venerdì 7 novembre 2025

"DAL MARCIAPIEDE AL CIELO E FINO AL MARE": 26° QUALCUNO IN UNA SERA DI TANTO TEMPO FA


Qualcuno in una sera di tanto tempo fa

Autunno 1981 – Cortile dei garage lungo il Lambro

Solo gli amici più cari sanno di quest’avventura. Vi giuro che è vera, anche se ha dell’incredibile.

Era da tempo che non riuscivo più a parcheggiare l’auto di mio padre nei garage privati lungo il fiume Lambro. Nonostante le insistenze dei miei, non riuscivo a vincere la paura dell’estate precedente.

Quella notte, mesi prima, ero riuscito a scappare con l’auto mentre qualcuno, nel cortile buio, spaccava finestrini e rubava autoradio, rompendo le entrate dei box. Sentii dei colpi contro la carrozzeria mentre sgommavo via. A velocità folle imboccai il senso unico dietro il castello, fermandomi davanti a casa, rischiando uno scontro frontale.

Convinsi mio padre a non andare a controllare. Pensava fosse una mia fantasia, o solo fifa. Il giorno dopo, però, ci furono danni. La polizia non trovò i responsabili. Io, troppo giovane, non riuscii più a portare l’auto nel box.

Quella sera d’autunno, dopo la discoteca, dopo aver riaccompagnato Max, Graziano, Lucia e Luisella, tornai a casa. Non so perché, ma decisi che avrei vinto quella paura.

Svoltai verso il fiume. I garage erano lì, nel cortile. Sentii un brivido lungo la schiena, ma non mi fermai. Parcheggiai, chiusi la saracinesca, attraversai il cortile ghiaioso. Le gambe rigide, il sudore freddo… ma ero fuori. Al sicuro.

Mi girai per chiudere il cancello. Sentii una presenza alle spalle. “È fatta… sono dietro di me,” pensai.

Mi voltai. E lo vidi.

Un cane, simile a quello della foto. Seduto dall’altra parte della strada. Mi guardava tranquillo.

Tirai un sospiro di sollievo. Lo salutai: “Ciao… chi sei?”

Aveva occhi strani, grandi, sotto il riflesso del lampione. Alzò la zampetta anteriore, come fanno i cani. Si alzò e mi venne incontro. Allungai la mano per accarezzarlo… ma lui riattraversò la strada, allontanandosi.

Quando mi avviai, mi seguì. Fino sotto casa. Si sedette davanti al portone del vicino. Lo risalutai. Si accucciò, guardandomi fisso.

Salii le scale, stranito. Un cane che mi segue, che si ferma vicino a casa, che non si fa accarezzare, che risponde al saluto alzando la zampa…

Mia sorella stava bevendo un bicchiere d’acqua. Mi aveva aspettato. Aveva riconosciuto il motore, si era affacciata alla finestra. “Ho visto che avevi compagnia,” disse.

“Già…” risposi.

Lei fissava ancora la strada. “È ancora lì…”

Mi affacciai anch’io. Il cane guardava su. Ci fissò per un attimo. Poi, scodinzolando, corse via. Sparì dietro la curva della via.

Il giorno dopo chiesi ai vicini. Nessuno lo conosceva. Nessuno lo aveva visto.

Non l’ho più rivisto. Ma non ho più avuto paura di riportare l’auto nel garage.

Per un bel po’ di tempo ho sperato di incontrarlo di nuovo. Ma più nulla.

Sono passati più di quarantaquattro anni. Ogni tanto ci penso ancora.

Chissà che fine abbia fatto. Chissà di chi era.

Ma anche se potrà sembrare assurdo, mi chiedo tutt’ora:

Quel cane… CHI era?

Dedica rituale:

A chi ha ricevuto una visita che non si spiega, ma che ha cambiato qualcosa per sempre.

A chi ha visto un cane sotto un lampione, e ha sentito una carezza invisibile sulla paura.

A chi, come me stesso, ha trasformato un brivido in una storia che consola, una compagnia fugace in una presenza eterna.

A quel cane, che forse era un piccolo angelo, mandato solo per pochi minuti, per dire: “Non sei solo. Ora puoi tornare a vivere.”

Questa storia è una zampa alzata nel buio, un gesto che non si dimentica, una lanterna per chi ha bisogno di coraggio.

Giampaolo Daccò Scaglione

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