sabato 26 giugno 2021

VORREI ESSERE STATO...


 


Avrei voluto essere un bambino come gli altri,
avrei voluto giocare e stare con altri ragazzini,
avrei voluto un'infanzia e giovinezza felice,
avrei voluto che qualcuno s'occupasse di me.
Avevo passato giorni ad osservare alla finestra,
avevo passato giorni a curare la nonna malata,
avevo passato sere da solo in camera fantasticando,
avevo passato quegli anni senza "luce".
Avevo cercato amicizia ho trovato rifiuti,
avevo cercato affetto da lui ed ho trovato il gelo,
avevo cercato qualcuno ma ho trovato nulla,
avevo cercato di essere diverso per piacere.
Non sono mai stato un bambino facile,
non sono mai stato coraggioso ma timido,
non sono mai stato ciò che tutti si aspettavano,
Non sono mai stato quello che sono adesso.
I bambini difficili, i bambini indaci, i bambini "strani",
hanno più bisogno di amore e di attenzione,
i primi cinque anni della vita di un fanciullo,
sono la base di ciò che sarà un domani, anche
se quel bambino avrà la fortuna di cambiare se stesso.
Se non li si amano o non si è in grado di farlo,
date questo compito a chi o sa fare e sa donare
tutto ciò che un bambino ha bisogno per crescere.
Le ferite rimangono profonde dentro anche invisibili,
per tutta la vita anche se rilegate in un angolo,
loro stanno lì a ricordarti chi eri e cosa hai passato.
Gli altri, quelli che ti hanno fatto del male,
fingono di non ricordarsi o pensano di non averlo fatto,
ma l'uomo di adesso lo sa benissimo e ciò che gli altri
rammentano, non è mai quello che ricordi tu.
Ora ai loro occhi sei una grande persona,
un uomo dal cuore d'oro e piacevole da frequentare
ma solo tu sai che non è questa la verità.
Allora si recita un ruolo o ci si allontana
da quelle bugie perché quella è la loro vita,
la tua è tagliata a pezzi da quei ricordi e
mai sarà diverso e solo con una nuova vita,
potrai essere ciò che sei davvero e per sempre.
I bambini vanno amati e compresi e guidati,
sia dalla famiglia sia da chi non ne appartiene,
ma è tanto difficile tutto questo, davvero
è un compito che ogni essere umano deve svolgere
verso quell'innocenza che si perderà nel tempo.
L'abbandono è fatto di tante maniere ed ognuna
è terribile quanto l'altra.

GIAMPAOLO DACCO'

venerdì 11 giugno 2021

ERA QUEL TEMPO LONTANO


 

"Era quel tempo lontano"

Estate e profumo di fieno
Correvo tra campi e raccolti
Inebriato di odori e colori
Sognavo
Tra sterrate e erba
di correre verso la libertà.
Con occhi innocenti

Giampaolo Daccò
(photo Giampaolo Daccò
zona Bettàle campagna)

domenica 6 giugno 2021

EMMANUEL & GIAMPAOLO


 

                             EMMANUEL & GIAMPAOLO

עמנואל וג'יאמפאולו

- State fermi... Ecco ora la foto.. No no Emy, sorridi, Paolino stai più vicino a Emy... Pronti? Ecco fatto. -

-Mamma io non mi chiamo Emy ma Emmanuel e Paolino si chiama Giampaolo... - aveva risposto il mio amichetto di giochi dei week end milanesi, quando nonna Maria mi portava a Milano dalla sua casa in campagna, per incontrare il suo fidanzato che io chiamavo zio, un uomo gentile dagli occhi verdi, conosciuto dopo la morte di nonno.

Myriam era la mamma di Emmauel, lo stesso nome di nonna Maria in ebraico ed avevano più o meno la stessa età, Myriam aveva sei figli tutti maschi, Emmanuel era l'ultimo avuto a quasi quarant'anni). Per me avere una nonna di poco più di quarantacinque anni era un vanto, e le origini orientali del suo cognome la facevano apparire molto vicino a Miryam come sua sorella oltre che collega di lavoro.

Emmanuel nel corso dei fine settimana era diventato uno dei miei amici più cari, sembravamo, come diceva lui, i biscotti "Ringo" anche se poi la sua carnagione e capelli ricci e neri non erano proprio scurissimi. La sua convinzione era che nonna Maria fosse ebrea come lui.

- Vedi il suo cognome, mentre il tuo è francese, il suo è orientale! - e pronunciava quel cognome con una erre strana tipica della sua lingua, ne ero affascinato anche se lui mi prendeva in giro per la mia di erre "moscia" ora meno accentuata ma allora era quasi uno strazio per me, soprattutto a scuola.

In estate passavamo i pomeriggi al Parco di Porta Venezia allo zoo (ora fortunatamente solo parco Indro Montaneli), oppure si andava all'idroscalo. Nelle altre stagioni anche con i miei genitori si andava con la famiglia dal cognome impronunciabile, in giro per i laghi e posti che lo zio P. conosceva bene, noi, in cinque, sulla 1100 Bordeaux, mentre Emmanuel e famiglia su un furgoncino famigliare.

Io ed Emmanuel eravamo diventati quasi gemelli, eravamo uniti da tante cose: pittura, guardare le stelle, pattinare, ginnastica, odiavamo il calcio e giocavamo a nascondino. Ricordo le corse a perdifiato quando con la sua famiglia venivano in campagna da noi, scappavamo nei prati vicino al fiume Lambro, tra fiori, grano e piante di ciliege.

