giovedì 9 luglio 2015

UNA GRANDE AMICIZIA



Una grande amicizia

Giampaolo 12 anni da sempre è amico di Claudio 14 enne, Claudio a sua volta è amico di Marco 16 anni e Marco è amico da una vita di Maurizio 15 anni.
Un giorno di tantissimi anni fa, le coppie di amici di sempre si unirono per caso, era l'inizio di un'estate calda quella del 1973, si ritrovarono a casa di Marco, il cui padre era il bidello di scuola media "F. Baracca", un bell'uomo alto dagli occhi azzurro cielo, ma anche un grande uomo e vigile del fuoco (infatti Marco e la sua famiglia erano i responsabili della caserma dei pompieri).
La sua era una casa, una famiglia  piena di affetto e di amore grazie alla sua mamma, donna dolcissima, a due fratelli simpatici e la cosa buffa stava nel fatto che Giampaolo era compagno di banco sia della sorella di Maurizio che della cugina di Marco per cui era inevitabile che un giorno diventassero amici.
Claudio invece era cresciuto con Giampaolo ed abitavano uno di fronte all'altro, nella via dietro il grande castello ed altra cosa buffa, suo fratello minore e la sorella del secondo sono cresciuti insieme anche loro come fratelli... 
Una vita normale in una cittadina nei pressi di Milano, tra cinema, oratorio, scuola ed i rispettivi cortili delle proprie case dove ci si conosceva tutti ed eravamo alla lunga, tutti un po' imparentati tra prozii e bisnonni vari sparsi per tutta la cittadina.
Giampaolo era il più piccolino di tutti ed in tutti i sensi, una mascotte furbetta che si sentiva protetto da questi amici più grandi e più alti fisicamente. 
Quando entrarono nella caserma dei VdF quel giorno caldo d'estate, per Giampaolo era stata un'emozione, non aveva mai visto una caserma così grande, così pure i loro enormi camion dove in caso d'emergenza uscivano per andare a spegnere qualche fuoco pericoloso... 
In caserma c'erano altri vigili che li salutarono simpaticamente e i quattro ragazzini s'infilarono nella casa attigua dove la mamma di Marco ma anche di Pietro e Luigi, aveva preparato sul tavolo tre fette di anguria fresca e dell'acqua da bere e seppe di chi era nipote il piccolo Giampaolo, visto che conosceva le sue nonne e quindi era inevitabile che diventasse uno di "famiglia" come Claudio e Maurizio.
Da quel giorno tutti e quattro furono inseparabili, ognuno col suo carattere: con Maurizio, Giampaolo si beccava sempre, quest'ultimo pensava che essendo più grande di lui, Maurizio pretendeva di avere sempre ragione, allora interveniva spesso Claudio che difendeva Giampaolo ma faceva da paciere per la maggior parte delle volte. 
Marco per il più piccolo era l'idolo, il ragazzo da imitare perché sapeva tante cose mentre Claudio era il fratello grande con cui Giampaolo, aveva incominciato a dividere la vita dall'età di 4 anni.
Erano i quattro moschettieri (circondati da altri amici ma sempre loro quattro erano la band indiscussa), quattro ragazzi formati comunque da due coppie Marco-Maurizio e Claudio-Giampaolo.
Ovviamente crescendo le differenze si notarono sempre di più, soprattutto quelle caratteriali ma non impedivano loro di volersi bene, i tre più grandi avevano insegnato a Giampaolo a pescare nelle rogge in campagna, a lanciare con la fionda i sassi, a guidare il motorino, Giampaolo invece "insegnò"  loro a ballare e anche l'approccio con le ragazze (era il più "sgamato" nonostante fosse più giovane) e quindi facendo tenerezza alle ragazze più grandi era indubbio che poi gli altri tre facessero il filo alle giovani di turno. 
Poi incominciarono a frequentare le nuove discoteche che presero il posto delle balere, si andava a ballare nel pomeriggio ed alla sera era impossibile, i genitori non lo permettevano. Poi a viaggiare in macchina, e piano piano nonostante si vedevano sempre ognuno di loro incominciava a prendere inconsciamente la propria strada. 
Marco, Claudio ed Giampaolo lavorarono insieme ma per poco... Uno alla volta, a partire da Marco, dovettero assolvere il dovere militare... Così incominciò la lontananza l'uno dall'altro, una lontananza che aumentava sempre di più col passare dei mesi.
Non c'erano più le corse in bicicletta per le colline di San Colombano, le feste di capodanno fatte in caserma, i pomeriggi in discoteca, le passeggiate e le visite nelle città vicine. Tra i ricordi più divertenti che capitò ai quattro fu l'episodio accaduto nel lontano 1976, alla festa di Sant'Ambrogio a Milano in piazza Duomo: una bancarella cadde mentre passavano i quattro ragazzi ed il proprietario li incolpò dell'accaduto nonostante non avessero fatto nulla. Quattro ragazzini che potevano essere colpevoli agli occhi degli altri in quanto troppo vicini alla bancarella, mentre quell'uomo dagli occhi di faina, probabilmente chiedendo dei danni, provvedeva a rifornirsi del portafoglio vista la magra vendita della giornata.
Due vigili urbani intervennero e per evitare discussioni ed altro,  i quattro decisero di pagare un forfait di 15 mila lire (allora tante) a quel crumiro di ambulante e si consolarono dalla delusione, dall'affronto e dal freddo con un'ottima cioccolata con panna in un bar del centro.
Molte sono state le risate, le discussioni, i giochi, le corse, le serate alle sagre dei dintorni, tutto vissuto in un lontano tempo, dove le cose erano più semplici, più genuine come lo erano loro.
Altri amici fecero parte della combriccola ma non si sa il perché non erano mai riusciti ad essere in completa sintonia con loro... Forse Eugenio B. a cui erano legati da una forte amicizia e a volte anche Angelo D.B. ma alla fine il quartetto erano sempre Marco, Maurizio, Claudio e Giampaolo.
Ora dopo questi aneddoti, questi ricordi, posso parlare in prima persona: non avevo mai confessato a tutti e tre il bene che volevo a loro, mi sentivo protetto e con essi ho potuto fare cose che altri della mia età non avrebbero potuto fare fare per tanti motivi poi, il vento dell'età adulta ci fece cambiare strada:
Marco si fidanzò con un'altra amica mia dolce e simpatica, Maurizio addirittura fu il primo a sposarsi e cambiare città, Claudio incominciò a lavorare nella metropoli e tornando la sera tardi la sua presenza fu sempre più rara ed io dopo il militare ne me andai a convivere sempre a Milano perdendoci di vista... 
Precisamente mi allontanai da loro per primo anche se per qualche tempo ci si incontrava per strada ma ormai qualcosa era cambiato, eravamo diventati adulti e le nostre vie si erano immancabilmente divise... 
Ci ritrovammo tutti al matrimonio di Claudio nel 1993 e con noi anche Eugenio B., quel giorno sembrava fossimo tornati indietro di vent'anni e guardandoci con complicità negli occhi, capimmo che per noi nulla era cambiato, era come se ci fossimo fermati allora, a quel tempo con le stesse parole, gli stessi gesti, gli stessi sguardi e ovviamente tutto sembrava come quando eravamo ragazzini ma...
Il giorno dopo era tutto tornato come sempre, l'uno lontano dagli altri.
Ora, dopo tantissimi anni ci siamo ritrovati qui su queste pagine di facebook e l'affetto che ci univa è rimasto intatto non appena abbiamo incominciato a scriverci, solo Claudio non è presente sul social ma è sempre con noi anche senza la sua presenza...
Ecco volevo dedicare questo piccola storia ai miei amici in special modo a Marco (senza togliere niente a Maurizio e Claudio), Marco che era il mio idolo, il buono, il paciere, il ragazzo da imitare per la sua bravura e bel carattere, Marco a cui voglio un bene immenso, Marco che ha sposato una donna in gamba, un'amica come Angela, Marco che mi ha dato molto e mi ha fatto sentire grande.
Vorrei solo dire a tutti e tre, grazie di avermi fatto crescere con voi e avermi fatto vivere tante cose insieme e che i nostri valori acquisiti a quel tempo ed il bene che ci siamo voluti e ci vogliamo ancora, saranno sempre nel mio cuore e nell'anima.
Un abbraccio a tutti voi. Giampaolo.



