SILVANA GAY, fantasia e fascino femminile
Non è stato molto facile convincere Silvana Gay, una delle più brave sceneggiatrici e soggettiste Lancio, a concedermi questa intervista, che intervista non è. E' un dialogo confidenziale di un'amica che senza mezzi termini, parole o gesti, è la donna genuina e vera che traspare dai suoi racconti.
Molti non amano parlare di se e basta loro, sapere di aver dato “molto” in fatto di emozioni agli altri. Da buona piemontese (io sono sposato con una persona di quella bellissima terra e quindi la capisco benissimo), è discreta, riservata e poco propensa a prendersi o ad accettare confidenze così facilmente, e siccome l'amicizia è importante, ci si pensa più di una volta a “lasciarsi” andare, poi è come se ci si conoscesse da sempre.
Ma passiamo ora a lei, alla nostra Silvana, che con le sue storie ha fatto sognare milioni di ragazze e ragazzi, portandoli nel magico mondo della fantasia ma anche della realtà con vicende indimenticabili che non vorrei citare qui ora, in questo momento, preferisco che sia lei a parlarne con questa bella chiacchierata, talmente piacevole che il tempo è praticamente volato. E con la voce e penna, che Silvana incomincia a raccontarsi tranquillamente iniziando così:
Bene, comincerò da qui. Da quello che è il ruolo dello sceneggiatore, di fatto sempre un po’ oscurato, anche nei fotoromanzi così come nel teatro e nel cinema, dal ruolo degli interpreti, più d’impatto in quanto visibile e anche da quello del regista che è un po’ l’orchestratore della storia.
Dimenticando che il soggettista- sceneggiatore, in genere la stessa persona, è colui che crea la musica e la mette sullo spartito (io personalmente prima di ogni storia sbirciavo chi fosse l'autore e mi immaginavo un viso pur senza conoscerlo). L’ho sempre trovato strano, questo. Forse perché sono stata una lettrice di libri fin da bambina. E leggendo una storia, in ogni parola, sentivo la voce narrante dell’autore. Pertanto ho sempre dato molto peso, anche nei fumetti e nei fotoromanzi, all’autore.
La storia innanzitutto. E com’è raccontata. Dunque la prima cosa che andavo a vedere aprendo un fotoromanzo è stata sempre il nome dell’autore. E c’erano nomi, alla Lancio che per me erano una garanzia. Mi anticipavano il fatto che la storia sarebbe stata bella, più o meno bella, ma sicuramente non banale. Detto questo vi racconto com’è nato il mio approccio con i fotoromanzi Lancio come autrice. Iniziando da come è nata la mia passione per la scrittura.
Nella mia prima infanzia. Sono nata a Torino, quartiere antonelliano, proprio sotto la Mole. Una grande, solida casa ottocentesca con un primo piano di ringhiera, dove mi mettevo in postazione ogni volta che mi era possibile, incantata dall’andirivieni del cortile. La Casa delle meraviglie per me, tanto allora quanto ora nel ricordo, in quanto su quel ballatoio si affacciavano appartamenti abitati da personaggi assolutamente speciali.
La “signora dei bottoni”innanzitutto, che confezionava bottoni per un gran numero di sarte, ogni giorno in pellegrinaggio da lei con stoffe d’ogni genere. Il laboratorio della signora dei bottoni era tutto concentrato su un tavolo accanto alla finestra affacciata al ballatoio: una macchinetta magica e una cassettiera contenente “le anime” metalliche dei bottoni, di vari tipi e dimensioni. Quando non aveva clienti lei mi prendeva sulle ginocchia e m’insegnava a fare i bottoni. M’incantavano i suoi gesti.
Come ritagliava le stoffe, spesso bellissime, sete e lane colorate, ricavandone delle forme tonde delle dimensioni giuste per farci i bottoni che le erano stati ordinati. E poi il rito magico, l’assemblaggio delle parti, un giro di manovella… e via! Ecco uscire il bottone confezionato! Ma non era tutto. Sul mondo del ballatoio si affacciava anche la stanza di Cesare, figlio della “signora dei bottoni” nonché suonatore di batteria. Ah il suono dei piatti e delle spazzole, e il rullare dei tamburi… e lui alto e biondo, come un divo del cinema!
M’incantavo ad ascoltarlo. E che dire dell’ultima porta, che dava nell’appartamento di Pina, cantante di night club? Bisognava vederla, quando usciva la sera, con quegli splendidi abiti anni ’50, le gonne a godet di velluto nero, o taffetà frusciante… le collane, le perle, gli strass. La mia fantasia galoppava a briglia sciolta. Il cortile, il ballatoio, erano come un film che scorreva sotto i miei occhi, magico e ininterrotto, immagini che si ripetevano, ma mai uguali.
