La strega buona di Carona
Carona, Estate 1974
La luna piena brillava sulle montagne di Carona. Non volli andare in discoteca con gli amici. Dopo la pizza, decisi di passeggiare da solo per le strade della cittadina turistica incastonata tra le vette.
I miei erano a cena in un paese vicino. Camminai lungo la strada che costeggia il lago, fino alla diga. Versi di uccelli notturni echeggiavano nei boschi.
Mi sedetti su una panchina nella piazzetta deserta. Un brivido mi attraversò la pelle: dei passi si avvicinavano.
Una figura femminile apparve sotto il lampione. Una donna anziana, sorridente, con un gatto nero fra le braccia. Vestita di verde, capelli raccolti in uno chignon. Il gatto mi fissava con occhi dello stesso colore del suo vestito.
“Sta birba nera scappa sempre nelle ore più impensate,” disse sedendosi accanto a me. “Che ci fa sto bel ragazzino dai capelli lunghi seduto da solo mentre gli altri sono a ballare?”
“Volevo guardare le stelle e stare un po’ da solo…” le risposi.
“Bene, ottimo, eccellente…” disse seria. “Un giovanotto che vuole stare solo e guardare le stelle è una cosa impensabile al giorno d’oggi.”
Poi, con voce leggera: “Ti confido un segreto…” Mi mise il gatto in braccio. “Ti ho visto dalla finestra arrivare dalla strada vicino al bosco e pensai che finalmente è arrivato… Scambiandoti per… meglio che non te lo dica.”
Mi inquietai. Mi alzai per andarmene. Lei sorrise.
“Hai paura? Ti ho fatto paura?”
“No, è che si sta facendo tardi…”
“Ragazzo dagli occhi grigi di stregone, quella persona dai capelli neri che speri di vedere domani partirà per due giorni. Non la vedrai finché non sarà tornata domenica.”
Mi girai di scatto. Come faceva a saperlo?
“Come lo so?” rise. “Io sono una strega. Di quelle buone… forse.”
Mi risedetti. Lei mi guardò negli occhi.
“Ora guarda quella casa bianca davanti a noi e dimmi chi ci abitava tanti anni fa. Pensa col cuore…”
Istintivamente risposi: “Un ragazzo dai capelli biondi che scalava le montagne… ma ora non c’è più.”
Lei perse la vivacità nello sguardo. “Vai caro, vai… è tardi. Ti aspetteranno.”
Il giorno dopo, la persona che speravo di vedere partì davvero. Nel bar dell’albergo chiesi del gatto e della signora. Il proprietario mi raccontò: una croata, tre figli, il secondo era guida alpina. Morto anni prima, caduto da uno strapiombo. Un bel ragazzo alto e biondo. Abitavano nella casa bianca davanti al monumento.
Scappai agitato. Mi sedetti sull’altalena in giardino. Voltando la testa verso la strada, la vidi passare. Si girò e mi salutò.
Mia madre, apparsa dalla porta, mi chiese chi fosse. “Una strega,” le dissi sorridendo. “Una strega… ma di quelle buone.”
Lei mi arruffò i capelli ridendo. “Sei sempre il solito fantasioso.”
Già. E se fosse vero?
Dedica finale:
A chi ha vissuto un incontro che sembrava impossibile, e ha scoperto che la magia esiste davvero, sotto la luna piena, tra le montagne, in una sera d’agosto che non ha mai smesso di brillare.
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