e glielo posò a terra. Disperato il fiore rosa riconobbe quello bianco in quel povero stelo poggiato davanti a se.
La rugiada cadeva dai suoi petali ma erano lacrime di cristallo, le lacrime dei fiori quando provano dolore, ma era felice di averlo ritrovato per sempre e da quel giorno il suo fratello bianco rimase con loro anche se la sua anima lucente era volata tempo prima nel vento delle stelle.
Ora il cuore del fiore rosa sa che un giorno lontano nel tempo si ritroveranno nel posto dell'amore, nel luogo dove tutti i fiori belli e colorati vivranno per sempre vicini in un prato meraviglioso sotto una luce dorata, dove non ci saranno mani dure a strapparli, perché lì, in quel luogo ci sarà solo amore.
E' una favola ma nella realtà è accaduta davvero. Ti ricorderò sempre fiore bianco, nella tua fragilità, bellezza e paure, così ti ricorda ancora adesso il tuo fiore rosa. Questa fiaba, la tua storia te la dovevamo per affetto e per ricordi indelebili.
Dedicata a Gabriella e Patrizia.
Giampaolo Daccò.
mercoledì 14 aprile 2021
OCCHI BLU OCCHI DI MARE
OCCHI BLU OCCHI DI MARE
(autor Giampaolo Daccò)
(photo E.M.S.)
Spagna
Barcelona-Sitges-Tarragona
Se3ttembre 2010.
Che vacanza fantastica, ventisei giorni incredibili, con amici ed i nostri amori e questo viaggio lungo nella Catalunya, dove il mare e le montagne donano al paesaggio qualcosa di speciale come speciali sono Barcelona e Sitges, città di mondo, città dove la libertà è una parola naturale e dove la gente, a dispetto di chi parla dei catalani come persone chiuse (i miei avi erano della zona), avevamo trovato persone davvero stupende e sono nate nuove amicizie.
Era stato un anno di lavoro intenso e stancante e non vedevamo l'ora di partire, di vedere il mare, di fare questo viaggio in auto fermandoci per mangiare panini preparati a casa in varie tappe tra Italia, Francia e Spagna e tutto ciò ha dato una soddisfazione incredibile, specie la Camargue ed il Perpignano, che hanno rivelato vedute incredibili.
A metà vacanza, avevamo deciso di passare due giorni a Sitges (anche se ci andavamo spesso per la spiaggia ed il mare ma anche per la splendida cittadina bianca appoggiata tra un piccolo colle e la rena), il primo giorno al mattino spiaggia e pranzo nel piccolo albergo dove avevamo alloggiato, poi tutti a riposare in camera, poi nel tardo pomeriggio di nuovo in spiaggia a prendere il sole, fare i bagni e conoscere nuove persone.
Ero rimasto solo sulla sdraio sotto le tende che ombreggiavano la spiaggia cocente, era una giornata davvero calda, tutti erano in giro o in mare, non mi stavo annoiando anzi, una specie di tranquillità mi aveva preso così avevo deciso di leggere qualcosa ma all'improvviso non so il vero motivo, avevo deciso di andare in paese per un gelato, da solo e godermi un poco di serenità. Nel frattempo E. mi aveva raggiunto e vistomi alzare e mettere un pareo attorno ai fianchi, mi aveva chiesto cosa stessi facendo, con calma gli avevo detto dell'idea di una passeggiata solitaria e magari gustarmi un gelato. Aveva annuito e socchiuse gli occhi,
Avevo salito i gradini che accedevano al lungo mare, le palme ombreggiavano il mio camminare sul terrapieno, molte persone passeggiavano parlando, bevendo bibite, chi sfrecciava in pattini e chi seduto sulle panchine discutevano di chissà cosa. Ecco che all'improvviso avevo visto la gelateria che cercavo, colorata di giallo e rosa, qualche pianta sul terrazzo per far ombra ed eccomi là, seduto con in fronte il mare azzurro ed un vento caldo ma piacevole che mi sfiorava, così mi ero rilassato appoggiandomi allo schienale della sedia. al cameriere avevo ordinato una coppa di gelato alla crema, pistacchio e cioccolato, il quale era arrivato sul tavolino nel giro di cinque minuti, allettante, fresco e gustoso, ovviamente pagato subito con tanto di scontrino. Cosa potevo volere di più in quel momento?