lunedì 6 luglio 2015

Una nuova vita, una nuova opportunità





UNA NUOVA VITA
UNA NUOVA OPPORTUNITA'

A volte tutto viene per caso, a volte per scelta obbligata, a volte per una decisione presa, a volte per una cattiva sorpresa, a volte...
E' anche difficile stabilire il perché accadono le cose, le scelte, i cambiamenti, le lotte per trovare una collocazione e poi dopo tanti pensieri, calcoli, fantasie, ti ritrovi su un'altra strada.
Come se a volte nelle nostre decisioni stabilite o programmate, arriva il "destino" che cambia le carte in tavola e ti ritrovi a scoprire che le persone non sono come credevi, che i progetti prendono una via completamente opposta all'iniziale decisione, che ciò pareva esser duraturo in una frazione di minuto è già finito come una bolla di sapone.
Di sicuro si sa che lasci con tristezza e rimpianto affetti conquistati piano piano e lasci pure altre cose che credevi buone e vicine invece si sono rivelate in seguito tutt'altro che piacevoli lasciandoti amaro in bocca.
Un amaro di cui non conosci il vero significato ed alla fine devi accettare per forza tutto quello che sta per accadere nonostante il cuore e la mente cercano di ancorarsi a quello che stai per lasciare, alle emozioni che sfoceranno sicuramente in commozione ma...
Come dice il padre di un carissimo amico: "E' una nuova vita nella tua vita" riconosco che è vero anche se è dura.
Allora lasciamoci alle spalle questo passato breve di serenità durato un soffio e ripartiamo da zero, da una nuova "vita", da nuovi progetti, da una nuova casa, da nuove conoscenze, da un altro ritmo e da altri paesaggi.
Qualcosa di bello rimarrà dentro come l'esperienza e poche persone che in quel breve spazio hanno avuto una parte importante sia affettivamente che di amicizia.
E qualcosa di brutto da dimenticare senza pensarci più perché ormai, farà parte di un passato che non aveva prodotto nulla se non illusioni.
Guardando il nuovo paesaggio che si prospetta al nuovo orizzonte cerchi di accoglierlo nel migliore dei modi e già il pensiero è rivolto a nuove sistemazioni, a nuovi progetti e come riorganizzare la propria vita in modo normale.
Chissà qualche bella sorpresa sarà pronta per far si che tutto inizi per il meglio.
Osservando ora il prato aperto che si staglia davanti a me al posto del giardino precedente, chiuso da mura di mattoni a vista, mi da la sensazione di grandezza, di sapore di campagna aperta, di profumi intensi delle serate estive e di notti incantate.
Un enorme terrazzo coperto da un tetto aperto verso il nord, dona alla vista le stupende colline del Monferrato, che cambiano colore in ogni stagione ed  anche ad ogni ora del giorno e della notte.
Il cielo più ampio al di sopra so che ci darà un'infinità di albe rosate e di tramonti rossi, da mattinate azzurre e pomeriggi assolati e la strada piccola circondata da ville piene di verde e fiori sarà il nuovo cammino per la nostra vita futura.



giovedì 25 giugno 2015

LUNA: DIMORA VIII





LUNA DI GIUGNO

Primo quarto 24 giugno 2015 - 13:04:07.

Da 00° a 12° 51' 26" CANCRO

La mezza luna del 24 giugno, si trova nella sua VIII DIMORA CANCRO, chiamata AMATURA o ALAMIATHRA.
La sua influenza è soprattutto favorevole al momento della vita famigliare, un profondo attaccamento alla famiglia ed ai bambini, anche estranei. Ottima posizione per preparare i pentacoli per l'amore e l'amicizia ed anche i viaggi per terra, ma anche per incatenare l'odio e la cattiveria delle persone.
AL NATHRAH - LA GREPPIA degli Arabi, rende alquanto creduloni ma promette la nascita dell'amore o dell'amicizia nel corso dei viaggi.
SING dei Cinesi, questa Dimora, nel Celeste Impero viene interpretata come indice di carità e del bisogno di votarsi o sacrificarsi per le persone amate o per un ideale.
PUSHYA - IL FIORE chiamata così dagli Indiani, è considerata favorevole alla rinomanza e alla popolarità, dona agli esseri umani il dono dell'economia, virtuosità, gradevolezza. E' anche indice di tenacia nello sforzo, della volontà tesa verso le mete prefissate e della difficoltà di arrestare una persona quando si avvia per una strada sbagliata o prende una cattiva direzione.

VITA


VITA

Com'era difficile trovare la strada
Avrei voluto assomigliare a lei
Avrei voluto non essere come lui
Avrei rischiato di odiare o amare me stesso
Invece il destino ha aperto una strada
Una strada dura e difficile
Una strada che mi ha portato lontano 
Lontano da ciò che temevo
Lontano da lei e da lui
Poi il tempo è passato e ho scoperto
La somiglianza di lei e di lui fisicamente
Ma dentro nulla che mi accomuna ad entrambi
La mia vita non è stata uguale alla loro
Il mio percorso è stato unico e diverso
Il destino ha fatto ciò che non mi sarei mai aspettato
Ma che ha creato ciò che sono ora
E che non cambierei nonostante tutto.
Ora guardandomi allo specchio 
Vedo un uomo nuovo ed irriconoscibile
Dal ragazzo di allora
E solo adesso posso dire
E' stata una fortuna
Ora è il tempo di cose nuove
Ed il tempo dell'attesa

(GD)

DONNE





DONNE
Donne della mia vita
Donne di grande carattere
Donne di grande spessore
Donne uniche
Donne amorevoli
Donne indipendenti
Donne speciali
Donne che hanno lottato
Donne che hanno vinto
Donne che hanno perso
Donne che hanno insegnato
Donne che hanno amato
Donne che non amate abbastanza
Donne unite da un destino tragico
Donne che hanno fatto di me un vero "uomo"
Donne che amerò sempre.
(GDS)

martedì 16 giugno 2015

La LUNA NUOVA o LUNA NERA del 16 giugno 2015





16 giugno 2015, 

giorno della Luna Nuova o Luna Nera

Un simbolo molto importante visto che tra poco ci sarà il Solstizio d'Estate che avverrà il giorno 21 alle ore 16,38.