A otto/nove anni il mondo era più colorato ai nostri occhi e spesso giravamo per mano tra stradine fuori paese altrimenti la mentalità bigotta poteva additarci (alla nostra età poi dove non sapevi cos'era il sesso) come diversi mentre in città tutto era così normale che avrei voluto che papà e mamma si fossero trasferiti subito ma c'era l'altra nonna da curare.

Non c'era malizia nei nostri cuori, speso in camera sua o mia ci ritrovavamo abbracciati a leggere fumetti o vedere la televisione e poi scoppiavamo a ridere per niente e rotolavamo sui tappeti facendo la lotta. Poi i panini al burro e zucchero o burro e marmellata con il tè a mezzo pomeriggio.

Myriam come nonna Maria erano belle, gli occhi neri misteriosi, la carnagione olivastra, i capelli corvini e il corpo prosperoso e armonioso e tutt'e due avevano una bella voce.

Adam il terzo dei fratelli di Emmanuel, spesso ci portava dai suoi amici dove suonavano con una band in una cantina, canzoni beat e rock, un sogno ed Emmanuel dai capelli ricci si muoveva come Jimy Hendrix vicino a Adam imitandolo con una inesistente chitarra, mentre io fingevo di suonare la batteria e guardandoci strizzavamo i nostri occhi in segno di intesa. Altro che lo Zecchino d'Oro e che era quello strazio di bimbi vestiti uguali con canzoncine idiote...

Se non era amore fraterno tra noi due non so come avrei potuto definirlo, una sera mentre gli altri erano a cena, noi due eravamo in camera sua ed all'improvviso era scoppiato un temporale forte, Emmanuel aveva gridato spaventandosi dal primo botto del tuono.

Era arrivata subito sua madre a rincuorarlo, non capivo perché aveva così paura mentre per me era normale il temporale, mai avuto terrore, forse solo dei fulmini ma... Allora Miryam che mi aveva guardato negli occhi e capendo la mia incredulità, raccontò a noi la loro storia, di quando nel 1967 due anni prima ci fu la guerra dei sei giorni tra Israele la loro patria e l'Egitto, la Siria e la Giordania.

Ero rimasto a bocca aperta, sapevo dai telegiornali ma non direttamente da chi l'aveva vissuta. Erano scappati da Ascalon, vicino alla zona rossa raggiungendo prima Roma da alcuni zii e poi a Milano dalla sorella del padre. Ancora allora stavano aspettando di poter ritornare nel loro Paese tanto amato.

Quando lei era uscita dalla stanza, mi ero avvicinato a Emmanuel che si sera calmato, era appoggiato al cuscino messo in piedi alla spalliera e gli misi il braccio intorno al collo. Emmanuel si era girato verso di me, gli occhi neri contrastavano i miei cosi chiari, ma erano pieni di lacrime e paura, mi aveva abbracciato forte.

Non so cos'era successo in quell'istante ma le nostre labbra si unirono in un bacio casto lasciandomi di stucco, lui era sembrato sorpreso e mi disse che era il modo di salutarsi o di incontrarsi tra loro. Mi tirò vicino e mi baciò di nuovo... Questa volta il bacio era stato lungo e le sue braccia mi stringevano al suo viso.

Non sapevo che dire o fare, quando si era staccato e come nulla fosse aveva acceso la televisione, l'avevo guardato con meraviglia, come se per lui fosse stato normale, anzi era normale... Per me ancora adesso non saprei descrivere, troppo piccolo per darne un significato di saluto ma di certo avevo capito che quel bacio era un modo di esprimere l'affetto per una vera amicizia.

Avevo baciato tante ragazzine perché me ne ronzavano attorno molte nella via dove abitava nonna: Bruna, Loredana, Cinzia, Antonella... Ma era una cosa diversa direi che era sentimentale per me, averne poi tre all'insaputa una dell'altra (so che fa ridere a otto/nove anni) ed oltretutto una mora, una bionda e una rossa, mi davano l'aria del baby latin lover.

Eppure quel bacio tra me ed Emmanuel mi aveva impresso nella mente quanto potesse essere bello e liberatorio ma soprattutto innocente quel gesto che gli ebrei fanno in maniera normale per saluto e per esprimere amicizia. Una forma strana di amore che solo chi non ha malizia potrebbe capire.

Emmanuel e la sua famiglia ritornarono a Jaffa (prima città indipendente, ora quartiere di Tel-Aviv) dai nonni nel 1971, nonna Maria e zio P. li avevano accompagnati portandomi con loro all'aeroporto di Linate.

Avevo pianto durante il viaggio verso l'aeroporto e così anche Emmanuel mi aveva confidato nella sala d'aspetto delle partenze. Intanto che lui stava vicino a me e trafficava nel suo borsone colorato, avevo passato in rassegna i volti della sua famiglia per imprimerli bene nella mente, sentivo che non li avrei più rivisti.

Abraham il padre, Myriam la mamma che mi aveva abbracciato forte e baciato sulla fronte come una mamma, poi i fratelli Jared, Shimon, Adam, Yosef e Noam. Emmanuel mi aveva tirato la manica della camicia, mi aveva messo nella mano un pupazzetto colorato con i capelli neri e ricci. Era come fosse lui.

- Ci scriveremo sempre? -

- Si sempre Emmanuel. -

- Me lo prometti che verrai a Jaffa? -

- Non lo so ma partirei subito con voi. -

- Pensi che ci rivedremo ancora? -

- Si ne sono sicuro e te lo giuro che succederà. -

Aveva sorriso mentre una voce femminile attraverso l'autoparlante annunciava il volo per Tel Aviv, il loro. Ricordo che ci erano stati abbracci, baci, pianti tra nonna e Myriam. I suoi fratelli mi fecero girare vorticosamente tra le loro braccia mentre Emmanuel dopo aver salutato nonna e zio, mi si era avvicinato.