Al terzo cucchiaio una sfera dispettosa di luce mi aveva colpito gli occhi, mi voltai verso quella luce e avevo visto due ragazze ed un ragazzo sui venti, venticinque anni poco distanti , con uno specchietto in mano e ridevano simpaticamente verso di me. Avevo sorriso loro facendo capire che il gioco non mi aveva disturbato ed il ragazzo con lo stesso specchietto nuovamente cercava di colpirmi il viso con la luce riflessa del sole. Avevo fatto un cenno come dire perché questo gioco proprio a me?
Una delle ragazze, quella dai capelli corvini lunghissimi e dagli occhi neri e penetranti aveva guardato il giovane accanto anche lui dai capelli neri e ricci, mentre l'altra giovane con una treccia rossa mi sorrise ed aveva incominciato a parlare:
- A todos nos gusta mucho tu ojos azules! -
"Che sfacciataù" avevo pensato "Ho quarant'anni non venti come loro..." lei imperterrita aveva continuato senza aspettare una mia risposta.
-Y usted ¿cuál de nuestros tres ojos oscuro favorito? - Mi ero sentito leggermente in imbarazzo e non sapevo se far finta di arrabbiarmi e stare a quel gioco sciocco di ragazzini, ovvio che mi provocavano ma era ovvio che il mio aspetto non era rettamente mediterraneo, si era capito benissimo che avrei potuto essere straniero e magari non conoscevo la lingua, certo non perfettamente ma me la cavavo benino con il castigliano.
Era una provocazione ovviamente, l'incoscienza dei loro anni, la loro simpatia e sorrisi ma provavo simpatia così istintivamente avevo preso la mia coppa di gelato, mi ero alzato e seduto con loro sulla sedia vuota vicino alla ragazza dalla treccia rossa, subito davanti ai loro occhi sorpresi avevo esordito:
- Mi abuela solìa decir: para una buena comida tiene mucho cursos, pero en caso Yo prefiero mi helado con crema batica ... Adios muchachos. - avevo finto con un sorriso largo alzandomi dal loro tavolo, ormai avevo finito il mio gelato e dicendo loro queste parole e mi vennero in mente quelle della mia nonna maria, donna molto aperta mentalmente ma spiritosa e gioviale, praticamente avevo detto loro:
lunedì 22 marzo 2021
NON SAI QUANTO TI AMO
mercoledì 10 marzo 2021
TI HO INVENTATA NEI MIEI SOGNI
Ti ho inventata nei miei sogni, e tu ora guardandomi negli occhi fai finta di nulla?Forse non ricordo o meglio non vuoi ricordare tutto quello che ti ho dato, che tu hai donato? Anche se ho sbagliato e avrei dovuto darti tutto il mio cuore e non solo una parte. ti ho insegnato, ti ho inventa io nei sogni. Ti ho creata io, sei la mia fantasia, il mio tutto. Tutto cioè che sei, che hai fatto, sono tutta opera mia anche le parole. Hai detto "Ti amo", ma non lo hai mai pensato davvero perché sono stato io a dirlo, come tutte le parole e i gesti. Oggi hai deciso di lasciarmi e di andare via, dalla mia vita, dalla mia fantasia ma non ti lascerò farlo perché per sempre, ti ho inventata io e non porterai via tutti i sogni che ho fatto su di te. Amore mio. Un cuore non si inventa, come non si inventa l'amore tuo e così è solo la mia immaginazione, una immaginazione che mi aiuta a vivere, perché sei e sarai bellissima per sempre. Con me.
- Arrivederci Ludovico, buona giornata. - Oddio era lei ed io immerso in questo sogno, ho fatto in tempo a farle un cenno e Lei era a due passi, spero non abbia pensato che fossi addormentato o rimbambito. Che bella, che sogno...
Ma, il sogno che stupido era? Di solito immagino storie romantiche e viaggi, baci e giochi tra di noi ma che strana storia mi sono inventato anzi, ho pensato di avere inventato lei, nata dai miei sogni e la manovravo come un burattino, ma forse, anzi è così davvero? Oppure sto battendo i coperchi nel mio cervello? Chissà.
Bene torniamo a casa vecchio mio, Adelina sarà in pensiero e non vedo l'ora di gustarmi i suoi piatti ma domani... Domani sarò di nuovo qui a sognare, a sognarti, a sognare Lei, la bionda e reale donna, eppure inventata nei miei sogni.
Giampaolo Daccò.