La LUNA NUOVA questo mese si forma negli ultimo gradi dei GEMELLI nella sua VII DIMORA.
Questa dimora denominata in nomi diversi. ADDYVAT - ALDYARAS - ALDRYABE che non sono altro deformazione dall'arabo AL DIRHA. 
E' la dimora dei sapienti la sua influenza si esercita soprattutto sul piano mentale ed intuitivo. 
In magia è consigliata per creare pentacoli destinati a facilitare i commerci, i viaggi per acqua e la probabilità in generale, come operare i sortilegi al fine di ottenee grandi servigi oppure discordie.
Gli Arabi la chiamavano Il Seme o La Branchia e la consideravano favorevole all'amore, alle amicizie, alle guarigioni ed ai successi ma, molto sfavorevole alla Legge e Giustizia.
Gli Indiani la chiamavano PANARVASU (FRATELLI TORNANTI), le si attribuisce carattere amabile e ragionevole, simpatico e accomodante. Contraria però alla vita mondana ed incline ad una vita privata circondati da famiglia e pochi amici intimi.
In cina p il Ramo del Salice, dimora legata al culto degli antenati e favorevole alla vita famigliare e cambiamento dell'esistenza durante la giovinezza.
Nella Kabbala viene chiamata ZIAH, dimora legata alla confidenza e favorevole all'amicizia.
La dimora è legata a Saturno, il pianeta austero.

venerdì 5 giugno 2015

Parigi 5: DAI TETTI DI PARIGI



DAI TETTI DI PARIGI




Paris, un maggio di tanti anni fa.
   Erano passati tre anni che non ritornavo a Parigi, tre anni da quando Louis con la sua famiglia si erano trasferiti in Canada.
   I primi mesi arrivarono le telefonate, poi le lettere e negli ultimi tempi più nulla... Ogni tanto Nadine o Robert mi scrivevano per farmi avere loro notizie e notizie del nostro amico, poi anche loro avevano perso le sue tracce e tra noi piano piano la corrispondenza si fece sempre più rara, fino a scomparire incominciando dalle cartoline di buon Natale.
   Avevo ancora una settimana di ferie da finire, la decisione fu presa improvvisa: partire per Parigi e ritrovare qualcosa del passato, qualcosa che mi facesse star bene, qualcosa che non ho più avuto e che a quel tempo rimpiangevo molto.
   Tre anni prima, dopo il mio ritorno a casa e aver dato addio a Louis, molte cose erano cambiate nella mia famiglia e la spensieratezza, la felicità e tanto altro erano sparite in qualche meandro oscuro tramato del destino...
   Fu allora che mi accorsi nella mia solitudine che mi mancava, mi mancavano quegli anni spensierati e soprattutto quei viaggi e vacanze nella città luminosa, divertente e romantica, mi mancavano quei ragazzi e soprattutto Louis.
   Mi ero svegliato presto il mattino successivo al mio arrivo a Parigi, avevo trovato un bell'albergo nei pressi di Avenue Marceau, volevo il meglio e godermi questi giorni prima di ritornare alla mia vita.
   Dopo essermi preparato per scendere e gustarmi la prima colazione, mi ero affacciato alla finestra: davanti a me la Tour Eiffel si stagliava in tutta la sua bellezza, il cielo era di un azzurro chiaro e i palazzi color avorio dai tetti così particolari incorniciavano quel paesaggio.
  Più tardi ero già tra la folla, guardavo i volti delle persone come se cercassi qualcuno per ritrovare quel passato, osservavo le vetrine, gli alberi che ombreggiavano dal sole caldo di quel maggio luminoso come solo Parigi poteva avere.
   Arrivai fino al Pont de l'Almà, era quasi ora di pranzo, ma mi fermai a metà per guardare la Senna ed i battelli che la solcavano, mi venne in mente quel giorno in cui Louis era disperato e mi confessò la sua prossima partenza per l'America... 
   In quell'attimo mi era assalita una tristezza che quasi ero corso dall'altra parte del ponte, magicamente mi trovai in Rue de l'Universitè davanti ad un bar, avevo sete e fame. Entrai.
   Seduto ad un tavolino stavo gustandomi un leggero pranzo, guardando la folla dalla vetrina di fianco a me, quando una voce alle mie spalle mi aveva fatto trasalire:
"Il est incroyable, je ne peux pas y croire, mais ... Jean Paul!"
Rimasi con il pane a metà tra la bocca ed il piatto, vi voltai di scatto, Didier era davanti a me, in piedi ed allibito.
"Mon Dieu quanto tempo caro amico..." disse, mi alzai e Didier mi abbracciò talmente forte che sentivo quasi le costole incrinarsi. Era un rugbista e ovviamente poco conscio della sua forza.
Era incredibile, un segno del destino... Il primo ricordo del passato che si faceva vivo durante quella vacanza, eravamo strabiliati. Lui era cambiato in tre anni: si era fatto crescere la barbetta biondiccia sul volto, i tratti erano più adulti, i capelli lunghi e ricci incorniciavano quel sorriso ancora da bambino nonostante la mole.
Ci raccontammo per un'ora tutto quello che ci era accaduto nei tre anni passati senza vederci ne scriverci, si era scusato molto ma con la sua squadra viaggiava spesso e gli allenamenti lo occupavano tanto ma mi aveva sempre pensato. Dissi così anche io, tralasciai di metterlo al corrente delle cose spiacevoli capitatemi... Poi mi disse che aveva tutta la giornata disposizione e voleva dedicarmela, così accettai.
Finimmo ormai sera poi a casa sua dove viveva con sua madre, una signora che conobbi anni prima, simpatica di origini fiamminghe e cenammo lì, tra i fiori su un terrazzo piastrellato di azulejos e vasi in coccio.
Dopo cena e prima di riaccompagnarmi in albergo, in camera sua incominciò a raccontarmi di tutti gli altri, seppi della scomparsa in un incidente di Marcel, che dispiacere fu per me saperlo... Seppi anche del trasferimento a Saint-Etienne di Nadine e del matrimonio di Robert, poi silenzio...
Sapeva che volevo parlare di Louis, avevo un brutto presentimento ma i suoi occhi allegri e il sorriso simpatico mi fece tirare un sospiro di sollievo.
"Louis, vive in Australia ora... Suo padre ha avuto un incarico speciale a Perth e si sono trasferiti in quella città più di otto mesi fa, l'avevo incontrato qui poco prima e come al solito non ci siamo scambiati i recapiti... Capisci? Odio gli addii..."
   Lo sapevo ed era per quello che il giorno della mia definitiva partenza tre anni prima, non si fece vedere ma mi mandò i saluti da Robert.
"Mi aveva chiesto di te e non seppi dargli l'indirizzo, perdonami Jean, mi dispiace..."
   "Non fa nulla" gli risposi "L'importante è che stia bene e magari un domani chissà.... Forse ci ritroveremo tutti quanti."
   Il suo volto si era rabbuiato, Didier era troppo sensibile, riviveva ad ogni addio o allontanamento di qualcuno, il trauma dell'abbandono del padre quand'era piccolo. Sentiva il distacco come un rifiuto, non continuai oltre, poi si era alzato improvvisamente e da un cassetto della sua scrivania prese una lettera.
   "Tieni è per te, me l'aveva data Louis l'ultima volta, dicendomi che se ti avessi incontrato un domani... Avrei dovuto dartela, quasi se lo sentiva quel testone. Tieni è tua, la leggerai da solo in camera dell'albergo."
Avevo quella busta in mano, una busta color avorio con scritto in blu "Pour mon ami JP", sentivo le lacrime agli occhi.
  Dopo aver salutato sua madre madame De Claudet, Didier mi riaccompagnò in auto fino all'Hotel.
   "Jean mi dispiace ma domani parto per Lilla, ho gli allenamenti per la fine del campionato e starò via una settimana..."
   Non importa gli dissi e ci abbracciammo forte, mi prese una mano come non volesse lasciarmi andare, lo guardai e negli occhi vidi tutta la sua solitudine.
    "Cerca la tua felicità..." gli dissi scendendo dall'auto.
    "Lo farò te lo prometto, è ora anche per me.Ciao caro amico mio..." fu l'ultima volta che vidi anche lui.
   La Tour Eiffel si stagliava illuminata davanti ai miei occhi, seduto al tavolino sul terrazzino della mia camera, rigiravo la busta che mi aveva lasciato Louis, avevo paura ad aprirla e non ne capivo il perché.
Poi sentii un profumo di fiori dal balcone vicino al mio e l'aprii.
   Lessi quelle parole scritte in cinque pagine, parole fitte, dove mi raccontava tutto... Dove ogni lettera si scolpiva nella mente e nel cuore. quando finii mi accorsi di piangere, appoggiai la testa sul tavolino e mi sfogai...
   La settimana passò in fretta, avevo deciso la mattina dopo, di fare solo il turista e non pensare ad altro, avevo capito che il passato dovevo lasciarlo andare, di rilegarlo in una parte del mio cuore e della mente.
   Quando finita la vacanza, partii per l'italia, dall'aereo vidi la grande città dall'alto, sentii nell'anima che quella era l'ultima volta, sentii che l'avrei rivista dopo tantissimi anni ma non avrei rivisto più le persone che in quegli anni fecero parte della mia vita... 
E così fu
Giampaolo