Senza una parola mi aveva abbracciato e baciato sulla bocca.

- Ricordati di me, per sempre Giampaolo. -

- Si per sempre. -

- Ti scrivo appena arrivo a casa. -

Avevo annuito mentre tutta la famiglia si era spostata al check point, dopo pochi minuti erano spariti nell'area delle partenze e fu allora che mi ero messo a piangere forte, avevo provato un dolore che non sapevo gestire a dieci anni. Nonna mi aveva rincuorato prima in aeroporto poi sul tragitto di strada, nella mia mente c'era solo il mio amico Emmanuel.

Con lui ci eravamo scritti fino al 1973, poi era arrivata la guerra del Kippur e da quel momento più nulla. Io speravo che a loro non fosse successo nulla in quella terribile guerra, speravo col tempo di ritrovarli ma non ricordavo il loro cognome, era troppo difficile. Nonna era morta quasi improvvisamente l'anno rima e zio P. nel frattempo si era ammalato e non l'avevamo più visto, non era rimasto nesun filo o legame con loro.

Siamo arrivati al 2021, ai ricordi di una bella amicizia... Avevo cercato su Facebook ed altri canali dei social ma niente... Vuoto assoluto ed ora non mi rimane che ricordare Myriam ed i suoi com'erano allora ed Emmanuel, il mio amico di scorribande e del suo bacio fraterno e quegli occhi profondi e neri che spero ora siano negli occhi di qualche donna o nei suoi figli. Lo spero con il cuore.

E chissà che un giorno come un miracolo ci si potrà rivedersi.

Giampaolo Daccò









venerdì 4 giugno 2021

CONFESSIONI


(photo E.M.S.)
(model Giampaolo)
(text Giampaolo)

CONFESSIONI

Eccomi qui davanti ad uno specchio che è mio, riflette un volto che è cambiato nel corso degli anni, ma ciò che è cambiato di più è lo sguardo degli occhi.

Le esperienze della vita hanno donato una luce più matura, più realistica, più spietatamente vera. Eccomi sono io con le mie confessioni, quello che sono stato e che forse, sarò.

Un punto fermo c'è, la persona con cui condivido quasi venticinque anni di vita e che non cambierei per nessuna ragione, neanche per un altro amore... Alla mia età è troppo rischioso.

Ma chi sono io davvero, come posso essere crudelmente sincero verso me stesso in un mondo dove tutti non prendono coscienza di se e vivono personaggi per non vedere cosa hanno dentro e chi sono realmente?

"Non ho mai avuto un luogo che sento casa mia e ne mai ho avuto l'occasione di aver potuto acquistarla, non ne ho mai capito il vero motivo.

Un vagabondo che si è fermato per lunghi o periodi brevi in tante città diverse, mai legandosi veramente ad un posto e viverlo intensamente con nostalgia.

Solo in amore resto fedele, anche se in passato nel mio letto sono passate decine di figure, ognuna diversa ma poco hanno lasciato dentro nell'anima, mentre chi ho amato sono state solo tre vite.

Ho avuto il cuore spezzato ma ce l'ho sempre fatta a superare e non è che mi dispiaccia anche perché non ho mai venduto la mia vita a nessun prezzo ma non ho mai comprato nessuno.

A volte penso di non meritare niente di più di quello che ottengo ma anche se non lo penso veramente è per il fatto che niente di quello che ho è veramente mio.

Ho sempre pensato che mi piacerebbe vivere in riva al mare,  girare il mondo da solo o con la persona che amo, vivendo in modo semplice ma non ho idea cosa sia successo a questo sogno.

Spero di non fermarmi qui ancora per molto, vorrei cambiare città, lavoro, conoscere nuove anime eppure ho la sensazione che la mia vita sia in affitto per qualcuno o qualcosa. Strano.

Ma il mio cuore è come uno scudo forte anche se i sentimenti sono vulnerabili ed intensi, non lo deluderò, lo so. Ho sempre messo l'anima ed amore nelle cose fatte.

La paura di fallire potrebbe farmi tremare nell'animo ma continuerò sempre ad ogni costo lottando anche se non sarò mai capace di comprare o di vendermi... Sono vivo anche per questo.

Confessioni, ritagli de me stesso.

Una ricerca continua inesauribile.

Perché la vita, la mia vita

è tutto questo.


lunedì 24 maggio 2021

MA... E QUANDO INVECCHI TU?


 MA... E QUANDO INVECCHI TU?

(di Giampaolo Daccò)
(photo di E.M.S.)
p.s. = una storia un poco scema da raccontare.

Milano, maggio 2021.
Incontri un amico dopo più di dieci anni.
Il solito abbraccio, oh ma quanto tempo, come te la passi, ecc. ecc...
Si decide di prendere un caffè per fare dieci minuti di chiacchiere prima che di fretta, ognuno torni ai propri impegni.
Bella sorpresa.
Presi i caffè, ci mettiamo seduti su una panchina in Piazza Diaz con la galleria Vittorio Emanuele II° di fronte a noi.
Lo sferragliare di un tram copre il rumore di chiacchiere di passanti, poi un sole caldo illumina davanti a noi la splendida Piazza Del Duomo.
Ed è qui che il discorso intrapreso da S. alle mie orecchie, risuona un tantino idiota-fantascientifico:

- Ti trovo bene.
- Grazie anche tu a quanto vedo. (la solita bugia per non far pesare il cambiamento del fichissimo ragazzo guardato dalle ragazze di allora, invidiato da molti altri amici, in un uomo di dodici lustri, stempiato con pancione e pure nonno).
- Beh però tu meglio, un po' dimagrito ma sembri... O meglio voglio dire... Ma non invecchi mai?
- Come no invecchio anche io.
- Si ma però mi pare un po' troppo il fatto e che...
- Cioè?
- No non è una critica ma, ti vesti sempre così?
- Perché? Ho un paio di pantaloni sportivi una maglietta e scarpe sportive, che di solito non metto mai ma...
- Beh mio figlio si veste così l'ultimo dei tre, te lo ricordi?
- No sono trent'anni che sono tornato a vivere a Milano, non credo di conoscerlo.
- Si  si chiama G, ci eravamo visti per caso al bar del Castello eri con un amico tuo di Milano, mio figlio ti faceva ciao con la manina nel passeggino, era più o meno il 1993.
- Ah si? Interessante (dico con voce incolore), ricordo ora.
- Beh alla nostra età forse sarebbe un po' troppo.
- Tu dici di come mi vesto?
- Dico dico, va bene che te li porti bene. Ma...
- Ma? (Che cavolo sta dicendo va bene che te li porti bene, mi critica? Poi mi ritornano in mente le sue frecciatine fatte a scuola, era fatto così anche a quel tempo e in quel momento mi ritiro un poco cercando di non mostrare il piccolo fastidio, in quanto non essendo abituato a criticare, preferisco stare zitto).
- Beh non voglio dire qualcosa di male ma, sembra che tu faccia di tutto per sembrare più giovane, vedo anche le foto su Facebook, ritoccatine eh, ahahahh.
- (Con sorrisone) Ahahah, mais non, c'est tout nature. Non è che faccio di tutto, sono così io, mi piace vestirmi giovane oggi però è un caso, di solito sono sportivo elegante, e non trucco le foto se non in qualche occasione come fanno tutti del resto. (Ma mi sto giustificando???)
- Si si... Vedo ma a volte è meglio non esagerare.
- Perché ho esagerato?
- No intendevo dire che alla nostra età ci sono cose adatte per non sembrare magari strani e... (per non dire ridicoli leggo nei suoi occhi).
- Bisogna non esagerare ovvio, mi rendo conto della nostra età, ma sinceramente io mi sento giovane magari più dentro che fuori, sai gli acciacchi.
- Ecco intendevo dire anche questo tu li hai?
- Cosa? Gli acciacchi?
- Si si.
- Certo ma non ci faccio caso.
- Davvero? Io rompo le palle a mia moglie. Lei dice che suo padre alla nostra età saltava i fossi per il lungo.
- Oh lo faccio anche io tutt'ora (ovvio che la mia è una battuta).
- Se se, ha parlato il ragazzino (non so perché ma mi sto innervosendo). Con i capelli alla moda, Milano forse pretende questo da noi ahahah.
- Ahahah (non so cosa ci sia da ridere e dove sta la battuta).
- Beh io un po' li ho persi...
- Vedo, volevo dire che anche io avevo più capelli prima, ma è normale con dodici lustri e poco più sulle spalle è ovvio che qualcosa cada.
- ? (un punto di domanda nei suoi occhi verdi, un tempo molto belli ora un molto cambiati). Non ho capito.
- Cosa?
- I dodici lustri e più che è?
- Non ti ricordi? Matematica della prof. Mafessoni a scuola? La Rozza alle elementari...
- Ehm senti, non ricordo molto bene ma penso sia qualcosa legata agli anni, spero non secoli ahahah.
- Ahah-ahah (la risata mi è venuta bene anche se finta, oh mamma ma che ci faccio seduto qui con lui a parlare di... niente).
- Sai perché sono qui a Milano?
- No (e come potrei ti vedo dopo dieci e passa anni).
- Volevo comprarmi un abito, bello non troppo da ragazzino come fai tu (e ridaje), si sposa L. mio nipote lo ricordi? (annuisco), e vuole che faccia da testimone. Abita a Crema ora, ma non voglio spendere una cifra esagerata.
- Guarda di fronte a te a fianco sulla sinistra della Galleria c'è un bel negozio di abiti per uomo che vanno bene per la nostra età. Ci trovi frac, tight (mi fermo un attimo e lo guardo e lui mi osserva con occhi socchiusi), volevo dire vestiti da cerimonia molto belli a prezzi ottimi, altrimenti puoi andare in piazza San Babila dove c'è "B..." e li vedrai che ad un prezzo adeguato ti vesti molto elegante. (Ma che sto facendo anche il personal shopper? Doveva essere un incontro dove si parla di ricordi e di come stai, mah.)
- Ah si grazie, gentile da parte tua. Penso però che tu non possa accompagnarmi.
- Veramente non posso davvero, ho delle cose da fare ma segui il mio consiglio (mi scappa l'occhiata alla pancia e penso ai vestiti di "B...", speriamo bene).
- Allora Giampaolo ora devo scappare mia moglie con sua sorella mi aspettano alla Rinascente, mi ha fatto piacere rivederti.
- Anche per me, dopo tanti anni ( mi chiedo perché non è andato con loro alla Rinascente, ci stanno un sacco di abiti lì).
- Si si, ma attenzione non esagerare troppo.
- A cosa?
- A fare il ragazzino ahahha.
- (Non riesco a trattenermi, guardo la sua pancia, lo fisso sulla testa e sento la mia voce dire) Io posso ancora permettermelo caro S., ciao allora e grazie per il caffè.
- Ciao, ci vedremo ancora spero.
- Sicuramente, magari quando verrò al paesello... (Magari tra un paio di lustri o più.)
Mi alzo dalla panchina, mi rigiro verso di lui lo saluto con la mano e lui contraccambia. Rivedo nella mente  il fisico sportivo che aveva ben parecchi lustri fa (ops non dovevo dire lustri ma anni, si sa mai) ed ora nella realtà com'è adesso. Alto ma leggermente ricurvo, sguardo un po' spento, stempiato, con pancia... E ricordo le battutine di tempo fa su di me perché ero piccolo e magro.
Intanto che mi accingo a raggiungere un paio di amici mi chiedo ma che razza di incontri si fanno il sabato mattina?
Mi fermo davanti ad un vetrina di una nota marca di orologi, i miei due amici appaiono dietro e mentre mi volto verso di loro, uno mi dice:
- Ti abbiamo visto da lontano con uno che sicuramente era un amico di vecchia data. Vicino a lui sembravi suo figlio ma Giampy... Tu non invecchi mai? (A ridaje).
- Quando invecchierò ti farò una telefonata, magari tra qualche lustro... 
- Non troppi mi raccomando abbiamo una certa età ahahah.
- Va la cretinetti andiamo dai. (Almeno loro sanno quant'è un lustro).





