GERMANA DI RENZO, signora dell'amore e sogni
Quanto leggevo i fotoromanzi, prima di iniziare, sbirciavo subito il nome dello scrittore e sceneggiatore appena sotto il titolo della storia. Cercavo di dare un volto a ciascuno di loro ma ogni volta, mi apparivano lineamenti diversi e visi. Di Germana Di Renzo, che è stata tra le più brave a raccontare le “nostre storie d'amore”, mi ero fatto l'idea di una donna un po' naif, jeans, maglioni colorati e magari camicie a fiori, capelli corti, scuri, ricci e occhiali rotondi. E mentre scriveva le sue storie si soffermava davanti alla finestra con le tendine colorate ad osservare il verde di chissà quali colline lontane. Una sorta di donna romantica e semplice piena di fantasia e ricordi.
Mai più diversa invece è stata la realtà quando in questi giorni l'ho “conosciuta” tramite facebook. Ho visto il volto di una bella signora distinta, bionda, dallo sguardo forte e dolce allo stesso tempo, elegante ma anche con un pizzico di stravaganza e molto precisa nel rispondere, e su questo però non avevo dubbi, molto gentile e disponibile ma determinata nella sua coerenza. E in alcuni tratti specie di quando ero piccolo, mi sono riconosciuto nella creatività del gioco.
Con lei mi sembrava di essere troppo freddo e selettivo farle domande precise e solite, così ho dato l'opportunità a lei di descrivere chi è davvero Germana di Renzo, abile sceneggiatrice di storie fantastiche targate Lancio. Ho compreso che il suo timore era di non essere ricordata se non vagamente, invece tra i nostri fans e amici della pagina Fotoromanzi Lancio e del nostro gruppo, quasi tutti si ricordano di lei in maniera affettuosa.
Ma passiamo a Germana alla nostra protagonista di turno, alla signora del fotoromanzo, una donna sensibile, a tratti umile ma con un carattere forte, e come se scrivesse una delle sue bellissime storie inizia a raccontarsi:
Sono nata a Palermo tanti anni fa, ma ho ancora il cuore giovane, voglia di vivere e un aspetto giovanile, come si evince dalla foto del mio profilo scattata nell’agosto 2013. Sono minuta, dinamica e piena d’interessi. Sin da bambina ero sensibile e riservata e mi piaceva osservare gli altri profondamente, così da scoprirne pregi e difetti.
Preferivo giocare da sola e m’inventavo diversi giochi aiutandomi con la fantasia. Uno di questi era costruire casette di cartone e creare piccole città i cui abitanti erano o bottoni o faccine ritagliate dai giornali e infilate nel foro dei tubetti di dentifricio già consumati. Poi ci creavo storie fra di loro. Probabilmente nel mio subconscio sapevo che un giorno sarebbe stato il mio lavoro. Ma allora non ci pensavo affatto, ero molto impegnata nello studio. Crescendo mi piaceva vedere film, soprattutto quelli “di contenuto impegnato” e discuterne con i miei amici in un circolo del cinema.
Il mio approccio al fotoromanzo è avvenuto per caso, più o meno intorno ai trent’anni dopo essermi trasferita con la mia famiglia a Roma. All’inizio scrivevo insieme a mio marito, amante del cinema, soggetti e sceneggiature di film e, dopo averne realizzato uno, io come sceneggiatrice e lui come regista, conobbi sul set alcuni generici che arrotondavano le loro entrate lavorando nei fotoromanzi.
La curiosità di conoscere questo mondo per me nuovo, dato che non avevo mai sfogliato riviste di questo genere e le mie letture di evasione erano costituite dai libri gialli, mi spinse a introdurmi in questo ambiente e a distaccarmi dal cinema che non portava molti frutti. Devo dire che non fu facile, ma animata dalla mia volontà e testardaggine nonché incoraggiata dai consensi che ricevevano le mie storie, alla fine ci riuscii.
All’inizio lavorai per le case editrici francesi tramite Franco Angeli che ne gestiva i contatti. Successivamente per quelle italiane, quali Cino Del Duca ,Universo e Rizzoli. Ricordo che partivo per Milano con la mia cartella piena di soggetti e tornavo a Roma coll’accordo di sceneggiarli. Mi ero presentata anche alla Lancio nel frattempo, ma trovai le porte chiuse perché avevano dei collaboratori fissi e non ne accettavano nuovi.
Soprattutto trovai ostruzionismo da parte di Stelio Rizzo, ma poi dopo varie insistenze, pur essendo scorbutico mi concesse di scrivere un fotoromanzo. Devo dire però che in seguito, dopo tanti anni di collaborazione, scoprii che dietro la sua durezza nascondeva una grande stima per le mie capacità. Ne è la prova il fatto che passando dall’ufficio contabilità trovavo periodicamente i miei compensi aumentati. E la precisa conferma che mi apprezzava, l'ebbi in occasione di una riunione indetta da Bepy Marzulli, allora dirigente, quando seppi da due giovanissime e colleghe che Rizzo per perfezionarle nel mestiere aveva indicato loro di prendere a modello i miei fotoromanzi. Fu una gioia per me, mi sentii ripagata per il mio lavoro che ho cercato di svolgere smepre ocn semplicità e coerenza.