giovedì 21 maggio 2015

Quando sarò vecchio



Quando sarò ormai vecchio
Vorrei che nei miei occhi
Si potesse vedere la saggezza
Dell'esperienza e del dolore
Della gioia e del vissuto
Vorrei avere la mente libera
Ancora piena di meraviglie
Ancora voglia di conoscenza
Perché nonostante l'età
Si potrà ancora imparare molto
E soprattutto amare
In maniera diversa ogni cosa
E comprendere che ogni giorno
Può essere diverso dal precedente
E che se fosse possibile
Tutto finisca serenamente
Con lo sguardo saggio
Davanti alla distesa del mare.

(Giampaolo Daccò)

martedì 19 maggio 2015

Il sacco vuoto


   C'è il tempo dell'allegria
C'è il tempo della serenità
C'è tempo per ogni cosa
Un tempo in cui ci si illude
Un tempo in cui si finge di credere
Un tempo in cui poi cadono le barriere
Ti ritrovi nudo con te stesso
Ti ritrovi violabile davanti a ciò che sei
Ti ritrovi a fare un bilancio crudo
Solo allora capisci 
di quante bugie hai vissuto
Solo allora comprendi 
che ti eri costruito un castello di cristallo
Solo allora saprai
che tutto quello che vedi 
non è mai stato reale
Seduto su una sedia
ad occhi bassi mentre 
il bruciore delle lacrime
si fa sentire agli occhi
senti il tuo corpo svuotato
Senti che il dolore nel petto
è come una stillata improvvisa
che ti trapassa l'anima
Il tuo corpo è un sacco vuoto
Fermo ancora su quella sedia
capisci che per riempire
il tuo essere spento
hai bisogno solo di colmare 
la tua mente ed il tuo spirito
di ciò che davvero di bello è esistito
Piano piano nei meandri del passato
qualcosa di colorato
qualcosa di profumato
qualcosa di dolce
si stanno facendo strada.
Il sacco vuoto avrà tempo 
per riempire il suo involucro
e di ricominciare
e questa volta senza dolore

Giampaolo Daccò

martedì 12 maggio 2015

CONFESSIONI DI UNO STRANIERO


STRANIERO

Si dice che da piccoli non si è in grado di riconoscere i sentimenti, le sensazioni e molte altre cose. Si dice che solo la guida della famiglia, della scuola, della società poi, ti porteranno nella fase di sviluppo della tua personalità, del tuo io. Solo allora, in base alla tua maturità e crescita saprai scindere e capire tutto... Eppure..


Ricordo e sentivo che dentro di me qualcosa era diverso... A due anni e mezzo avevo ricordi e sensazioni. Ho imparato ad osservare la casa di campagna dove ho vissuto con nonna e zie... Capire nonostante tutto i loro discorsi complicati, com'era la vita, com'erano fatte le donne e soprattutto quelle donne che amavo. Ricordo che a quattro anni sapevo leggere e scrivere e sapevo come e quando nascevano i bambini. Del periodo strano degli esseri femminili. Compresi l'inutilità di alcuni uomini facenti parte della mia grande famiglia e la loro infantilità e irresponsabilità. A cinque non riusci più a giocare alle cose sciocche dei bambini che poi non erano sciocche, erano giuste per quell'età. Non ascoltavo lo Zecchino D'Oro con quelle canzonette che consideravo stupide... Ma con zia, i Rolling Stone, Beatles, Patty Pravo e Elvis Presley si andava a "manetta".
Come un fulmine a ciel sereno mi colpi il cuore e la mente quando iniziai le scuole elementari... Compresi definitivamente il mio essere diverso da tutti, il non appartenere ad un gruppo, ad una cosa globale. Mi sconvolse la certezza che i miei amichetti e le mie amichette non sapessero nulla o poco di quello che sapevo io. 
Presunzione infantile? Egocentrismo? No era semplicemente presa di coscienza, solo la maestra capì e me lo disse un giorno nell'intervallo "Paolino, non sei diverso dagli altri... Fai finta di essere piccolo come loro..." Le parole risuonavano nella mente e ne parlai con mamma la sera stessa. Lei sapeva già tutto e mi accarezzò la testa. 
Da quel giorno fui bersagliato da cose che oggi chiamano mobbing ma che in realtà sono soltanto paure e odio a volte incosciente verso chi ha quel "qualcosa in più" e che non si ha il coraggio di far uscire o proprio ne è mancante... Gli anni passavano..