venerdì 14 maggio 2021

IL RE DELL'INVERNO


 IL RE DELL'INVERNO

Alcuni mi chiamano
Il Re dell'Inverno
L'uomo delle sere oscure
Il solitario della neve
Quello del vento freddo

E' vero sono nato
Durante una bufera di neve
E' vero sono stato 
Prima un bimbo solo

Poi un giovane solitario
Ora un uomo appartato
Eppure mi sento davvero
Il Re dell'Inverno

Le cose più brutte
Le cose più sofferte
Sono sempre accadute
Durante i miei inverni

Ho affrontato il gelo
Le paure, il buio, il dolore
Ho affrontato da solo
Anche chi ero, chi sono 

Il vespero, il crepuscolo
Sono parte della mia vita
Da cui ho imparato
A vincere le sconfitte

Ecco perché per molti
sono il Re dell'Inverno
Dove tutto sembra ghiacciato
Dove tutti hanno timore

Dove l'oscurità, la pioggia, la neve
non portano serenità
non portano piacere
Dove si aspetta la luce dell'estate

Eccomi sono quel Re
senza corona, senza scettro
senza terra, senza oro
quel Re forte dal cuore cucito

Cucito dopo strappi di dolore
tagli netti pieni di sofferenza
dove l'amore c'è sempre stato
anche nelle notti buie

Ecco perché mi sento 
Il Re dell'Inverno
Vincitore di dure battaglie
Ma pieno di tenerezza.

Sono qui col cuore in mano
Un cuore aperto gli altri
Che non lascia solo nessuno perché
Sono solo Il Re dell'Inverno.

Giampaolo Daccò








mercoledì 21 aprile 2021

UN FIORE BIANCO


 

UN FIORE BIANCO

Sono passati molti anni quando nacquero a distanza di qualche tempo due fiori: uno bianco ed uno rosa. Quello rosa era dolce, tenero e amorevole. Quello bianco cresceva in bellezza, luminosità e vivacità.

Il bianco spesso si specchiava nelle acque limpide del fiume, poggiato sulla riva erbosa accanto agli altri ed al suo timido fiore rosa, fratellino di sempre e così ogni primavera.

E come tutte le primavere, spesso lo sbocciare dei fiori fa si che alcuni di loro diventino grandi, forti e luminosi e così fu stato per il fiore bianco.

Questo fiore, più passava il tempo più desiderava di essere colto, amato, coccolato, mentre sperava questo, un giorno nuvoloso e oscuro due mani forti e dure lo strapparono dal suo posto lasciando il fiore rosa triste e solitario.

Il fiore bianco credeva che quelle mani lo portassero in una bella capanna dove ci sarebbe stata la felicità ed invece si ritrovò in mezzo alla tempesta, posato in un luogo freddo e secco, dove erbe cattive lo avevano imprigionato senza capire la sua fragilità.

Da quelle mani e dai semi del fiore bianco nacquero due germogli, germogli il cui colore non aveva la luce come il fiore bianco. Ma lui amava quei germogli che col tempo si stavano trasformando in fiorellini selvatici di campo, ma la paura che le facevano quelle mani era troppo forte.

Vedeva che i suoi fiorellini non capivano il suo stato d'animo e le sue paure e per proteggerli in un giorno di tempesta, si fece trasportare via dal vento anche se avrebbe voluto portarli con se, ma non poteva, sapeva che il vento era talmente vorticoso ed avrebbe potuto distruggerli durante quel viaggio, così rimasero in quella capanna con le erbe e quelle mani dure.

Il fiore bianco purtroppo si perse nelle folate e nel corso del tempo era rimbalzato da un luogo all'altro senza mai più tornare indietro, aveva cambiato molti prati e campi ma il suo cuore era rimasto fermo ai suoi germogli in quel luogo freddo e secco, senza sapere più nulla di loro.

Così si nascose per sempre a tutti in un campo selvatico, nonostante sapesse che il suo fratellino rosa lo cercava, se lo sentiva ma non trovava la strada giusta per ritornare su quel rivo verde vicino al fiume dove lo avrebbe ritrovato.

Il fiore rosa che nel frattempo era diventato grande, forte, aveva creato con altri fiori, una famiglia amorevole piena di calore ma gli mancava quello bianco che sempre cercava ed amava.

Intanto in quel campo selvatico il fiore bianco incominciò a perdere i sui petali lucenti, petali che divennero opachi, scuri, secchi e nel giro di poco caddero sulla terra arida e il suo stelo, la sua vita finì, solitario, ripiegato su se stesso e nessuno lo trovò più.