E di quel film, la protagonista assoluta ed indiscussa era Elsa, bellissima con la sua chioma rosso fiamma, modella di tutti i pittori in voga a Torino in quegli anni ‘50. Bastava guardarla camminare ondeggiando sui tacchi a spillo, per immaginarla sul grande schermo o nella trama di un romanzo. E infatti mi sono ispirata a lei nel creare molti dei miei personaggi. Ecco, questo è stato l’inizio, l’ambiente in cui è maturata la mia passione per la lettura e per la scrittura. Prima dei vent’anni ebbi modo di sperimentare altri mondi, che avrebbero arricchito il mio bagaglio di esperienze, al quale in seguito avrei attinto per scrivere.
Il mondo della moda, dove lavorai per un breve periodo come indossatrice -allora le modelle si chiamavano così- presentando fra l’altro il campionario della Tricosa, settore maglieria di Lanvin Castillo; e poi il mondo vero e proprio, ovvero i viaggi in giro per l’Europa con la famiglia. Poi il primo matrimonio e i figli. Ma è nella prima metà degli anni ’70 che avvenne l’incontro determinante per quella che sarebbe poi stata la mia carriera di autrice: Agrippino Musso, autore di fumetti e, all’epoca, come me, poeta per passione come tanti a vent’anni. C’incontrammo per l’appunto nella redazione di una rivista di poesia, infatti. Scoprii che lui scriveva per il Monello, l’Intrepido ed altre testate che da bambina mi avevo fatto sognare. Perciò decisi di propormi come autrice. I soggetti incontrarono il favore del direttore delle testate e iniziai a collaborare con la casa editrice Universo.
E poi anche con la Lancio. Lanciostory e Skorpio. Andai a Roma ad incontrare il direttore e scoprii così anche il mondo dei fotoromanzi al quale sarei approdata alcuni anni dopo. Ricordo ancora benissimo quel giorno fin nei minimi dettagli. Era una giornata di sole, il direttore Stelio Rizzo, un po’ scorbutico ma disponibile. Ricordo il via vai degli attori, una troupe in partenza per il mare dove presumibilmente sarebbe stato realizzato un fotoromanzo. Mi colpì e incuriosì quel mondo che non conoscevo. Tuttavia solo nell ’85, quando chiusero varie testate a fumetti, iniziai a scrivere fotoromanzi. Nel frattempo avevo collaborato anche a Il giornalino e ad altre riviste All’epoca avevamo creato lo Studio Musso e per motivi personali capitava che firmassimo a volte l’uno le storie dell’altro.
E si andò avanti così fino al ’91, quando iniziò ad occuparsi dei soggetti Barbara Mercurio. Con lei ebbi fin da subito un buon rapporto che andò approfondendosi nel tempo. Dal punto di vista lavorativo furono anni belli ed importanti. Ricordo il piacere con cui leggevo le storie degli altri autori e il piacere che provavo nel vedere realizzate le mie. A distinguere la Lancio è stata sempre la qualità sotto ogni aspetto: la professionalità di tutti i collaboratori, l’accuratezza nella realizzazione e quella della stampa, A volte suggerivo gli interpreti, specie per le storie a cui tenevo di più, quelle scritte con maggior passione, e quando era possibile venivo accontentata.
Ho sempre pensato ad Ornella Pacelli come all’interprete ideale per le storie che richiedevano una protagonista sexy e mi è sempre piaciuta particolarmente in coppia con Roberto Farnesi. Mentre sceneggiavo “Martedì dalle cinque alle sette” e “Per un uomo così” immaginavo loro nei panni dei protagonisti e infatti la loro interpretazione mi piacque moltissimo. Sebastiano Somma dava il meglio di sé nei ruoli drammatici, ma era bravissimo sempre e la sua carriera lo ha ampiamente dimostrato. Antonio Morra era un altro dei miei preferiti, come poi Fabio Bifulco, e fra le ragazze Alessandra Cellini e Francesca Filone.
Ma devo dire che gli attori Lancio erano tutti bravi e mi piacevano tutti. Specie, secondo me, in quegli anni ’90. Senza dimenticare i bravissimi non protagonisti, come Pascal Persiano, che tuttavia fu protagonista di una delle mie ultime storie “Il profumo del passato”. In quanto ai miei colleghi sceneggiatori, citerò soltanto Alice Rienzi che è stata sempre la mia preferita, per non far torto a nessuno. Mi piaceva per la sua cultura e la sua ironia. Mai sdolcinata o stucchevole. Tuttavia gli sceneggiatori di quegli anni erano tutti bravi. Invidia mai, fra noi, non credo proprio… Penso che tutti cercassimo di dare il meglio, di modernizzare le storie, di raccontare anche la realtà e non solo i sogni.
Penso anche che la Lancio sia stata un sogno meraviglioso, per me come per tutti coloro che hanno partecipato a renderla viva e indimenticabile. E così per tutte le lettrici che sfogliando i fotoromanzi hanno viaggiato con la fantasia in tante realtà diverse, ma tutte pervase dalla stessa magia.
Semplicemente Grazie Silvana.
- Giampaolo -
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