Con la fine dell'adolescenza e l'entrata nel mondo degli adulti, accaddero molte cose, la maggior parte brutte che mi fecero capire il perché di quella crescita avvenuta nell'infanzia ed ebbi finalmente la certezza di essere diverso anche dai miei genitori, da mia sorella, dai parenti più stretti e che il mio compito era di soccorrerli ma che io, non c'entravo nulla con loro. Esisteva l'amore, l'affetto per mamma, sorella, parenti ed amici, ma mi sentivo lontano da loro... 
Ci sono stati anni lunghissimi fatti di dolore, fatti di sacrifici, fatti di una strada lunga e grigia, fatti di persone cattive e meschine, fatti di perdite fisiche e di sostentamento, fatti di solitudine e di lotta... 
Era questo il vero motivo della mia nascita, della mia vita, sacrificio, amore e aiuto... Tutto quello di cui avevo bisogno io ma che dovevo dare agli altri, a chi ne aveva bisogno, anche a chi non ne aveva e che mi aveva "abbandonato" e lasciato solo nel giungla del passato. 
Ma gli anni della fanciullezza hanno rinforzato lo scheletro di ferro nel mio corpo che apparentemente è ricoperto di panna e frutta e sembra docile, ma non sarà mai più così. Una vita da estraneo in mezzo a persone che amavo e che più le osservavo e più capivo che ero lì per caso o meglio per aiutarle... Ed io? Ora stanno passando gli anni e la vecchiaia si avvicina a lunghi passi ed ancora la strada è grigia con pochi lampioni ad illuminarla... E cosa ci sarà in futuro?



Sento che io, persona estranea tra un po' non lo sarò più... Chi ho amato ed odiato tornerà da dove erano arrivati, che il mio compito di cura, di sacrificio si affievolirà ed avrà compiuto il suo percorso. Sento che con la persona che mi sta accanto da quasi vent'anni e che a sua volta estranea per me non lo è mai stata, come se l'avessi aspettata in gioventù per molto tempo, arrivata poi nel momento giusto, la strada non sarà più grigia ma i colori improvvisamente appariranno anche se il tempo delle belle cose, dei divertimenti e della bellezza sarà finito da anni, però sarà il momento in cui sentirò la leggerezza, la serenità e la voglia di ricominciare. Sentimenti che non avevo o erano nascosti nell'attesa in quando allora, dovevo affrontare una vita difficile e ormai lontana.
Sento che il mare cullerà le ferite rimarginandole e finalmente tutto brillerà anche se saranno arrivati gli anni dell'inverno.
(Giampaolo)


domenica 10 maggio 2015

8 Maggio. Un giorno da NON festeggiare


8 MAGGIO

A discapito di chi oggi fa gli auguri alle meravigliose mamme che tutti hanno o hanno avuto... Vorrei dedicare questa festa a chi invece sta lottando o soffrendo per la propria madre... Perché devono far fronte a mille difficoltà per starle vicino, per chi sta soffrendo nel vederla nel buio di un vortice oscuro da cui non ne uscirà mai e non sanno se sperare che ne esca e lasci il suo spirito nel cielo azzurro o che rimanga ancora lì, anche a certe condizioni perché sanno che quando non ci sarà più, si sentiranno in colpa pensando di aver potuto fare di più (anche se si rendono conto che non era possibile). La dedico a tutti quelli che quando sono dalla propria madre lei non li vede, non li riconosce, non parla, non si muove pur essendo presente e loro non riconosco più quella bellissima e dolce donna, che un tempo lontano li amava e li sorreggeva sempre e che ora si trova in un mondo tutto suo, in una grotta oscura e terribile piena di fantasmi o di confusi ricordi e persone... Sarà la festa della mamma ma per molti è solo una festa da non festeggiare, perché davvero c'è un limite a tutto.

venerdì 1 maggio 2015

BELTANE, RICORDI DI UN PASSATO LONTANO.




Fuoco, tanto fuoco... Un grande falò brillava nella notte e sopra di lui una luna piena rossa, magica, strana.
Tante persone nude col corpo dipinto di rosso correvano in ogni direzione ed altre ballavano in cerchio attorno a quel fuoco.
All'interno vedevo quattro coppie nude che simulavano amplessi davanti al fuoco, quattro coppie di giovani, due formate da uomo-donna, le altre due erano composte da due fanciulle e da due giovani druidi, mentre anziani Druidi vestiti di bianco cantavano inni.
Inni intensi e sottofondo il coro di giovani fanciulle coperte di veli azzurri trasparenti con le braccia verso il cielo.
Una stella cometa attraversò la volta celeste e una nota unica vibrante volò verso l'alto, una nota fatta da tutti.
All'improvviso il silenzio rotto solo da rulli di tamburo di pelli di renna e al centro, vicino al grande falò, apparvero loro:
Il re e la regina di Beltane.
Due ragazzi completamente nudi, lui con il capo cinto di corna di cervo e lei con la corona di fiori sulla testa con i capelli neri sciolti lunghi fino alla vita.
Guardavo quei corpi bellissimi mentre la torcia che avevo in mano illuminava il mio coperto solo da un gonnellino rosso, segno di iniziato al druidismo.
La mia voce si unì ad altre, le altre al coro delle fanciulle e loro stesse a quelle dei grandi druidi posti vicino a dei monoliti, tutto sembrava vibrare a quel suono ancestrale.
Il re e la regina si adagiarono per terra e incominciarono il loro primo e vero amplesso, amplesso per la madre terra che oltre alla vergine regina, verrà fecondata per la nascita di un nuovo principe o principessa dei fuochi di Beltane.
L'energia forte dalla terra salì nei corpi dei presenti, la frenesia si impadronì delle loro menti e anime e tutto fu caos.
I corpi dei danzatori e delle fanciulle si unirono come si unirono quelli dei giovani druidi con le sacerdotesse e fu un tripudio di sensi.
I druidi anziani continuavano a cantare melodiosi inni verso la Luna mentre i fuochi brillavano sempre di più sulla Madre Terra illuminando quelle figure distese sensuali ed erotiche.
La celeste madre del cielo piano volse il suo cammino verso ovest e un leggero chiarore stava per irradiarsi ad est.
Odori di incensi bruciati e di fumo colpirono le mie narici, ed aprii gli occhi, accanto a me un volto di fanciulla e un volto di un giovane druido abbracciati al mio corpo.
Anche questa volta la regina Beltane ha avuto il suo sacrificio d'amore, staccai prima le braccia del ragazzo sul mio petto e poi quelle di lei dal torso e mi alzai.
Coprii i miei fianchi con la tela rossa del mio gonnellino e osservai tutti quei corpi addormentati attorno a quel falò ormai spento, il cui fumo azzurro saliva a confondersi col cielo sempre più chiaro.
Arrivai vicino ad un monolito quando una mano calda si pose sulla mia spalla destra:
"As-hay sulemon-Avrah?"
Due occhi blu mi fissarono ironici, il mio maestro, l'uomo dall'altezza ed imponenza incredibile, dalla barba quasi azzurra per il candore mi parlava sorridendo.
"Hksah-Balaj" risposi con un inchino della testa.
Mi abbracciò e poi mi condusse verso le rocce che sovrastavano il mare, l'aria si era fatta più fresca mentre sentivo le mie guance in fiamme per la notte passata.
"Un giorno tutto questo finirà lo sai vero Azheyl?" disse serio mentre guardava il mare all'orizzonte, annuii silenzioso.
"Presto un nuovo re, una nuova religione e nuovi adepti intolleranti, faranno scomparire per molto tempo tutto questo..." si girò verso di me, mi fece un segno sulla fronte con le dita e un calore pervase il mio corpo ed un'energia magica entrò nelle mie membra.
"E' la tua nuova dote Azrael... Tienila nascosta fino a quando ti servirà, ora prendi questo..." mi mise in mano un oggetto azzurro e lo chiuse fra mie dita "Ricorda, quando accadrà questa profezia usalo come aiuto, ti salverà insieme alla tua tribù."
Si voltò verso il mare... "Questo nuovo re farà portare l'odio dai suoi seguaci e per noi non ci sarà scampo. Se... Se in una delle prossime vite riuscirai a ricordare tutto questo, vorrà dire che la nostra Madre e Dea Terra si sta risvegliando e presto un altro cambiamento avverrà".
Mi inchinai e baciai la sua mano destra mentre sentivo che con l'altra mi feceva un segno sul capo, sui miei capelli lunghi e biondi.
D'improvviso mi sveglio, il sole fa capolino tra le persiane dopo questa notte magica del 1° maggio, la prima notte di Beltane... Istintivamente mi alzo mentre il mio amore sta ancora dormendo e con un gesto leggero le accarezzo i capelli.
Poi mi volto verso  il comodino di fianco ed apro un cassetto, le mie mani prendono un sacchetto di velluto blu, guardo le mie dita aprirlo e far uscire un piccolo oggetto azzurro. 
Lo porto al petto stringendo, una strana sensazione di aver già vissuto un tempo lontano tutto questo. Una lettera è incisa nell'azzurro di quella piccola pietra: A.
E' fantasia o realtà? Nessuno se non io lo saprà mai.