Il lungo cercare del fiore rosa era disperato fino a che un mattino, una colomba bianca arrivò fino a lui e nel suo becco c'era uno stelo scuro e glielo posò a terra. Disperato il fiore rosa riconobbe quello bianco in quel povero stelo poggiato davanti a se.

La rugiada cadeva dai suoi petali ma erano lacrime di cristallo, le lacrime dei fiori quando provano dolore, ma era felice di averlo ritrovato per sempre e da quel giorno il suo fratello bianco rimase con loro anche se la sua anima lucente era volata tempo prima nel vento delle stelle.

Ora il cuore del fiore rosa sa che un giorno lontano nel tempo si ritroveranno nel posto dell'amore, nel luogo dove tutti i fiori belli e colorati vivranno per sempre vicini in un prato meraviglioso sotto una luce dorata, dove non ci saranno mani dure a strapparli, perché lì, in quel luogo ci sarà solo amore.

E' una favola ma nella realtà è accaduta davvero. Ti ricorderò sempre fiore bianco, nella tua fragilità, bellezza e paure, così ti ricorda ancora adesso il tuo fiore rosa. Questa fiaba, la tua storia te la dovevamo per affetto e per ricordi indelebili.

Dedicata a Gabriella e Patrizia.

Giampaolo Daccò.


mercoledì 14 aprile 2021

OCCHI BLU OCCHI DI MARE


OCCHI BLU OCCHI DI MARE

(autor Giampaolo Daccò)

(photo E.M.S.)

Spagna

Barcelona-Sitges-Tarragona

Se3ttembre 2010.

Che vacanza fantastica, ventisei giorni incredibili, con amici ed i nostri amori e questo viaggio lungo nella Catalunya, dove il mare e le montagne donano al paesaggio qualcosa di speciale come speciali sono Barcelona e Sitges, città di mondo, città dove la libertà è una parola naturale e dove la gente, a dispetto di chi parla dei catalani come persone chiuse (i miei avi erano della zona), avevamo trovato persone davvero stupende e sono nate nuove amicizie.

Era  stato un anno di lavoro intenso e stancante e non vedevamo l'ora di partire, di vedere il mare, di fare questo viaggio in auto fermandoci per mangiare panini preparati a casa in varie tappe tra Italia, Francia e Spagna e tutto ciò ha dato una soddisfazione incredibile, specie la Camargue ed il Perpignano, che hanno rivelato vedute incredibili.

A metà vacanza, avevamo deciso di passare due giorni a Sitges (anche se ci andavamo spesso per la spiaggia ed il mare ma anche per la splendida cittadina bianca appoggiata tra un piccolo colle e la rena), il primo giorno al mattino spiaggia e pranzo nel piccolo albergo dove avevamo alloggiato, poi tutti a riposare in camera, poi nel tardo pomeriggio di nuovo in spiaggia a prendere il sole, fare i bagni e conoscere nuove persone.

Ero rimasto solo sulla sdraio sotto le tende che ombreggiavano la spiaggia cocente, era una giornata davvero calda, tutti erano in giro o in mare, non mi stavo annoiando anzi, una specie di tranquillità mi aveva preso così avevo deciso di leggere qualcosa ma all'improvviso non so il vero motivo, avevo deciso di  andare in paese per un gelato, da solo e godermi un poco di serenità. Nel frattempo E. mi aveva raggiunto e vistomi alzare e mettere un pareo attorno ai fianchi, mi aveva chiesto cosa stessi facendo, con calma gli avevo detto dell'idea di una passeggiata solitaria e magari gustarmi un gelato. Aveva annuito e socchiuse gli occhi,

Avevo salito i gradini che accedevano al lungo mare, le palme ombreggiavano il mio camminare sul terrapieno, molte persone passeggiavano parlando, bevendo bibite, chi sfrecciava in pattini e chi seduto sulle panchine discutevano di chissà cosa. Ecco che all'improvviso avevo visto la gelateria che cercavo, colorata di giallo e rosa, qualche pianta sul terrazzo per far ombra ed eccomi là, seduto con in fronte il mare azzurro ed un vento caldo ma piacevole che mi sfiorava, così mi ero rilassato appoggiandomi allo schienale della sedia. al cameriere avevo ordinato una coppa di gelato alla crema, pistacchio e cioccolato, il quale era arrivato sul tavolino nel giro di cinque minuti, allettante, fresco e gustoso, ovviamente pagato subito con tanto di scontrino. Cosa potevo volere di più in quel momento?

Al terzo cucchiaio una sfera dispettosa di luce mi aveva colpito gli occhi, mi voltai verso quella luce e avevo visto due ragazze ed un ragazzo sui venti, venticinque anni poco distanti , con uno specchietto in mano e ridevano simpaticamente verso di me. Avevo sorriso loro facendo capire che il gioco non mi aveva disturbato ed il ragazzo con lo stesso specchietto nuovamente cercava di colpirmi il viso con la luce riflessa del sole. Avevo fatto un cenno come dire perché questo gioco proprio a me?

Una delle ragazze, quella dai capelli corvini lunghissimi e dagli occhi neri e penetranti aveva guardato il giovane accanto anche lui dai capelli neri e ricci, mentre l'altra giovane con una treccia rossa mi sorrise ed aveva incominciato a parlare:

- A todos nos gusta mucho tu ojos azules! -

"Che sfacciataù" avevo pensato "Ho quarant'anni non venti come loro..." lei imperterrita aveva continuato senza aspettare una mia risposta.