Ma torniamo indietro a quando partito per la metropoli lombarda. Il mio obiettivo andando a Milano era sempre stato quello di prendere contatti con la Mondadori e precisamente con Luciano Pedrocchi, direttore di Bolero teletutto ex Bolero film, e persona altamente qualificata e lungimirante, dato che era stata sua l’idea di sostituire con attori reali i personaggi che inizialmente erano creati dal disegnatore. Purtroppo però non riuscivo a ottenere un appuntamento.
C’era una barriera attorno a lui. Io però non demordevo e colsi l’ occasione dell’uscita del mio primo fotoromanzo Lancio per chiedergli un ennesimo appuntamento attraverso la sua segretaria. Stavolta mi ricevette e rimasi sorpresa dalla sua professionalità perché, non solo aveva letto il mio fotoromanzo, ma vi aveva apportato delle correzioni per perfezionare il mio stile. Evidentemente aveva visto in me delle qualità e mi affidò un suo soggetto da sceneggiare.
Da quel momento entrai nel suo staff di collaboratori fissi. Nessuno degli sceneggiatori di Roma c’era riuscito, compreso Rizzo come mi confessò in un secondo tempo lui stesso. Questa preferenza accordatami da Pedrocchi mi spalancò le porte della Lancio al punto che, avendo perso il mio recapito telefonico, vennero a cercarmi fino a casa per propormi di lavorare in esclusiva per loro.
Accettai perché nel frattempo motivi di salute avevano costretto Pedrocchi ad andare in pensione anticipatamente e a subentrare fu Sandro Mayer, che, com’è consuetudine sostituì tutto lo staff del suo predecessore. Da allora il mio rapporto di lavoro con la Lancio è durato venticinque anni. Dopo la sua morte Rizzo fu sostituito da Barbara Mercurio e, poichè non aveva molta esperienza, fu affiancata a Mancuso, un veterano sceneggiatore che rese difficile la mia collaborazione. Ma già il fotoromanzo era in declino per l’avvento delle soap opere televisive e uscii dal giro. La passione di scrivere mi è rimasta, ho continuato e continuo a scrivere libri al momento solo per me.
Il mio lavoro come sceneggiatrice dei fotoromanzi è stato fantastico, anzi splendido e ben remunerato. Lo svolgevo a casa e ciò mi consentiva di occuparmi della mia famiglia e, cosa non trascurabile, mi piaceva. Mi divertiva immaginare tante belle storie d’amore, quelle che avrei voluto vivere accorgendomi che il mondo esterno si trasformava e si perdevano i veri valori dei sentimenti . Così sognare e far sognare era una dolce evasione sia per me che per gli altri, perché la vita purtroppo riserva a tutti tante delusioni e dolori.
Un aneddoto da racocntare dell'esperienza alla Lancio? Ciò che mi commosse e che sicuramente mi spinse ad apprezzare il fotoromanzo e a dedicarmici fu quando, accompagnando mia figlia a far visita ad una sua amica ricoverata in ospedale per un incidente alla gamba, trovai nella sua corsia tante altre degenti che leggevano soltanto fotoromanzi. In quell’occasione capìi quanto conforto dessero a tante persone.
Per quanto rigurda i miei fotoromanziquale potre essere il mio preferito? Direi tutti. Perché sarebbe come dire ad una mamma quale figli preferisci e se ogni figlio ha una caratteristica diversa e vita diversa, lo si ama intensamente nello stesso modo.
Mentre epr quanto riguarda i miei hobbyes, oltre a scrivere: leggere, curare le piante, enigmistica, cucinare ( ogni primavera preparo i carciofini sott’olio ) e viaggiare quando posso. Non soffro di solitudine anche se sono vedova da 24 anni. Ho tutto un mio mondo interiore ricco di valori che mi appaga e tre figli già adulti che mi vogliono bene e più che mamma mi considerano un’amica e di questo ne sono molto orgogliosa.
Se devo proprio dire qualcosa su attori o personale dello staff Lancio che sono nel mio cuore e sempre con affetto sono innanzitutto, un particolare ricordo che mi è rimasto di Franco Gasparri, poi Sebastiano Somma. Claudia Rivelli, per me la più bella e soprattutto di Sergio Loss col quale per un lungo periodo ho lavorato in armonia, perché al contrario di Rizzo esternava la sua stima nei miei confronti.
Un caro abbraccio a tutti i lettori che mi ricordano e sono curiosi di conoscermi.
Ecco l'intervista è finita, possiamo solo dire che Germana è una donna affascinante, decisa, senza riserve, una signora che sa essere cristallina sempre senza mezzi giri di parole e che la sua sincerità traspare sempre in ogni frase. Noi la salutiamo ringraziandola per averci fatto sognare per tanti anni con le sue splendide storie e le mandiamo da parte di tutti noi un forte abbraccio.
- Giampaolo -
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