mercoledì 22 aprile 2015

Un amore così breve



Milano, dicembre 1982
    Che freddo quel sabato pomeriggio a pochi giorni dal Natale, una città quasi vuota e grigia, dalle nuvole scure e basse e con quel vento sferzante che faceva volare via foglie secche e pezzettini di carta dall'asfalto. Le poche auto sfrecciavano veloci tra le vie come cercassero riparo dalla nevicata imminente.
    Maura guardava dallo specchietto retrovisore, la sua piazza, il suo palazzo che si allontanavano sempre di più, sentiva una lacrima scendere dal volto ma non voleva cedere al pianto, non voleva fermarsi in qualche parcheggio per dar sfogo a ciò che sentiva dentro.
     Maura non si fermava mai neanche davanti al nulla, i suoi occhi grigi si abbassarono verso le valigie poste nei sedili posteriori mentre attendeva il verde del semaforo in piazzale Corvetto, non credeva di aver perso un'altra battaglia.
     Tra un'ora sarebbe tornata a casa dai suoi dove qualcuno le avrebbe detto sicuramente "Ecco cosa succede a fare le cose in fretta e senza senso..." ne era sicura, eppure quanto hanno avuto ragione solo sei mesi prima quando decise di sposarsi in rito civile dopo tre mesi di fidanzamento con quel tedesco dall'aria gelida, dai capelli biondi e lo sguardo tagliente.
    Sua madre e suo padre cercavano di farla ragionare, lei così giovane e bella abituata a vincere le sue battaglie non ne voleva sapere di quegli avvertimenti: "Sei pazza, vi conoscete da poco.", "Hai solo ventun'anni e lui trenta, vi dividono due mondi diversi per cultura e ceto sociale.", "Sono sicura che ti farà soffrire..." questa era stata la frase lapidaria di sua sorella minore che la guardò un po' triste.
    Lei e Franca erano molto unite e sembrava, a volte, di leggersi a vicenda nel pensiero, e quella volta davvero Maura dubitò ma poi fece di testa sua.
    Già il rito civile era una cosa che i suoi non comprendevano, poi la freddezza dei consuoceri che si ritrovarono a fare i conti con persone di una cittadina lombarda qualunque appartenenti ad una media borghesia mentre loro grandi industriali svizzero-tedeschi, osservavano da un piedistallo quella famiglia così normale seppur benestante.
    Eppure Roland e Maura erano felici e poco importava del parere degli altri anche se a volte lei, notava qualcosa di strano e malinconico negli occhi chiarissimi di lui, come fosse una specie di tristezza, di qualcosa che era stato perso, forse un rimpianto.
    Per i primi tre mesi tutto filò liscio fino al giorno in cui arrivò ospite a casa loro  Helga, la sorella di Roland e quasi in concomitanza telefonate alle quali, quando rispondeva Maura, dall'altra parte c'era solo un silenzio e poi un click. Le sembrava strano ma cercò di non dare importanza alla cosa.
    Ben presto, nei giorni seguenti si accorse che Helga era morbosamente attaccata al fratello, si comportava in modo che tutto ciò che faceva lei era il meglio per lui e a Maura venne il sospetto che la sorella fosse "innamorata" del suo uomo oppure gelosa come può essere un fratello o sorella per la felicità dell'altro. 
   Le dava fastidio quella donna appiccicosa, ambigua, quella donna che aveva usato la chirurgia plastica per sembrare più bella, fuori ovviamente, pensava Maura, mentre dentro nascondeva del marcio, una donna strana che si professava innamorata da anni  di Franco, un ragazzo gay amico di famiglia...
    Maura si chiedeva come potesse essere innamorata ancora quando l'altro aveva il suo compagno e si conoscevano già da moltissimi anni, qualcosa non tornava. Poi il giorno prima di tornarsene finalmente in Svizzera, a Berna dove abitava, Helga con sottile veleno, informò che Roland tempo fa era legato ad una indossatrice famosa e che ora lei si trovava a Milano per lavoro... "Sai..." le disse con un sorriso strano e gli occhi gelidi "Non vorrei che lei lo cercasse ancora, ora che ci sei tu. Era stato lui a lasciarla per il suo lavoro e anche per il flirt che aveva avuto con quell'attore francese..."
    "Bastarda!" aveva pensato Maura mentre questa usciva dalla loro casa, dalla loro vita sperando per sempre, da quel momento in lei incominciavano a sorgere dei dubbi, poi i dubbi parevano essere ormai certezza: Roland era sempre più tetro, silenzioso, le telefonate anonime continuavano ogni giorno... Ormai ne era sicura, qualcosa non andava. Cercò di parlarne ma Roland negava e parlava di stress da super lavoro nella sua azienda eppure sentiva nel suo cuore che qualcosa tra loro si stava spezzando.
    Un freddo pomeriggio di dicembre, mentre era al lavoro in una famosa casa di moda milanese, dal centralino le passarono una telefonata nel suo ufficio. Una voce maschile contraffatta le stava dicendo di tornare a casa perché avrebbe avuto una bella sorpresa.
    Stava per replicare ma subito la chiamata venne interrotta... In quel momento si sentiva tremare, non voleva crederci, non sapeva di avere attorno tutto quell'odio e si che ripensandoci, qualche avvisaglia l'aveva avuta nel tempo anche dalle amicizie del suo uomo. 
   Spesso la facevano sentire stupida, le scoccavano frecciatine strane e non ne capiva il perché ed intanto le discussioni con lui si fecero più accese perché Roland non interveniva se non sdrammatizzando la cosa... Ed intanto a letto, quel calore a cui era abituata sembrava svanire sempre di più.
    Dopo quella telefonata, la tentazione di tornare a casa era fortissima, ma cercava di farsi forza e non cedere alle calunnie ma nella pausa pranzo, cedette all'impulso. Chiamò Luisa la sua più cara amica che lavorava in un ufficio vicino e la convinse ad accompagnarla a casa per una questione importante. L'altra sentendo la voce preoccupata di Maura si rese disponibile, avevano due ore di tempo, il necessario per andare e tornare e se non ci fosse stato nulla, una breve pausa per un caffè non gliela toglievano nessuno.
    Nel tragitto Maura raccontava a Luisa tutto quello che accadde in quegli ultimi tre mesi, i più critici, l'altra sembrava non stupirsi dalle sue parole, sembrava che già fosse a conoscenza di cose che lei non sapeva o immaginava ed intanto che si avvicinavano di più alla sua casa, Maura osservava il volto serio dall'espressione strana dell'amica, sentiva le lacrime salirle agli occhi ma cercò di controllarsi.
    Arrivate in piazzale Lodi, parcheggiarono vicino ad un negozio, quando videro dall'altra parte della strada uscire dal portone del palazzo Roland e la bellissima indossatrice, la sua ex fidanzata e convivente prima di lei. Prima di salire in auto, lui la baciò sulla bocca.
   Luisa le strinse il braccio mentre guardava il volto sgomento dell'amica, chissà quante volte si erano incontrati lì a casa loro, nel loro letto... Quelle telefonate, sicuramente erano le sue. 
"Ora che farò?" disse Maura fissando negli occhi l'amica che le stringeva la mano.
    L'auto di Maura percorreva veloce l'autostrada del Sole, i primi fiocchi di neve scendevano da quelle nuvole scure e la voglia di sterzare verso il guardrail era forte, ma per far cosa? Morire per un'insensibile? Farla finita per una persona che non meritava tutto il suo amore? Uccidersi per un'estraneo che si era divertito a sposarla per dimenticare l'altra?
    Strinse le labbra soffocando nuovamente il pianto, non voleva neanche ricordare i due giorni precedenti dove tra litigi, urla, insulti avevano posto fine a quell'assurdo matrimonio dove tutti erano contro di loro... 
   Allora con una nuova rabbia spinse l'acceleratore, voleva arrivare il più presto possibile dai suoi, dove avrebbe ricevuto affetto ed amore incondizionato e dove col tempo avrebbe ripreso in mano le redini della sua vita. L'auto si confuse tra le altre sparendo nel traffico di quel fine settimana prima delle feste natalizie, il destino le avrebbe regalato qualcosa di nuovo.