-Y usted ¿cuál de nuestros tres ojos oscuro favorito? - Mi ero sentito leggermente in imbarazzo e non sapevo se far finta di arrabbiarmi e stare a quel gioco sciocco di ragazzini, ovvio che mi provocavano ma era ovvio che il mio aspetto non era rettamente mediterraneo, si era capito benissimo che avrei potuto essere straniero e magari non conoscevo la lingua, certo non perfettamente ma me la cavavo benino con il castigliano.

Era una provocazione ovviamente, l'incoscienza dei loro anni, la loro simpatia e sorrisi ma provavo simpatia così istintivamente avevo preso la mia coppa di gelato, mi ero alzato e seduto con loro sulla sedia vuota vicino alla ragazza dalla treccia rossa, subito davanti ai loro occhi sorpresi avevo esordito:

- Mi abuela solìa decir: para una buena comida tiene mucho cursos, pero en caso Yo prefiero mi helado con crema batica ... Adios muchachos. - avevo finto con un sorriso largo alzandomi dal loro tavolo, ormai avevo finito il mio gelato e dicendo loro queste parole e mi vennero in mente quelle della mia nonna maria, donna molto aperta mentalmente ma spiritosa e gioviale, praticamente avevo detto loro:

- Mia nonna diceva che ad un buon pranzo ci vogliono molte portate, ma in questo caso preferisco il mio gelato alla crema.- poi ero girato di nuovo verso di loro mi voltai con un gesto della mano avevo fatto un saluto e mentre stavo per andarmene dalla gelateria.
Avevo sentito loro scoppiare a ridere forte, la ragazza dai capelli corvini e lunghissimi aveva detto  qualcosa in italiano del tipo - Hei occhi blu - mi ero voltato verso di loro aggrottando le sopracciglia.
- Peccato sai? Qualcuno di noi tre si è perso nei tuoi occhi blu... - ridendo aveva fatto segno verso il ragazzo accanto che diventò rosso, forse non si aspettava che la sua amica lo dicesse così apertamente.
"Doppiamente sfacciati." avevo pensato ridendoci su anch'io, però era stato divertente, un innocente gioco di un tardo pomeriggio spagnolo.

Ero in un certo senso contento di poter piacere ancora alla mia età, così vanitosamente mi ero avvicinato ad una vetrina guardandomi di riflesso, sorridendo al fatto che dimostravo molti anni di meno poi all'improvviso mi ero ricordato che gli altri mi stavano aspettando in spiaggia ed era passata più di un'ora da quando me n'ero andato via.
Affrettai il passo, in un certo senso la cosa mi aveva lusingato, però nella mi mente era venuta a galla una domanda: sarà stato merito solo degli occhi?
Chissà.

Giampaolo Daccò

 

lunedì 22 marzo 2021

NON SAI QUANTO TI AMO


NON SAI QUANTO TI AMO 

(di Giampaolo Daccò)
(ph. WallpaperBoatPhoto)

La tua mano nella mia, sento il tuo corpo vicino e sfiorarmi, il profumo dell'erba di questa collina in fiore, ci inebria il cuore, l'anima, la mente.
Non voglio ricordare da quanto tempo stiamo insieme, siamo ancora giovani ed innamorati... Ecco il tramonto si avvicina e laggiù si vede la Tour Eiffel ed una Parigi ombreggiata da un sole magnifico che in poco tempo sparirà dietro l'orizzonte.
Mi stai guardando negli occhi e appoggiandoti ad un albero mi stringi a te sempre di più e la tua bocca sulla mia, suggella il nostro amore di una vita. 
Mi stacco e vedo i tuoi occhi verdi, le tue labbra calde e il volto ancora di bambina, accarezzo i tuoi lunghi capelli scuri e lisci, morbidi come la seta e la tua mano fresca accarezza il mio volto.
Ti prendo per mano e ci voltiamo verso quel paesaggio bruno rossastro, la tua testa ora è appoggiata alla mia spalla e il mio braccio stringe i tuoi fianchi verso di me.
So che tu vorresti dire molte cose, so che sei felice, so che a casa quando saremo tornati, tre piccole pesti ci aspettano per cena. Ma oggi ho voluto dedicarti questa giornata, questo momento, questo nostro anniversario da soli, nella natura, in un mondo tutto nostro.
Volevo farti vivere questo momento come quando ci eravamo conosciuti nel parco davanti a Les Invalides, in un pomeriggio di primavera inoltrata, tempo fa.
All'improvviso dal mio cuore, mentre tu stai in silenzio accanto a me, escono queste parole ed è tutto ciò che provo per te, è tutto il mio amore che ti ho donato, ti dono e donerò sempre fino alla fine: 
"Non sai quanto ti amo
tesoro mio, mia luce.
Quando mi guardi negli occhi
comprendi tutto ciò
che provo per te da sempre,
da quel giorno nel parco.
Mi chiedo come fai a conoscere
anche le cose che non dico
ma che sono celate nel mio cuore
e col tuo sorriso ed un bacio
mi fai comprendere che sai.
Non riesco ad immaginare
la mia vita senza di te,
la forza del tuo amore,
del bisogno che ho di stringerti,
di vederti, di baciarti tutte le volte.
Sai che ogni notte ho bisogno di te,
della tua passione, del tuo corpo.
Non oso immaginare di
poterti dare un dolore come 
un tradimento, un addio
per un'altra, no non posso.
Sei la cosa più dolce e cara
che io abbia conosciuto e
se si potrebbe ricominciare,
credo di doverti dire una cosa
che non ti ho mai detto per pudore
o per troppo amore:
il tuo toccarmi, abbracciarmi
inizia e finisce con te.
E' iniziato e finirà con te,
per tutta la vita.
Non sai quanto ti amo Silvie,
le tue labbra dolci, morbide,
i tuoi capelli di seta,
sono sempre con me
quando sono sul lavoro,
con amici o impegnato con i bimbi.
Sento la tua voce, le tue risate,
ti vedo sdraiata accanto a me
in ogni istante e se sono triste
penso ai tuoi abbracci di conforto.
Sempre in qualsiasi posto io sia,
tutta la mia vita è cominciata con te,
lo sarà sempre, è lo scopo della mia vita.
Ecco, guarda in cielo la luna, 
che ci illumina, ci protegge, 
è come ogni volta un sogno nuovo,
dove tu sei lì davanti a me,
come una dea, un angelo che mi aspetta.
Non sai quanto ti amo Silvie,
grazie per mantenere
sempre vivo il nostro amore,
grazie di essere in cima al nostro sogno,
di essere mia e ti vorrò
per tutta la vita.
Hai sempre letto nel mio cuore
come io nel tuo, tutto l'amore,
sono il tuo libro e conosci tutto di me,
come io conosco la tua anima.
Le nostre menti sono unite
come lo sono i cuori ma 
ogni volta è come fosse la prima
ed è per questo che sarai
sempre il mio inizio, presente e futuro.
Ora sei qui accanto a me
e ti sto asciugando le lacrime di gioia
che stanno scendendo sul tuo volto.
Sei tu, Silvie, il significato della mia vita.
E non sai quanto ti amo."

