“Chi piange in silenzio, porta il peso del mondo. Chi ascolta con il cuore, accende una luce nella notte.”
Il dolore dei poveri
Questa frase “Il dolore dei poveri” mi è rimasta impressa nella mente da qualche giorno, da quando una signora che conosco da tanto tempo mi disse: “I ricchi non conoscono il dolore dei poveri.”
Una frase davvero toccante, a cui non ho saputo rispondere se non con un abbraccio e queste parole: “Ma non sanno quanto amore c’è nel cuore dei poveri.”
Vorrei raccontarne la storia per far capire quanta miseria umana c’è in giro, quante persone ricche, molto ricche, possano essere di una meschinità e cattiveria immane, mentre persone umili o povere, di ceto sociale inferiore e straniere, possano avere una levatura del cuore e della mente suprema, con una dignità incredibile. Ovviamente cambierò i nomi e alcune situazioni per non far riconoscere i protagonisti della vicenda: non sarebbe giusto. Ma vorrei far comprendere a chi leggerà questo racconto quanto squallore e arroganza ci siano intorno a noi, soprattutto nel nostro piccolo.
Due giorni fa ho visto Rosario in un angolo del palazzo piangere. Rosario è una signora straniera, dal forte accento spagnolo, che con la sua famiglia da più di trent’anni vive e lavora in Italia. Una persona dal cuore immenso, di un’onestà e bravura indescrivibile. Sempre dolce, sorridente, pronta a una buona parola anche nei momenti difficili, suoi o degli altri.
Mi sono avvicinato e le ho messo la mano sulla spalla: — “Che succede, Rosario?” — ho chiesto preoccupato.
Mi ha guardato con quegli occhi scuri e buoni, restando un attimo in silenzio, poi disse: — “È accaduta una cosa tremenda, Paolo. Mia nipote di trentacinque anni è caduta dal motorino mentre tornava dal lavoro ed è morta, picchiando la testa sull’asfalto…”
Istintivamente le diedi un abbraccio. — “Ha lasciato qui due bambini, una di un anno e uno di dodici…”
Che dolore, che tristezza negli occhi di Rosario. Ho cercato di trovare parole di consolazione e siamo andati a bere un caffè: volevo farle compagnia, anche solo per poco, per non farla sentire sola.
Sentivo dentro di me che c’era dell’altro. Non era solo il dolore per la morte di una persona cara: forse nascondeva qualcosa di più. Nella mia vita ho imparato a guardare negli occhi le persone, ad ascoltare le loro parole e soprattutto ad andare oltre ciò che si vede nello sguardo e nelle frasi dette.
Appena usciti dal bar e rimasti soli, la guardai negli occhi e le chiesi, vista la confidenza che ci accomuna da anni: — “C’è qualcos’altro, vero?”
Abbassando gli occhi, rispose: — “Sì… Sono molto addolorata per un’altra cosa…”
Intuii il motivo e ne avevo il timore. — “Ho chiesto alla mia signora un permesso per il funerale e…” — la voce le si ruppe per un attimo — “Le ho detto se potevo prendere mezza giornata. Mi ha chiesto il perché e le risposi: per andare al funerale di mia nipote. Mi ha guardato fredda e mi ha detto: La conosco? — No signora, non è mai venuta qui. Allora, girandomi le spalle, mi ha risposto: E che sarà mai! Io ho bisogno di lei, potrebbe anche non andare. Anche una mia conoscente ha perso la figlia cadendo dalla moto e io non ci sono andata al funerale.”
Provai una rabbia che cercai di non mostrare, anche se la mia voce tradiva durezza. — “E tu che le hai risposto?” — chiesi, pensando che se fossi stato al suo posto l’avrei affrontata con forza.
— “Niente… Ho insistito, così mi ha dato il permesso, ma facendomi sostituire da uno dei miei figli. Non ho potuto fare altro.”
Le toccai la mano in segno di conforto. — “Ora vado a lavorare, mi aspetta e non vorrei si arrabbiasse.”
Staccandosi dalla mia mano, prese piano la strada per le scale. Si fermò un attimo davanti alla porta e, girandosi verso di me, disse con voce triste: — “I ricchi non conoscono il dolore dei poveri.”
— “Ma non sanno quanto amore c’è nel cuore dei poveri.” — risposi istintivamente.
Rosario chiuse la porta dietro di sé, lasciandomi costernato e arrabbiato.
Ci sono catene che non ti permettono di essere libero, catene che da migliaia di anni rendono l’essere umano schiavo, in un modo o nell’altro, di altri esseri umani “privilegiati” e senza cuore. La dignità di Rosario e il suo dolore sommesso non hanno scalfito minimamente la durezza del cuore dell’altra persona, immersa nel proprio egocentrismo.
So che Rosario saprà superare tutti i dolori di questa vicenda, ma mi chiederò sempre il perché di tanta cattiveria umana e della mancanza di pietà verso il prossimo, soprattutto se quest’ultimo è un sottoposto, un dipendente, un disadattato, uno straniero.
Potrà anche essere consolante la frase: “Quello che si semina si raccoglie”, ma ho il sospetto che a pagare il prezzo più alto siano sempre i più deboli.
La dignità dei poveri è più forte della cattiveria dei ricchi. Il dolore diventa memoria, e la memoria diventa giustizia.”
Memoria Incisa:
Questa frase “Il dolore dei poveri” mi è rimasta impressa da quando Rosario, una donna dal cuore immenso, mi confidò la sua tristezza. La morte improvvisa della nipote, madre di due bambini, l’aveva spezzata. Ma ancora più crudele fu la freddezza della sua datrice di lavoro, incapace di concederle un permesso senza umiliarla.
Rosario, straniera da trent’anni in Italia, è sempre stata dolce, sorridente, pronta a una buona parola. Eppure il suo dolore non ha scalfito minimamente la durezza del cuore di chi la comanda. “I ricchi non conoscono il dolore dei poveri” mi disse con voce triste. Io risposi: “Ma non sanno quanto amore c’è nel cuore dei poveri.”
Ci sono catene che da millenni rendono l’essere umano schiavo di altri esseri umani “privilegiati” e senza cuore. La dignità di Rosario resta intatta, ma la cattiveria di chi non sa provare pietà è un segno indelebile della miseria umana. Eppure, anche nel dolore, i poveri custodiscono un amore che i ricchi non sapranno mai comprendere.
Giampaolo Daccò Scaglione

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