mercoledì 15 aprile 2015

Il fiore del primo tempo




   Il cielo fuori era pieno di stelle, il profumo dell'estate penetrava in quella camera illuminata dal blu della notte, tutto sembrava un ritratto turchese dai toni chiari e scuri e quel letto immacolato appoggiato al muro, sembrava  un invito.
    A Paula le ricordava quand'era bambina, si rivide in quell'istante distesa con vestitino a fiorellini, leggero e senza maniche, i suoi boccoli biondi cadere sulle lenzuola che sapevano di mughetto, nella penombra della sua stanza mentre fuori il caldo era opprimente. Ricordò che le piaceva distendersi in mezzo ad un cerchio di margherite poste sul letto, dopo averle raccolte nel campo dietro alla casa della nonna.
   Anche ora, in quella penombra le sembrava di essere come a quel tempo eppure quel letto era vuoto, no anzi... Un'ombra era distesa sull'immacolato letto, l'ombra di chi amava più di se stessa.
    Henry disteso completamente nudo, era lì che l'aspettava, Paula non riusciva a distinguere nella camera gli occhi azzurri ed i capelli corti e neri di lui. Aveva paura e provava piacere allo stesso tempo, sentiva i suoi seni inturgidirsi al pensiero di essere sfiorata da li a poco, di sentire le labbra del suo ragazzo sulla sua pelle profumata... Si avvicinò e si distese accanto a lui.
    Poco dopo gli abbracci si fecero sempre più caldi, sensuali, forti, le mani e le bocche che cercavano il piacere erano ancora più passionali, Paula teneva gli occhi chiusi mentre sentiva il piacere giungerle la testa quando la bocca di lui, le sfiorava la sua intimità.
   E con la mente vide una margherita vivace in mezzo alle altre sbiadite, si sentiva protagonista di una cosa importante, protagonista della sua prima volta.
   Henry esperto, dolce e forte allo stesso tempo soprappose il corpo su quello di lei, Paula sapeva che il momento sarebbe arrivato, quel momento, la paura si stava allontanando quando sentì mordere leggermente il suo collo e la voce roca, bassa e maschile di lui che le disse "Ti amo".
    Per istinto lei strinse il cuscino con le mani mentre sentiva il caldo dell'uomo penetrarle il corpo, le uscì solo un gemito di dolore ma quasi subito aprendo gli occhi vide il sorriso candido di lui sul suo viso e la baciò confortandola.
    Era la sua prima volta, sentiva una magia e una vibrazione grande dentro di lei e fu presa completamente dai sensi mentre Henry aumentava la sua potenza e dolcezza dentro di lei, come non volesse rompere una statua di cristallo.
    Fu una notte d'amore vera, incredibile, passionale, piena di luce azzurra come una fiaba mentre nella mente di Paula, milioni di margherite danzavano nel cielo con le migliaia di stelle... fu una notte che aveva sognato da sempre, la notte che la fece sentire completamente donna senza alcun male o ferita dentro nell'anima.
    Paula si svegliò al suono delle cicale e dal sole che penetrava dalle tende di lino bianco. Si strofinò gli occhi e accarezzò i suoi capelli biondi scompigliati sul cuscino caldo. Henry non c'era ma sentiva il suo muoversi nella camera a fianco, in soggiorno. Sorrise felice pensando alla dolcezza ed all'amore di lui che la notte stessa le aveva donato.
   Si alzò piano, indossò elegantemente la vestaglia di raso appoggiata alla poltrona a fianco e silenziosamente camminò verso la porta di quella stanza dove Henry sembrava parlasse con qualcuno al telefono.
    Pensava all'incontro con lui mesi prima, alla loro simpatia iniziale trasformata in sentimento poi, ai loro baci, ai loro posti dove passavano pomeriggi a parlare, a discutere, ad abbracciarsi... Si incontravano tre volte alla settimana e lui, stewart sugli aerei, aveva poco tempo da dedicarle ed ogni momento libero era magico solo per il fatto di stare insieme.
  Fino al momento in cui lei, fresca dei suoi vent'anni ancora innocenti, decise di donarsi a lui e di suggellare per sempre il loro amore.
    Non voleva ascoltare, solo aspettare che finisse la telefonata ma non appena si era avvicinata alla porta socchiusa, la voce di lui la paralizzò allo stipite:
   "Si cara, sono a Stoccolma, torno col volo di domani mattina... Certo ovvio che sono nel residence, faccio colazione e poi scappo in aeroporto... Si, si... Ah James ha fatto i capricci? Ci penso io quando torno a casa. Monique e Thomas?... Ho capito dalla nonna... Cerco non ho dimenticato di portarti i fiori per l'anniversario di domenica, si ti amo..."
    Una morsa gelida la colpì nello stomaco e la margherita nella sua testa si appassì confondendosi con le altre sbiadite che aveva immaginato quella notte. Doveva fuggire da lì, non voleva più vederlo.
   Nella sua mente realizzò tutto quello che le sembrava strano e non aveva mai dato peso nella loro relazione: sposato con figli, più vecchio forse di quanto le aveva fatto credere, una moglie ignara, una vita vagabonda e chissà quante ragazze sparse per il mondo con il suo lavoro.
   Paula si accorse che la porta della stanza da letto dava su un terrazzino e questi aveva una scaletta che scendeva nel giardino sottostante di quell'elegante residence, non ci pensò due volte. Prese la borsa mentre sentiva Henry entrare in bagno fischiettando ed aprire l'acqua della doccia. Buttò dentro le sue cose, si vestì alla bell'e meglio, scrisse un biglietto a quell'uomo che le sembrava ora un mostro, e corse via da quell'incubo.
    In pochi minuti si ritrovò su un taxi che la portava in stazione, pronta a salire su il primo treno in partenza, purché la portasse via di lì... Mezz'ora più tardi, dal finestrino osservava la campagna luminosa piena di prati e di fiori, pianse quando vide vicino ad una fattoria un campo di margherite... Il suo sogno si era infranto per sempre.
    Henry ora stava fermo alla finestra con in mano un foglio bianco, per la prima volta si sentiva un verme, uno dei tanti che strisciano nei letti anziché sotto terra, quando vide sul comodino quel messaggio capì che Paula aveva sentito tutto... L'aveva letto e riletto quel biglietto con le parole di lei:
   "Non cercarmi mai più, sei stato... crudele.", non era riuscita a scrivere bastardo e neanche ti amavo, la sua educazione, la sua anima pulita e ferita non era stata in grado neanche di insultarlo. 
    Per la prima volta un nodo alla gola prese l'uomo dal cuore di ghiaccio e dagli occhi sensuali, forse per la prima volta si vergognava di se stesso ma ormai lei, Paula, era lontana e pensando a ciò che lei gli aveva donato la notte precedente, Henry si rese conto del male che le aveva fatto e probabilmente non solo a lei.
    Gettò con rabbia la sua agenda contro il muro e con furia aprì l'armadio e prese le sue cose buttandole nella valigia sopra un mobile...
     Il treno si fermò a Milano e Paula scese, era riuscita a sistemarsi un po' col trucco e pettinandosi nella toilette del vagone e con la sua borsa si avviò alla fermata dei taxi... Un aereo all'aeroporto di Linate l'avrebbe portata finalmente a casa sua, tra le sue cose e i suoi famigliari, sapeva già che avrebbe dovuto mentire a loro sul viaggio fatto con un'amica immaginaria, ma non le importava più.
    Lì avrebbe ricominciato a vivere, avrebbe rivisto i suoi prati con le margherite e chissà, più avanti nel tempo, vivrà un'altra favola più vera, ma sarà vissuta con la mente e con il cuore diversi, perché lei non sarà mai più la bambina che dormiva nel letto di margherite nei pomeriggi assolati d'estate sognando un grande amore.
    
