venerdì 28 novembre 2025

ATLANTE DELLE QUATTRO PIETRE: Una Vacanza Misteriosa

 Una Vacanza Misteriosa

“Non sempre si torna coi piedi, a volte si torna col cuore, con la memoria, con la fiaba che continua.”

Estate 1997, Cornwall.

Quando lo vidi apparire davanti ai miei occhi, in quella terra verde e umida, con una leggera bruma azzurrina che lambiva il terreno, ebbi un’emozione fortissima: la sensazione di essere tornato da un passato lontano. Con la mente rividi i fuochi di Beltane, nativi che danzavano tra cerchi e canti, un’atmosfera animista, potente, piena di energia… chissà quanti secoli fa.

Marco mi toccò il braccio. — Beh?... Ti sei addormentato? Gli sorrisi, negando con la testa. Proseguimmo con la comitiva verso la collina: la Sacra Collina Celtica.

Il Tor era lì, davanti a me. L’atmosfera del mattino era magica, carica di mistero. Dopo le spiegazioni della guida, ci incamminammo lungo il sentiero che portava ai resti della torre in vetta. Mentre il sole irradiava la pianura sottostante, rivelando un paesaggio meraviglioso, sentii crescere dentro di me una corrente energetica. Più mi avvicinavo, più la percepivo: una forza azzurro‑argentea, come proveniente dal profondo della terra.

Quando la comitiva raggiunse la torre, mi allontanai di poco, nascondendomi dalla parte opposta. Mi concentrai. Come in sogno, sentii la corrente attraversarmi. Vidi piedi correre sull’erba, fiati affannati, una cantilena maschile che vibrava come onde invisibili. Gambe muscolose, un pugnale di bronzo nella mano sinistra, e sulla destra un segno identico a quello che porto sulla mia mano.

Poi, un cerchio di uomini vestiti di bianco. Attorno a loro, figure femminili inginocchiate, in abiti azzurri, muovevano le mani nell’acqua. Una voce chiamava: — Azhyel… Azhyel… Yynswy… Yynswy… Mi girai e sorrisi, in quella specie di trance.

Un raggio di sole mi colpì negli occhi. — Paolo… Ma sei qui allora… Marco mi sorrideva, invitandomi a scendere. Ripeteva più volte dov’ero finito.

Sul sentiero verso la pianura, mi voltai verso il Tor: sembrava immerso in una luce argentea. Ripensai a quel nome: Azhyel Yynswy. Strano, ma familiare.

Sul pullman, due donne parlavano fitto in un inglese dialettale. Una pronunciò tre parole che mi rimasero scolpite: Ynais Ertoys Winis. Mi girai. Stavano già fissandomi. Quella più anziana, dagli occhi azzurro chiaro, mi disse: — Welcome back… Sorry, I meant welcome to the land of Yinis Witrin. Or rather, Avalon.

La bionda accanto aggiunse: — Sooner or later we all return to places we know… or somewhere in the past where we lived. Don’t you think? Feci segno di sì, perplesso.

Marco mi diede una gomitata: — Ma attacchi bottone proprio con tutti, eh? Scendemmo dal bus. Salutai le signore, ospiti in un cottage vicino al nostro hotel. La bionda si avvicinò e mi porse un pacchettino avvolto in carta gialla. — Consider it a lucky charm.

In camera, dopo la doccia, mi vestii per la cena. Prima di scendere, aprii l’involucro: un ciondolo ovale, pietra turchese circondata da fili di rame. I bordi ricamati come petali a forma di “Y”, al centro una “A”. Pensai subito a quel nome: Azhyel Yynswy.

Lo misi in tasca e raggiunsi Marco in sala da pranzo. Era stata una strana coincidenza… o un viaggio in un passato lontano? E quelle due signore così strane? Chissà…

 “Nel velluto blu, la pietra dorme e veglia. Nel silenzio, il nome si prepara a tornare. Dove la terra respira, dove il nome ritorna, lì il ponte si apre e la memoria canta.”

 Giampaolo Daccò Scaglione

 


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