venerdì 31 ottobre 2025

"DAL MARCIAPIEDE AL CIELO E FINO AL MARE": 19° LA LUCE DELL' EST


 La Luce dell’Est

Mostar (Bosnia), 17.09.2010

In questo lungo viaggio fra i Balcani, abbiamo visto — anche se brevemente — le città più grandi e belle, da Fiume, Lubljana, la bellissima Zagabria, la caotica Belgrado con ancora segni del passato sovietico e poi altre più piccole.

Avevamo attraversato immense terre coltivate, il silenzio e i colori del cielo, così belli e diversi dai nostri. Ed il Ponte sulla Drina, che conoscevo tramite il suo omonimo e famoso Libro, un ponte che ha visto tanta storia e tragedie.

Ci siamo immersi, quasi con timore nella grande foresta che copre quasi tutte le montagne della Croazia del nord, della Serbia e della Bosnia, dove sui cigli della strada si vedevano cervi dalle grandi corna, falchi e aquile.

Dopo Sarajevo ancora con i segni della precedente guerra, con muri di case pieni di buchi di artiglieria e palazzi ancora da ricostruire, ci siamo fermati a casa di conoscenti nella nuova zona della città, con case moderne e palazzi che stavano nascendo dalle macerie.

L'aeroporto divideva in due la città dai sobborghi e spesso si vedevano alzarsi aerei civili e della protezione come grandi uccelli che spiccavano il volo verso una libertà appena conquistata. 

E poi la partenza sulla strada che costeggiava il fiume per decine di chilometri tra i monti, sembrava non finire mai e così eravamo arrivati in Bosnia.

Poco più avanti da un'altura, finalmente avevano visto la piana che portava verso il mare Adriatico e una città chiara lontana: Mostar.

Mostar, la città che mi aveva colpito più di tutte le altre.

La grande croce sulla montagna sovrastante la città testimonia la tragedia degli anni passati.

La moschea e il grande minareto, vicini alla chiesa cristiana con l’alto campanile, non sembravano sfiorati dalla guerra. Ma un cimitero arabo, pieno di stele, vicino alla strada, la ricordava.

Ci siamo fermati a un baracchino a mangiare del pollo fritto buonissimo. Accanto alla strada, vicino ai nostri tavolini, una piccola struttura commemorava i caduti, mentre sventolava su di essa attaccata ad un’alta asta, la bandiera bosniaca.

A poche centinaia di metri, visibilissimo fra la vegetazione rada, l’aeroporto militare.

L’aria tiepida che soffiava addosso non riusciva a distogliermi dai pensieri: qui, in questa selvaggia e bella terra, morirono in una guerra assurda tantissime persone.

Quando siamo ripartiti per la costa croata, mi giravo continuamente verso la città. Qualcosa mi è rimasto dentro. So davvero che non la dimenticherò mai più.

Pensiero per Mostar – Soglia del dolore e della luce

A Mostar, dove il ponte non unisce soltanto due rive, ma due ferite, due memorie, due speranze.

A Mostar, dove la croce sulla montagna non è solo simbolo, ma grido inciso nella pietra.

A Mostar, dove il minareto e il campanile si guardano da secoli, e oggi si sfiorano con pudore, come due testimoni che hanno visto troppo.

A Mostar, dove i cimiteri sembrano giardini di crisantemi, e ogni stele è una voce che non ha mai smesso di parlare.

A Mostar, che fu tra le prime vittime del carnefice umano, di quella guerra che non aveva senso, che non aveva pietà, che non aveva futuro.

A chi è passato, a chi è rimasto, a chi ha perso tutto, a chi ha trovato luce in mezzo alle rovine.

Il ricordo di tutto questo, perché la memoria è resistenza. E la bellezza, anche nel dolore, è una forma di giustizia.

Dedica per chi leggerà:

A te che hai guardato il cielo balcanico e sentito il vento dei pensieri accarezzarti.

Che hai camminato tra minareti e campanili, e visto il dolore incidere stelle nella pietra.

Che hai trovato luce impossibile in un paesaggio spezzato e testimone.

A te che non dimenticherai quella terra, perché hai capito che a volte la storia parla più forte del tempo.

Giampaolo Daccò Scaglione

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