Giampaolo

mercoledì 8 aprile 2015

IL TEMPO



Un tempo
Il tempo
 Nel tempo

  Quante volte le persone si chiedono o domandano se tornassi indietro nel tempo cosa rifarei, cosa cambieresti...  Un tempo ormai lontano
  Domanda inutile, banale, fantasiosa, eppure... Se davvero si potrebbe? Cambieremmo qualcosa? Rifaremmo le stesse azioni? Oppure sarebbe tutto diverso?
  Guardandomi nella foto mentre veniva scattata, ho avuto la sensazione che basti girare la testa e guardare dietro alle proprie spalle e tutto il passato è lì di nuovo davanti a te.
   Sono fermi in quell'attimo gli sbagli, le risate, le corse, gli amori, gli oggetti passati per le nostre mani, le frasi, gli amici, i genitori e tanto altro... Tutto è dipinto in quel quadro che si muove lentamente in base ai ricordi.
   E' come vedere una televisione fatta di episodi dove spesso non riconosci te stesso e le tue azioni, perché ora, nel presente, tu sei diverso, perché quelle azioni ti hanno cambiato radicalmente e ciò di cui avevi bisogno e facevi allora, oggi non serve più.
   Che senso avrebbe tornare indietro se la propria vita ha preso questa direzione? Perché la fatica di ripercorrere a ritroso gli avvenimenti e poi rifarli anche in maniera diversa e poi trovarsi nuovamente con il pensiero "Se tornassi indietro..."? 
   Non ha senso, se lo vorresti fare è solo perché che non accetti il presente, che sei scontento, che invece di guardare in avanti e pensare a progetti futuri ed avere un'altra opportunità per poter cambiare qualcosa, sei fermo nei ricordi e nostalgie finite e sepolte.
    Il tempo, il presente è questo, dove ora ci si muove, dove adesso si fanno altre azioni, movimenti, dove si prendono decisioni e che subito domani apparterranno al passato... 
    Ecco ora giri la testa nuovamente davanti a te e ti ritrovi in questo presente, nel tuo. Qui sei quello che hai costruito e ti sei portato da quel passato, qui sei ciò che crea, lavora, studia, soffre, gioisce, parla, corre, osserva... Eppure anche questo tra poche ore non sarà più.
   Ed allora lo sguardo si alza verso l'orizzonte davanti a te e si proietta verso un futuro lontano. Nel futuro fatto di sogni, di immagini di speranza, di visioni in cui sei ancora completamente cambiato di nuovo, dove ci sarà un'altra persona con il tuo viso a fare altre cose, probabilmente dove avrai realizzato i progetti del presente oppure no.
   Il tempo questa magnifica cosa, la più giusta, la più concreta anche se impalpabile, quella che non concede a nessuno di tornare indietro e che regala a tutti un periodo più o meno lungo per vivere. 
   Solo partecipando totalmente a questi attimi presenti si possono creare le cose e scegliere ciò che va bene per noi ma sempre ora, nello stesso momento che sarà un passato già dopo pochi minuti, ed è giusto ricordare le esperienze fatte per poter progredire e non sbagliare nel prossimo futuro.
    Il tempo, questo tempo che quasi tutti cercano in un modo o nell'altro di fermare inutilmente mentre la vita scorre inesorabile verso il futuro con o senza di te.... Viviamolo nel miglior modo possibile, lui c'è stato, c'è e ci sarà... sempre.