Il sole è già tramontato e noi, in auto torniamo a casa nostra, nel nostro nido in quella grande città, dove ci aspettano tre folletti gelosi del nostro amore, ma questa giornata te la dovevo Silvie e sai perché?
Perché ti amo come non mai.

Giampaolo Daccò




mercoledì 10 marzo 2021

TI HO INVENTATA NEI MIEI SOGNI


 TI HO INVENTATA NEI MIEI SOGNI

Lo so, lo so... Come sempre sono seduto sulla panchina nel centro della piazza di questa mia cittadina, immersa tra il mare e le colline, in una regione verde piena di storia.
Amo la fantasia, sono vecchio e mi piace ricordare tempi passati, ho ancora degli amici con cui parlare e giovani e belle ragazze che mi salutano. 
Salutano un quasi centenario arzillo ma pieno ancora di fantasia, ogni volta che vedo una bella ragazza o un'affascinante signora ecco che, la mia mente galoppa in varie storie d'amore, tutte diverse ovvio, altrimenti mi annoierei.
A casa mia, figlia e nuora, cameriera e badante che non servono a una cicca, nipoti mi fanno venire il capogiro e mi trattano come un marmocchio pronto per l'asilo nido.
Mah.. Però da quando è arrivata ad abitare Lei qui, i miei sogni sono cambiati e Lei è diventata la protagonista di questi, solo perché... Perché ha qualcosa che le altre non hanno.
Bella, alta, capelli lunghi biondi sciolti al vento, sempre vestita elegante e mai volgare, ci siamo conosciuti nel caffè Lungomare ed è l'unica che al posto di nonnino, vecchietto, highlander come fanno tutti gli altri, Lei mi chiama Ludovico.
Oh eccola sta per passare, mio Dio la natura cosa può fare con la bellezza, ecco mi ha salutato con la mano, che classe.
così ripartono i miei sogni ed i pensieri rivolti a Lei, dove io giovane, bello dagli occhi scuri e i capelli ricci e neri le passeggio accanto fermandoci sulla rotonda della spiaggia:

Ti ho inventata nei miei sogni, e tu ora guardandomi negli occhi fai finta di nulla?Forse non ricordo o meglio non vuoi ricordare tutto quello che ti ho dato, che tu  hai donato? Anche se ho sbagliato e avrei dovuto darti tutto il mio cuore e non solo una parte. ti ho insegnato, ti ho inventa io nei sogni.  Ti ho creata io, sei la mia fantasia, il mio tutto. Tutto cioè che sei, che hai fatto, sono tutta opera mia anche le parole. Hai detto "Ti amo", ma non lo hai mai pensato davvero perché sono stato io a dirlo, come tutte le parole e i gesti. Oggi hai deciso di lasciarmi e di andare via, dalla mia vita, dalla mia fantasia ma non ti lascerò farlo perché per sempre, ti ho inventata io e non porterai via tutti i sogni che ho fatto su di te. Amore mio. Un cuore non si inventa, come non si inventa l'amore tuo e così è solo la mia immaginazione, una immaginazione che mi aiuta a vivere, perché sei e sarai bellissima per sempre. Con me.

- Arrivederci Ludovico, buona giornata. - Oddio era lei ed io immerso in questo sogno, ho fatto in tempo a farle un cenno e Lei era a due passi, spero non abbia pensato che fossi addormentato o rimbambito. Che bella, che sogno...

Ma, il sogno che stupido era? Di solito immagino storie romantiche e viaggi, baci e giochi tra di noi ma che strana storia mi sono inventato anzi, ho pensato di avere inventato lei, nata dai miei sogni e la manovravo come un burattino, ma forse, anzi è così davvero? Oppure sto battendo i coperchi nel mio cervello? Chissà.

Bene torniamo a casa vecchio mio, Adelina sarà in pensiero e non vedo l'ora di gustarmi i suoi piatti ma domani... Domani sarò di nuovo qui a sognare, a sognarti, a sognare Lei, la bionda e reale donna, eppure inventata nei miei sogni.

Giampaolo Daccò.